Questa mattina si è svolto il presidio dei lavoratori/lavoratrici licenziati/e di Italialavoro, l’agenzia tecnica del ministero del lavoro e delle politiche sociali, che progetta e applica le disposizioni del welfare to work, l’ennesimo regalo alla imprese, per via di concessioni e agevolazioni fiscali, ed anche specchietto per le allodole di un welfare di fatto inesistente per precari/e e disoccupati/e. Come ci si poteva aspettare, Italialavoro non ha ricevuto nè la delegazione del comitato dei licenziati nè la rappresentanza sindacale del Nidil- Cgil.
S-COLLEGATI DAL LAVORO
Comunicato dei lavoratori e delle lavoratrici ‘licenziati’ da Italia Lavoro
28 Aprile. Oggi è il primo appuntamento di denuncia dell’operato di Italia lavoro, Agenzia tecnica del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, che ha tradito la propria mission, lasciando a casa, con varie forme (rescissioni, mancati rinnovi, ecc.), decine di lavoratori e lavoratrici.
E’ un vero paradosso: lavorare giorno dopo giorno per includere, integrare, reinserire, riqualificare ed essere ‘licenziati’ per aver rivendicato il fatto di esistere come soggetti portatori di diritti, anche sul posto di lavoro.
Consideriamo le rescissioni anticipate dei contratti in essere un atto grave ed illegittimo e per questo chiediamo che si apra un tavolo di confronto per il reintegro dei lavoratori e delle lavoratrici ‘licenziati’.
Come chiediamo anche che venga ridiscusso il regolamento interno che prevede il limite temporale dei 36 mesi, lasciando nella precarietà centinaia di lavoratori e lavoratrici.
Siamo qui davanti alla nostra ex-sede di lavoro, di fronte ai nostri ex-colleghi (precari e non), con quanto ci è rimasto di aspettative, progetti di vita, speranze, a ribadire con forza che siamo solamente le prime vittime, forse l’anello più debole, delle politiche governative sul lavoro, perchè siamo parte di un meccanismo più ampio di precarizzazione che non risparmierà nessuno, anche coloro che ora si sentono ‘garantiti’.
Siamo qui davanti, con quanti ci hanno portato la loro solidarietà, a chiedere trasparenza nella gestione dei soldi pubblici e nel reclutamento di quelle che vengono definite in questo luogo di lavoro come in altri ‘le risorse umane’.
Ognuno di noi ha una storia, un’identità professionale definita, competenze e relazioni che ha messo a disposizione di Italia Lavoro in questi anni. E non speriamo che vengano ora riconosciute dopo che sono state ‘prese a calci’ da chi non è in grado neanche di immaginare una cultura organizzativa di valorizzazione e fidelizzazione delle soggettività.
Italia lavoro è semplicemente il triste specchio di chi pensa di liquidare la questione dei diritti sui posti di lavoro con logiche ritorsive ed escludenti, e, contemporaneamente, per la funzione assegnatale, di creare occupazione, soprattutto in tempo di crisi, avallando un timido e non universalistico sistema di ammortizzatori sociali, di politiche attive, di riforma del welfare.
Cos’è Italia lavoro S.p.a.?
Italia lavoro è l’agenzia tecnica del ministero del Lavoro, ente strumentale per la progettazione, formazione ed erogazione delle politiche attive del lavoro sul territorio ed anche contemporaneamente struttura operativa della sperimentazione della riforma del welfare che, a partire da alcune specifiche linee di intervento promosse ed attuate dagli ultimi governi, mette oggi in atto una cosiddetta “azione di sistema” dal nome altisonante di ‘welfare to work’, che si traduce poi fondamentalmente in interventi di assistenza tecnica ai centri per l’ impiego provinciali distribuiti su tutto il territorio nazionale. In teoria il welfare to work (ovvero interventi, politiche e servizi per il lavoro) servirebbe per facilitare e accompagnare al reinserimento nel mercato del lavoro i disoccupati e i precariamente occupati. In pratica, soprattutto in alcune declinazioni regionali (vedi il Lazio), trattasi esclusivamente di finanziamenti a pioggia per le imprese senza alcun intervento concreto al potenziamento dei servizi per l’impiego.
Spesso e volentieri questo timido schema di riforme e riposizionamento dei servizi unisce strumentalmente le enormi carenze del sistema degli ammortizzatori sociali all’obiettivo di voler ristabilire una linea di coerenza tra occupabilità e diritti.
Al di là della retorica e delle enunciazioni tipiche dell’azienda pubblica, per ItaliaLavoro sicuramente questa coerenza non riguarda i propri collaboratori e dipendenti.
Introduzione all’intervista
Quella che segue è l’intervista realizzata dai Punti San Precario di Roma a Maurizia, che ha subito, come tanti altri lavoratori e lavoratrici di Italia lavoro, la rescissione del contratto dopo aver spedito la lettera che centinaia di migliaia di precari con contratti a termine in Italia sono stati costretti ad inviare ai propri enti di riferimento dopo l’uscita del Collegato lavoro (L.183/2010), pena la perdita dei diritti maturati e pregressi rispetto a future possibili rivendicazioni.
I punti San Precario parteciperanno alla mobilitazione dei precar@ davanti alla sede di Italialavoro appuntamento giovedi 28 Aprile in via Giubaldo del Monte n. 60 Roma, a partire dalle ore 8 am.
Come ti chiami?
maurizia
Età?
39
1.Perché ti sei rivolto ai Punti San Precario?
Perché ci mettessero a disposizione lo spazio pubblico che hanno creato in questi anni per la presa di parola diretta dei precari. Mi sembra che siano tra i pochissimi ad essere riusciti a spiegare, attraverso pratiche di denuncia e di creatività, anche conflittuale, che l’insicurezza che genera da una precarietà lavorativa è solamente un pezzo di un meccanismo molto più ampio di precarietà. Attraverso l’immaginario simbolico che accompagna San Precario ho pensato si potesse comprendere meglio che non siamo i soli al mondo ad aver subito un’ingiustizia sul posto di lavoro e che vi sono nodi e relazioni significative che si possono attivare per costruire linguaggi ed azioni comuni con altri, anche se provenienti da esperienze differenti.
2.In che azienda lavoravi?
Italia Lavoro, una s.p.a. completamente partecipata dallo Stato, l’agenzia tecnica del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali
3.Di cosa si occupa l’azienda? Fai un breve descrizione delle attività che svolge l’azienda?
In sintesi, è un po’ il braccio operativo delle politiche ministeriali sull’occupazione, la riorganizzazione dei servizi per il lavoro, l’inclusione sociale e lavorativa. Si interessa di politiche attive, della riqualificazione ed il reinserimento di soggetti considerati fragili e svantaggiati nel mercato del lavoro, donne, giovani in transizione lavorativa, over 50, lavoratori che usufruiscono di ammortizzatori sociali, immigrati, ex detenuti
4.Per quali ragioni ti hanno licenziato ovvero come sostiene l’azienda “non ti hanno rinnovato il contratto”?
questo è un punto interessante. Come è noto noi co. pro., perché così sono stata contrattualizzata dal 2006, tecnicamente non possiamo dichiararci ‘licenziati’, istituto giuridico che è proprio del lavoro subordinato, bensì ‘scaduti’. Ma nel mio caso, come in quello di altri lavoratori, non si è trattato di un non rinnovo di contratto, ma di rescissione anticipata del contratto in essere, che mi sarebbe invece scaduto a fine novembre 2011. Mi è arrivata una raccomandata a casa in cui si dichiarava che suo malgrado l’azienda si vedeva costretta a prendere atto dell’impossibilità a proseguire il rapporto contrattuale con me a far data dalla ricezione della raccomandata, data l’insorgenza di un dissenso incomponibile circa la natura del rapporto in essere. L’oggetto dichiarato nella raccomandata era la lettera da me inviata all’azienda il 21 gennaio 2011, della quale prendevano atto e che, però, contestavano. Si tratta della lettera che centinaia di migliaia di precari con contratti a termine in questo paese sono stati costretti ad inviare ai propri enti di riferimento dopo l’uscita del Collegato lavoro (L.183/2010), pena la perdita dei diritti maturati e pregressi. La mia lettera di gennaio sostanzialmente dichiarava che elencando i contratti stipulati con l’azienda fino al novembre 2010 (cinque, escluse le proroghe) intendevo tutelare in via cautelativa il mio diritto ad impugnarli al fine di impedire le decadenze previste dalla legge citata, in quanto in realtà si trattava di negozi giuridici diversi da come disciplinati per volontà del datore di lavoro. Più semplicemente, mi riservavo la possibilità di far valere i miei diritti adendo le vie legali e chiedendo il riconoscimento di un rapporto di subordinazione. Sottolineo, la possibilità di farlo, perché costretta dal bivio imposto dal collegato lavoro. È evidente che adesso sicuramente non mi riserverò solamente il diritto ma adirò le vie legali.
5.Quali mansioni svolgevi ?
domanda dalla risposta complessa. Ho lavorato dal 2006 nell’area immigrazione e mobilità internazionale del lavoro, in un progetto teso, sia in Italia che nei Paesi da cui originano i più consistenti flussi migratori e/o quelli con i quali sono stati sottoscritti accordi istituzionali, a migliorare le condizioni per un più efficace inserimento lavorativo dei migranti e dei cittadini candidati all’emigrazione. Ho lavorato in quella che veniva chiamata l’area formazione del programma occupandomi principalmente di tutte le fasi del processo formativo che poteva coinvolgere, a seconda dell’intervento, operatori dei servizi, stakeholders, mondo dell’associazionismo, destinatari diretti (cioè migranti) sui temi dell’immigrazione, curando dalla progettazione, alla produzione di metodologie e contenuti, all’erogazione, al monitoraggio. Questa la mansione principale, ma in realtà coprivo spessissimo insieme a tutto lo staff di progetto le continue emergenze: la nota al ministero, rappresentare Italia Lavoro in appuntamenti pubblici, la piccola ricerchina, il rapporto con gli staff aziendali, la presenza ai tavoli istituzionali, il supporto alla progettazione degli interventi, le trasferte il sabato e la domenica…
6.Con che tipo di contratto?
Ho sottoscritto sempre con l’azienda contratti di collaborazione a progetto. A giugno del 2010 ho risposto anche ad una vacancy con evidenza pubblica per un posto a tempo determinato, vincendola (il mio nome è stato pubblicato sul sito), ma il processo di stabilizzazione non si è mai avviato, a causa (loro hanno dichiarato ma mai messo per iscritto) della finanziaria che bloccava le assunzioni. Dopo mesi di silenzio mi hanno proposto un nuovo contratto a progetto e a mia domanda esplicita sul processo di stabilizzazione mi hanno risposto che non era semplicemente congelato o sospeso ma annullato. L’attuale contratto, rescisso due settimane fa, sarebbe scaduto a fine novembre e, a bacino di prelazione vigente, non rinnovato.
7.Questo lavoro era la tua unica fonte di reddito in questo momento?
Sì, purtroppo sì, soprattutto in vista del dovuto processo di stabilizzazione che mi coinvolgeva e del carico di lavoro assegnatomi mi ero riservata l’unicità della committenza. Sai, ho anche due bimbe piccole e se trascorri le intere giornate dentro un posto di lavoro tutti i giorni della settimana, come io facevo da diversi anni, come ti riservi il diritto di fare la mamma, a tempo perso? Le mie bimbe sono nate e cresciute letteralmente all’ombra di Italia lavoro (ahimè!): vi sono entrata quando syria aveva appena 5 mesi ed in pieno allattamento (che per noi precarie non esiste come diritto) le facevo saltare le poppate per lavorare e facevo per il progetto trasferte extra ue (anche domenicali), tirandomi dolorosamente il latte (buttandolo) nei posti più impensabili del mondo; fino alla sospensione per maternità di 5 mesi all’80% del salario per la nascita della piccola Ambra, che oggi ha soli 2 anni. Solo io so i danni che può fare una precaria ai propri figli quando si utilizza la superdisponibilità nella speranza di essere rinnovata o stabilizzata. Per non parlare delle spese connesse alla tua assenza, babysitter e varie. Penso di essere riuscita a prenderle a scuola rarissime volte in questi anni. Ora da disoccupata certificata farò anche fatica a farmi assegnare il posto a scuola pubblica, anzi sarà impossibile, perché secondo lo stato ho tempo per stare con le bimbe, dato che non lavoro..che follia di paese..
8.Quali altre esperienze professionali hai avuto nella tua vita? Raccontaci la tua biografia precaria?
Mamma mia, un romanzo. Cerco di farla breve, partendo dai titoli formali che ho: laurea vecchio ordinamento in orientalistica, varie specializzazioni e perfezionamenti postuniversitari (di cui uno conseguito all’estero, in Tunisia) sui temi delle migrazioni, due master di secondo livello sulla mediazione culturale e sull’educazione interculturale, dottorato di ricerca in scienze della formazione e cultorati della materia in pedagogia interculturale e sociologia dei processi formativi. Provengo, quindi, da anni di precarietà, fin da quando mi sono laureata, perché a parte i 4 anni del percorso di base universitario concluso a 23 anni, ho sempre lavorato e contemporaneamente studiato. Non ho mai conosciuto un contratto stabile, se non per pochissimo tempo in una cooperativa sociale di tipo B (in cui mi occupavo di progettazione), ma a cui ho dovuto rinunciare quando ho vinto la borsa di dottorato all’università. I settori e gli ambiti di interesse professionale che mi hanno vista coinvolta principalmente sono quello della cooperazione internazionale (con diverse esperienze all’estero), della cooperazione sociale (anni di terzo settore), della consulenza a enti locali e regioni, della formazione in tutte le salse presso enti, società, della ricerca, del precariato universitario (forse il più consistente). Ancora oggi studio, scrivo e pubblico con la speranza di provare i concorsi per ricercatrice universitaria…altra battaglia persa.
9.Quante persone lavorano per la stessa azienda?
Non saprei dirvi il numero preciso, bisognerebbe chiederlo ai sindacati interni che hanno accesso ai dati di flusso trimestrali, ma circa 1000 in tutto il territorio italiano
10.Con quali condizioni contrattuali?
Il rapporto tra dipendenti e collaboratori dovrebbe essere all’incirca 400 su più di 600. ultimamente ho visto pubblicate tante nuove vacancies sul sito…chissà
11.Nella tua situazione ci sono anche altri lavoratori?
Sì anche se anche in questo caso è complicato fornirvi dati precisi perché la situazione è ancora in evoluzione: siamo circa a 20 ‘licenziati’, anzi rescissi unilateralmente perché avevano fatto la lettera del collegato lavoro, più una decina non rinnovati alla scadenza perché avevano fatto la lettera imposta dal collegato lavoro; ce ne sono poi altri, a tempo determinato, che hanno fatto la lettera ma che l’azienda ha chiamato a contrattazione individuale, proponendo 24/36 mesi di contratto a tempo determinato (non tutti i lavoratori hanno accettato le proposte, quindi qualcuno è dentro, qualcuno è fuori); ci sono poi i tempi determinati scaduti nel 2010 (noi siamo in contatto con circa 10 di loro) che non sono stati rinnovati. Poi ci sono tutti i collaboratori a progetto che hanno maturato i 36 mesi di contratto come tetto massimo imposto dal regolamento interno varato nel 2008 e che sono in scadenza entro fine anno: sono più di 300.
12.Qual è l’età media dei lavoratori?
Dei ‘silurati’, credo più di 35 anni, semplicemente perché siamo invecchiati lì dentro con anzianità che vanno da 5 a 11 anni di lavoro precario
13.Avete reso pubblico quello che è accaduto? Attraverso quali mezzi di comunicazione?
Assolutamente sì. Siamo riusciti ad uscire attraverso racconti, lettere e comunicati su vari giornali, cartacei e online, su siti, alla radio, su la 7, su tv locali e continueremo la nostra azione mediatica. Diciamo che ciò che ha suscitato l’interesse dei media, oltre all’assurdo di un’agenzia ministeriale che si occupa di politiche attive che licenzia, è il fatto che tra di noi rescissi ci sono una donna al sesto mese di gravidanza ed un uomo in piena riabilitazione dopo un’operazione di tumore. Ognuno ha la propria storia soggettiva da far valere ma questi due casi in particolare hanno suscitato maggiore interesse.
14.Avete intrapreso delle azioni legali contro l’azienda?
Ci sono lavoratori e lavoratrici già in causa ed altri che si stanno rivolgendo in questi giorni ad uffici vertenze e studi legali. Comunque sì, credo proprio tutti stiano intraprendendo azioni legali. Ci hanno sconsigliato l’azione legale collettiva, che pure avevamo pensato, perché non percorribile, data la diversità dei casi e delle situazioni
15.Vi siete costituiti in un comitato?
Non si tratta proprio di un comitato, ma stiamo agendo come corpo collettivo. Ci siamo organizzati attraverso una mailing list e un blog. Stiamo pensando anche ad un logo che unifichi la nostra protesta e la renda simbolicamente riconoscibile
16.Avete programmato delle proteste o dei momenti di comunicazione sociale della vicenda?
Il primo si svolgerà proprio sotto la sede centrale di Italia Lavoro. Una mattinata di denuncia e di informazione e di richiesta di apertura di un tavolo con i sindacati interni in cui si risponda dell’illegittimità del licenziamento e del reintegro immediato dei lavoratori. Ma abbiamo intenzione di praticare forme di protesta diffuse e di continuare a denunciare l’accaduto e l’operato generale dell’azienda in vari luoghi e nelle situazioni pubbliche idonee. Siamo in contatto con altri precari di agenzie simili alla nostra che spero si coordineranno anche con noi.
17.Se si? Quando?
Giovedì 28 a roma a partire dalle 8 del mattino sotto la sede di Italia lavoro in via guidubaldo del monte
ARTICOLI:
Noi, precari licenziati da “Italia Lavoro”
http://temi.repubblica.it/micromega-online/noi-precari-licenziati-da-italia-lavoro/
micromega.it – 14 aprile 2011
Siamo circa 30. Ma il numero potrebbe anche aumentare. Avendoci Italia Lavoro, agenzia tecnica del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, licenziato tramite raccomandata a casa, non abbiamo più diritto ad entrare in quello che è stato per 5, 6, 7, 8, 10 anni il nostro posto di lavoro e di accedere alle email aziendali che tutti noi individualmente possedevamo.
E’ complicato, quindi, rintracciare chi è stato ‘silurato’ in questi giorni dall’azienda, interamente partecipata dallo Stato, che ha sede centrale a Roma, ma che vanta unità territoriali in tutto il territorio italiano.
Non ci è più possibile varcare quel tornello che tutti i giorni dovevamo attraversare con il ‘badge’. Non ci è più possibile perché siamo diventati un corpo estraneo, espulso, che ha minato il rapporto fiduciario con l’azienda, semplicemente esercitando un diritto sul posto di lavoro.
Qual è il fatto? E’ noto che il Collegato Lavoro (L.183/2010) imponeva di fatto ai lavoratori con contratti a termine scaduti entro il 24 novembre 2010 di inviare una raccomandata al proprio ente di riferimento per mettere a tutela eventuali rivendicazioni, pena la perdita dei diritti pregressi.
La voluta ambiguità del termine ‘contratti a termine’ ha indotto decine di lavoratori di Italia Lavoro, sia co.co.pro di lunga durata, che con contratti a tempo determinato, ad inviare la lettera.
Ci aspettavamo una reazione da parte dell’azienda, credevamo che ricevendo decine di richieste si ponesse il problema di come gestire e governare speranze, aspettative, certezze di processi di stabilizzazione.
Non l’abbiamo fatto senza paura, ma certi di porre il problema di centinaia di lavoratori che da anni (anche da un decennio, per alcuni di noi) fanno funzionare la macchina delle politiche attive, della riqualificazione e del reinserimento di soggetti fragili nel mercato del lavoro, in costante relazione con i soggetti che ne sono territorialmente competenti.
Molti di noi gestivano e coordinavano linee di progetto, costituivano snodi relazionali significativi, a volte strategici, per l’azienda e per l’implementazione dei programmi, restituendo in questi anni credibilità alle azioni di Italia Lavoro, attraverso le competenze, la motivazione e la passione messe a disposizione e anche la disponibilità tipica dei lavoratori precari ricattati dal rinnovo del contratto.
Per le Regioni, le Province, le donne e gli uomini ‘ammortizzati’, i disoccupati, gli immigrati, i diversamente abili, gli ex detenuti, non eravamo ‘un problema di risorse umane’, ma la concretezza delle azioni rispetto all’astrattezza delle ‘politiche’.
Sì perché anche noi siamo donne e uomini, mamme e padri, lavoratori e lavoratrici super titolati, donne incinte, immigrati, malati, precari. Ora drammaticamente disoccupati. E purtroppo neanche over50. Paradossalmente, senza misure, senza sostegni, senza incentivi.
Tra noi ci sono i licenziati in tronco con rescissione del contratto in essere perché hanno inviato le lettere del collegato lavoro, quelli che non sono stati rinnovati perché hanno inviato le lettere del collegato lavoro, quelli che non sono stati rinnovati e basta per le politiche dei tagli e dei blocchi di assunzioni. Ma in azienda rimangono ancora a lavorare quelli che hanno inviato le lettere ma che sono stati chiamati a negoziare la loro posizione.
Come anche i circa 500 collaboratori cui scadranno i 36 mesi di contratto entro fine anno e che per un regolamento interno varato nel 2008 in seguito al decreto Brunetta dovranno andare via. Le decine di nuovi precari che stanno entrando in questi mesi e giorni con il sistema delle vacancies con evidenza pubblica, anche a sostituire noi, non avranno vita più lunga dei 36 mesi. A meno che qualche fortunato non goda di qualche deroga al regolamento e al blocco delle assunzioni.
E allora anche quel know how new entry pieno di disponibilità e di speranze sarà razionalizzato da una cultura organizzativa miope ed inesistente. Un ultimo pensiero anche ai nostri colleghi dipendenti, che nonostante siano ‘garantiti’ (ancora per quanto?) dal ‘posto fisso’, fanno i conti quotidianamente con una struttura che si muove nell’ambiguità del privato parastatale e del pubblico privatistico, esprimendo il peggio di entrambi.
I prossimi giorni ci vedranno impegnati nella costruzione di una mobilitazione pubblica e di forme di protesta diffuse.
Le lavoratrici e i lavoratori licenziati da Italia Lavoro
Licenziati da Sacconi, è rivolta tra i precari
di Antonio Sciotto, il manifesto, 14 aprile 2011
http://temi.repubblica.it/micromega-online/licenziati-da-sacconi-e-rivolta-tra-i-precari/?printpage=undefined
A Italia Lavoro, l’agenzia del ministero del Welfare dedicata al collocamento, ormai hanno smarrito del tutto la propria mission: l’ufficio del personale non sente ragioni, e in questi giorni è impegnato a inviare lettere di licenziamento a raffica. Senza pietà e senza guardare in faccia nessuno: tra gli altri, hanno ricevuto la comunicazione di «rescissione» anticipata del contratto anche una lavoratrice in gravidanza di sei mesi, e un suo collega che ha subito qualche mese fa una delicata operazione al cervello ed è in fase di riabilitazione. Tutti contrattisti a progetto, come abbiamo già raccontato la settimana scorsa, tanti di loro anche da 5-10 anni.
I collaboratori a progetto di Italia Lavoro sono 500 (a fronte di 400 dipendenti) ma sono tutti in scadenza quest’anno, e il regolamento dell’agenzia, recepito da un accordo siglato dalle sole Cisl e Uil, vieta il rinnovo dopo 36 mesi di contratti. Cisl e Uil oggi starebbero chiedendo la revisione della norma sui 36 mesi, ma allo stato attuale, entro fine 2011 tutti giù per terra. Per ora si è cominciato con la rescissione di quei collaboratori che hanno inviato a gennaio una lettera cautelativa rispetto al proprio pregresso, così come disposto dal Collegato lavoro (legge concepita dal ministro cui fa capo Italia Lavoro, Maurizio Sacconi).
La mission di questa benedetta agenzia è quella di attuare politiche nel mercato del lavoro, in particolare per collocare le categorie considerate «svantaggiate»: disabili, over 50, donne. Si potrà capire lo stupore di Katia Scannavini, 36 anni e incinta di 6 mesi, dal 2006 collaboratrice di Italia Lavoro, quando sabato scorso – proprio la mattina in cui si stava preparando per partecipare alla manifestazione dei precari – ha ricevuto la lettera di licenziamento. «Della gravidanza avevo informato fin dal primo mese il mio capo progetto, e poi in marzo avevo inviato una mail in cui dichiaravo l’intenzione di mettermi in maternità dall’ottavo mese. Mai ricevuto risposta: forse già preparavano questa lettera che mi dà il benservito. Nè il direttore delle risorse umane mi ha mai convocato per un colloquio personale, così come non ha fatto con i miei colleghi, e in particolare con uno di loro, che ha subito una delicata operazione in ottobre».
Una macchina di «disumanità», insomma, perfettamente rodata. Tra l’altro Katia è specializzatissima: master e dottorato sui temi dell’immigrazione, dal 2006 ha formato gli operatori dei centri per l’impiego e perfino i dipendenti interni di Italia Lavoro, ma rimanendo sempre e rigorosamente a progetto. «E dire che avevo la mia postazione in agenzia e il numero fisso; i primi anni mi controllavano gli orari di entrata e uscita, negli ultimi dovevo comunicare le mie assenze. Come una dipendente. Una volta mi hanno anche inserito in un ordine di servizio: anomalo per un collaboratore che non dovrebbe neanche comparire».
Tra l’altro corre voce che il ministero del Welfare abbia l’idea di integrare sempre più, fino magari a fonderli, Italia Lavoro e l’Isfol (350 dipendenti fissi), l’istituto di ricerca sui temi del lavoro: così il timore è che i 500 collaboratori di Italia Lavoro, essendo facilmente licenziabili, potranno fare spazio ai 270 tempi determinati dell’Isfol, in scadenza nel 2013. «Per ora solo illazioni, ma nei due istituti c’è tensione – dice Enrico Mari, Usb Isfol – Ad esempio all’Isfol non sappiamo che fine faranno questi 270 precari: avrebbero diritto alla stabilizzazione, alcuni lavorano ininterrottamente da 15-16 anni».
Intanto, come ci conferma Roberto D’Andrea del Nidil Cgil, «mentre aumentano le lettere di licenziamento scritte da Italia Lavoro ai precari, così aumentano le persone che si rivolgono al nostro ufficio vertenze: e le cause, ovviamente accanto alla mobilitazione sindacale, sono dietro l’angolo».
Noi, precari licenziati da “Italia Lavoro”
(14 aprile 2011)
Italia Lavoro Spa rescinde contratto a progetto al sesto mese di gravidanza
Lettera di Katia Scannavini licenziata al sesto mese di gravidanza
Italia Lavoro Spa, Agenzia tecnica del Ministero del Lavoro, ha deciso di inviarmi una lettera di fine collaborazione sebbene io sia al sesto mese di gravidanza e abbia lavorato con l’Azienda sin dal 2006.
Per motivare tale decisione, il responsabile delle Risorse Umane – il Dott. Danilo Mattoccia – si appella al fatto che a gennaio ho inviato all’Azienda una lettera per tutelare la mia situazione precaria, così come previsto dal collegato al lavoro. Ebbene, proprio a fronte di tale richiesta, l’Agenzia tecnica del Ministero del lavoro in tutta risposta si dichiara nell’impossibilità di proseguire il rapporto contrattuale. Una decisione che è piovuta sulle teste anche di tanti altri collaboratori a progetto.
Italia Lavoro nasce avendo come missione quella di attuare le politiche attive nel Mercato del Lavoro italiano e in modo particolare per salvaguardare le categorie svantaggiate, quali le donne, i giovani laureati i diversamente abili, gli over 50. Nonostante questo ha comunque deciso di non tutelare la condizione vulnerabile di una donna al sesto mese di gravidanza e ha quindi interrotto la collaborazione.
Mi chiedo dove sono finiti i diritti e il rispetto dovuto alle donne lavoratrici. Mi domando come si possa ancora parlare in Italia di tutela della famiglia.
Ho 36 anni: sono laureata, ho un master e ho conseguito un Dottorato di Ricerca, ho perfezionato la conoscenza della lingua inglese vivendo all’estero e ho sempre lavorato con impegno e dedizione. Tuttavia la mia condizione oggi è ancora quella di una precaria senza tutele e senza diritti. Una donna che sebbene viva in una condizione di perenne incertezza decide di formare una famiglia.
La risposta del mondo del lavoro italiano è arrivata per mezzo dell’Agenzia del Ministero del Lavoro, che di fatto ha sancito come in Italia non ci sia posto per le donne lavoratrici. Ha evidenziato come non esista più un’etica del lavoro e la salvaguardia di diritti faticosamente conquistati nel corso degli anni da migliaia di uomini e di donne che hanno lottato per la giustizia e per il riconoscimento del lavoro come valore portante del nostro Paese.
Mi chiedo chi oggi può rimanere indifferente a un tale avvenimento, chi possa ancora alzare le spalle e continuare a ritenere che ognuno debba fare fronte alle proprie situazioni individuali, venendo meno all’unica vera possibilità che si può avere per rimanere persone libere: il riconoscimento di una solidarietà che travalichi l’opportunismo del singolo e che consenta di riappropriarsi della propria dignità.
Io non mi fermerò ad aspettare risposte che mai arriveranno e per questo ho intenzione di rendere il mio caso pubblico, nella consapevolezza di volere rappresentare tutte quelle donne che oggi si sentono offese nella propria dignità e nei propri diritti e nella speranza, inoltre, di potere rappresentare anche tutti quegli uomini che si sentono distanti e lontani dalla distorsione del nostro vivere sociale.
La mia sarà una bimba, che mi auguro abbia un futuro migliore rispetto a tutte le donne che oggi lottano contro una costante e mal celata discriminazione.
Sperando di ricevere vostre cortesi indicazioni e/o suggerimenti per coinvolgimento media
Katia Scannavini
katia.scannavini@gmail.com
Lettera di un precario licenziato da Italia lavoro pubblicato sul Manifesto del 16 aprile
link : http://www.legroma.osservatoriodeilaici.com/wpress_it_IT_292XXL/wp-content/uploads/2011/04/Manifesto16_04_2011.pdf
Risposta di Luca Telese in Diritto di replica da il Fatto 16 Aprile 2011
http://www.legroma.osservatoriodeilaici.com/wpress_it_IT_292XXL/wp-content/uploads/2011/04/ilfatto16_04_2011_Katia.pdf
Primo articolo
Link: http://temi.repubblica.it/micromega-online/noi-precari-licenziati-da-italia-lavoro/
Noi, precari licenziati da “Italia Lavoro”
micromega.it – 14 aprile 2011
Siamo circa 30. Ma il numero potrebbe anche aumentare. Avendoci Italia Lavoro, agenzia tecnica del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, licenziato tramite raccomandata a casa, non abbiamo più diritto ad entrare in quello che è stato per 5, 6, 7, 8, 10 anni il nostro posto di lavoro e di accedere alle email aziendali che tutti noi individualmente possedevamo.
E’ complicato, quindi, rintracciare chi è stato ‘silurato’ in questi giorni dall’azienda, interamente partecipata dallo Stato, che ha sede centrale a Roma, ma che vanta unità territoriali in tutto il territorio italiano.
Non ci è più possibile varcare quel tornello che tutti i giorni dovevamo attraversare con il ‘badge’. Non ci è più possibile perché siamo diventati un corpo estraneo, espulso, che ha minato il rapporto fiduciario con l’azienda, semplicemente esercitando un diritto sul posto di lavoro.
Qual è il fatto? E’ noto che il Collegato Lavoro (L.183/2010) imponeva di fatto ai lavoratori con contratti a termine scaduti entro il 24 novembre 2010 di inviare una raccomandata al proprio ente di riferimento per mettere a tutela eventuali rivendicazioni, pena la perdita dei diritti pregressi.
La voluta ambiguità del termine ‘contratti a termine’ ha indotto decine di lavoratori di Italia Lavoro, sia co.co.pro di lunga durata, che con contratti a tempo determinato, ad inviare la lettera.
Ci aspettavamo una reazione da parte dell’azienda, credevamo che ricevendo decine di richieste si ponesse il problema di come gestire e governare speranze, aspettative, certezze di processi di stabilizzazione.
Non l’abbiamo fatto senza paura, ma certi di porre il problema di centinaia di lavoratori che da anni (anche da un decennio, per alcuni di noi) fanno funzionare la macchina delle politiche attive, della riqualificazione e del reinserimento di soggetti fragili nel mercato del lavoro, in costante relazione con i soggetti che ne sono territorialmente competenti.
Molti di noi gestivano e coordinavano linee di progetto, costituivano snodi relazionali significativi, a volte strategici, per l’azienda e per l’implementazione dei programmi, restituendo in questi anni credibilità alle azioni di Italia Lavoro, attraverso le competenze, la motivazione e la passione messe a disposizione e anche la disponibilità tipica dei lavoratori precari ricattati dal rinnovo del contratto.
Per le Regioni, le Province, le donne e gli uomini ‘ammortizzati’, i disoccupati, gli immigrati, i diversamente abili, gli ex detenuti, non eravamo ‘un problema di risorse umane’, ma la concretezza delle azioni rispetto all’astrattezza delle ‘politiche’.
Sì perché anche noi siamo donne e uomini, mamme e padri, lavoratori e lavoratrici super titolati, donne incinte, immigrati, malati, precari. Ora drammaticamente disoccupati. E purtroppo neanche over50. Paradossalmente, senza misure, senza sostegni, senza incentivi.
Tra noi ci sono i licenziati in tronco con rescissione del contratto in essere perché hanno inviato le lettere del collegato lavoro, quelli che non sono stati rinnovati perché hanno inviato le lettere del collegato lavoro, quelli che non sono stati rinnovati e basta per le politiche dei tagli e dei blocchi di assunzioni. Ma in azienda rimangono ancora a lavorare quelli che hanno inviato le lettere ma che sono stati chiamati a negoziare la loro posizione.
Come anche i circa 500 collaboratori cui scadranno i 36 mesi di contratto entro fine anno e che per un regolamento interno varato nel 2008 in seguito al decreto Brunetta dovranno andare via. Le decine di nuovi precari che stanno entrando in questi mesi e giorni con il sistema delle vacancies con evidenza pubblica, anche a sostituire noi, non avranno vita più lunga dei 36 mesi. A meno che qualche fortunato non goda di qualche deroga al regolamento e al blocco delle assunzioni.
E allora anche quel know how new entry pieno di disponibilità e di speranze sarà razionalizzato da una cultura organizzativa miope ed inesistente. Un ultimo pensiero anche ai nostri colleghi dipendenti, che nonostante siano ‘garantiti’ (ancora per quanto?) dal ‘posto fisso’, fanno i conti quotidianamente con una struttura che si muove nell’ambiguità del privato parastatale e del pubblico privatistico, esprimendo il peggio di entrambi.
I prossimi giorni ci vedranno impegnati nella costruzione di una mobilitazione pubblica e di forme di protesta diffuse.
Le lavoratrici e i lavoratori licenziati da Italia Lavoro
Secondo articolo
Licenziati da Sacconi, è rivolta tra i precari
di Antonio Sciotto, il manifesto, 14 aprile 2011
A Italia Lavoro, l’agenzia del ministero del Welfare dedicata al collocamento, ormai hanno smarrito del tutto la propria mission: l’ufficio del personale non sente ragioni, e in questi giorni è impegnato a inviare lettere di licenziamento a raffica. Senza pietà e senza guardare in faccia nessuno: tra gli altri, hanno ricevuto la comunicazione di «rescissione» anticipata del contratto anche una lavoratrice in gravidanza di sei mesi, e un suo collega che ha subito qualche mese fa una delicata operazione al cervello ed è in fase di riabilitazione. Tutti contrattisti a progetto, come abbiamo già raccontato la settimana scorsa, tanti di loro anche da 5-10 anni.
I collaboratori a progetto di Italia Lavoro sono 500 (a fronte di 400 dipendenti) ma sono tutti in scadenza quest’anno, e il regolamento dell’agenzia, recepito da un accordo siglato dalle sole Cisl e Uil, vieta il rinnovo dopo 36 mesi di contratti. Cisl e Uil oggi starebbero chiedendo la revisione della norma sui 36 mesi, ma allo stato attuale, entro fine 2011 tutti giù per terra. Per ora si è cominciato con la rescissione di quei collaboratori che hanno inviato a gennaio una lettera cautelativa rispetto al proprio pregresso, così come disposto dal Collegato lavoro (legge concepita dal ministro cui fa capo Italia Lavoro, Maurizio Sacconi).
La mission di questa benedetta agenzia è quella di attuare politiche nel mercato del lavoro, in particolare per collocare le categorie considerate «svantaggiate»: disabili, over 50, donne. Si potrà capire lo stupore di Katia Scannavini, 36 anni e incinta di 6 mesi, dal 2006 collaboratrice di Italia Lavoro, quando sabato scorso – proprio la mattina in cui si stava preparando per partecipare alla manifestazione dei precari – ha ricevuto la lettera di licenziamento. «Della gravidanza avevo informato fin dal primo mese il mio capo progetto, e poi in marzo avevo inviato una mail in cui dichiaravo l’intenzione di mettermi in maternità dall’ottavo mese. Mai ricevuto risposta: forse già preparavano questa lettera che mi dà il benservito. Nè il direttore delle risorse umane mi ha mai convocato per un colloquio personale, così come non ha fatto con i miei colleghi, e in particolare con uno di loro, che ha subito una delicata operazione in ottobre».
Una macchina di «disumanità», insomma, perfettamente rodata. Tra l’altro Katia è specializzatissima: master e dottorato sui temi dell’immigrazione, dal 2006 ha formato gli operatori dei centri per l’impiego e perfino i dipendenti interni di Italia Lavoro, ma rimanendo sempre e rigorosamente a progetto. «E dire che avevo la mia postazione in agenzia e il numero fisso; i primi anni mi controllavano gli orari di entrata e uscita, negli ultimi dovevo comunicare le mie assenze. Come una dipendente. Una volta mi hanno anche inserito in un ordine di servizio: anomalo per un collaboratore che non dovrebbe neanche comparire».
Tra l’altro corre voce che il ministero del Welfare abbia l’idea di integrare sempre più, fino magari a fonderli, Italia Lavoro e l’Isfol (350 dipendenti fissi), l’istituto di ricerca sui temi del lavoro: così il timore è che i 500 collaboratori di Italia Lavoro, essendo facilmente licenziabili, potranno fare spazio ai 270 tempi determinati dell’Isfol, in scadenza nel 2013. «Per ora solo illazioni, ma nei due istituti c’è tensione – dice Enrico Mari, Usb Isfol – Ad esempio all’Isfol non sappiamo che fine faranno questi 270 precari: avrebbero diritto alla stabilizzazione, alcuni lavorano ininterrottamente da 15-16 anni».
Intanto, come ci conferma Roberto D’Andrea del Nidil Cgil, «mentre aumentano le lettere di licenziamento scritte da Italia Lavoro ai precari, così aumentano le persone che si rivolgono al nostro ufficio vertenze: e le cause, ovviamente accanto alla mobilitazione sindacale, sono dietro l’angolo».
Noi, precari licenziati da “Italia Lavoro”
(14 aprile 2011)
Terzo articolo
Lettera di Katia Scannavini licenziata al sesto mese di gravidanza
Italia Lavoro Spa rescinde contratto a progetto al sesto mese di gravidanza
Italia Lavoro Spa, Agenzia tecnica del Ministero del Lavoro, ha deciso di inviarmi una lettera di fine collaborazione sebbene io sia al sesto mese di gravidanza e abbia lavorato con l’Azienda sin dal 2006.
Per motivare tale decisione, il responsabile delle Risorse Umane – il Dott. Danilo Mattoccia – si appella al fatto che a gennaio ho inviato all’Azienda una lettera per tutelare la mia situazione precaria, così come previsto dal collegato al lavoro. Ebbene, proprio a fronte di tale richiesta, l’Agenzia tecnica del Ministero del lavoro in tutta risposta si dichiara nell’impossibilità di proseguire il rapporto contrattuale. Una decisione che è piovuta sulle teste anche di tanti altri collaboratori a progetto.
Italia Lavoro nasce avendo come missione quella di attuare le politiche attive nel Mercato del Lavoro italiano e in modo particolare per salvaguardare le categorie svantaggiate, quali le donne, i giovani laureati i diversamente abili, gli over 50. Nonostante questo ha comunque deciso di non tutelare la condizione vulnerabile di una donna al sesto mese di gravidanza e ha quindi interrotto la collaborazione.
Mi chiedo dove sono finiti i diritti e il rispetto dovuto alle donne lavoratrici. Mi domando come si possa ancora parlare in Italia di tutela della famiglia.
Ho 36 anni: sono laureata, ho un master e ho conseguito un Dottorato di Ricerca, ho perfezionato la conoscenza della lingua inglese vivendo all’estero e ho sempre lavorato con impegno e dedizione. Tuttavia la mia condizione oggi è ancora quella di una precaria senza tutele e senza diritti. Una donna che sebbene viva in una condizione di perenne incertezza decide di formare una famiglia.
La risposta del mondo del lavoro italiano è arrivata per mezzo dell’Agenzia del Ministero del Lavoro, che di fatto ha sancito come in Italia non ci sia posto per le donne lavoratrici. Ha evidenziato come non esista più un’etica del lavoro e la salvaguardia di diritti faticosamente conquistati nel corso degli anni da migliaia di uomini e di donne che hanno lottato per la giustizia e per il riconoscimento del lavoro come valore portante del nostro Paese.
Mi chiedo chi oggi può rimanere indifferente a un tale avvenimento, chi possa ancora alzare le spalle e continuare a ritenere che ognuno debba fare fronte alle proprie situazioni individuali, venendo meno all’unica vera possibilità che si può avere per rimanere persone libere: il riconoscimento di una solidarietà che travalichi l’opportunismo del singolo e che consenta di riappropriarsi della propria dignità.
Io non mi fermerò ad aspettare risposte che mai arriveranno e per questo ho intenzione di rendere il mio caso pubblico, nella consapevolezza di volere rappresentare tutte quelle donne che oggi si sentono offese nella propria dignità e nei propri diritti e nella speranza, inoltre, di potere rappresentare anche tutti quegli uomini che si sentono distanti e lontani dalla distorsione del nostro vivere sociale.
La mia sarà una bimba, che mi auguro abbia un futuro migliore rispetto a tutte le donne che oggi lottano contro una costante e mal celata discriminazione.
Sperando di ricevere vostre cortesi indicazioni e/o suggerimenti per coinvolgimento media
Katia Scannavini
quarto articolo
lettera di un precario licenziato da Italia lavoro pubblicato sul Manifesto del 16 aprile
quinto articolo: Risposta di Luca Telese in Diritto di replica da il Fatto 16 Aprile 2011
http://www.legroma.osservatoriodeilaici.com/wpress_it_IT_292XXL/wp-content/uploads/2011/04/ilfatto16_04_2011_Katia.pdf