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2001.11.08 Manifesto Verso la legittima difesa





Manifesto 08.11.01

Verso la legittima difesa per il carabiniere accusato dell'omicidio di Giuliani

ALESSANDRO MANTOVANI

Bruno Vespa ha assunto la difesa d'ufficio di Mario Placanica, il carabiniere di leva accusato di omicidio volontario per aver sparato, venerdì 20 luglio a Genova, a Carlo Giuliani, 23 anni.

La scossa, oggi in libreria, lascia a Placanica e ai due commilitoni che erano con lui sulla jeep il racconto del tragico episodio di piazza Alimonda. "Appena sbucati sulla piazza, si è scatenato l'inferno. C'era una marea di gente (...). Se noi eravamo cinquanta, loro erano cinquecento. Avevano spranghe e bottiglie accese in mano (...). Ho visto intorno alla nostra Land Rover una trentina di persone. Ci arrivava addosso di tutto, c'era una pioggia di oggetti, vedevo colleghi a terra che pigliavano botte (...). Un estintore rosso ha rotto il vetro posteriore del Defender (...). Ho sentito due botte sulla testa. Non so cosa mi abbia colpito. Sul pavimento del Defender è stata poi trovata una pietra insanguinata. A quel punto ho preso la pistola". La versione affidata a Vespa - anticipata ieri dal Corriere - ha fatto sobbalzare Giuliano Pisapia, parlamentare del Prc e avvocato della famiglia Giuliani, parte lesa. "E' una ricostruzione unilaterale tesa a motivare la legittima difesa", ha detto ieri Pisapia. Tanto per cominciare in piazza Alimonda non c'erano molotov: nessuno ne aveva parlato finora. E in diversi punti, oltre alle molotov, il racconto non coincide neanche con la deposizione resa da Placanica ai sostituti procuratori Anna Canepa, Francesco Pinto e Andrea Canciani. Vespa riporta che il carabiniere, prima di sparare, gridava "Andate via, sennò sparo", ma nel verbale dell'interrogatorio del 20 luglio - pubblicato da Repubblica il 25 - non c'è traccia di quella intimazione, prescritta dalla legge (doveva anche sparare in aria, ma quello certamente non l'ha fatto). Non solo, la sera dell'omicidio Placanica non stabilì alcun rapporto tra l'estintore rosso - poi finito in mano a Giuliani - e la rottura del vetro della jeep ("i vetri - raccontò il militare ai magistrati - erano stati nel frattempo mandati in frantumi dal lancio di pietre"), ma a Vespa riferisce un'altra cosa. E ancora: Placanica mostrò ai pm di esser ferito alla gamba, ora invece punta tutto sulla pietra che lo colpì in testa; la sera del 20 luglio non sapeva chi fosse, oltre all'autista, il terzo carabiniere sul mezzo, mentre con Vespa sembra conoscerlo bene: lo chiama sempre per nome. Pisapia sottolinea altri problemi. "L'immagine che fa apparire Carlo Giuliani quasi a contatto con il Defender (e che ha fatto il giro del mondo, ndr) è fuorviante in quanto presa col teleobiettivo. Foto e filmati dimostrano - spiega l'avvocato - che c'erano almeno tre quattro metri e che Giuliani non aveva messo in atto alcun gesto di violenza e minaccia. Non solo, era in posizione tesa a non colpirte il carabiniere, che impugnava già da tempo la pistola contro altri manifestanti. E non corrisponde al vero - insiste Pisapia - che vicino alla jeep vi fossero 'colleghi che pigliavano botte', come Placanica ha dichiarato a Vespa ma non ai magistrati. Senza contare che le immagini mostrano come il carabiniere abbia preso la mira". Placanica è quasi un tiratore scelto, se ne vanta lui stesso con i magistrati, ma per Pisapia sono "indispensabili ulteriori accertamenti" per sapere davvero chi ha sparato.
Anche le perizie mediche, consegnate ieri l'altro con un ritardo inspiegabile di quasi quattro mesi (la perizia balistica non c'è ancora), avvalorano la versione dei carabinieri: in piazza Alimonda cercavano di ammazzarci, la reazione è stata legittima difesa. A parte il cattivo gusto di divulgare solo un particolare, cioè che nel corpo di Giuliani c'erano tracce di metadone, i periti sostengono, ad esempio, che il carabiniere autista è stato ferito alla schiena proprio dalla trave che un manifestante spingeva dentro la jeep. Non a caso il ragazzo, il genovese Massimiliano Monai, è accusato di tentato omicidio dal pm Silvio Franz. Si marcia spediti, insomma, verso la legittima difesa. E tocca a Pisapia ricordare che "deve esservi proporzione tra difesa e offesa".
In realtà l'intera inchiesta sul G8, ora che i riflettori hanno lasciato Genova, rischia di franare. Anche i pm che si erano mostrati più decisi sembrano aver perso il coraggio iniziale.









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Pubblicato su: 2005-07-05 (666 letture)

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