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Audizione di Giovanni De Gennaro (parte 4a)





verso cui si fanno coesistere due anime: una pacifica ed una estremista ed eversiva. Negli anni ottanta si contestava il nucleare nel nostro paese ed erano presenti in campo frange assolutamente pacifiste ed anche altri soggetti: ma nessuna relazione esisteva tra le due diverse anime (anche se credo che tale legame neppure oggi esista).
È necessario un chiarimento, anche perché a pagina 15 è presente un'altra considerazione che mi permetto di contestare, laddove è scritto di organizzatori che sono evidentemente riusciti a tenere sotto controllo i soggetti intenzionati a fare ricorso alla violenza: ritengo che tale compito non spetti agli organizzatori, bensì allo Stato, che attraverso propri organismi deve garantire a tutti i cittadini di esercitare liberamente il proprio pensiero, la propria opinione e anche la possibilità di contestazione contro ciò che eventualmente non si condivide.
Seconda questione: a pagina 17 ho letto una cosa che mi ha sorpreso. Ho ascoltato in altri punti della relazione riferimenti ad azioni di carattere preventivo che sono state compiute, però trovo poi scritto: «il loro contrasto è reso altrettanto difficile dal ricorso ad autentiche tecniche di guerriglia che non possono essere fronteggiate....». Oggi su alcuni giornali leggiamo che nel periodo precedente, diverse settimane prima, i servizi di intelligence avevano individuato con precisione con quali modalità si sarebbero svolte le azioni violente. Ora io non so se questo sia vero - dobbiamo prendere con le molle ciò che la stampa afferma -, però ci si dice oggi che sarebbero state perfettamente conosciute le modalità attraverso le quali queste azioni violente di guerriglia, come lei le ha definite, si sarebbero svolte sul territorio. Come mai i 6 mila membri delle forze di polizia e dei carabinieri non


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sono stati in grado di contrastare queste azioni che hanno - come abbiamo visto - messo a ferro e fuoco alcune zone della città?
A pagina 18, credo in un tentativo, forse generoso, di minimizzare, lei dice «.. hanno, in alcuni casi, determinato un eccesso nell'uso della forza ad opera dei reparti, in altri, episodici ed individuali comportamenti illeciti, che saranno rigorosamente perseguiti». Da quello che abbiamo visto e ascoltato e da quello che abbiamo letto nelle relazioni, che ella ha voluto trasmetterci, non abbiamo capito questo, ma tutt'altro; c'è stata una sorta di «liberi tutti», nel senso che in molti luoghi, in molte piazze, in molte circostanze, abbiamo visto comportamenti, da parte delle varie forze dell'ordine, volti a reprimere - anche con i manganelli - persone assolutamente indifese, con le mano alzate, che non avevano tenuto comportamenti pericolosi. In un caso abbiamo visto anche dare calci in faccia ad un ragazzo di 16 anni, dati non dall'ultimo dei poliziotti, ma da agenti anche di grado elevato.
Quali direttive erano state date dopo le prime azioni violente avvenute nella mattinata del 20 luglio? C'è stato qualche eccesso di carattere episodico ed individuale oppure, come è apparso da ciò che abbiamo visto in TV e letto dai giornali, si è trattato di un comportamento generalizzato?
In una ripresa televisiva - ho qui alcune immagini che consegno alla Commissione - compare un giornalista, o perlomeno supposto tale, con in mano qualcosa che sembra una pistola e con un casco. In questi giorni abbiamo avuto notizie in base alle quali sarebbero stati utilizzati anche tesserini da giornalista falsificati, non concessi dall'ordine dei giornalisti. Si tratta di una questione preoccupante: vorremmo capire di che cosa si tratta, se questo personaggio sia stato identificato e se appartenga alle forze dell'ordine.


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Altre dichiarazioni che abbiamo raccolto in questi giorni tendono a sostenere che, all'interno della scuola nella quale era sistemato il centro stampa del Genoa social forum e di altri organismi, si sarebbero verificati interventi che hanno portato alla manomissione ed alla distruzione di computer e di altre attrezzature in essa presenti, nonché anche alla sottrazione di dischetti e addirittura a percosse di persone presenti all'interno. Naturalmente si tratta di notizie di cui sono giunto a conoscenza, non essendo presente sul posto, tuttavia vorrei sapere che fine abbia fatto quel materiale, comprendente anche le relazioni degli avvocati, che lì svolgevano la loro attività in difesa e protezione dei manifestanti. È stato sottratto? Se sì, per quale motivo? Erano state date disposizioni in tal senso da parte dell'autorità giudiziaria? Il sequestro di quel materiale è previsto dall'articolo del codice che consente la perquisizione e il sequestro così come sono stati condotti nella scuola Pertini? Vorrei sapere se l'uso ambiguo dei nomi Diaz-Pertini sia stato compiuto anche nel momento in cui è stato disposto il Blitz al fine di poter intervenire in entrambi gli istituti.
Vorrei sapere, inoltre, se sia possibile acquisire le registrazioni delle conversazioni via radio dei giorni 20 e 21 luglio, in particolare quelli della notte di quest'ultimo giorno.

PIERLUIGI PETRINI. Signor presidente, eviterò di porre domande già fatte, avendo il senso del limite. Farò riferimento invece alle ispezioni di cui ci sono state consegnate le relazioni. Nella prima si legge che le persone arrestate o fermate, dopo una prima sommaria visita medica, sono state sottoposte ad una successiva ed ulteriore visita - spero non sommaria anche questa - una volta consegnate alla polizia penitenziaria. Successivamente si passa a valutare la situazione di tredici persone che avrebbero denunciato di avere subito violenza. Di


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queste persone si evidenzia come dodici delle stesse non abbiano alcun referto medico che avvalori tesi di violenze subite, mentre la tredicesima avrebbe un referto medico che riporterebbe una prognosi di dieci giorni, stilato però all'ospedale San Martino di Genova alle 3,30 di quella notte stessa, cioè tra il 21 ed il 22 luglio (in sostanza quindi questa persona sarebbe stata trasferita all'ospedale dove avrebbe avuto questa prognosi di dieci giorni). Tutto sembrerebbe in piena regola, c'è però una contraddizione evidente nella seconda ispezione, che ci ricorda che delle novantatré persone rintracciate all'interno della scuola Pertini ed in seguito arrestate, sessantadue sono state refertate con prognosi variabili, che vengono poi elencate. Allora chiedo: chi ha stilato queste prognosi? In particolare il 5 per cento, cioè tre delle sessantadue persone, avrebbe avuto addirittura la prognosi riservata. Allora mi chiedo: chi ha stilato queste prognosi riservate? Alla prognosi ha fatto seguito il trasferimento nella struttura ospedaliera? Qual è la patologia sottesa ad una prognosi così severa? Quale è stato il tempo di trasferimento?

LUCIANO VIOLANTE. Presidente, è evidente che l'attenzione dell'opinione pubblica, nazionale ed internazionale - è uscito oggi un articolo del New York Times molto pesante nei confronti dell'Italia -, è stata attirata dalle denunce di violenza, non sappiamo quanto fondate, alcune sicuramente, per il resto vedremo. A Genova la stragrande maggioranza delle forze di polizia si è comportata correttamente e la chiarezza su quello che è accaduto è necessaria per frenare un processo di criminalizzazione delle forze di polizia che, involontariamente da tutti, è in corso sui mezzi di informazione.
Da questo punto di vista interessa conoscere tre aspetti. In primo luogo, qual è stata, e qual è, la catena di comando. In


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secondo luogo, se Arma dei carabinieri, Polizia di Stato e Guardia di finanza avevano le stesse frequenze radio o meno; eventualmente, se non le avevano, sapere il perché, chi si era opposto, cosa si oppone e così via. In terzo luogo, sapere quanti feriti ci sono tra le forze di polizia.
C'è inoltre un'altra questione, affrontata prima con grande chiarezza dal collega Soda. Occorre cioè sapere quali saranno nel futuro le tecniche di isolamento dei violenti, posto che, da quello che si è inteso, vi è la possibilità di un inserimento di gruppi violenti all'interno di gruppi pacifici; tenendo conto altresì che non deve esserci alcuna ambiguità, nel senso che, se dico che entrerò un metro oltre la zona rossa, vuol dire che vado allo scontro con le forze di polizia ed ho, pertanto, la responsabilità politica di quello che succede, perché evidentemente se so, come so, che accanto a me ci sono dei violenti e innesco questo meccanismo dicendo che entrerò di un metro nella zona rossa, mi assumo un carico di responsabilità che non sarà penale, nè certamente giuridica, ma politica, inevitabilmente. Su questi aspetti, dunque, la chiarezza è essenziale, altrimenti c'è ambiguità su tutto e non si rende un favore neanche a quelli che sono pacifici, perché praticamente li si confonde in modo sbagliato.
A noi interessa molto conoscere la strategia che il capo della polizia intende perseguire al fine di evitare, domani, che violenti e non violenti vengano unificati in un solo giudizio, fatto che può comportare, per l'altra parte, un non isolamento di chi si è comportato male, violentemente, all'interno delle forze di polizia.
Pertanto, ci troviamo di fronte alla seguente questione: non dividersi, colleghi, tra chi sta con la polizia e chi sta con il movimento, bensì dividersi - speriamo di no - tra chi condanna la violenza, ingiusta da chiunque commessa, e chi


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non la condanna. Credo che questa sia la questione di fondo, perché, se la vediamo in forma diversa, credo che non rendiamo un servizio a chi vogliamo difendere, né forse osteggiamo nella giusta misura chi vogliamo attaccare.

PRESIDENTE. Sono così terminati gli interventi da parte dei colleghi.
Propongo di riprendere i lavori fra mezz'ora circa, dopo una breve pausa, anche per consentire al prefetto De Gennaro di prepararsi per consentire la replica. Informerò pertanto il generale Zignani e il generale Siracusa di un'ora circa dell'inizio delle loro audizioni.

LUCIANO VIOLANTE. Quindi, riprendiamo i lavori alle 14,45?

PRESIDENTE. Sì, alle 14,45 circa. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 14,15, è ripresa alle 15,10.

PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.
Prefetto De Gennaro, spero che lei abbia potuto - in questo breve lasso di tempo - mettere in ordine le domande. Le do ora la parola per la replica agli interventi svolti dai colleghi.

GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza. Ho annotato tutte le domande e, nel metterle in ordine, ho tentato di raggruppare le risposte; in ogni caso, nel tentativo di non essere assolutamente omissivo, sfoglierò nuovamente i miei appunti e sottolineerò qualche punto in particolare. Mi permetto, con la vostra benevolenza, di iniziare con una piccola premessa.
Dall'insieme di tutte le domande emerge un quadro un po' confuso, dove alcuni definiti e specifici episodi diventano poi


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quasi l'emblema e il punto di riferimento unico di tutto un sistema di sicurezza, che questa mattina ho tentato di illustrare - forse in modo maldestro, ma anche sufficientemente sintetico - nella sua complessità non solo organizzativa ma anche per quanto attiene allo sviluppo di un impegno di ordine ed anche di sicurezza che - come ho sottolineato - è durato diversi giorni e che ha avuto una preparazione non di pochi giorni ma di lungo periodo.
Potrebbe essere utile eliminare un equivoco di partenza, cioè che determinati episodi possano poi diventare l'unico riferimento di tutta l'attività svolta dalle forze dell'ordine in numero veramente rilevante (ricordo soltanto che tutti i rinforzi inviati consistevano in oltre 11 mila unità, escluse le forze armate e le risorse territoriali).
Siccome alcune domande sono coincidenti vorrei rispondere su alcuni singoli episodi.
Inizio dall'episodio di Quarto. Naturalmente, rispondo per quelle che sono le conoscenze del capo della polizia e per quello che ad esso è stato riferito; insisterò poi sul punto che le autorità di pubblica sicurezza hanno una loro assoluta autonomia e responsabilità specifica.
Siccome la lettera del presidente della provincia, oltre che al prefetto ed al questore di Genova (i naturali destinatari ed interlocutori) era stata inviata al ministro dell'interno e al capo della polizia, il mio ufficio ha rivolto una specifica richiesta al questore di Genova il 27 di luglio, pregandolo di comunicare con la massima urgenza l'esito degli accertamenti svolti. È quindi arrivata la risposta del questore di Genova.
Signor presidente, essendovi una richiesta del Comitato indirizzata al mio ufficio di fornire la documentazione, e dato che questa è tantissima, se interpreto bene, invierò tutta quella che è di supporto alle domande che mi sono state rivolte. Così,


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se per caso, nelle mie risposte, non ci fosse un riscontro puntuale alle domande, sicuramente tutta la documentazione sopperirà a tale mancanza.
La risposta del questore che perviene al dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'interno è però un po' diversa da quella che è stata la rappresentazione fatta nella sua lettera; evidentemente perché quelle erano le informazioni di cui il presidente Vincenzi disponeva. Sono indicati gli interventi, sono specificati quelli compiuti a seconda proprio degli orari, con l'indicazione delle persone intervenute, degli interlocutori che hanno incontrato sul posto e della situazione che vi è stata riscontrata. Da questo non si evince né una omissione né assolutamente una non risposta, bensì una risposta compatibile con le possibilità di intervento e le circostanze nelle quali si sono trovati gli equipaggi poi intervenuti, sia della polizia di Stato sia dell'Arma dei carabinieri. Credo che così si possano sciogliere - in parte - alcuni dubbi relativamente alla capacità e alla volontà di intervento da parte delle forze di polizia.
Quello che scrive il questore per me è ovviamente una risposta valutata dalle sue conoscenze dirette sul posto.

MARCO BOATO. Può dire al Comitato qual è stata questa risposta.

GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza. La posso leggere. In essa vi è scritto che, con riferimento alla segnalazione inviata in data 21 luglio dal presidente della provincia di Genova, circa i danneggiamenti compiuti all'interno dell'asilo nido sito in via Maggio, si forniscono le informazioni richieste.
"Con verbale datato 18 luglio ultimo scorso, la provincia di Genova, per ospitarvi una tendopoli, ha concesso


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al Genoa social forum le palestre dell'area esterna al complesso dei Se.Di.. Alle ore 22 circa del 19 luglio il portiere dello stabile, il signor Lullari, udito suonare l'allarme e d'accordo con la custode, la signora Canale, ha contattato il 112; sul posto sono intervenute tre gazzelle dei carabinieri, il cui equipaggio, accompagnato all'ingresso dal signor Lullari, ha constatato che, pur non presentando segni di effrazione, il portone dell'asilo era aperto e che all'interno erano presenti circa 20 persone. Gli operatori hanno invitato gli astanti ad abbandonare l'asilo e subito dopo il Lullari a contattare i responsabili amministrativi della struttura. Nel frattempo sono giunti sul posto due equipaggi della polizia di Stato ed un'altra gazzella dei carabinieri; alle ore 22,50 è arrivato il signor Iossa, responsabile dell'asilo che, unitamente al Lullari, si è portato all'interno dello stabile. Lullari nell'occasione non ha notato danni alle strutture; lo stesso poi è tornato nella portineria da dove ha notato l'arrivo dell'ingegnere Cogorno alle ore 23 circa, dell'architetto Razzini e della moglie alle ore 24 circa e dell'assessore provinciale Massollo alle ore 00,15 circa. Il personale operante ha lasciato la struttura alle ore 23 circa, non è allora esatto dichiarare che lo stesso ha deciso di non intervenire per evitare di fomentare gli animi. Al momento del sopralluogo, infatti, la struttura, come confermato dal signor Lullari, non presentava alcun danno e ciò è tanto più vero ove si consideri che, anche a causa del nubifragio che si era abbattuto sulla città, i dirigenti della provincia giunti sul posto si sono attivati per reperire nuovi spazi ai contestatori, chiedendo a tal fine al portiere le chiavi della palestra piccola del teatro. Alle ore 1,47 del 20 luglio poi, una donna con accento straniero, qualificatasi quale interprete della provincia, ha chiamato il 113 dichiarando di avere avuto notizia, da due accompagnatori della delegazione russa giunti a Genova il


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giorno prima ed alloggiati al terzo piano dell'edificio di via Maggio, numero 3, della presenza di estranei all'interno di quella struttura. La donna, poi identificata - per privacy non leggo il nome -, assunta a sommarie informazioni testimoniali, e quindi con un atto ufficiale, ha confermato di essere stata contattata telefonicamente da due connazionali. Sul posto sono state inviate due volanti e una gazzella dei carabinieri che, notato un gruppo di persone all'entrata del piazzale, che alla loro vista mostra evidenti segni di nervosismo e chiudeva i cancelli di ingresso, preferiva spostarsi di qualche metro per richiedere l'intervento di personale della DIGOS; quest'ultimo, dopo opportuni accertamenti, comunicava al centro operativo che nessuna delegazione russa era presente all'interno dello stabile. La centrale, temendo che la chiamata potesse rivelarsi una provocazione, ordinava agli equipaggi di lasciare l'obiettivo. Nella mattinata dello stesso giorno il signor Lullari, per «pura curiosità» è tornato in via Maggio ed ha rilevato la presenza, all'interno dell'asilo, di circa 50 persone intente a distruggere suppellettili al fine di procurarsi armi improprie e protezioni; lo stesso non ha notiziato gli organi competenti di quanto constatato, poiché era libero da impegni di servizio e stante la presenza sul posto dei responsabili amministrativi dell'area Se.Di e del portiere di turno. Nessuna informazione, come risulta dalla denuncia del presidente della provincia di Genova, è quindi pervenuta a questo ufficio. Nella nota infatti si riferisce che, nella notte tra il 20 ed il 21 luglio, i responsabili della provincia verificavano alle ore 20,30 una situazione sotto controllo; dalle ore 23,30 sono invece cominciati gli allarmi ed a tale ora la custode, che aveva rilevato luci accese all'interno della zona uffici dell'edificio, ha chiamato il 112, la sala situazioni della prefettura, ottenendo la seguente risposta: «Siamo impegnati non possiamo intervenire».


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Infine, alle ore 9,40 del 21 luglio l'assessore provinciale Massolo ha chiamato la prefettura per segnalare che alcuni manifestanti stavano distruggendo la struttura della scuola e stavano rifornendosi di armi improprie. La prefettura ha trasmesso la nota all'ufficio di gabinetto della questura che ha immediatamente disposto un intervento inviando in via Maggio un contingente di circa centocinquanta unità guidato da tre funzionari. Sul posto, raggiunto con grosse difficoltà per l'angustia delle strade già occupate dai manifestanti, gli operatori hanno, però, trovato una gran massa di persone composta da diverse migliaia di contestatori appartenenti al network dei diritti globali che, al momento dell'arrivo, li ha resi oggetto di un fitto lancio di corpi contundenti e li ha costretti a lasciare la zona, non essendoci sufficienti condizioni di sicurezza per un'efficace manovra del contingente, anche a causa del tentativo di accerchiamento da parte della folla tumultuosa. In merito a tali fatti si è riferito il 30 luglio all'autorità giudiziaria".

 

PRESIDENTE. Le suggerirei, prefetto De Gennaro, di non procedere leggendo ogni documento, che, se ritiene opportuno, può consegnare alla presidenza.

GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza. Signor presidente, qualcosa vorrei leggerla, perché altrimenti...

PRESIDENTE. Laddove lei lo ritenga opportuno, ma eviterei di farlo.

GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza. Signor presidente, credo che dovrò leggere molte cose.


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È stato richiamato - mi sembra da parte dell'onorevole Mascia, se non ricordo male - un secondo episodio relativo a segnalazioni effettuate da rappresentanti del Genoa social forum e concernenti la presenza di pullman di Forza nuova. La questura di Genova riferisce, sempre al Ministero dell'interno, dipartimento della pubblica sicurezza, che con riferimento alla nota inviatagli (evidentemente abbiamo chiesto notizie anche su ciò) relativa alla segnalazione di 2 pullman si forniscono le seguenti notizie. Effettivamente tra le ore 22 e le 23 del 18 luglio è pervenuta in questura una segnalazione del portavoce del Genoa social forum, Vittorio Agnoletto, circa la presenza nella zona dell'impianto Sciorba o comunque dello stadio di Marassi di 2 pullman di Forza nuova i cui occupanti si sarebbero accampati in dette aree. I controlli e gli accertamenti tempestivamente disposti a mezzo di pattuglie automontate, coordinate da qualificato personale della Digos di Genova, hanno dato esito negativo. In particolare, sono stati accuratamente ispezionati i siti vicini al campo dello Sciorba a Molassana, dove erano alloggiati gli esponenti di Attack aderenti al Genoa social forum, tutte le zone boschive e collinari di Molassana, tutte le aree idonee al parcheggio di camper e roulotte site vicino allo stadio di Marassi e al cimitero di Staglieno, nonché l'area prospiciente il centro sociale anarchico Pinelli, sito anch'esso in via Adamoli a Molassana. L'esito negativo dei controlli è stato comunicato a Vittorio Agnoletto.
Per quanto riguarda lo stadio Carlini, è stata effettuata una perquisizione, ma, come spiegherò anche quando parlerò della scuola Diaz o Pertini (in merito alla denominazione sono un po' confuso), non ne ero certamente a conoscenza. Sono in possesso di una segnalazione effettuata dalla questura: come posso documentare, vi è una continua e costante informazione


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su tutto. È ovviamente una documentazione tra uffici e non gerarchica, una documentazione funzionale volta a conoscere l'andamento della situazione dell'ordine e della sicurezza pubblica in Italia che compete al dipartimento della pubblica sicurezza. Tale documentazione non proviene solo dalla questura, bensì anche dalle altre forze di polizia: in essa viene dettagliatamente spiegato che la perquisizione è stata effettuata e che, giunti al Carlini, ove vi erano alcuni operatori televisivi e gli avvocati, sono stati compiuti accurati sopralluoghi ed ispezioni alla presenza del noto Luca Casarini accompagnato dai suoi legali di fiducia e dagli organi di stampa, nel frattempo intervenuti sul posto a richiesta degli interessati. Nel corso del sopralluogo è stata constatata la presenza di circa 500 persone appartenenti al movimento tute bianche e non sono state riscontrate anomalie a strutture, arredi ed infissi interni, risultati regolarmente montati, come confermato dalle medesime tute bianche. Signor presidente, si tratta di documenti che poi metterò a vostra disposizione.
Mi è stato anche chiesto - mi sembra da parte dell'onorevole Anedda e da altri - di fornire le registrazioni di tali eventi: mi risulta che esse siano già state chieste dall'autorità giudiziaria e quindi sono a disposizione della stessa. Mi risulta ciò perché ho avuto una segnalazione - che proviene anch'essa dalla questura di Genova - in ordine ad una notizia di stampa concernente comunicazioni radio di violenza o preannunciata violenza in cui si legge: «In merito, si precisa che l'ascolto delle comunicazioni radio e la lettura del relativo brogliaccio, che si allega, consentono di escludere nel modo più assoluto che siano pervenute alla centrale operativa richieste del personale operante su strada relative all'invio di contingenti


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per compiere spedizioni punitive nei confronti degli occupanti della scuola». Sono atti a disposizione dell'autorità giudiziaria che poi eventualmente li valuterà.
Nella relazione non mi sono soffermato sulla perquisizione avvenuta nella scuola, anche perché l'ufficio aveva già messo a disposizione di questo onorevole Comitato le risultanze dell'informazione.
Tuttavia, ad una prima lettura - sicuramente in merito a ciò vi sarà il vaglio dell'autorità giudiziaria che in questo momento mi sembra molto approfondito - ritengo di cogliere una sostanziale coincidenza di informazioni. Peraltro le informazioni che ho fornito nell'immediatezza al ministro dell'interno per rispondere in Parlamento e che sono state in parte riportate nella sua relazione erano frutto della prima segnalazione pervenutami dalla questura di Genova. Ho riscontrato, in linea di massima, la stessa coincidenza sulle dinamiche (e non - come ho già detto - sulle responsabilità di comportamenti illeciti), sulle modalità e sul contesto in cui tale operazione di polizia è maturata sostanzialmente anche nella prima relazione degli ispettori (o dell'ispettore).
Ho notato che all'inizio della relazione su Bolzaneto si fa riferimento all'urgenza e al tempo abbastanza ristretto; chiaramente gli ispettori hanno raccolto una serie di informazioni e ricostruito i fatti; tuttavia, almeno con riferimento a quei tre momenti, vi è una relazione inviatami dal prefetto La Barbera in cui si riscontra una sostanziale coincidenza su modalità, tempi, circostanze, cause ed effetti che purtroppo - come abbiamo visto - sono stati di un certo tipo e sui quali l'autorità giudiziaria compierà accertamenti.
Anche in merito alle scelte degli ufficiali di polizia giudiziaria - probabilmente sbagliate in ordine alla valutazione se contestare o meno una sorta di associazione a delinquere, che


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poi non è stata riconosciuta legittima dall'autorità giudiziaria come capo di imputazione o idonea a rispondere ai fatti o concordante con le circostanze - credo, per quanto riguarda la parte di mia diretta conoscenza, di poter affermare, in una sede istituzionale come questa - dove dico tutta la verità e ritengo che la mia verità sia sicuramente più responsabile di quella dei giornali - di aver avuto solo in tale circostanza notizia della perquisizione e voglio anche spiegarne la ragione. Nessuno informa il capo della polizia di una perquisizione, infatti, nessuno mi ha informato delle altre perquisizioni come quella realizzata poco prima, nel pomeriggio, nella scuola di via Maggio, dove sono state sequestrate armi improprie (75 mazze ferrate) - ho poi visto la relativa segnalazione - ed arrestate un certo numero di persone (credo venti o ventitré). Quella sera mi ha chiamato il questore non per informarmi della perquisizione, ma per un'autorizzazione che competeva, invece, alla mia responsabilità. Ciò necessita di un passo indietro di 24 ore che mi aiuta anche a rispondere ad una delle domande che mi sono state rivolte.
Il venerdì sera, dopo i gravi incidenti di via Tolemaide che hanno portato alla drammatica morte di un giovane manifestante, su sollecitazione del prefetto - che tra l'altro mi ha chiesto di inviare nuove forze di polizia e costretto a rastrellare gli ultimi trecento uomini presenti a Milano -, nella normale, naturale, fisiologica alternanza di forze di polizia e dopo essermi consultato, verso le 23-23 e mezza di venerdì, con il comandante generale dell'Arma dei carabinieri, abbiamo di comune accordo sollecitato le autorità locali - questa è l'indicazione strategica che viene dal vertice e che può essere anche disattesa perché l'ordinanza è un atto che compete al questore - ad invertire i servizi, spostando la polizia e la Guardia di finanza verso i luoghi delle manifestazioni, ed i


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contingenti dei carabinieri a protezione della zona rossa che, verosimilmente, il 21 luglio sarebbe o avrebbe dovuto essere interessata da episodi di aggressione.
Sulla base di questa premessa - che, credo, abbia sciolto qualche dubbio sull'avvenuto coordinamento, tra l'altro richiesto anche dal prefetto - il questore mi ha chiamato sabato sera - sarà lui a confermarlo quando verrà ascoltato - per chiedermi se potevano essere utilizzati contingenti dei carabinieri per una perquisizione. Ho risposto al questore in senso affermativo. Ecco il motivo per il quale sono stato informato della perquisizione. Della perquisizione al GSF non ero a conoscenza, ho appreso la notizia successivamente.
Per quanto riguarda l'attività ispettiva, essa sarà oggetto di un approfondimento sotto il profilo amministrativo e comportamentale. Si scoprirà se c'è stato un principale responsabile; mi pare che l'ispettore indichi disfunzioni e non ordini di procedere in un certo modo. Egli afferma che sono stati fatti inviti alla cautela - promossi anche dal sottoscritto - che rientrano in quella che è una doverosa attenzione alla prudenza ed alla tutela dell'incolumità degli uomini che devono...

MARCO BOATO. Immagini, se non fossero arrivati questi inviti, che cosa sarebbe successo!

GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza. ...io credo che dovremmo lasciare il definitivo accertamento dei fatti all'autorità giudiziaria.
Ho letto in una relazione che, dal secondo piano della scuola, è piovuta giù una mazzetta spaccapietre che ha sfiorato un agente; non so se ciò corrisponde al vero, ma, se così fosse, sarebbe stato un atto che poteva procurare dei danni. Su


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questo fatto è in corso un'indagine approfondita; per quanto mi riguarda, ho dato direttive per supportare e sostenere il più possibile l'azione dei magistrati.
Per quanto concerne Bolzaneto, in previsione di incidenti preannunciati, che avrebbero portato all'arresto di manifestanti, in una delle riunioni tenute dal comitato nazionale per l'ordine pubblico - in questo modo rispondo indirettamente anche alla domanda dell'onorevole Sinisi - l'amministrazione penitenziaria aveva predisposto un piano che intendeva evitare complicazioni a quella che era la normale attività svolta dalla casa circondariale di Genova.
Questo piano potrà essere illustrato nei dettagli dal direttore dell'amministrazione penitenziaria. Tra l'altro, il carcere di Marassi era uno degli obiettivi a rischio ed una consistente attività di traduzione di arrestati poteva anche creare pericoli per l'ordine pubblico.
A questo proposito voglio leggervi alcuni passi della relazione del commissario della questura di Verona dottor Salvo, in servizio a Genova che descrive il momento dell'assalto al carcere di Marassi; quindi, come avrete potuto desumere, quelle preoccupazioni organizzative non erano del tutto prive di fondamento.
La relazione così recita: "Intorno alle ore 14 e 30, senza che fosse stato comunicato preventivamente, il sottoscritto notava provenire da dietro l'istituto scolastico Edoardo Firpo una grossa massa di manifestanti che indossavano abiti di colore nero tutti travisati e con caschi e foulard sul volto, armati di spranghe... eccetera". Lo scrivente ha immediatamente intuito che si trattasse dei black bloc. Prosegue poi la relazione: "Dal suddetto gruppo, ormai costituito da un migliaio di manifestanti che avevano iniziato a salire la lunga scalinata, si notava staccarsi un centinaio di essi. Una volta contata l'esigua forza posta


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a presidiare l'ingresso del carcere, eccetera...". Circa quaranta uomini, dunque, presidiavano l'ingresso nel carcere...« (Commenti del deputato Mascia). In quel momento c'erano quaranta uomini. Ovviamente gli altri contingenti erano dislocati nei dintorni.

GRAZIELLA MASCIA. L'ha detto lei che Marassi era uno degli obiettivi!

GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza. Infatti il carcere era presidiato da un funzionario e da quaranta uomini, non da una pattuglia di due uomini. La relazione così prosegue: "A questo punto il sottoscritto e la forza a disposizione venivano fatti oggetto di una fitta sassaiola e dal lancio di bottiglie di vetro che lo scrivente cercava di interrompere facendo lanciare una serie di lacrimogeni in direzione dei manifestanti. Purtroppo l'effetto ottenuto non era quello sperato. In continuazione veniva fatto oggetto come bersaglio di numerose pietre, bottiglie e bulloni. I manifestanti, ormai giunti quasi a ridosso degli operanti, ci facevano oggetto anche di bottiglie molotov che, a malapena, si riusciva a schivare".
In questo contesto è nata l'organizzazione predisposta dall'amministrazione penitenziaria, prevedendo la trattazione, diciamo burocratica, e quindi l'assunzione in carico degli arrestati direttamente presso le strutture di polizia.
Dalla relazione, che anch'io ho letto, come voi avete visto, si nota un disordine, però anche una descrizione di luoghi tali che vedono una presenza di più forze di polizia, di sanitari, del medico della polizia penitenziaria; non sono due medici - ho letto la relazione - è lo stesso medico che prima visita i fermati e gli arrestati quando arrivano all'ingresso e poi li rivisita dopo. Credo che anche lì dovremo aspettare l'esito


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delle denunce, degli accertamenti sviluppati dall'attività giudiziaria, il che non significa che come capo della polizia sto escludendo che ci siano stati comportamenti illeciti, ma mi devo attenere necessariamente a quelle che sono le risultanze di chi ha sviluppato questi accertamenti.
Mi pare che un'altra parte delle domande riguardasse il coordinamento. Qui mi sembra importante segnalare quella che l'onorevole Violante ha chiamato la catena del comando e che in altre circostanze è stata indicata come mancanza di direzione unitaria o, forse, mancanza di coordinamento. Nel settore dell'ordine pubblico l'unico coordinamento spetta alle autorità provinciali di pubblica sicurezza: in sede tecnica al questore, in sede di valutazione - diciamo - politica al prefetto.

LUCIANO VIOLANTE. Non c'è gerarchia nei confronti del capo della polizia?

GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza. No, non c'è nessuna gerarchia. È proprio per questo che l'organizzazione dell'amministrazione della pubblica sicurezza...

FILIPPO ASCIERTO. Andreassi, perché stava...?

GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza. Onorevole, credo di averlo spiegato oggi.
Circa la complessità e l'importanza e la molteplicità delle iniziative e delle attività che erano in corso e che avevano bisogno di un'interfaccia unica per tanti problemi, mi piacerebbe soltanto fornire un dato: in tutto questo, il 20 pomeriggio è arrivato il Capo dello Stato. Già quando il Capo dello


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Stato si sposta, è tutta una questura che si mobilita. Quando io ho parlato della complessità dei servizi di sicurezza, ho parlato di una molteplicità di cose con interlocutori anche diversi, con l'ispettorato del Quirinale, con quant'altro serva ad alleviare, a sostenere ed a sorreggere l'azione del questore. Infatti, l'ordinanza del questore è l'ordinanza che indica esattamente quali sono i compiti, le competenze attribuite ai singoli reparti e quali sono le iniziative che devono essere sviluppate durante l'azione dell'ordine pubblico.
Voglio dire anche una cosa che mi sembra innovativa e importante e che, forse, è importante che formi oggetto dell'attenzione di questa Commissione. Abbiamo preso molte iniziative di coordinamento operativo fra i reparti della Polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri; abbiamo sviluppato, d'intesa con il comando generale, iniziative proprio in previsione di un impegno così significativo come quello di Genova, abbiamo organizzato una serie di seminari ed incontri. Il 24 aprile, per esempio, tutti i responsabili dei reparti mobili della Polizia di Stato, dei battaglioni mobili dell'Arma dei carabinieri ed i funzionari e gli ufficiali della Guardia di finanza hanno partecipato ad un seminario che aveva come scopo proprio quello di propiziare, con l'ausilio anche di supporti audiovisivi, uno scambio di esperienza nel settore dei servizi di ordine pubblico, di individuare strategie e tattiche utilizzate anche in altre manifestazioni dal movimento antiglobalizzazione, di confrontare le tecniche impiegate. Il 7 giugno comandanti dei battaglioni mobili dei carabinieri, ufficiali del comando generale dell'Arma, anche dirigenti e funzionari della Polizia di Stato hanno assistito ad alcune esercitazioni pratiche per verificare se l'addestramento dei reparti fosse adeguato. Il 18 ed il 19 giugno presso la scuola superiore dell'amministrazione dell'interno c'è stato un altro seminario. Sono andato


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personalmente con il comandante generale ad avviarne i lavori, cui hanno partecipato tutti i responsabili dei battaglioni mobili dell'Arma dei carabinieri, ufficiali - ricordo perfettamente, c'era anche un giovane tenente -, funzionari di polizia, tutti i funzionari che partecipavano poi ai servizi di ordine pubblico. Cito questi fatti perché anche il 29 giugno presso la scuola allievi marescialli dei carabinieri è stata tenuta un'analoga iniziativa, così come poi a Genova nell'imminenza del vertice. Ho voluto citare e riferire questi fatti per indicare, in termini di strategia e, quindi, di attenzione agli impegni gravosi da tenersi in occasione del vertice di Genova, gli input che sono partiti a livello centrale.
Credo di dover dare adesso alcune indicazioni, perché mi sono state richieste, sulle manifestazioni che si sono svolte. Poi passerò ad esaminare le singole domande. Ho detto stamattina, nella mia relazione, della manifestazione del 19, una manifestazione che si è svolta in modo assolutamente tranquillo e che è partita quasi dalla zona rossa, non dico dalla zona gialla, ma quasi dalla zona rossa, una manifestazione molto consistente sviluppatasi lungo un percorso che era all'interno di una zona ritenuta più sensibile. Ma, evidentemente, il giorno 19 c'erano tutte le condizioni. Il questore (dico il questore, in quanto punto di riferimento, perché si assume la responsabilità; ma, ovviamente, d'intesa con le altre forze di polizia sul posto, d'intesa con altri funzionari) ha valutato che non ci fossero condizioni di rischio e di pericolo per limitare il diritto di manifestazione che era stato richiesto in quel senso. Non c'è stato alcun incidente, naturalmente, ma perché nessun tipo di aggressione o di atto illegittimo è stato posto in essere durante quella manifestazione.
Il 20 la giornata era molto più complessa, almeno per quelle che sono le mie conoscenze; poi lo dimostrerò dando


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lettura di alcuni passi delle relazioni dei funzionari. La giornata era molto più complessa perché c'erano richieste avanzate dagli organizzatori del Genoa social forum di poter disporre di alcune piazze per una sorta di sit-in che doveva essere pacifico o di

manifestazione del dissenso; è stata accordata l'autorizzazione per quelle piazze che si riteneva non costituissero o non predeterminassero una situazione di pericolo, anche perché - da come mi è stato detto - c'era una medesima richiesta da parte delle varie componenti dei manifestanti che volevano diversificare il loro collocamento nella zona. E sono state seguite le richieste. Adesso a memoria non lo ricordo, ma credo di averlo annotato: la rete Lilliput aveva chiesto una piazza, un'altra parte del movimento aveva chiesto piazza Dante; in tutto questo, però, le richieste avanzate, che sono agli atti della questura - ed il questore lo potrà dire -, erano per manifestazioni statiche da parte di tutte queste componenti; è stato vietato il corteo organizzato dalle tute bianche che volevano ed avevano preannunciato un corteo - dico tute bianche, ma è una parte del movimento - dal Carlini sino ad una piazza, credo che fosse il luogo di destinazione. Questo corteo non era autorizzato, questo corteo è stato fermato, per decisione naturalmente dei funzionari e delle autorità, a via Tolemaide, credo, dove ci sono stati poi gli scontri più drammatici che hanno portato anche ad un ulteriore dramma, quello della morte di un manifestante.
Vorrei chiarire questo concetto di assedio alla zona rossa, anche perché mi è stato chiesto; adesso vado un po' a memoria, ma fornirò - ripeto - tutti i documenti. Vorrei chiarire, attraverso le relazioni di servizio dei funzionari, se questo fosse un attacco meramente virtuale.
Il primo dirigente della Polizia di Stato, dottor Montagnese, nella sua relazione riferisce che era di servizio in piazza

 


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Dante, una delle piazze destinate ai sit-in. Ad un certo momento, dice: «la pressione dei manifestanti era tale che, dopo circa un'ora, riuscivano a svellere la parte esterna della doppia porta di uscita della zona rossa, rendendo necessario il puntellamento della parte interna con un veicolo corazzato della polizia; contestualmente gli esagitati effettuavano un nutrito lancio di oggetti contundenti (bottiglie, bulloni tolti dalla rete di protezione) contro le forze dell'ordine. A questo punto, avendo a disposizione tre idranti» - si tratta della relazione indirizzata al questore, naturalmente - «del Corpo forestale dello Stato, disponevo che gli stessi indirizzassero numerosi getti d'acqua contro le persone il cui assedio diventava sempre più preoccupante, in quanto alcune di loro avevano iniziato a tagliare la rete provocando in essa dei fori. L'uso degli idranti fino alle ore 17, avvenne per altre quattro volte, allorché la folla si faceva più minacciosa. Verso le 17,30, visto che la folla aumentava, venivano recisi consistenti parti di rete metallica e quindi la minaccia di uno sfondamento all'interno della zona rossa appariva probabile. Disponevo il lancio degli artifici lacrimogeni. A seguito di ciò i manifestanti abbandonavano precipitosamente piazza Dante dirigendosi, attraverso Via Fieschi, verso Piazza Carignano. Nell'occorso, venivano esplosi 21 lacrimogeni e dieci granate a mano. Avuta la piazza libera, provvedevo ad avvertire il dirigente del gabinetto della polizia scientifica affinché facesse effettuare eventuali rilievi fotografici sulla piazza e sulle strutture danneggiate. Disponevo altresì un'accurata bonifica degli spazi prima occupati dai manifestanti ed acquisivo alcuni pezzi di grata precedentemente tagliati dai facinorosi, alcuni bulloni e alcune assi metalliche. Infine, avevo modo di constatare che la


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ditta appaltatrice di manufatti di difesa passiva, opportunamente, velocemente avvertita, provvedeva a ripristinare gli stessi».
Che il tentativo di aggressione alla zona rossa non fosse meramente virtuale, ce lo dice anche un'altra relazione in cui si dice...

LUCIANO VIOLANTE. Sempre il 20?

GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza. Sì, sempre il 20.
Leggo: «Piazza Corvetto. Circa 5 mila manifestanti intendevano invadere la piazza Corvetto, situata sul retro della prefettura, abbattendo le reti. A tale scopo, posizionavano cassetti dell'immondizia per poter superare, arrampicandosi, la citata rete, e alcuni moschettoni con i quali intendevano, tramite catene, spostare la lamiera. Per garantirsi detta attività iniziavano un lancio nutrito di bottiglie e oggetti pesanti nei confronti delle forze dell'ordine ivi schierate dallo scrivente. Riuscendo i manifestanti a rimuovere la barriera, ero costretto a utilizzare l'idrante che avevo precedentemente preparato all'uopo, e in questo modo coloro che avevano cominciato a scalare la barriera erano costretti ad abbandonare la loro attività. L'intervento è durato circa 20-30 minuti ed è stato supportato dal lancio a scopo intimidatorio di due candelotti lacrimogeni che dissuadevano definitivamente gli attaccanti».
Ce ne sono anche altre, ma credo che queste diano una risposta sulla possibilità che venisse violata la resistenza della difesa passiva della zona protetta, con tutte le conseguenze, quindi, dal momento che il giorno 20, a quell'ora, era in pieno svolgimento il vertice (c'erano i Capi di Stato e i Capi di Governo riuniti, oltre a tutte le delegazioni). Mentre, contemporaneamente, nel primo pomeriggio, si è svolto, senza incidenti,


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Pubblicato su: 2005-07-05 (971 letture)

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