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2002.12.03 La Stampa. Richiesta archiviazione





La Stampa 3 dicembre 2002
IL PROCEDIMENTO NE
I CONFRONTI DEL MILITARE CHE UCCISE GIULIANI VERSO LA CONCLUSIONE
Il pm: «Placanica sparò per legittima difesa»
Chiesta l’archiviazione: aveva la percezione di essere in pericolo di vita
di Alessandra Pieracci

GENOVA. Il carabiniere ausiliario Mario Placanica sparò per legittima difesa piena, «non poteva agire diversamente perchè l’aggressione al Defender era violenta e virulenta», e lui «aveva la giustificata percezione di essere in pericolo di vita». Con 36 pagine di ricostruzione e motivazioni, il pm Silvio Franz ha chiesto l’archiviazione del procedimento nei confronti del militare che, il 20 luglio 2001, durante i giorni del G8, in piazza Alimonda esplose due colpi di pistola, uno dei quali raggiunse al volto e uccise Carlo Giuliani mentre stava lanciando un estintore contro il lunotto posteriore, già infranto, della jeep.
Una richiesta che era nelle previsioni, ma tale da suscitare altrettanto prevedibili polemiche, soprattutto da parte di chi, come il padre di Carlo, non ha mai smesso di puntare il dito contro altri colpevoli, ovvero contro i responsabili dell’ordine pubblico in quei giorni roventi di sassaiole, roghi, violenze e aggressioni, culminati nell’irruzione alla scuola Diaz e nei pestaggi all’interno della caserma di Bolzaneto trasformata in struttura di prima detenzione. Secondo il pm, Placanica ha sparato «senza mirare direttamente a Giuliani». Certamente poteva evitare di usare l’arma come poteva decidere di subire l’aggressione, ma «tale condotta non era esigibile». «Nel nostro ordinamento - ricorda il pm - la messa in pericolo di un bene fondamentale come l’integrità fisica giustifica una reazione».

LA RICOSTRUZIONE
Placanica, allora ventunenne, faceva parte del dodicesimo Battaglione Sicilia dal quale erano stati selezionati circa 200 uomini per compiti specifici: il giovane carabiniere era stato addestrato al lancio di lacrimogeni. Quel 20 luglio il reparto è in strada dalle 6 del mattino. In tarda mattinata è in via Rimassa, nel quartiere della Foce, dove viene bersagliato dal lancio di vari oggetti. Dalle 15 viene impiegato in corso Torino in cariche di alleggerimento. Alle 17 arriva in piazza Alimonda. Ci sono due Defender: in uno vengono fatti salire Placanica e un collega perchè intossicati dai lacrimogeni. I carabinieri si schierano su via Caffa in direzione di via Tolemaide per fronteggiare un gruppo di dimostranti che aveva formato una barricata con i cassonetti. Volano bottiglie e pietre e la pressione si fa insostenibile quando i manifestanti accerchiano da via Odessa.
Improvvisamente i militari ripiegano disordinatamente lasciando scoperti i due defender. Gli autisti cercano di raggiungere piazza Tommaseo, invertendo la marcia su un terreno coperto invaso da pietre e cassonetti. I veicoli si ostacolano e quello con Placanica va a incastrarsi contro un cassonetto, raggiunto in pochi attimi dai manifestanti. Sul defender ci sono i due carabinieri intossicati e l’autista, Filippo Cavataio. La sassaiola è fittissima, con spranghe e bastoni vengono sfondati i vetri laterali, viene infranto anche quello posteriore, mentre la massa intorno alla jeep grida, inveisce («Bastardi, vi ammazziamo») e lancia pietre. Massimiliano Monai (uno degli indagati per l’assalto alla camionetta nel procedimento parallelo all’inchiesta sulla morte di Giuliani) a torso nudo e con una maschera protettiva da pugilato raccoglie da terra una trave e comincia a colpire il tetto, poi sferra un ultino colpo dentro la jeep, attraverso il finestrino rotto. «Vidi per un attimo il volto del carabiniere e ne colpii la sagoma, poi lo vidi accucciarsi» racconterà il giovane. Accanto a lui, come si vede in un video, Carlo Giuliani che colpisce il mezzo. I manifestanti feriscono i carabinieri con pietre e altre armi improvvisate. Qualcuno cerca di trascinare fuori i militari afferrandoli per le gambe.
Il carabiniere accanto a Placanica, colpito al volto e al costato, si piega, mentre lo stesso Placanica cerca di proteggero e urla: «Finitela, andatevene». Cavataio cerca di fare retromarcia e forse gli si spegne il motore. Placanica estrae la pistola. Urla: «Andatevene o vi ammazzo». Alcuni manifestanti vedono la pistola e si allontanano. Predonzani (altro indagato) conferma: «Ad un certo punto mi accorsi che uno dei carabinieri stava brandendo una pistola e diedi l’allarme». A questo punto Carlo Giuliani, che era in mezzo a Predonzani e Monai, si sposta sul retro del mezzo e raccoglie da terra l’estintore già lanciato contro il Defender da qualcun altro. Il giovane lo solleva sopra la testa e nel momento in cui lo lancia viene colpito.
Si sentono due spari in rapida successione. Cavataio ingrana la retromarcia, ma è in stato confusionale, passa sopra il corpo di Giuliani (già morto, diranno le perizie), si allontana verso Tommaseo. Finalmente un maresciallo prende il suo posto e sale sulla jeep un altro carabiniere. Racconterà di Placanica con la pistola in mano e la testa sanguinante che ripete la frase «Mi volevano ammazzare, io non voglio morire». La jeep schizza verso l’ospedale: «Maresciallo, la pistola, la pistola» dice Placanica mentre il personale del pronto soccorso del Galliera accorre con la barella. Il militare ha il capo e il volto coperto di sangue, zoppica. Accanto a lui Cavataio in preda a un tremito convulso, mentre il terzo carabiniere ha ferite da colpi di pietra in faccia. In piazza Alimonda, un giornalista ritrova un bossolo a pochi metri dal cadavere di Giuliani. Secondo i periti, il proiettile che ha ucciso Carlo Giuliani ha colpito prima un calcinaccio lanciato in aria. Il secondo proiettile sparato è introvabile, ma durante una ricostruzione, nei mesi successivi, se ne scopriranno le tracce sul muro della chiesa di piazza Alimonda, a oltre 5 metri di altezza. La sezione omicidi della Mobile genovese sequestra l’estintore, che risulterà rubato dal distributore di via Tolemaide.
La titolare racconta: «Verso le 16, mentre passava il corteo dei manifestanti, alcuni giovani, molti dei quali con il volto coperto, cominciavano a sradicare i paletti di ferro che circondavano il distributore. Poco dopo ho visto un giovane con il passamontagna scuro, una canottiera bianca e i pantaloni scuri, che si allontanava dalla porta del distributore con un estintore tra le mani». Le riprese video raccontano i momenti prima dell’assalto al Defender: Monai con una trave e Giuliani con un bastone in prima fila negli scontri in via Tolemaide, Giuliani che trascina in via Tolemaide una campana per la raccolta del vetro, Giuliani che raccoglie pietre del selciato vicino a un distributore tra piazza Giusti e via Archimede.









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Pubblicato su: 2005-07-05 (718 letture)

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