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Audizione di Giovanni De Gennaro (parte 1a)





COMMISSIONI RIUNITE
I (AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E 1a (AFFARI COSTITUZIONALI, AFFARI DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E DELL'INTERNO, ORDINAMENTO GENERALE DELLO STATO E DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

COMITATO PARITETICO

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 8 agosto 2001

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La seduta comincia alle 10,05.

Indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice G8 tenutosi a Genova.

(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).

Audizione del direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza, Giovanni De Gennaro.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice G8 tenutosi a Genova, l'audizione del direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza, prefetto Giovanni De Gennaro, il quale ha chiesto che a questa audizione partecipino anche il dottor Cazzella e il dottor Savio. L'ufficio di presidenza ha ritenuto di acconsentire a detta richiesta. Non essendovi obiezioni, così rimane stabilito.
Saluto il nostro ospite e lo ringrazio per aver accolto l'invito.
Ho spiegato nell'ufficio di presidenza ciò che è avvenuto ieri. Nel tardo pomeriggio, l'ufficio di presidenza, il presidente, ha ricevuto un plico contenente il documento che vi è stato sottoposto. A seguito di una telefonata, al fine di conoscere la natura degli atti stessi sotto il profilo della segretazione o della riservatezza, il dottor De Gennaro, a tutela dei nominativi, ha ritenuto opportuno inviarmi un secondo documento - che è quello che avete dinanzi - dove vi sono gli omissis relativamente ai nomi. Quel documento è stato distribuito, questa mattina, a tutti i componenti il Comitato. Nell'ufficio di presidenza si è convenuto, quindi, che questo documento -


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dinanzi a voi - possa essere utilizzato da noi tranquillamente, nel mentre dovrà essere distribuito - ed è in corso di fotocopiatura - il documento con i nominativi che resta in regime di riservatezza. Credo che possiamo procedere in tal modo proprio a tutela - poi forse lo spiegherà meglio il dottor De Gennaro - dei nominativi presenti nella narrativa dei fatti, ritenendo lo stesso che, in qualche modo, possano essere oggetto, da parte soprattutto degli esterni, di qualche forma di ritorsione o altro. Quindi, poiché il Comitato ha necessità di conoscere i nomi e anche i ruoli degli stessi - al fine di poterli, eventualmente, ascoltare o per altre considerazioni -, si è ritenuto di procedere in questo modo: del documento in vostro possesso possiamo fare l'uso che vogliamo; dell'altro segnalo la riservatezza e ripeto che sarà in distribuzione a momenti, nel corso dell'audizione del dottor De Gennaro.

MARCO BOATO. C'era il consenso?

PRESIDENTE. Sì, l'abbiamo convenuto.
Prima di dare inizio all'audizione in titolo ricordo che l'indagine ha natura meramente conoscitiva e non inquisitoria.
La pubblicità delle sedute del Comitato è realizzata secondo le forme consuete previste dagli articoli 65 e 144 del regolamento della Camera, che prevedono la resocontazione stenografica della seduta.
La pubblicità dei lavori è garantita, salvo obiezioni da parte di componenti il Comitato, anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, che consente alla stampa di seguire lo svolgimento dei lavori in separati locali.
Se non vi sono obiezioni da parte di alcuno, dispongo l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, ricordando, chiaramente, che, se ci fossero domande e circostanze per le quali il dottor De Gennaro ritenga debba essere evitata


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la pubblicità, sarà sua cura rappresentarcelo e provvederemo di conseguenza. Pertanto l'impianto può essere attivato.
Ringrazio, nuovamente, il dottor De Gennaro. Signor prefetto, è stato convocato per riferirci fatti a lei noti - anche per la responsabilità che ha nel ruolo che riveste - relativamente ai fatti avvenuti a Genova in occasione del G8. Le do senz'altro la parola affinché svolga la sua relazione.

GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza. Grazie, signor presidente, desidero innanzitutto esprimere la mia gratitudine a lei ed a tutti i deputati ed i senatori presenti, per l'opportunità, che mi viene concessa in questa alta sede istituzionale, di fornire gli elementi di informazione a mia conoscenza sulle vicende collegate al vertice del G8 di Genova. Spero con ciò di contribuire alla comprensione di qualche accadimento e dubbio.
Prima di avviare l'esposizione della mia relazione, signor presidente, la ringrazio per aver richiamato l'attenzione dei membri del Comitato con la sua raccomandazione. In effetti, vi sono fatti oggettivi, come attentati a danno di strutture di polizia - cito, per ultimi, l'attentato di Bologna e quello alla caserma dei carabinieri di Genova -, che inducono ad attivare misure prudenziali nei confronti dei funzionari e degli appartenenti alle forze di polizia. Personalmente, ho già disposto l'attivazione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica di Roma per eventuali misure (qualora venissero ritenute necessarie) di protezione dei funzionari maggiormente esposti con i loro nomi sui giornali, in questi giorni.
Signor presidente, venendo alla sua richiesta di esporre in una relazione ciò che è a mia conoscenza, debbo esordire dicendo che, per disporre di una piena cognizione di tutti i fatti, bisogna partire dalla complessità delle misure di sicurezza


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necessarie, proprio per garantire la sicurezza di Genova e del vertice. Una complessità di misure determinata non soltanto dall'importanza di questo evento, ma anche dalla concentrazione di un numero cospicuo di personalità ad alto rischio ed anche - non vorrei sottovalutare tale aspetto - dalla necessità di coniugare i pur collaudati sistemi di controllo e di vigilanza con le numerose e pressanti esigenze, rappresentate da più soggetti, interessati, a vario titolo, al vertice.
Con i paesi membri del foro di cooperazione, per esempio, è stato necessario tenere un costante confronto, anche con momenti di vivacità dialettica, le cui conclusioni non hanno potuto fare a meno di privilegiare, ogni volta, le esigenze di sicurezza, pur nella doverosa attenzione alle problematiche prospettate. D'altro canto, la valutazione del rischio, ponderata sempre con grande attenzione ed altrettanta misura dal responsabile della sicurezza, anche di fronte ad allarmi che venivano lanciati in sedi istituzionali ed extraistituzionali ha richiesto, in alcune circostanze, qualche cortese, ma pur ferma, messa a punto, che ho espresso nel mio ruolo istituzionale di responsabile tecnico della sicurezza pubblica a livello centrale.
In ben quattro riunioni del comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica (dalla prima del 16 novembre 2000 fino a quella svoltasi il 24 maggio del 2001), sono stati vagliati ed analizzati i rischi di carattere internazionale, le difficoltà logistiche per la sistemazione delle delegazioni, quelle non meno pressanti per la sistemazione dei rinforzi e, soprattutto, l'esigenza di garantire la sicurezza del G8, senza impedire la vivibilità delle aree cittadine interessate e di quelle connesse con l'individuazione di una o più aree decentrate, dove poter autorizzare lo svolgimento delle preannunciate manifestazioni del dissenso.


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Le esperienze di vertici precedenti - Seattle, Nizza, Göteborg -, che non avevano consentito un normale svolgimento, ma, anzi, determinato, in un caso l'impossibilità delle delegazioni di raggiungere il luogo dei lavori, in un altro la prematura conclusione degli stessi o, ancora, lo spostamento notturno dei membri di alcune delegazioni, non potevano essere fatti da sottovalutare. Non potevano essere lasciate inevase nemmeno le preoccupazioni degli apparati di sicurezza o le connesse richieste dei governi stranieri, che esigevano di prendere cognizione delle misure di sicurezza previste e chiedevano garanzia assoluta della loro tenuta di fronte a qualsiasi tipo di attacco, sia di natura terroristica sia di contestazione, nei confronti dei Capi di Stato e di Governo presenti.
Questo era il clima ed il livello di allarme. La semplice rilettura dei titoli delle testate giornalistiche italiane e straniere del periodo antecedente al vertice può essere un utile riferimento.
L'impegno è stato massimo e finalizzato a conciliare le tre esigenze che il Governo ha inteso assicurare: lo svolgimento sereno del vertice per i circa 8 mila componenti delle delegazioni, un numero molto elevato; la vivibilità della città, con una limitazione dei disagi per i genovesi; la tutela del diritto di manifestare il dissenso nelle forme lecite e pacifiche, contestualmente allo svolgimento dei lavori negli stessi luoghi. Ricordo, poi, che, in relazione a quest'ultima istanza, sin dal novembre dello scorso anno, l'autorità di governo aveva scelto la linea del confronto con le organizzazioni del dissenso, improntata, comunque, ad un'opzione favorevole allo svolgimento di manifestazioni ed iniziative di critica pacifica dell'evento internazionale. Quella linea del confronto sui temi


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della contestazione si è poi fisiologicamente tradotta in una forma di successivo dialogo, durato sino a pochi giorni prima del vertice.
È naturale, quindi, che, per coniugare le esigenze di sicurezza con quelle di un numero molto elevato di manifestanti, alcune scelte tecniche siano state rivisitate, soprattutto per favorire il trasporto dei manifestanti, l'accoglienza e la sistemazione di quanti erano in arrivo a Genova. In tale contesto, ho personalmente partecipato due volte, il 24 ed il 30 giugno, a Genova - sempre assieme alle autorità provinciali di pubblica sicurezza -, ad incontri tecnici con i rappresentanti delle organizzazioni del dissenso. In entrambe le occasioni ho ascoltato le richieste e spiegato le esigenze generali di sicurezza; ho rinviato, comunque, le soluzioni alle decisioni ultime delle autorità locali di pubblica sicurezza. Ho costantemente ribadito l'esclusiva competenza di queste ultime a stabilire le modalità di svolgimento delle manifestazioni, così come quella di impedire qualsiasi iniziativa non compatibile con l'ordinamento e con la tutela dei luoghi di svolgimento del vertice e dei partecipanti alla sessione di lavoro.
Nello stesso quadro dialettico, e in piena sintonia con le valutazioni svolte anche dagli organismi centrali, sono poi maturate le decisioni finali del prefetto e del questore, ciascuno nella rispettiva competenza, sulla temporanea riapertura della stazione di Brignole a favore dei convogli straordinari dei manifestanti in arrivo e in partenza da Genova, sulla individuazione dei luoghi delle manifestazioni di natura sia statica sia dinamica fino alla decisione ultima, dettata da contingenti motivi di opportunità, di autorizzare per esempio un corteo nella giornata del 20 luglio in una zona di ponente della città, in precedenza esclusa alle manifestazioni.


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A fronte di tale disponibilità istituzionale, devo tuttavia rilevare che, nel corso degli incontri cui ho presenziato - come, del resto, mi è stato riferito in tutte le altre occasioni -, sono sempre state sfuggenti ed evasive le risposte sull'effettiva rappresentatività del Genoa social forum rispetto alla totalità dei manifestanti, così come imprecise sono state quelle sulla effettiva volontà di cooperare con le autorità di pubblica sicurezza per lo svolgimento pacifico delle manifestazioni. Traspariva talora una difficoltà a fornire un quadro di riferimento armonico ed unitario, talaltra una precisa determinazione a non rivelare appieno i propri programmi od intendimenti, troppo spesso dissimulati dietro un generico riferimento ad un indefinito concetto di «disobbedienza civile».
Mi sembra utile al contempo sottolineare come di converso, quando si sono volute dare assicurazioni sull'esito assolutamente pacifico di talune manifestazioni, esse si siano rivelate alla realtà dei fatti precise e consistenti. Ho anche avuto modo di ribadire più volte che la disponibilità dell'autorità locale di pubblica sicurezza a valutare con ponderata attenzione le richieste di svolgimento dei cortei e delle altre manifestazioni non avrebbe mai dovuto essere intesa come tolleranza della illegalità e della violenza, così come ho sempre chiarito che non sarebbe mai stata permessa la violazione della zona di massima sicurezza, non solo perché in tal senso erano stati assunti precisi impegni in sede internazionale (anche in più riunioni presso il Ministero degli affari esteri), ma anche e soprattutto perché precise responsabilità istituzionali lo imponevano in modo inderogabile. In esito ad un impegno assunto davanti alla delegazione di rappresentanti del Genoa social forum, pur non rientrando nella mia diretta competenza, mi sono altresì adoperato, sempre al fianco del prefetto


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e del questore, con gli amministratori locali affinché fossero individuate soluzioni per l'ospitalità dei manifestanti; soluzioni però compatibili con le generali esigenze di sicurezza.
La decisione della chiusura al traffico dei soli caselli autostradali sulla direttrice città-aeroporto, nonché del traffico veicolare per le sole porzioni temporali coincidenti con gli spostamenti delle delegazioni dei Capi di Stato e di Governo; l'apertura della stazione di Brignole per l'afflusso e il deflusso dei treni speciali provenienti da nord e da sud; la concessione da parte del questore di un percorso di corteo nella zona di ponente - inizialmente, come ho detto, ritenuto non praticabile -, sono tutte dimostrazioni di quanto si sia fatto per concretizzare la convivenza di più esigenze legittime in un equilibrio, reso ancor più delicato dall'orografia e dall'intreccio urbanistico del capoluogo ligure.
Si è voluto evitare anche che il singolo cittadino, in procinto di lasciare la città con la famiglia per il fine settimana o di effettuare il tradizionale pendolarismo da e verso il mare, potesse vedere limitato il proprio diritto alla mobilità o essere addirittura esposto a pericoli per la propria incolumità.
In ragione della complessità dell'evento e dell'impegno richiesto alle autorità provinciali di pubblica sicurezza, specie sotto il profilo tecnico-operativo, è stato fornito costante e qualificato supporto al questore e all'ufficio da lui diretto sin dalle prime fasi della preparazione dell'intero piano di sicurezza. Anche a questo fine, in considerazione del collocamento a riposo del prefetto Aldo Gianni (originariamente inserito nella struttura di missione predisposta dal Governo a supporto dell'azione organizzativa svolta a Genova), a succedergli nell'incarico veniva designato il vicedirettore generale della pubblica sicurezza, - il prefetto Ansoino Andreassi, - che ha potuto così continuare ad assicurare qualificato punto di


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riferimento, necessario per seguire un lavoro lungo, articolato ed in costante evoluzione in riferimento a quanto emergeva dai diversificati e più tavoli di organizzazione generale che rispondevano al Ministero degli affari esteri.
Nell'ambito delle iniziative di supporto all'azione del questore. ho delegato, inoltre, le figure più qualificate del dipartimento a collaborare con l'autorità provinciale nell'organizzazione di specifiche misure di sicurezza: dalla zona rossa alle frontiere, dalla prevenzione antiterrorismo alla sicurezza delle comunicazioni e dei trasporti su strada e su rotaia. Una serie di interventi mirati, realizzati attraverso i direttori centrali competenti, che non hanno mai inteso surrogare i compiti istituzionali del questore bensì potenziarne la capacità di proiezione operativa, anche laddove si fosse reso necessario un collegamento con organismi nazionali e internazionali, come, ad esempio, nel settore ferroviario, della viabilità autostradale, aerea e delle telecomunicazioni.
È stato così espresso il massimo sforzo raggiungibile da parte del dipartimento della pubblica sicurezza, nel cui contesto trova sede istituzionale anche l'attività di coordinamento delle forze di polizia in base alle direttive dell'autorità di Governo.
L'impegno per la sicurezza del G8 è andato crescendo in corso d'opera e ha dato luogo ad un'attività organizzativa senza precedenti; dirò a parte quanto si è fatto sul piano operativo e della prevenzione pura. Qui desidero documentare quanto realizzato sul piano tecnico e logistico con alcuni esempi. Innanzitutto si è provveduto al potenziamento delle postazioni delle reti di telecomunicazioni di Genova e ad incrementare cospicuamente, con la collaborazione del gestore di rete, le dotazioni radiotelefoniche individuali e dei diversi responsabili operativi, completando una lunga serie di interventi


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tecnico-logistici indispensabili per mettere le sale operative in condizioni di operare al meglio, con una spesa complessiva di oltre 15 miliardi di lire. Per rendere meno gravoso e più sicuro il lavoro degli operatori di polizia, sono stati pressoché integralmente rinnovati i materiali di equipaggiamento: per la sola Polizia di Stato sono state acquistate 6.500 nuove tute per i servizi di ordine pubblico ignifughe e provviste di protezioni antitrauma circa 4.500 nuove maschere antigas con filtri, 4.500 set di protezione del corpo e delle gambe per una complessiva somma di poco più di 6 miliardi di lire. Si è provveduto inoltre a migliorare radicalmente le soluzioni alloggiative con un impiego finale di ben 20 navi, oltre al sistema logistico sulla terraferma, con un onere complessivo per accasermamento, alloggiamento e vitto di oltre 77 miliardi di lire.
Tornando ora ad esaminare l'atteggiamento assunto dalle organizzazioni del dissenso, devo rilevare che anche le più moderate e pacifiste avevano dichiarato l'obiettivo di impedire o disturbare in qualunque modo lo svolgimento del vertice. Dal momento in cui è stata ideata e poi resa nota la realizzazione della zona di massima sicurezza o «zona rossa», questo proposito per alcuni si è trasformato nell'intento di «violare» i limiti fisici della stessa per mezzo di azioni asseritamente diversificate per intensità e modalità esecutive, a seconda dell'area di appartenenza. A fronte di tali dichiarazioni, per assicurare un'area di interdizione intorno alla zona sensibile, è stata concepita una seconda fascia chiamata «zona gialla», che potesse fungere da cuscinetto tra l'area del vertice ed il resto della città, nella quale, tra l'altro, interdire le manifestazioni che presentavano aspetti di incompatibilità con le misure a tutela dei lavori del G8.


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Per dovere di informazione aggiungo che, su pressioni delle rappresentanze diplomatiche straniere, la Farnesina, il 28 giugno, aveva richiesto di creare un'ulteriore e più ampia fascia di sicurezza allo scopo di rendere sempre più agevole lo svolgimento dei lavori e lo spostamento delle folte delegazioni, perché a quella data non erano ancora stati definiti tutti gli aspetti organizzativi sotto il profilo logistico per delegazioni medesime.
L'esigenza di protezione fisica dell'area di massima sicurezza, con un perimetro di 8 chilometri e con 13 varchi di accesso, ha richiesto sforzi aggiuntivi notevoli, anche per la necessità di contemperare la sicurezza della zona con il diritto dei circa 30 mila cittadini residenti di accedervi; le misure adottate, in ogni caso, hanno dovuto tenere conto della presenza nella città dei Capi di Stato e di Governo esteri e nazionali, oltre che di personalità di assoluto rilievo sulla scena internazionale. Per quantificare lo sforzo necessario a tutelare una zona di sicurezza così ampia, che come richiesto, proteggeva non solo gli spazi destinati ai lavori o all'alloggiamento delle delegazioni, ma anche alcune importanti strade cittadine come la via XX Settembre, sede di importanti centri commerciali, basta ricordare che la zona protetta in occasione del vertice di Praga aveva un perimetro di appena due chilometri, e quella di Quebec City non arrivava a 6 chilometri.
Tenuto, altresì, conto della consistenza numerica della popolazione residente nell'area protetta e della insistenza in quel territorio di una zona di per sé a rischio come i carrugi, all'interno della «zona rossa» era stato previsto un servizio di controllo nei giorni antecedenti e in quelli dello svolgimento dei lavori del vertice, coordinato dal direttore del servizio centrale operativo e finalizzato ad individuare le possibili insidie a persone e/o cose, oltre che naturalmente alla


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popolazione residente. Si è reso pertanto indispensabile un notevole impiego di qualificate risorse della polizia giudiziaria, proprio in ragione della specifica attività da svolgere, che è consistita soprattutto in perquisizioni, ispezioni e ricognizioni, protrattesi per molti giorni, sia prima sia dopo la recinzione dell'area.
È stata proprio tale attività preventiva che ha consentito di garantire un'elevata protezione: in particolare, sono state eseguite 92 perquisizioni domiciliari e 273 ispezioni di locali; sono state identificate 4.073 persone per accertarne la legittima permanenza nell'area di massima sicurezza; sono state arrestate 22 persone (7 italiani e 15 stranieri); sono state denunciate in stato di libertà 38 persone (22 italiani e 16 stranieri). I reati contestati in tali circostanze vanno dalla rapina aggravata alla detenzione di armi, dalla ricettazione alla detenzione di stupefacenti. Sono stati operati anche 27 sequestri di droga e di armi. Tutte attività specifiche di polizia giudiziaria, insostenibili dalle sole risorse specialistiche della questura e che richiedevano, quindi, qualificate risorse aggiuntive ed un adeguato coordinamento proprio del direttore dello SCO, inviato a Genova per tale specifico compito.
È ingeneroso sostenere che gli sforzi compiuti per garantire la sicurezza del vertice, delle delegazioni, degli oltre 5 mila giornalisti accreditati, ma anche di una parte rilevante della città, abbiano lasciato, in qualche modo, in secondo piano la sicurezza delle altre aree cittadine. Voglio sottolineare, a tale proposito, che le 4.100 unità impiegate a tutela della «zona rossa» hanno operato turni articolati nelle ventiquattro ore, per cui i contingenti operativi erano, in realtà, dimensionati attorno alle 1.000 unità per turno. Viceversa, nel resto della città, le 6.800 unità di servizio sono state impiegate ad integrale copertura di tutte le esigenze di ordine e sicurezza


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pubblica per l'intera durata delle manifestazioni. Aggiungo che un impegno assolutamente straordinario è stato dispiegato fin dall'anno scorso ai fini di prevenzione generale, sollecitando l'azione informativa e di prevenzione delle Digos e chiedendo la collaborazione dei competenti uffici degli organi di polizia dei paesi amici.
Sul piano delle iniziative di carattere informativo e investigativo, all'interno del territorio nazionale sono state svolte attività di polizia giudiziaria, con uno straordinario investimento di risorse a disposizione di numerose procure della Repubblica, che hanno avviato indagini ad ampio spettro con ogni mezzo consentito dall'ordinamento intercettazioni telefoniche e ambientali, perquisizioni ed altro, a carico sia di soggetti ritenuti pericolosi in relazione alle circostanze di fatto e di luogo nelle quali si sono trovati, sia di strutture di aggregazione, come alcuni centri sociali, che si erano distinte nell'annunciare attività di carattere violento contro il G8. Al riguardo si sottolinea che tra il 16 e il 17 luglio, ad immediato ridosso delle manifestazioni di Genova, sono stati contestualmente perquisiti i centri sociali di ispirazione anarco-autonoma più oltranzisti, tra i quali l'Askatasuna e l'Alcova di Torino, il Pinelli di Genova, il Gramigna di Padova, la Stella Nera per la Rivolta di Firenze, i Territori Non Tracciati di Napoli. Nel corso delle perquisizioni sono stati sequestrati centinaia di oggetti atti ad offendere: bastoni, spranghe, fionde, caschi, biglie, tombini di ferro, materiale infiammabile, grossi petardi, stupefacenti, armi improprie, munizionamento da guerra, pistole lanciarazzi, bottiglie vuote, per il cui possesso sono state deferite all'autorità giudiziaria diverse decine di militanti dell'ultrasinistra, identificati nel contesto delle attività di polizia giudiziaria. È noto, peraltro, che gran parte delle armi improprie utilizzate a Genova sono state reperite nella

 


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stessa città. Di tale complessa attività, svolta in gran parte del territorio nazionale, il direttore centrale della prevenzione, prefetto La Barbera, ed il suo ufficio sono stati l'indispensabile punto di riferimento unitario. Non conosco naturalmente l'andamento dell'attività investigativa in atto, ma sono fiducioso che l'ingente sforzo espresso dalle strutture di polizia giudiziaria, su uno scenario così ampio e per un tempo così lungo, produrrà positivi risultati.
Sul fronte esterno, è stata attivata ogni forma di cooperazione con gli organi di polizia degli altri paesi che potesse incrementare il patrimonio informativo delle forze di polizia nazionali. Sono state svolte diverse riunioni con gli ufficiali di collegamento esteri presenti in Italia, sia dei paesi del G8 sia di altri partner comunitari ed extracomunitari, al fine di potenziare e adattare gli esistenti canali di scambio informativo alle specifiche esigenze di sicurezza e di prevenzione. Il coordinamento di tale iniziativa era stato, peraltro, fin dall'inizio ha affidato al prefetto La Barbera, che aveva direttamente svolto l'attività necessaria per garantirlo, recandosi di persona ad incontrare i suoi omologhi all'estero, scambiando con loro dati e informazioni, presiedendo in Italia le relative riunioni di carattere sia nazionale sia internazionale.
Obiettivi fondamentali erano quelli di acquisire e di analizzare tutte le informazioni concernenti possibili, minacce sia di tipo a terroristico sia attinenti alla tutela dell'ordine pubblico; di tentare di individuare per tempo le frange violente e di porre in essere le attività volte a neutralizzarle tempestivamente; di curare la massima e continua collaborazione con gli organi collaterali esteri anche durante i lavori del G8.
L'attività di intelligence ha consentito di suddividere i potenziali manifestanti in diversi gruppi, individuati in base alle proprie caratteristiche ideologiche e comportamentali, e di


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incentrare l'attenzione sul gruppo più pericoloso: il «blocco nero», valutato in circa 500 italiani e 2.000 stranieri (perlopiù tedeschi, spagnoli, greci, inglesi e statunitensi), sul quale si è incentrata l'azione informativa nel tentativo di realizzare un filtro alla frontiera.
Per quanto riguarda i gruppi violenti stranieri occorre ammettere che risultati dell'attività preventiva sono stati inferiori alle aspettative, sia per le oggettive difficoltà incontrate dagli organismi di polizia esteri nell'attività di penetrazione informativa (trattandosi, il più delle volte, di gruppi che denotano mancanza di organizzazione strutturale, ma spiccate capacità di aggregarsi solo episodicamente) sia per esigenze, più volte invocate, di rispetto delle legislazioni nazionali in materia di tutela della privacy. Ciò nondimeno, focalizzando l'attenzione anche soltanto sui nominativi conosciuti per precedenti episodi di violenza nel corso del vertice internazionale, si è potuto «confezionare» un elenco temporaneo di 1.439 nominativi, utilizzato ai fini di prevenzione indicati in precedenza. Come è noto, l'attività di prevenzione si è, infatti, estesa al ripristino dei controlli di frontiera, ai sensi della convenzione applicativa dell'accordo di Schengen, per mezzo di uno specifico piano disposto dall'autorità di Governo e notificato ai paesi partner, con decorrenza dalla mezzanotte del 13 luglio sino alla mezzanotte del 21 luglio 2001.
L'intervento è stato complesso, ha comportato la riattivazione di 46 valichi di frontiera dismessi in occasione dell'entrata in vigore degli accordi di Schengen; il rinforzo dei 59 uffici della polizia di frontiera e dei valichi con l'impiego complessivo di 1.217 operatori della Polizia di Stato e 264 carabinieri. Di fatto il sistema così realizzato - individuazione degli stranieri violenti e riattivazione dei controlli frontalieri - ha consentito di effettuare oltre 140.000 controlli, di respingere


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dalla frontiera più di 2.000 persone, di sequestrare armi, droga e materiale atto ad offendere (tra cui bottiglie «molotov», coltelli, bastoni di legno e metallo, addirittura 10 scatole di manette).
Particolare menzione merita il respingimento di circa 150 cittadini greci nel porto di Ancona, che, secondo segnalazioni degli organi di informazione, risultavano essere aderenti a movimenti anarchici, con il sospetto che tra di essi fossero presenti soggetti particolarmente pericolosi.
L'analisi poi delle turbative verificatesi in altri paesi (soprattutto in occasione del vertice di Praga), interessati dai disordini in occasione di altri vertici internazionali, ha inoltre comportato la costituzione di una struttura per la prevenzione di azioni di disturbo ai sistemi di comunicazione telefonica, telematica e televisiva.
Nel dettaglio, sono stati attivati servizi per la prevenzione delle interferenze ai 132 ripetitori televisivi liguri; di presidio alle comunicazioni telefoniche del vertice, con l'assistenza al gestore presso i nodi di comunicazione; di prevenzione e contrasto delle interferenze e di disturbi alle comunicazioni, utilizzando con grande dispiego di forze il personale specializzato del Ministero delle comunicazioni, che ha messo a disposizione della polizia 9 radiogoniometri, 6 rilevatori portatili e personale altamente qualificato del centro nazionale controllo emissioni radio elettriche dello stesso ministero; nonché servizi di monitoraggio della rete con diretti accessi ai file presso i provider che, di volta in volta, sono stati autorizzati dalla autorità giudiziaria.
Nei giorni del vertice, infine, è stata costituita presso la questura una sala operativa internazionale di polizia, in modo da assicurare la costante collaborazione di funzionari degli organi di polizia estera con le autorità italiane.


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Questo, in sintesi, il quadro di riferimento dell'azione organizzativa e di prevenzione in preparazione del vertice.
Passando ora ad analizzare i disordini di Genova, non si può non premettere che essi necessitano di una lettura più ampia ed articolata di quella della mera metodologia di gestione dell'ordine pubblico. Appare infatti assai verosimile che gli stessi segnino l'ulteriore affermazione e l'espansione sulla scena internazionale di un nuovo soggetto. Un soggetto composito che, come si è visto a Genova in forme più evidenti e come era emerso anche nei precedenti incontri internazionali, tenta di far coesistere l'anima genuina e pacifista con alcune componenti di tipo estremista ed altre di tipo eversivo. A Genova, in particolare, ad una situazione già di per sé complessa, si è aggiunta, da un lato, una dichiarata volontà di alcuni gruppi di impedire il vertice, dall'altro, una azione particolarmente violenta di «professionisti della guerriglia».
Tutto ciò fa apparire in modo sufficientemente chiaro che i disordini di Genova non possano essere attribuiti solo all'azione dei black bloc, a prevalente connotazione anarco-insurrezionalista, ma vedono direttamente coinvolto un elevato numero di manifestanti pronti ad uno scontro con le forze dell'ordine. Emblematico, a tal fine, è stato il massiccio attacco alla «zona rossa» portato il giorno 20 luglio, che ha visto come primo protagonista un forte gruppo di anarco insurrezionalisti a fianco però di altri spezzoni del movimento. I primi, infatti, nel momento più drammatico hanno potuto giovarsi della massa d'urto di un affollato corteo non autorizzato e visibilmente già predisposto ad affrontare i reparti di polizia per raggiungere l'obiettivo finale e dichiarato di violare l'area protetta.
Di converso, lo stesso pomeriggio del giorno 20 luglio, mentre erano già in atto molteplici azioni di guerriglia urbana


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nella zona di levante, si è tranquillamente svolto a ponente il corteo della CUB con migliaia di partecipanti, così come era stato preventivamente assicurato dagli organizzatori, che sono evidentemente riusciti a tenere sotto controllo i soggetti intenzionati a far ricorso alla violenza. Lo stesso può dirsi per il corteo dei migrantes del precedente giorno 19 luglio, che ha visto la presenza di qualche decina di migliaia di persone e che ha avuto come unico momento di turbativa l'aggressione ad un funzionario della Digos di Genova, presente sul posto per motivi di servizio.
Gli esempi citati evidenziano in modo chiaro ed inequivocabile come al comportamento responsabile degli organizzatori di alcune manifestazioni abbia sempre corrisposto un atteggiamento altrettanto comprensivo da parte delle autorità di pubblica sicurezza, giunto fino al limite di consentire un corteo in un'area della città preventivamente interdetta e di autorizzare la partenza dell'altro da un punto praticamente a ridosso della zona protetta. Così è stato anche nella concessione ai gruppi pacifisti, che ne avevano fatto richiesta, di piazze a ridosso della «zona rossa», dove esprimere in forma statica il loro dissenso.
Diverso e carico di conseguenze è stato, invece, lo svolgimento dei cortei non autorizzati, che avevano per obiettivo - come si è detto - il raggiungimento delle protezioni alla zona rossa ed il loro sfondamento. Non dimentichiamo poi che, sin dalla mattina del giorno 20, contemporaneamente ed in più punti della zona di levante, sono state inscenate azioni fortemente violente, di distruzione generalizzata ed indistinta, tese solo a portare oltraggio alla città e alle forze dell'ordine. Le azioni di questi gruppi di violenti hanno creato un clima che sembrava essere completamente scomparso dalle piazze e dalle strade italiane, ormai da molti anni; si sono riviste scene


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di guerriglia urbana ed una esposizione delle forze dell'ordine ad attacchi di gravità inusitata, suscettibili di valutazione sotto il profilo penale. Ed è per questo che la polizia giudiziaria sta svolgendo una attività investigativa, sotto la direzione del magistrato competente, che consiste, tra l'altro, in un approfondito esame di tutto il materiale documentario raccolto al fine di identificare coloro che si sono resi responsabili di violenze.
Sulla scorta di quanto accaduto nelle prime ore dei disordini e nel prosieguo degli scontri causati appunto da appartenenti o simpatizzanti del cosiddetto black bloc, appare opportuno effettuare alcune riflessioni. Esiste una oggettiva difficoltà ad individuare preventivamente questi soggetti. Come si è dianzi detto essi sono soliti spostarsi in forma anonima e comparire con i segni distintivi del movimento solo in occasione degli scontri di piazza; non sempre hanno una sede e non si incontrano abitualmente, ma si raccolgono da tutto il mondo, soprattutto in occasione di eventi significativi, con una conoscenza perfetta, oltre che del territorio, anche delle tecniche di aggressione (basti ricordare le immagini in cui si vedeva la loro dimestichezza con il confezionamento all'impronta delle bottiglie incendiarie) favoriti talora da una sorta di appoggio di altre frange di manifestanti all'apparenza meno oltranziste. Il loro contrasto sul terreno, poi, è reso altrettanto difficile dal ricorso ad autentiche azioni di guerriglia, che non possono essere fronteggiate agevolmente con i reparti ordinariamente impiegati nei servizi di ordine pubblico.
Si ricorderà che analoghe tecniche, operate in piccoli gruppi estremamente mobili, spesso lontano dalle aree interessate dalle manifestazioni di massa, hanno contraddistinto un po' la storia delle violenze di piazza degli anni settanta e


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si ricorderà altresì come anche in quei casi, solo attraverso meticolose indagini è stato possibile individuarne gli autori e metterli a disposizione della giustizia.
L'azione di contrasto, scaturita proprio da questa violenza e non viceversa, come è stato detto da taluno, è stata affidata alle nostre forze di polizia, che hanno una lunga tradizione di gestione dell'ordine pubblico nelle più svariate estrinsecazioni dei conflitti sociali, ma che da anni non erano più chiamate a confronti così prolungati nel tempo e di tale virulenza.
Che il dipartimento della pubblica sicurezza fosse comunque attento alle problematiche connesse all'impiego della forza pubblica si evidenzia da una specifica circolare del febbraio di quest'anno, con la quale ho richiamato l'attenzione dei questori sul corretto impiego degli strumenti di coazione fisica nel corso di servizi di ordine pubblico e sulla necessità di una attenta pianificazione di questi servizi.
Dal mese di marzo ho, invece, avviato un accurato piano di formazione e aggiornamento delle risorse destinate all'ordine pubblico, non solo sotto il profilo meramente tecnico, ma anche sotto quello psicofisico e comportamentale. Per lo specifico evento del G8, come si ricorderà, è stato prodotto e distribuito a tutto il personale un vademecum che, insieme ad indicazioni - essenzialmente erano quelle - di carattere organizzativo, invitava, tra l'altro, gli operatori di polizia ad attenersi a regole di condotta prudenti e misurate e alla piena osservanza delle disposizioni di servizio.
Le raccomandazioni che ho più volte indirizzato ai dirigenti dei servizi di ordine pubblico di indossare la sciarpa tricolore, infine, hanno voluto richiamare l'attenzione anche dei funzionari sulle loro responsabilità istituzionali.
Come diffusamente documentato dai media - cui va il sincero apprezzamento per la funzione di informazione svolta


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- è verosimile che le condizioni di guerriglia create da criminali violenti e facinorosi abbiano, in alcuni casi, determinato un eccesso nell'uso della forza ad opera dei reparti, in altri, episodici ed individuali comportamenti illeciti, che saranno rigorosamente perseguiti.
Un incarico ispettivo è stato affidato a tre alti dirigenti dell'amministrazione, che hanno fornito i primi elementi di conoscenza, ma che, visibilmente, richiedono ancora ulteriori accertamenti prima di trarre definitive conclusioni, anche in considerazione di una contestuale iniziativa dell'autorità giudiziaria, che potrà meglio pervenire all'individuazione di eventuali responsabilità dei singoli. L'attività degli ispettori riguarda i comportamenti censurabili di singoli operatori impegnati nei servizi di ordine pubblico, la perquisizione all'interno della scuola «A. Diaz», dove erano stati registrati episodi di violenza, così come gli illeciti denunciati in danno delle persone arrestate e trasferite nella caserma di Bolzaneto.
Al termine non si avrà alcuna reticenza a valutarne i risultati, a adottare i provvedimenti correttivi necessari, anche di natura disciplinare, come non si è mancato di fornire all'autorità giudiziaria ogni necessaria e convinta collaborazione per il migliore e più spedito esito delle indagini. Si tratta di una azione diretta anche a rinsaldare il legame tra i cittadini e le istituzioni della sicurezza e ad esaltare quella qualità di abnegazione, di professionalità, di senso del dovere a difesa dello Stato democratico, che costituiscono il patrimonio più vero e prezioso delle forze di polizia.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor De Gennaro. Sono pronte le fotocopie dei documenti pervenuti alla presidenza, che verranno distribuite a tutti i componenti il Comitato. Se siamo tutti d'accordo, si può sospendere la seduta per alcuni minuti.


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Mi pare vi sia un sostanziale accordo, signor prefetto, nel chiederle quando la terza relazione potrà essere nella disponibilità del Comitato, visto che non è ancora agli atti. In aggiunta a ciò, vi era stata una sorta di apprezzamento iniziale in riferimento agli allegati; avendo ricevuto le due relazioni dove si citano una serie di allegati non ancora pervenuti, ritiene di poter informare il Comitato al riguardo?

GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza. Signor presidente, la terza relazione è in arrivo, verrà consegnata forse nella stessa giornata di oggi: ci è giunta nella serata di ieri, perché l'ispettore la mandava da fuori. Alla relazione si chiedeva di individuare singole persone dalle immagini televisive. È stato chiesto di fare un work in progress, perché naturalmente le immagini sono molte, gli accertamenti vengono fatti caso per caso e non si tratta di una mera ricostruzione dei fatti. Credo di potere mandarla nella giornata di oggi, sicuramente prima del termine dei lavori del Comitato.

PRESIDENTE. Chiedo scusa, prefetto, se insisto. Qual è il motivo della mancata allegazione degli atti richiamati dalle due relazioni?

GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza. Presidente, forse c'è stata un'incomprensione dell'ufficio, che alla richiesta di mandare la relazione ha fornito solamente il testo di quest'ultima; sicuramente faranno seguito immediatamente anche gli allegati, ovviamente con le raccomandazioni, che lei stesso ha ritenuto di condividere, sulla tutela delle persone che vengono indicate.

MARIA CLAUDIA IOANNUCCI. Possiamo avere copia anche della sua relazione?


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PRESIDENTE. Certamente, comunque ricordo che vi è anche nel resoconto stenografico.
Sospendo la seduta per constatare se ci sia opportunità di seguire la linea di ieri, fermo restando che, se i componenti dovessero ritenere uti singuli di voler porre delle domande al prefetto De Gennaro, il tempo della sospensione potrà essere ristretto. Credo comunque sia utile concordare le domande in modo da evitare inutili ripetizioni.

La seduta, sospesa alle 11, è ripresa alle 11,40.

PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.
Do ora la parola ai componenti il Comitato che intendano porre domande al prefetto De Gennaro.

MARCO BOATO. Vorrei ringraziare il prefetto De Gennaro per la sua relazione, in particolare per la parte, che è la più ampia ed anche la più esaustiva, relativa a tutto quanto è stato fatto nella fase precedente allo svolgimento del vertice G8 e agli eventi che si sono verificati in connessione ad esso.
Vorrei, invece, porre alcune domande che riguardano ciò che il prefetto non ha detto o ha semplicemente accennato. La prima domanda riguarda il rapporto fra il capo della polizia, il quale, in quanto capo del dipartimento, ha anche delle funzioni di coordinamento rispetto alle altre forze di polizia, e le direttive politiche a livello di Governo. Vorrei che il capo della polizia ci chiarisse questo aspetto, anche eventualmente, se lo ritiene, differenziando le varie fasi, perché sappiamo tutti che vi è stato un cambio di Governo a partire dal 10 giugno; ciò qualora vi siano stati mutamenti di direttive politiche, altrimenti non chiedo tale differenziazione. Inoltre, vorrei sapere quali direttive politiche siano state date in relazione al vertice G8, e da chi. In particolare, vorrei sapere come queste


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direttive si siano, poi, concretizzate nei giorni di svolgimento del vertice G8, in riferimento al ministro dell'interno, al Vicepresidente del Consiglio e al ministro della giustizia - mi riferisco a chi ha una responsabilità istituzionale come ministro dell'interno e a chi concretamente si è trovato sul posto nei giorni del vertice - ed eventualmente, laddove vi siano state, in riferimento al ministro della funzione pubblica, il quale ha anche delle responsabilità in relazione ai servizi di sicurezza.
La seconda domanda che vorrei rivolgere al prefetto De Gennaro riguarda un tema che mi sembra sia stato poco trattato nella sua relazione: un tema che ci trasciniamo dietro dal 1981, da quando è avvenuta la riforma della polizia. So bene, quindi, che si tratta di un tema di non facile soluzione, però lei ci dovrebbe spiegare che cosa sia accaduto e quali responsabilità lei abbia assunto in qualità di capo del dipartimento di pubblica sicurezza oltre che capo della Polizia di Stato, sotto il profilo del coordinamento tra le diverse forze di polizia, cioè Polizia di Stato, Guardia di finanza e Arma dei carabinieri. Perché mi pare che anche dalla lettura, sia pure rapida, fatta questa mattina, delle due su tre relazioni finora depositate, il coordinamento tra le forze di polizia, ed anche all'interno della stessa polizia, rappresenti uno dei problemi più gravi che emergono.
Un'ulteriore richiesta specifica che le rivolgo è se lei sia stato informato e quando, se lo è stato, della ripetuta segnalazione da parte della provincia di Genova, del suo presidente e dell'assessore competente, Massolo, già dalla sera del 19 e, quindi, prima che si verificassero gli incidenti, chiamiamoli così, o i disordini del 20 e del 21, sul fatto che una delle strutture ufficialmente devolute all'accoglienza, destinata ai Cobas, la struttura della Se. Di. di Quarto (sede


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distaccata di Quarto) fosse stata occupata illegalmente da altri componenti, in particolare del black bloc ma anche da altri soggetti, i quali hanno devastato questa struttura utilizzando anche reparti non consegnati e quindi non accessibili, al fine di armarsi. Questa segnalazione è stata effettuata la sera del 19, è stata ripetuta più volte nelle ore successive - è stato detto che circa una volta ogni ora venivano chiamati la prefettura, la questura e i carabinieri - ed anche nella mattina del 20. Tutto ciò avrebbe permesso alle forze di polizia di intervenire preventivamente rispetto a soggetti che poi hanno dato vita agli episodi di guerriglia urbana, da lei ripetutamente citati.
Infine, vorrei soffermarmi sulla questione che - mi permetta di dirglielo con il massimo rispetto, signor prefetto - mi pare sia il limite maggiore della sua relazione. Lei ci ha ben dettagliato ciò che è avvenuto nella fase della preparazione del vertice, così come anche gli obiettivi, cioè garantire lo svolgimento del G8, tutelare i cittadini di Genova e garantire l'espressione del dissenso pacifico, come lei lo ha chiamato, cioè le manifestazioni pacifiche contestuali allo svolgimento del G8. Condivido questi tre obiettivi che, oltretutto sono ben delineati.
Non mi sembra, invece, che lei si sia soffermato in modo approfondito sui fatti accaduti il 20 ed il 21, ma questo Comitato di indagine non sarebbe mai nata se questi non si fossero verificati. Proprio in relazione a tali fatti, lei ha fatto riferimento alle tre relazioni, ha parlato di eccesso nell'uso della forza e di episodici e individuali comportamenti illeciti. Ciò che emerge dai fatti del 20 e del 21 mi pare che lei non possa per contrasto riferirlo alla manifestazione dei migrantes del 19, svoltasi in modo del tutto pacifico, come lei ha ricordato, e alla manifestazione di ponente del 20, fatta dai Cobas, anche questa in modo pacifico. Cioè, se una manife

 


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Pubblicato su: 2005-07-05 (933 letture)

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