Il punto di vista precario e il 15 ottobre.
Da Genova, il 23 luglio, avevamo scritto che avremmo partecipato all’hub meeting proposto da Democracia Real Ya dal 16 al 18 prossimi a Barcellona contribuendo così alla “preparazione della giornata di mobilitazione globale del 15 ottobre, quando scenderemo in piazza contro le politiche di austerity, a partire dalla legge di bilancio appena approvata e contro la gestione autoritaria e bipartisan della crisi che i poteri finanziari e i governi trasversali del neoliberismo ci vorrebbero imporre nel silenzio”. E scrivevamo, anche, che in autunno avremmo lanciato “una campagna popolare di respiro europeo per il diritto al reddito incondizionato e di base, che ridia voce alle rivendicazioni delle generazioni precarie”. Soprattutto, annunciavamo che ci saremmo rivisti “il 24 e il 25 settembre a Bologna per la Costituente dello sciopero precario, una grande assemblea aperta a tutti i lavoratori e le lavoratrici, nativi e mi granti, così come a movimenti, sindacati, attivisti”, per “discutere insieme di come riprendere in mano e rinnovare la pratica dello sciopero nell’era della precarietà”, su obiettivi chiari: “un reddito di esistenza incondizionato; un nuovo welfare basato sui diritti e sull’accesso a servizi e beni comuni materiali e immateriali; il diritto all’insolvenza; la rottura del legame tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro”.
E’ quello che faremo.
Stiamo per incontrarci a Barcellona con un numero crescente di reti di movimento: ad oggi Democracia Real Ya, ovviamente, l’Acampada delle e degli indignad@s di Puerta del Sol di Madrid e quella di Plaça Catalunya di Barcellona, la piattaforma ormai planetaria Take the Square che interfaccia tutte le promozioni locali della #globalrevolution del 15 ottobre, Attac globale, l’International Student Movement che comprende lo straordinario movimento cileno, il Knowledge Liberation Front che in Italia sarà in assemblea il 13 prossimo a Bologna, la rete globale di azione per la libertà di movimento e migrante NoBorder, quella continentale dell’EuroMayDay, il Pan African Student Movement, la rete britannica di azione contro le politiche di austerità UkUncut, il Movimento 23 Febbraio del Marocco, Universidad Nomada, UniNomade italiana e il collettivo trasnazionale Edu-Factory, e altre ancora. Per noi questa ricchezza di presenze e di voci significative rispecchia una coerenza di contenuti e un’innovazione di metodo e linguaggio.
Le stesse che rendono possibile l’indizione globale del 15 ottobre contro la governance della crisi – e la giornata di avvicinamento, contro banche e banchieri, il 17 prossimo con epicentro a Wall Street.
Una coerente chiarezza e una capacità innovativa nelle quali riconosciamo il punto di vista precario, che è prevalente nella composizione sociale produttiva e che ha bisogno di affermarsi in maniera autonoma e indipendente, per riuscire ad attaccare concretamente i flussi di quella produzione capitalistica finanziarizzata che pretende l’invisibilità delle precarie e dei precari, indigen* e migranti, sul cui lavoro e sulle cui forme di vita oggi si fonda.
Qual’è la coerente chiarezza?
Quella di andare fino in fondo alla verità riassunta nello slogan “non ci rappresenta nessuno”, pur risuonato anche in Italia nelle fiumane della rabbia studentesca, giovanile e precaria degli ultimi anni. E dunque concepire la presa di parola condivisa delle resistenze ai governi della crisi come spazio costituente, necessariamente e immediatamente produttivo di nuove istituzioni comuni contrapposte alla violenza distruttiva della divisione e del saccheggio delle nostre vite. Appunto la democrazia reale, contro la corruzione d’una democrazia rappresentativa svuotata di senso dalla trasversale sottomissione dei poteri e dei ceti politici al bio-potere finanziario.
Qual è la capacità innovativa?
Quella di andare fino in fondo alla pratica costituente offrendo a tutte e tutti, in una composizione sociale produttiva sempre più reticolare e singolarizzata e fondamentalmente ordinata intorno alla messa a valore
delle nostre stesse vite, la possibilità di riconoscersi e attivarsi in una metodologia di condivisione, orizzontalità, reciproco riconoscimento delle differenze, decisionalità assembleare e non delegata, superamento di ogni separazione temporale tra sociale e politico e tra mezzi e fini. Un po’ come avviene nella Val di Susa e nel suo territoriale sedimentarsi di pratiche conflittuali e di resistenza popolare, da dove ancora una volta dobbiamo saper ripartire per costruire la giornata del 15 ottobre rendendo chiaro che nella difesa dei beni comuni l’incipit del referendum va riaffermato e difeso con le unghie e coi denti in ogni territorio.
Al tempo stesso, andare fino in fondo alla presa di coscienza che le resistenze collettive e singolari agli attacchi di un potere tanto più aggressivo quanto più in crisi non possono opporre alternativa se non portandosi al livello sul quale esso si struttura : dunque, messa in rete delle resistenze su dimensioni quanto meno continentali e intorno alla
pretesa comune di ribaltare l’ordine della decisione politica e con esso l’uso delle risorse finanziarie e della moneta.
Adesso noi vediamo che la rivendicazione del diritto all’insolvenza viene in Italia praticata anche da altri e anche durante una giornata di sciopero generale, come quella del 6 settembre che continua a non rispondere alla domanda fondamentale: come sciopera chi non può scioperare, come si sciopera la precarietà?
Vediamo che la bandiera del reddito d’esistenza incondizionato si diffonde, anche quando al contempo si sostiene l’indizione Cgil dello sciopero generale nella cui piattaforma la sola risposta alle precarie e ai precari è il rafforzamento dell’apprendistato.
E vediamo che sul 15 ottobre globale crescono gli appelli alla costruzione di una giornata di opposizione all’austerity e di mobilitazione per il cambiamento anche in Italia, pur se inseriti dentro una battaglia su elezioni primarie o nella traduzione del rifiuto di pagare il debito in uscita dalla dimensione europea, che non condividiamo. In verità, di questa differente proliferazione di contenuti e della nostra stessa agenda non possiamo che compiacerci, noi che abbiamo sempre avversato la riduzione ad uno e i recinti di movimento buoni solo per il ceto politico, inabitabili per la moltitudine precaria.
Ma avvertiamo il bisogno di fare chiarezza, perché il confronto e la condivisione giungano effettivamente a buon fine.
Una rosa è una rosa è una rosa. La crisi a cui stiamo assistendo non è solo economica, non riguarda esclusivamente la finanza. Si tratta parallelamente della crisi di una funzione storica della modernità: la sovranità statuale . Al contempo, i processi di insorgenza che negli ultimi mesi si sono manifestati in tutta Europa sono stati in grado di mettere in moto forme di cooperazione fra molt* e divers*, la cui potenza e ricchezza politica non possono essere ricondotte alle tradizionali forme di partecipazione: quelle della rappresentanza liberal-democratica. Da un lato quindi la crisi della sovranità, dall’altro la potenza e l’autonomia della cooperazione sociale. Chi pensa che la mobilitazione del 15 ottobre debba servire ad allargare le possibilità di un’alternativa di governo, o d’uno “spazio di rappresentanza”, non ha evidentemente afferrato la portata della crisi.
Ad ogni modo noi intendiamo continuare a lavorare alacremente perché il punto di vista precario si riconosca nella mobilitazione contro l’austerity e se ne renda protagonista nelle forme più estese possibili. E lavoreremo anche affinché il processo dello sciopero precario si estenda e venga condiviso da quanti in questi mesi, non soltanto in Europa, hanno lottato e preso parola contro un sistema che sta usando la crisi per accelerare i processi di precarizzazione. Mai come ora è chiaro che la precarietà è la condizione generale di tutto il lavoro e una condizione sociale oltre il lavoro. Mai come ora è chiaro che si tratta di reinventare forme di lotta dentro al lavoro e oltre il lavoro, realmente capaci di attaccare i profitti, e che saranno tanto più efficaci quanto più si allargheranno oltre i confini nazionali, e saranno all’altezza della mobilità del lavoro e del capitale, della loro dimensione transnazionale.
Perciò ci proponiamo di contribuire con i Laboratori metropolitani e cittadini dello sciopero precario alla costituzione di spazi e momenti effettivamente aperti di confronto sulla costruzione del 15 ottobre, che intendiamo come fondamentale all’interno del processo di costruzione dello sciopero. Per questo porteremo a Barcellona, nel corso dell’hub meeting, la proposta e il progetto dello sciopero precario contro le politiche di austerità e per un reddito di esistenza incondizionato, per un nuovo welfare metropolitano e del comune, per il diritto sociale all’insolvenza, per la libertà di movimento e per il diritto di residenza sganciato dal contratto di lavoro. E contiamo di ritrovarci in piazza il 15 ottobre, arricchite e arricchiti da questo percorso, fra tante e diversi a praticare davvero il desiderio di alternativa, di cambiamento, di liberazione.
Stati generali della precarietà