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Audizione del dottor Francesco Gratteri (parte 2a)





delle operazioni, al fine di impedire - non so se la notizia fosse vera o falsa: in quel momento poteva essere verosimile - che la situazione degenerasse ulteriormente.

MARCO BOATO. L'operazione durò circa due ore?

FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Più di due ore, sicuramente.
Io non so se questo fatto possa collegarsi alla circostanza che lei ha esposto; io ricordo questo. Non conosco, comunque - anche se posso immaginare, evidentemente - le valutazioni di chi ha ritenuto di impiegare il reparto mobile per quella circostanza. Deduco, per essere stato presente, quindi per cognizione diretta, che il reparto mobile dovesse occupare la prima posizione perché avevo compreso che il dirigente della DIGOS di Genova, che in quel momento aveva funzioni di guida e che aveva svolto il sopralluogo, per raggiungere il posto dovesse procedere a fianco del gruppo comandato dal collega Canterini. Dunque, per questa sola ragione, ritengo che il reparto mobile dovesse, rispetto all'immobile, occupare la prima posizione.

MARCO BOATO. Le avevo chiesto, nell'ipotesi che ci fosse stata una decisione di sospendere l'operazione, chi avrebbe dovuto assumerla.

FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Ritengo di aver risposto prima a tale domanda. Se io dirigo una squadra mobile in un capoluogo di provincia...

PRESIDENTE. Quello territorialmente competente.

FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. ...e un funzionario viene a chiedere di


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svolgere una perquisizione, non avendo evidentemente un mandato di altra autorità giudiziaria, ritengo che si debba in qualche maniera rimettere alle valutazioni, decisioni e responsabilità del funzionario che su quel territorio è preposto al servizio. Ciò non vuol dire - ripeto - che il dirigente della squadra mobile o della DIGOS debba rispondere...

MARCO BOATO. La questione della catena di comando.

PRESIDENTE. Ha già risposto.

SAURO TURRONI. Vorrei soffermarmi un attimo sulla vicenda dell'errore e successivamente le farò altre domande, perché, in questi giorni, abbiamo cercato di comprendere come si sia potuta verificare l'irruzione nel centro stampa.
Lei per primo ci ha descritto come si è svolta la vicenda. Ci ha detto che quando vi siete allontanati, quando stavate decidendo come compiere la perquisizione, avevate addirittura una piantina (disegnata da chi aveva fatto il secondo sopralluogo, immagino il dottor Mortola) che indicava esattamente da dove si doveva arrivare, in modo tale che non ci si potesse confondere e si potesse compiere l'azione nel migliore dei modi. Mi risulta che l'edificio - come lei ha confermato - fosse addirittura prospiciente l'altra parte della strada; mi risulta anche che i venti agenti di polizia fossero entrati non dalla porta principale, quella che affaccia sulla strada, ma da una porta posta sul retro.
Non riusciamo a capire come possa succedere che venti persone guidate da un funzionario in un'azione che fino alla porta viene così ben organizzata vadano in un edificio addirittura diverso, mentre tutti gli altri 255 uomini (erano, infatti, in tutto 275) si dirigono da un'altra parte. Vorremmo capire bene come si sarebbe svolta la vicenda.


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Seconda questione: non mi pare che in quel luogo siano state tirate sassate, siano stati chiusi cancelli o portoni. Quindi è stato possibile entrare. Abbiamo appreso che, in quella circostanza, oltre ad essere state trattate in modo energico - come lei ha detto - alcune persone, sono stati anche rotti - è stato detto da altri colleghi - ma, soprattutto, sottratti hard disk, elenchi, denunce fatte dai legali e così via. Vorremmo sapere che fine ha fatto tutto questo materiale, dov'è andato a finire, se è stato restituito, se è da qualche parte. Se si comprende che è stato commesso un errore, si provveda immediatamente a risanarlo. D'altronde, lei ha detto di avere immediatamente inviato un collega, un suo sottoposto, al fine di interrompere l'azione che si stava compiendo; l'interruzione vi è stata, ma il materiale è scomparso. Quindi, vorremmo sapere che fine ha fatto, ammesso che si sia agito correttamente.
Un'ulteriore questione riguarda gli orari. Già il collega Bassanini è intervenuto sul punto. Abbiamo diversi orari che si accavallano e lei, per il mestiere che svolge, sa che molto spesso l'ora in cui si è verificato un fatto è importante per stabilirne le modalità. Ebbene, alcuni dicono che le cose sono cominciate - come lei ci ha riferito - alle 21,30; lo stesso ispettore che ha relazionato al ministro dell'interno, invece, parla delle 22,30. Un'ora di differenza dall'inizio della vicenda è assai importante per cercare di capire come sono andate le cose, per farci un'idea.
Sarebbe difficile pensare che in un'ora sola si sia potuto organizzare tutto quel complesso di attività, compreso il disegno della piantina, per poi arrivare a quella perquisizione e a tutto il resto. D'altronde, immagino che le relazioni siano precise a questo proposito.


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Inoltre, ieri ci è stato detto che non c'era alcuna cintura attorno all'edificio. Lei, invece, questa mattina, ha affermato che vi era una cintura per impedire che la gente scappasse: vuole essere più preciso a questo proposito?
Infine, lei ha parlato di «energia»: le pare energico il trattamento che è stato riservato a tre persone in prognosi riservata? Quanti erano gli agenti che sono entrati lì dentro come perquisitori? Ben 62 sono le persone colpite, anche in modo grave. Ammesso che 20 si fossero persi e che circa 120 o 130 fossero rimasti fuori a costituire le due cinture, poco più di 100 agenti saranno entrati a fare attività di perquisizione, ma anche attività «energica»! Per quanto tempo è durata quell'attività «energica» che ha colpito «energicamente» 62 persone?

FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Per quanto riguarda l'ingresso della polizia nella scuola ove era stato installato il centro stampa, mi richiamo a ciò che ho detto e cioè che non ho diretta cognizione delle fasi dell'irruzione, sia nell'uno che nell'altro istituto. Sicuramente non era previsto che si perquisisse anche il centro stampa. So - per averlo compreso ed averne avuto conferma successivamente - che chi vi entrò lo fece per errore. Non so se nella circostanza sia scomparso o sia stato danneggiato o sequestrato del materiale - non sono entrato per fare un sopralluogo, ma ho visto immagini televisive e filmati -, ma questo a me non risulta. Se sono stati commessi degli illeciti all'interno dell'istituto, spero vengano accertati. Non penso che sia stato sequestrato indebitamente del materiale perché se fosse stato così, questo sarebbe già stato restituito dall'autorità giudiziaria.
Per quanto attiene all'orario della perquisizione, ho letto gli atti, ho dei ricordi e ritengo che qualcuno nel redigere


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relazioni o rapporti di servizio abbia potuto fare un po' di confusione. Mi pare, anche per logica, che per gli orari possa far fede anche il rapporto di servizio del collega Mortola, che indica nelle 22,30 (più o meno) l'ora in cui svolse il sopralluogo.
Per quanto attiene alla mancata cinturazione (o ad una presunta mancata cinturazione), io so che essa era prevista. Quando sono giunto in prossimità del perimetro della scuola, in effetti - come ho detto poc'anzi - vi era personale dei carabinieri e della polizia che presidiava quel perimetro. Se poi, al momento dell'irruzione la cinturazione non vi è stata, questo non lo so, perché non c'ero. Però era stata prevista.
Per quanto attiene all'intervento «energico», ovviamente non posso condividere eventuali abusi che siano stati commessi nel corso della perquisizione. Ho detto semplicemente che, a fronte delle condizioni che si stavano realizzando - perché era palese che si stesse avvicinando una forza di polizia -, invece di chiudere un portone, evidentemente si sarebbe potuto anche consentire l'accesso, se non vi era nulla di male. Questo non vuol dire che vengano o possano in tal modo essere legittimati degli abusi; vuol dire che un'operazione di polizia va svolta in una certa maniera. Ciò, lo ripeto, non vuol dire assolutamente che un comportamento energico possa legittimare degli abusi da parte dei singoli.

GIANCLAUDIO BRESSA. Ringrazio il dottor Francesco Gratteri per il rigore delle sue risposte. Non tutti quelli che abbiamo ascoltato hanno avuto la serietà che lei sta dimostrando in questo momento. Lascerei perdere per un attimo la questione della scuola Diaz e tornerei sulla questione dei compiti dello SCO a Genova.
Nelle attività che lei ci ha illustrato, ha sottolineato che i compiti che vi erano stati affidati erano di bonificare la zona


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rossa e di renderla sicura. In queste attività, avete avuto contatti o azioni in comune con il ROS oppure si è trattato di due azioni completamente disgiunte? Dalle audizioni precedenti è emersa in maniera precisa la presenza della direzione centrale del ROS (il generale Ganzer ed altri). In questa attività, ci sono stati contatti o azioni comuni, oppure ciascuno ha agito per proprio conto?
La seconda domanda è la seguente: lei affermava che tra i compiti che le erano stati assegnati vi era anche quello di svolgere una capillare ed ininterrotta azione di controllo. Durante i giorni del vertice, questa capillare ed ininterrotta azione di controllo si è svolta esclusivamente nella zona rossa oppure siete stati impiegati anche al di fuori di essa? Lei ci ha testimoniato di aver condotto un'azione nella scuola Paul Klee, dove avete proceduto a degli arresti. Questo è avvenuto perché siete stati mandati là o perché si è trattato di un'azione di controllo che voi esercitavate al di fuori della zona rossa? E, se avete agito al di fuori della zona rossa, ci può illustrare l'attività svolta in quei giorni?

FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. I compiti di bonifica e di controllo investigativo comportavano un'attività finalizzata alla individuazione di eventuali insidie, all'interno della zona rossa, che potevano essere tante. Forse, l'esempio più semplice per rendere l'idea è quello di alcuni stabili con un doppio ingresso, uno che partiva dalla zona rossa e un altro dalla zona gialla (quindi al di fuori del perimetro). Inoltre, vi erano degli edifici disabitati - nei giorni del vertice o nell'immediatezza della celebrazione del vertice - che potevano essere indebitamente occupati da estranei, che avrebbero potuto compiere attività illecite.


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L'attività del Servizio centrale operativo, cioè l'attività di bonifica, si caratterizzava prevalentemente per questo. Io ho appreso della presenza del ROS e del generale Ganzer in particolare anche ascoltando l'audizione del colonnello Tesseri, se non vado errato. All'interno della zona rossa non mi consta che l'arma o il raggruppamento operativo speciale dei carabinieri abbia svolto delle attività. Se lo ha fatto, io non ne sono a conoscenza. Si era convenuto che questo tipo di operazione fosse svolta soltanto dal Servizio centrale operativo. E il Servizio centrale operativo, al di là dei casi che ho indicato - i quali riguardano personalmente più me che il servizio - ha svolto, in via quasi esclusiva - direi esclusiva - la sua attività all'interno della zona rossa.
La disposizione di svolgere una perquisizione alla scuola Paul Klee è stata una mia iniziativa, perché ho visto e riscontrato direttamente che dal furgone bianco venivano distribuiti mazze e bastoni di ferro, per consentire lo svolgimento di attività illecite. Attraverso l'elicottero ho verificato che il furgone fu parcheggiato in quell'area. Non ho distolto, in quel momento, il personale del Servizio centrale operativo dalle attività che lo vedevano impegnato all'interno della zona rossa, ma ho chiamoto un funzionario della squadra mobile di Genova al quale ho dato l'incarico di svolgere la perquisizione, con altri agenti, di acquisire i materiali necessari e di compiere tutti gli atti del caso.

GIANCLAUDIO BRESSA. Quindi, è stata una sua iniziativa?

FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. È stata una mia iniziativa.

FABRIZIO CICCHITTO. La prima domanda è forse banale. Alla luce di quanto da lei affermato sulle funzioni svolte,


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concentrate sulla zona rossa - ci ha spiegato anche che lei non ha mai svolto funzioni di ordine pubblico bensì investigative - vorrei capire perché quella sera lei fosse alla Diaz. Aggiungo che evidentemente c'era un'attenzione particolare nei confronti della scuola perché si registra una singolare concentrazione di dirigenti di alto livello all'istituto Diaz.
Mi rendo conto che probabilmente lei non sarà in grado di fornire una risposta, visto ciò che ha detto in premessa, ma devo riproporre il quesito perché, su questa vicenda, rischiamo di vivere una situazione alla Rashômon nel senso che gli interrogativi fondamentali sul caso Diaz, ai quali il Comitato attende risposte sono due e ad essi può rispondere solo chi è entrato in campo.
Primo interrogativo: gli agenti entrati alla Diaz hanno incontrato una resistenza tale da giustificare gli scontri che si sono verificati, oppure sono entrati in una situazione di tensione e hanno picchiato indiscriminatamente persone che stavano nei sacchi a pelo? Queste due ipotesi sono molto diverse l'una dall'altra. Nessuno è stato in grado di fornire una risposta a questo interrogativo di fondo.
Il secondo interrogativo di fondo con il quale dobbiamo misurarci e non ipocritamente - perché lo abbiamo davanti al Comitato ed anche se non è stato esplicitato totalmente ieri tuttavia è negli atti presenti - riguarda il fatto che da relazioni di operatori del settore entrati con il nucleo mobile emerge sostanzialmente che essi sono stati preceduti da agenti in borghese non meglio identificati per ciò che riguarda i corpi di appartenenza, e che questi avrebbero proceduto allo scontro con coloro che stavano all'interno della scuola. È una questione di straordinaria importanza che ripropongo sotto forma di domanda, anche se non so se lei sarà in grado di rispondere.


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Terza domanda. È vero o meno che alla Diaz era stata approntata una sorta di infermeria che accoglieva coloro che non potevano essere ricoverati in ospedale perché incriminati per fatti precedenti?
Ultima questione: per ciò che riguarda il famoso centro stampa - la cui distruzione è stato un fatto negativo - emerge da varie testimonianze che Kovac, interpellato prima che l'azione avesse inizio, aveva dichiarato che il Genoa social forum non controllava più la situazione complessivamente intesa per ciò che riguardava la Diaz e annessi, compreso il centro stampa del Genoa social forum, che non era più quindi qualificabile come tale per l'ingresso di soggetti non controllati. Chiarire questo aspetto non è da poco anche tenendo presenti le discussioni e le polemiche che ci sono state.

FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Anche qui devo, purtroppo, distinguere, onorevole Cicchitto, ciò che mi consta personalmente per averne avuto cognizione diretta da ciò che mi è stato detto o da ciò che mi è stato possibile acquisire attraverso la lettura degli atti dei quali, ovviamente, per ragioni d'ufficio, potevo essere in possesso. Per ciò che attiene all'accesso alla Diaz - e, ripeto, non penso che le modalità e i tempi dell'irruzione siano lunghissimi in nessuna operazione di polizia, soprattutto in un'operazione di polizia che presenta queste particolari condizioni - ho letto di resistenza attiva opposta dai presenti. Ho letto, come ho detto prima, della presenza di un gruppo di persone nel cortile che, nel vedere la polizia giungere sul posto, si è rifugiato all'interno dell'istituto, chiudendosi dietro il portone. Ho letto - e questo mi è stato anche riferito personalmente dal poliziotto al quale l'incidente è occorso - che un agente del reparto mobile nel fare ingresso all'istituto, nel forzare evidentemente una stanza o qualcos'altro -


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quando già era sicuramente dentro l'istituto - ha subìto un accoltellamento (e il poliziotto ha mostrato a me e ad altri un giubbotto, un corpetto protettivo, tranciato proprio da un coltello). Ho visto - tant'è che mi sono trovato costretto, ed era la prima volta che lo facevo, ad indossare un casco protettivo - che vi è stato anche un lancio di oggetti dall'alto dell'istituto.

SAURO TURRONI. Lei è arrivato dopo?

FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Sì, sono arrivato dopo, ma sono ugualmente munito di un casco perché temevo che questo lancio potesse continuare. Non ho realizzato subito quale fosse la situazione, ma appena l'ho fatto mi sono regolato di conseguenza.
Non so dire nulla sulla presenza di agenti che si trovassero già all'interno dell'istituto prima dell'arrivo di coloro formalmente legittimati ad entrare. Posso dire che, per logica, mi pare strano, anche perché dentro, tutto sommato, vi erano 98 persone, sicuramente, non tutte animate da intendimenti di resistenza. C'erano, però, molti coltelli, due bottiglie molotov, delle mazze e dei bastoni. Non voglio superare il limite che mi è consentito, ma credo che, quanto meno per solidarietà, quando si vede una persona che sta per essere aggredita e bastonata sia naturale cercare di aiutarla. Tuttavia non intendo pronunciarmi perché non conosco i fatti, non ero presente e c'è un'inchiesta giudiziaria in corso che spero chiarisca questa vicenda.
Non mi consta personalmente - l'ho appreso da colleghi che me lo hanno riferito, per aver assunto delle testimonianze di iniziativa propria o delegata dall'autorità giudiziaria - che, all'interno di quella struttura venissero ricoverate persone che


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erano state ferite nel corso della manifestazione. Penso che questo atto sia stato trasmesso anche all'autorità giudiziaria...

FABRIZIO CICCHITTO. Questo vuol dire che una parte dei refertati non sono vittime degli scontri con gli agenti penetrati nell'istituto bensì di vicende precedenti. Si tratta di un'ipotesi.

FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Non sto dicendo questo, onorevole Cicchitto; ho premesso che non ho conoscenza diretta di questa vicenda. Mi è stato riferito da qualche collega, in una fase successiva a quella dell'intervento (quindi in una fase in cui vi sono già delle indagini in corso), di testimonianze di persone che avrebbero parlato della presenza di feriti all'intero della struttura, nei giorni precedenti. Altro non voglio e non posso dire, perché nulla mi risulta.
Per quanto riguarda il signor Kovac, penso che sia la persona contattata dal dottor Mortola; nella mia relazione ho riferito del contatto che il dottor Mortola ha avuto con un rappresentante del Genoa social forum, dal quale ha avuto le indicazioni cui lei si riferisce e che io ho riportato nella relazione.

ANTONIO SODA. Dottor Gratteri, leggo alcune risposte che ci ha dato ieri il dottor Canterini per quanto riguarda l'organizzazione. Faccio riferimento al resoconto stenografico della seduta di ieri e precisamente alle pagine 134 e 143, laddove il dottor Canterini sostiene che anche alcuni suoi uomini hanno visto fuggire persone dall'istituto perché mancava una cintura di protezione, mentre lei ha parlato di questi anelli costituiti dai carabinieri e dai reparti di prevenzione, organizzati in modo tale da consentire di svolgere l'operazione all'interno.


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Per quanto riguarda l'ingresso, cioè l'inizio delle operazioni, il dottor Canterini dice: «una volta aperto il cancello» - questo lo afferma in un primo momento, ma poi vedremo che si smentirà - «tutti, cioè il nostro reparto, il personale in borghese che usava la pettorina con la scritta »Polizia« e il personale del nucleo anticrimine, siamo entrati nel cortile della scuola». Per quanto riguarda i funzionari, il dottor Canterini dice: «qualcuno dei funzionari è entrato» - si riferisce a questa sequenza dell'inizio dell'operazione - «lo fece il dottor Luperi, il dottor Gratteri, il dottor Mortara, il dottor Mortola». È chiaro - ribadisce - che entrarono. Mentre lei, dottor Gratteri, dice di non essere entrato!
Successivamente, con riferimento a notizie di stampa e ad indicazioni di relazioni pervenute sulla presenza di altro personale di Polizia all'interno dell'istituto, quando è entrato il suo reparto, quindi già con interventi operati, richiesto di chiarire quale sia la sua ricostruzione di questa operazione, con riferimento, in particolare, al presunto ingresso del suo reparto, successivo ad altre forze, nella scuola, dichiara: «non posso né confermare né smentire».
In sostanza, le domande sono le seguenti: qual è la sua verità sulla dinamica dell'operazione? Quali reparti sono entrati, come sono entrati, con quale sequenza, chi erano i funzionari presenti? In particolare, vorrei sapere se, contrariamente a quanto emerso in un primo momento, ci fosse personale della prevenzione anticrimine, poliziotti in borghese, poliziotti solo con le pettorine - il dottor Canterini parla anche di personale con la divisa atlantica, con le magliette -, perché mettendo insieme relazioni, testimonianze, audizioni e dichiarazioni non si è capito assolutamente nulla.

FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Premetto, ancora una volta, onorevole


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Soda, che io sono arrivato sul posto in un momento in cui l'irruzione era terminata, nel senso che l'edificio era, per dirlo con parole mie - me lo consenta - presidiato dalla Polizia, sia all'interno che all'esterno. Sono entrato e mi sono fermato al piano terra, che - ricordo - presentava le caratteristiche tipiche di una palestra. Non ho visitato gli altri ambienti della scuola. Nel momento in cui sono entrato, ho incontrato il dottor Luperi, il dottor Mortola e il dottor Canterini. Tutto ciò che è avvenuto prima io, per mia conoscenza diretta, non ho avuto occasione di vederlo direttamente.

ANTONIO SODA. Lei capisce, le sequenze dell'operazione ....

FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Questo non l'ho visto, non ero ancora arrivato, le riferisco ciò che era stato concordato preventivamente e cioè le modalità di accesso e l'ordine di accesso all'istituto, cioè quelle che ho indicato e che erano state concordate in sede di riunione tenutasi in questura. Se poi le cose siano andate diversamente, non lo so. Sicuramente non era stato richiesto al reparto prevenzione crimine di entrare nell'istituto; al reparto prevenzione crimine era stato chiesto di presidiare, dall'esterno, l'istituto, così come ai carabinieri era stato chiesto di occupare una zona retrostante rispetto a quella presidiata dal reparto prevenzione crimine.

FILIPPO MANCUSO. Prima di svolgere il mio intervento, vorrei un'informazione, spero definitiva, in ordine alla decisione dell'ufficio di presidenza circa l'eventuale audizione degli ispettori ministeriali, perché da questo dipendono le mie domande.

PRESIDENTE. Presidente Mancuso, l'ufficio di presidenza, riunitosi ieri sera, ha stabilito di non procedere ad ulteriori


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audizioni, ad eccezione di quella del generale Ganzer, convocato oggi alle ore 15, attesa la ristrettezza dei tempi a disposizione. Nel contempo, questa mattina ho firmato tre lettere di richiesta indirizzate ai tre ispettori del Ministero dell'interno affinché, qualora lo ritengano opportuno, ci inviino una relazione, in aggiunta al documento ispettivo che ci hanno fornito. Questa decisione è stata assunta ieri, con il consenso unanime delle varie componenti politiche rappresentate in seno all'ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi.

FILIPPO MANCUSO. Prendo atto di ciò con dispiacere e mi rivolgo al dottor Gratteri: lei ci ha fornito informazioni, sebbene senza indicare una precisa sequenza (che io e il collega Soda invece auspicavamo) circa lo svolgimento dell'operazione. Mi interessa però la fase antecedente, cioè quella che lei ha contrassegnato con la fase della decisione, dell'assenso all'operazione, pacificamente, di polizia giudiziaria che, secondo la sua relazione, sarebbe stata assunta negli uffici della questura in presenza di personaggi romani e quindi anche della sua persona. Dottor Gratteri, le chiedo puntualmente quanto segue: chi partecipò (se si tratta di ripeterlo, lo ripeta) alla discussione al riguardo? Quali organi di polizia giudiziaria erano presenti quando fu assunta la decisione? Tali organi hanno partecipato volitivamente alla decisione medesima? Quali persone erano incarnate in questi organi? Inoltre, quali furono gli elementi discussi, se lei ne percepì il contenuto, che portarono all'assenso? Chi formalizzò l'atto di polizia giudiziaria della cosiddetta perquisizione? Le chiedo ancora informazioni riguardo a questa decisione, sia prima della sua adozione formale - le ho rivolto la domanda sugli autori formali - sia dopo, come notizia, se e quale organo abbia comunicato tale decisione, e quando, al Comandante


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generale dei carabinieri. Le chiedo anche, in particolare, se il Comandante generale dei carabinieri sia stato interpellato telefonicamente o semplicemente notiziato e quando, da questa sorta di commissione o da altri, perché riguardo questa informazione abbiamo l'ammissione dello stesso Comandante generale. Domando quale possa essere stata la ragione per cui il Comandante generale ha mentito in questa sede, per poi lasciarsi smentire dal suo dipendente Tesser, asserendo che non vi fosse altro ufficiale superiore al colonnello Tesser a Genova in quel contesto, neppure giustificandosi con il pretesto che la domanda, che gli fu posta esattamente da me, si riferiva alla presenza di un ufficiale generale emanazione del comando generale. Questa menzogna è tanto più grave perché non solo era presente il generale Ganzer, ma egli era anche emanazione, essendo il comandante del ROS, proprio del comando generale. Si tratta di una menzogna di doppio livello: prima negazione, poi negazione rafforzata dal pretesto di una formula, secondo il Comandante generale, non felice, tanto è vero che nella sua lettera di smentita non affronta il problema; ma il ROS è emanazione del comando generale e quindi, comunque interpretata la mia domanda, ad essa ha fatto seguito un duplice livello di menzogna ed è grave che questo sia avvenuto da parte del Comandante generale di un'arma. Un'arma, non una persona, a cui va tutta la nostra stima e fiducia storica. Quando lei, dottor Gratteri, risponde al collega Soda dicendo di non poter stabilire la sequenza degli interventi, noi teniamo conto che lei ci ha fornito la sequenza teorica, quella stabilita; nella sequenza teorica in quale fase era previsto il suo personale intervento operativo, giacché esso comunque ebbe luogo?

FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. I dirigenti e i funzionari presenti presso


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l'ufficio del questore nel momento in cui chiamai il dottor Di Bernardini, che telefonicamente mi aveva anticipato ciò che era accaduto (ed al quale chiesi di venire in questura ad esporre ai presenti quanto si era verificato) erano, in ordine di grado e nel mio ricordo: io stesso, il prefetto Andreassi, il prefetto La Barbera, il questore di Genova, il dirigente superiore dottor Luperi, il dottor Murgolo, vicario della questura di Bologna; non ricordo se il dottor Mortola fosse presente in quel momento o se intervenne a richiesta del questore, ma sicuramente era presente in quella fase. Nel momento in cui entrò il dottor Di Bernardini, Canterini non era presente. Io rappresentavo il Servizio centrale operativo, il dottor Mortola rappresentava la DIGOS di Genova e tutti ci trovammo d'accordo sulla decisione, sull'opportunità di svolgere la perquisizione all'interno della scuola Diaz ...

FILIPPO MANCUSO. Anche La Barbera ?

FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Anche il prefetto La Barbera: tutti i presenti furono d'accordo sull'opportunità di svolgere la perquisizione all'interno del scuola Diaz (Commenti). Ovviamente, chiunque - chi più, chi meno - poteva esternare delle considerazioni di carattere tecnico: in quella circostanza non avevo ragioni, non essendo organico ad un servizio antiterrorismo o a quel tipo di investigazione, per esprimere considerazioni di carattere tecnico, sui possibili presenti o altro. Tutti ci trovammo d'accordo sull'opportunità di svolgere la perquisizione tanto che, perdonatemi se lo ricordo, l'atto di polizia giudiziaria eseguito, cioè la perquisizione ai sensi dell'articolo 41 del TULPS, non è stato invalidato dall'autorità giudiziaria, che ha pure convalidato il sequestro degli oggetti. In quella sede, venne preventivamente informato un magistrato della


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procura di Genova della decisione assunta; nel caso previsto dall'articolo 41 del TULPS non vi è obbligo giuridico da parte dell'ufficio di polizia giudiziaria di informare l'autorità giudiziaria: però, fu fatto.
Presidente Mancuso, tutto ciò che attiene ai rapporti e alle comunicazioni con il comando generale dell'Arma purtroppo non spetta né alla mia persona né alla mia funzione, e non ne sono neppure a conoscenza; non lo consideri uno sgarbo.
Per quanto riguarda la sequenza dell'intervento, il modo in cui le forze si dovevano predisporre per lo svolgimento dell'irruzione e della perquisizione (Commenti del deputato Mancuso)... L'attività conseguente allo svolgimento della perquisizione fu firmata in questo modo: l'informativa, dal dirigente della DIGOS, dal dirigente della squadra mobile, ed i singoli atti dai singoli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria intervenuti.
Per quanto attiene al personale dello SCO, esso doveva occupare il secondo livello, cioè quello rappresentato da coloro i quali dovevano svolgere le operazioni di polizia giudiziaria.
Quanto alla mia persona, non sono più un ufficiale di polizia giudiziaria. Ho ritenuto di essere presente, a fianco del mio personale, come faccio abitualmente per mia impostazione professionale. Per quella specifica attività penso che, tra personale di squadra mobile e personale dello SCO, fossero presenti circa settanta unità.

MICHELE SAPONARA. Le chiedo, dottor Gratteri, di precisare meglio, se le è possibile, la cronologia degli avvenimenti che hanno preceduto e determinato la decisione di procedere alla perquisizione della scuola Diaz. Vorrei sapere, in particolare, dopo che aveva effettuato l'intervento di sopralluogo richiesto dalla procura della Repubblica di Genova, a che ora lei sia stato informato della situazione, quando ha


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avuto, cioè, le prime notizie, che poi hanno portato a quella decisione.

FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Nel tardo pomeriggio di quel sabato si dispone lo svolgimento, così come ho precisato nella relazione, di alcuni pattuglioni, con il compito di svolgere una sorta di controllo preventivo o repressivo, di tipo dinamico del territorio e che, per quella circostanza specifica, rispetto alle altre forze sul territorio - essendo peraltro terminate le manifestazioni -, avevano proprio il compito specifico di svolgere sul territorio un controllo dinamico e agile, allo scopo di impedire che altri atti vandalici o di saccheggio potessero ripetersi. Da quel che ricordo, intorno alle 21,30, venni contattato telefonicamente dal dottor Caldarozzi, che era a capo di uno di questi pattuglioni, il quale mi spiega quanto era poc'anzi accaduto e cioè che si stava accingendo a svolgere un controllo presso una birreria dove era stato notato un gruppo di persone, verosimilmente identificabili come black bloc, e aveva chiesto aiuto per tale ragione ad un a pattuglione vicino. Risponde il dottor Di Bernardini, il quale si accinge a raggiungere il dottor Caldarozzi, cerca di raggiungere quella strada e percorre per caso via Cesare Battisti. A quel punto il dottor Caldarozzi e il dottor Di Bernardini mi chiamano ed io li invito a venire in ufficio per esporre quanto era accaduto, non essendo quella una mia materia specifica, giacché se si fosse trattato di delinquenti comuni probabilmente mi sarei assunto, nel rispetto delle competenze del collega del posto, una diversa responsabilità tecnica. Il dottor Mortola, leggendo gli atti, mi pare abbia effettuato il sopralluogo intorno alle 22,30.

MICHELE SAPONARA. Chi è il dottor Caldarozzi?


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FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Il dottor Caldarozzi è il vicedirettore del Servizio centrale operativo.

LUCIANO FALCIER. Mi associo anch'io, come mi pare abbiano già fatto altri colleghi, ai ringraziamenti rivolti al dottor Gratteri, non solo per i dati che ci ha fornito, ma anche per la precisione e la sicurezza delle sue risposte, certamente indice di professionalità e di efficienza nello svolgimento del suo lavoro. Ritengo che ciò ci sia di conforto e non solo per i lavori del Comitato.
Detto ciò, come lei sa, noi siamo qui per cercare di conoscere ciò che è veramente avvenuto, prima e durante il vertice del G8: se vi siano stati, in particolare, carenze, ritardi, responsabilità, provocazioni o iniziative volutamente violente e quant'altro. Sotto tale aspetto, mi soffermo su alcuni episodi in merito ai quali lei è, o dovrebbe essere, particolarmente informato. Uno di questi episodi è sempre il solito, cioè quello della perquisizione alla scuola Diaz e se anch'io vi ritorno sopra è perché, nonostante le notizie, nonostante gli approfondimenti, c'è ancora qualcosa di non chiaro, di complesso o, almeno da parte mia - non so se anche da parte del Comitato -, di difficile comprensione nel suo esatto svolgersi, non sotto il profilo teorico od organizzativo-programmatico, bensì sotto il profilo pratico.
Pertanto, la mia domanda è la seguente: c'erano una piantina o un grafico del fabbricato, degli edifici, nei quali siete entrati?
Inoltre, lei ha chiarito che non è arrivato tra i primi, perché non era sua competenza, però ad un certo momento - alla fine, o verso la fine - è entrato, se non ho capito male, al piano terra. In base a quello che lei ha potuto verificare, e fermi restando i vincoli o l'opportunità di rispettare quanto è


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stato detto all'autorità giudiziaria, può dirci cosa ha visto, in termini di materiale, di persone e di feriti in quei locali?
Non so se lei sa che in un commento in diretta al Tg3-RAI su quell'evento, era stato detto che vi potevano essere tre morti dei quali erano stati forse rimossi i corpi - l'ho personalmente sentito - e che vi erano giovani che stavano portandosi sul posto. Le chiedo se abbia mai sentito parlare di tutto ciò e se abbia notizia di quale sia stata la fonte del complesso delle informazioni della RAI.
Inoltre, lei ha chiarito che sotto la sua tutela vi era soprattutto la zona rossa, quindi la sicurezza dei Capi di Stato, delle delegazioni, così come dei genovesi e di Genova. Pertanto, lei ci conferma che la zona rossa non è stata violata? O meglio, non è stata violata perché non c'è stato nessun tentativo di violarla o perché voi lo avete impedito? Se lo avete impedito, a chi, in quali termini e in base a quale situazione di necessità?
Infine, lei ci ha chiarito che, per quanto di sua conoscenza, non risulta che nessun infiltrato, per capirci, collaboratore abbia cooperato ad aprire le porte per far entrare le forze dell'ordine nella scuola Diaz. Inoltre, in base a quanto le risulta, può escludere che nessuno, in altra forma, abbia collaborato all'interno dell'edificio della Diaz al buon esito della perquisizione o affinché avesse il suo corso regolare, legittimo, per i fini che vi eravate dati in questura?

FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. La ringrazio, prima di tutto, per le parole di apprezzamento. Nel risponderle, seguirò l'ordine di esposizione delle sue domande.
Esisteva, come ho detto per ciò che mi risulta e in base a quanto ho avuto occasione di vedere in occasione dell'incontro presso la sala riunioni della questura, una piantina che era


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stata redatta, mi pare sul momento, dal collega Mortola, la quale aveva il senso di spiegare agli altri le strade e il percorso che occorreva seguire per giungere sul luogo e, altresì, il modo in cui dividere i due gruppi che si stavano predisponendo per giungere sul posto secondo le modalità che ho indicato.
Non ricordo se la piantina prevedesse la collocazione virtuale dei due edifici, però può darsi che una piantina sia stata rimessa agli atti del fascicolo processuale.
Per quanto riguarda ciò che ho visto direttamente al momento in cui sono entrato nell'istituto scolastico, ricordo bene che nel grande salone sulla sinistra vi erano persone bloccate dalla polizia, nel senso che qualche poliziotto le stava controllando, e tra queste qualche persona era visibilmente ferita. Nel frattempo altri individui, alcuni dei quali feriti, venivano accompagnati ai piani superiori: mi adoperai, quindi, con altri affinché venissero subito fatte confluire sul posto delle autoambulanze.
Spero di chiarire una volta per tutte - almeno per ciò che mi riguarda, senza alcuna presunzione - la questione dei morti. Il collega, che ho riconosciuto attraverso i filmati, al quale ho dato incarico di assumersi la responsabilità dell'atto di polizia giudiziaria della perquisizione - in quanto ovviamente vi era un po' di confusione - e che aveva il compito di repertare ciò che era stato reperito all'interno dell'istituto, portava all'interno del sacco soltanto il materiale che era stato sequestrato. Credo di essere, oltre che un poliziotto, un funzionario dello Stato e penso, sia per ciò che mi riguarda sia per ciò che riguarda gli altri colleghi che stavano sul posto, che se vi fosse stata qualche scomparsa - per così dire - o fosse accaduto qualcosa di più grave (si diceva morti o feriti) ognuno di noi, secondo un criterio di coscienza non solo professionale ma anche umana e personale, sarebbe sicuramente


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andato da un magistrato, oltre che dai superiori, a riferire e ad accertare ciò che era successo. Non mi risulta che si possa dare credito a chiacchiere del genere. Ribadisco (e spero che sia chiaro: per ciò che mi riguarda è chiarissimo) che nel sacco, ripreso dalle immagini diffuse dai mezzi televisivi, vi era soltanto materiale repertato e sequestrato in quella occasione.
I compiti che allo SCO erano stati assegnati per il controllo della zona rossa - come spero di aver chiarito nell'ordinanza - non attenevano alla materia dell'ordine pubblico. Lo SCO aveva il compito di svolgere un controllo investigativo della zona rossa, nel senso di individuare - come ho detto prima - possibili insidie e pericoli. Se vi fosse stato un attacco alla zona rossa, lo SCO non avrebbe dovuto respingerlo, ma gli investigatori dello SCO avrebbero dovuto segnalare l'eventuale attacco (in quanto avevano anche tale compito di osservazione) ai responsabili dell'ordine pubblico che erano all'interno della zona rossa, così come era previsto.
Per quanto attiene alla questione dell'infiltrato, purtroppo richiamo quanto già detto: se ragiono per logica, lo escluderei, ma, per quanto attiene alla mia cognizione diretta, non ho assolutamente notizia di appartenenti alla Polizia di Stato o ad altre forze dell'ordine che potessero essersi nascosti, di propria iniziativa o comandati, all'interno dell'istituto.

KATIA ZANOTTI. Dottor Gratteri, vorrei tornare su una questione che è già stata affrontata da altri colleghi, in quanto penso che rivesta una rilevanza assai importante. Dagli atti a nostra disposizione risulta che nel cortile davanti alla scuola vi fosse numeroso personale in borghese con pettorina della polizia, ubbot, sfollagenti, e personale in divisa atlantica. Risulta soprattutto che il personale con pettorine portava, nella quasi totalità, fazzoletti che coprivano parte del volto.


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Risulta inoltre che vi fu una fortissima pressione per entrare nella scuola Diaz e che tale pressione proveniva in modo particolare dalla presenza massiccia degli agenti in borghese. Le chiedo, dottor Gratteri, di farci sapere - glielo hanno già chiesto altri colleghi- di quali corpi facesse parte tale gruppo di agenti in borghese, sempre che sia nelle condizioni di dircelo per quanto è a sua conoscenza e che intenda dircelo.
Le chiedo, inoltre, se può descriverci la divisa atlantica, in quanto ne sentiamo parlare da giorni ma personalmente non ho ancora capito: ho sentito parlare solo di una maglietta con maniche corte. Le chiedo, infine, se ci può dire - glielo ha già chiesto l'onorevole Mascia ma non ha avuto risposta, e sono interessata anch'io - quali erano le divise degli agenti che hanno operato alla Diaz.

FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Per ciò che attiene, onorevole Zanotti, alla presenza dei vari organismi della Polizia di Stato all'esterno della scuola, all'esterno del perimetro e della cancellata, penso di ricordare bene la scena. Ricordo anch'io che vi erano poliziotti con il corpetto della Polizia di Stato - noi lo chiamiamo fratino identificativo - che al personale del Servizio centrale operativo e al personale delle squadre mobili (che operano abitualmente in borghese) con funzioni di polizia giudiziaria era stato imposto in base ad una mia ordinanza: infatti non era consentito ad alcun poliziotto all'interno della zona rossa di circolare senza un segno visibilmente identificativo. Ho l'ordinanza qui con me: al personale era stato imposto di indossare il giubbotto identificativo con la scritta Polizia...

MARCO BOATO. Cos'è l'ubbot?


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FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. L'ubbot è un casco. Ritengo che il fazzoletto - così ho avuto modo di vedere attraverso qualche filmato televisivo - sia stato utilizzato dal personale della polizia dal momento in cui sul posto sono giunti gli strumenti televisivi. Quest'ultimi sono arrivati non più di 5 o 10 minuti dopo l'inizio delle operazioni.
Per quanto attiene alle divise, quella atlantica è costituita da un pantalone ed una camicia, ed è diversa dalla divisa che indossano i poliziotti inquadrati in reparti di ordine pubblico, che è tutta di un colore (una sorta di tuta). La divisa atlantica è indossata dal personale del servizio controllo del territorio, cioè quei servizi che svolgono attività di controllo preventivo sul territorio.

GRAZIELLA MASCIA. Con le maniche lunghe?

FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. D'estate sono previste maniche corte.

PIERLUIGI PETRINI. Signor presidente, dottor Gratteri, se non ho frainteso, lei ha detto di aver visto alcune persone nel cortile della scuola che, all'arrivo della polizia, si sono ritirate all'interno della stessa chiudendo il portone.
Ha poi affermato di aver dovuto indossare lei stesso un casco per ripararsi dalla pioggia di oggetti lanciati da coloro che erano all'interno della scuola; di seguito, ha detto di essere sopraggiunto sul luogo della perquisizione in un momento successivo al culmine degli eventi, quando l'edificio era presidiato - lei così lo definisce - dalla Polizia. Non riesco a comprendere la coerenza di queste diverse affermazioni (può darsi che «presidio» voglia dire qualcosa di diverso da ciò che immagino).


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Lei riporta poi una voce secondo la quale all'interno della scuola sarebbero stati portati numerosi feriti: ciò lascerebbe intendere che all'interno della stessa funzionasse una sorta di ospedale clandestino. Questo naturalmente giustificherebbe il fatto che molte delle persone poi arrestate sul luogo presentassero lesioni traumatiche. Tale fatto, che sicuramente è un elemento dirimente rispetto a molte questioni, non dovrebbe essere difficile da acclarare: pertanto vorrei sapere da lei se tra le persone arrestate all'interno della scuola vi fossero soggetti che avevano ricevuto un trattamento medico che andasse al di là del ricorso a pomate o cerotti (e che mostravano quindi suture o altre medicazioni professionali) e se tra gli oggetti sequestrati all'interno dell'edificio vi fosse materiale sanitario, quali trousse chirurgiche o kit di sutura.

FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Senatore Petrini, vorrei fare una precisazione: ho detto di aver appreso che all'interno del cortile, al momento dell'arrivo della Polizia, erano presenti alcune persone, le quali hanno poi trovato rifugio all'interno dell'istituto chiudendo la porta dietro di loro. Ciò mi è stato riferito: non l'ho constatato personalmente in quanto, lo ripeto, non ero presente in quella fase. Mi pare di averlo letto o di averlo ascoltato anche dal prefetto La Barbera durante la sua audizione.
Ho indossato il casco protettivo nel momento in cui sono arrivato, perché mi era stato detto (- che, tra l'altro, mi fu portato dal mio collaboratore -) che si era verificato un lancio di oggetti al momento della perquisizione: vi era quindi il timore, la possibilità che tale lancio proseguisse. Infatti all'esterno dell'istituto vi erano condizioni che definirei precarie per l'ordine e la sicurezza pubblica a causa di ciò che stava accadendo.


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Per quanto attiene ai feriti all'interno dell'istituto, vorrei ricordare che su tale vicenda è in corso un accertamento da parte dell'autorità giudiziaria. Ribadisco quanto già detto, cioè di aver appreso da qualche funzionario, in una fase ovviamente successiva ai fatti, della presenza di testimoni che riferirebbero della sussistenza di tali circostanze. Non so se tra i feriti di quella sera vi fossero persone eventualmente ferite in momenti precedenti. Non ho detto questo e non voglio assolutamente che sulla base delle mie parole si possa ipotizzare una cosa del genere, perché voglio essere assolutamente «asettico» su questo argomento. Posso solo ribadire di aver appreso da un funzionario che vi sarebbero testimoni (uno o più di uno) che avrebbero riferito circostanze del genere. Questo, se mi consente, non è comunque un fatto sul quale vorrei addentrarmi, in quanto è oggetto di un accertamento giudiziario in corso.

GIANNICOLA SINISI. Saluto e ringrazio il dottor Gratteri. Non siamo qui per formulare complimenti, ma per svolgere un'indagine: ciò nondimeno, credo di avere il dovere, assieme ai colleghi che mi hanno preceduto, di esprimere l'apprezzamento per il rigore, non soltanto formale, con cui lei ha esposto l'andamento dei fatti. Purtroppo anch'io debbo sottolineare che in precedenza altri non sono stati egualmente rigorosi come lo è stato lei.
Innanzitutto vorrei fare una precisazione, che credo sia utile venga conosciuta anche dagli altri componenti del Comitato, circa il ruolo del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, che svolge ormai da qualche anno compiti di mero coordinamento delle squadre mobili e di supporto tecnico-logistico. La responsabilità operativa, se non vado errato, è quindi dei reparti territoriali, cioè delle squadre mobili. Ciò con riferimento agli atti della Polizia giudiziaria e,


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nel caso di specie, della squadra mobile e del responsabile della DIGOS (così come lei ha chiaramente esposto).
Ciò detto, le vorrei porre le seguenti domande: innanzitutto, vorrei sapere se il dottor Canterini era presente nel momento in cui fu presa la decisione relativa alla pianificazione operativa della perquisizione, cioè quando venne specificato chi dovesse fare che cosa, nella fase finale dell'incontro tenuto nella sala riunioni della questura. In secondo luogo - credo che lei lo abbia già detto - le volevo chiedere se lo stesso reparto mobile accompagnò il funzionario della DIGOS alla scuola Diaz quando si doveva effettuare la perquisizione. Mi sembra infatti di aver capito che fosse lo stesso reparto mobile a dover accompagnare il funzionario della DIGOS.
Al Comitato è stato poi riferito della presenza di due ufficiali dei carabinieri durante la pianificazione operativa: volevo sapere - così fornisco un aiuto sull'argomento al presidente Mancuso - se lei si ricorda chi fossero questi due ufficiali. Infine, volevo sapere se tra i sessanta uomini che dipendevano da lei a vario titolo, anche se non direttamente, qualcuno sia rimasto contuso durante la perquisizione.

FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Il dottor Canterini era certamente presente nella fase ultima della riunione, quando già l'atto deliberatorio era intervenuto e quando si stavano determinando le modalità di partecipazione alla perquisizione. Per maggiore chiarezza ricordo che il dottor Canterini, nel momento in cui si stava valutando, come svolgere la perquisizione, propose l'utilizzo dei lacrimogeni, ma fu immediatamente «stoppato» dal prefetto La Barbera.
Ricordo poi che il dottor Mortola - su questo punto lo stesso può essere più preciso; non vorrei dire inesattezze, ma questi sono i miei ricordi - avrebbe dovuto fare da guida al


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reparto mobile per giungere sul posto, così come un altro funzionario della DIGOS avrebbe dovuto guidare l'altro contingente che doveva raggiungere la scuola Diaz. Confermo la presenza, mi sembra, di due sottotenenti o tenenti dell'Arma, che ritengo fossero preposti al contingente dei carabinieri che doveva assumere la posizione che ho detto, cioè l'ultima tra i vari anelli che dovevano costituire il fronte dell'intervento. Tra il personale del comparto squadre mobili - SCO mi risulta vi siano stati un paio di contusi: penso si tratti di appartenenti alle squadre mobili che erano state aggregate al mio ufficio, ma in questo momento non so dire chi siano né a quale ufficio specifico appartengano.

PRESIDENTE. Dottor Gratteri, la ringrazio, anche a nome dell'intero Comitato, per le sue risposte e dichiaro conclusa l'audizione.

Sull'ordine dei lavori.

MARCO BOATO. Vorrei sottoporre alla sua attenzione due questioni. Nel corso dell'audizione del colonnello Tesser avevo rivolto una domanda al medesimo chiedendogli una ricostruzione dettagliata dell'impiego dei reparti dei carabinieri nel primo pomeriggio di venerdì 20 (momento delicato e cruciale). Il colonnello si è riservato di farlo tempestivamente. Al termine dell'audizione, mentre si allontanava, è venuto a salutarmi, dicendomi anche di lasciargli qualche ora di tempo per riposare prima di rispondere. Poiché, da allora, è trascorso qualche giorno, le chiedo se si possa garbatamente sollecitare questa ricostruzione.
La seconda questione che vorrei segnalare è la seguente: su alcuni giornali di oggi, il Resto del Carlino, La Nazione, il


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Giorno, Il Secolo XIX e la Repubblica, viene ricostruito un aspetto della testimonianza del dottor Canterini in relazione al contatto che ha avuto con l'avvocato Taormina. Il dottor Canterini ci ha detto di non aver lasciato alcun documento all'avvocato Taormina (lo qualifico così poiché il dottor Canterini lo ha contattato in questa veste), mentre il sottosegretario Taormina ha dichiarato ai giornali di aver ricevuto i documenti in questione dal dottor Canterini e di averli immediatamente trasmessi alla procura della Repubblica; «in serata», come viene riportato dai giornali, che ho citato prima, il dottor Canterini ha dichiarato di avere sbagliato a riferire a noi e di aver dato quei documenti. Sarebbe opportuno che lei, a nome del Comitato, in base alle notizie giornalistiche sulle quali dobbiamo basarci sollecitasse il dottor Canterini a segnalare le eventuali correzioni che volesse apportare alla sua relazione poiché a noi ha detto una cosa non vera.

PRESIDENTE. Provvederemo in tal senso.









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Pubblicato su: 2005-07-05 (1175 letture)

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