(leggi anche: i principali punti del pacchetto sicurezza)
La norma è legge
Da oggi siamo tutti più insicuri
Entrerà in vigore il quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. E’ il pacchetto sicurezza che, in questo anno di tempo che lo divide dalla sua presentazione, ha fatto tanto discutere.
Era il maggio 2008 quanto il nuovo Governo, appena insediato, presentava un pacchetto di provvedimenti, il pacchetto sicurezza appunto, composto da un decreto legge, in vigore fin da subito – contenente l’aggravante di reato se commesso da irregolari – tre decreti legislativi, rispettivamente su ricongiungimenti, asilo e cittadini comunitari, di cui il terzo ritirato dopo le pressioni europee, ed un disegno di legge, il 733, oggi votato definitivamente al Senato.
L’iter del provvedimento non è stato certo senza intoppi e battute d’arresto.
Durante la prima votazione al Senato la bocciatura di ronde e prolungamento della detenzione nei Cie fino a 18 mesi. Poi, le polemiche seguite alla previsione della cancellazione del divieto di segnalazione (art 35 TU) da parte del personale medico sanitario per i cittadini stranieri non in possesso del permesso di soggiorno, mentre a catena, emergevano via via tutte le crudeltà neppure troppo nascoste tra le pieghe del testo in discussione.
Su tutte, il vero volano del provvedimento, l’introduzione del reato di ingresso e soggiorno irregolare.
La sanzione prevista rimane pecuniaria e va da 5.000 a 10.000 euro, ma ciò che è più grave è proprio l’essenza stessa del punto in questione. Entrare irregolarmente in uno stato è espressione di una condizione individuale, soggettiva, quella di essere migranti e non rappresenta un atto lesivo di beni meritevoli di tutela penale, come sottolineato in un appello sottoscritto da moltissimi giuristi. Inoltre, l’introduzione del reato, combinata ad altre norme, rivela quanto sia spietato nel complesso il pacchetto sicurezza proprio imponendo in moltissimi casi la segnalazione, la denuncia della presenza irregolare nel territorio. Delazione diffusa e governo attraverso la minaccia.
E’ così per esempio per l’istruzione scolastica che, nonostante vi sia una deroga alla richiesta del permesso di soggiorno per iscrivere i figli a scuola, potrebbe comportare l’impossibilità, per uno studente divenuto maggiorenne, di portare a termine gli studi sostenendo gli esami finali e contemporaneamente obbligare il preside a denunciare lo studente privo di permesso.
Inoltre, la modifica all’articolo 6 del TU sull’immigrazione, che introduce la richiesta del permesso di soggiorno per ogni atto di stato civile, rende generalizzata la possibilità di denuncia oltre ad inibire alcuni tra gli atti che hanno più strettamente a che vedere con i diritti della persona e dei minori, come la registrazione delle nascite (per chi è privo di passaporto) o la registrazione dei decessi, ma anche l’emersione dal lavoro nero, proprio in quei settori in cui poggia per la quasi totalità sullo sfruttamento di manodopera “irregolare”, sottoponendo al rischio di denuncia i testimoni se privi di permesso di soggiorno.
Se fino ad oggi le pratiche di pensiero più avanzate ed attente al teme delle migrazioni ci hanno aiutato a leggere il presente attraverso il paradigma dell’utilità del lavoro migrante, in termini di sfruttamento e subordinazione, oggi, dento la crisi globale, la nuova cifra della nostra epoca, il pacchetto sicurezza sembra consegnarci una angolo di visuale notevolmente più complesso. E’ il governo dell’esubero, fino in fondo il governo della vita, del lavoro e del non lavoro il nuovo baricentro della normativa sull’immigrazione.
Il passaggio alla Camera, anticipato da una nuova bocciature delle ronde e del prolungamento, questa volta fino a sei mesi, dei tempi di detenzione, che il Ministro Maroni aveva inserito in un decreto legge (quello denominato anti-stupri), è stato poi un terreno di misurazione dei rapporti di forza tutto interno alla maggiornaza. Allora, via la norma sui medici-spia, grazie alle pressioni del presidente della Camera Fini e di una lettera sottoscritta da oltre 100 parlamentari del Pdl, in cambio della reintroduzione ancora delle ronde e del prolungamento dei tempi di detenzione, poi, in cambio del voto di fiducia, la deroga prevista per l’iscrizione scolastica. Oggi ci troviamo davanti all’approvazione finale, in ogni caso, di un provvediemnto che ci riporta ad un medioevo dei diritti, una soluzione normativa che non solo attacca i diritti dei migranti, con uno stigma ufficiale impresso sui loro corpi, ma rende meno sicuri noi tutti.
La lotta alla “clandestinità” è il leito motiv dominante, retorica utile a legittimare tanta crudeltà. Ma la realtà è ben diversa. Non solo agli irregolari vengono inibiti una complessità di diritti che nulla hanno a che vedere con la sicurezza, ma la tassa di 200 euro per i rilasci ed i rinnovi dei permessi di soggiorno, le nuove difficoltà previste per ottenere la cittadinanza, le ulteriori restrizioni ai ricongiungimenti, l’introduzione di norme che se applicate provocherebbero una insostenibile emergenza sociale per quanto riguarda il tema della casa e dell’iscrizione anagrafica, con conseguenze drammatiche a catena su una serie infinita di diritti, insieme alla previsione di un test di lingua a cui è subordinato l’ottenimento del permesso di lungo periodo e all’introduzione del permesso di soggiorno a punti, testimoniano come siano anche e soprattutto i cittadini stranieri regolari ad essere colpiti dal pacchetto sicurezza. Per loro, oltre ad una preoccupante stretta sui diritti, anche la minaccia della crisi e della perdita del permesso di soggiorno. Un vortice assolutamente pericoloso. Per migranti e non.
Uno scenario, quello che si prefigura, che si inserisce in un quadro già pesantemente restrittivo e complesso. La legge sull’immigrazione già attualmente in vigore è in primo luogo spettacolo, produzione di immaginario, costruzione di senso, non per questo meno violenta di altre. Ma è anche e soprattutto un terreno di negoziazione, dove ciò che la legge dovrebbe garantire è sottoposto ad una continua contesa e deve essere permanentemente conquistato nel rapporto con l’amministrazione, con i vari servizi coinvolti, fa i conti con prassi disomogenne e restrittive che ogni giorno ricordano ai migranti la loro posizione subordibnata nella scala graduale della cittadinanza.
Allora forse, davanti a tanta barbarie, si è concluso il tempo di chi “accetta” l’immigrazione perchè utile al mercato del lavoro, è finito il terreno di discussione sulla ricchezza della società multietnica, si eclissa la possibilità di opporsi a questi dispositivi deliranti con approci solidaristici o attraverso le lenti dell’anti-razzismo così come fino ad oggi è stato inteso.
Oggi scopriamo che dietro a tanti lavoratori ci sono sogni, desideri e progetti di vita che, né la crisi, né il pacchetto sicurezza, sono in grado pienamente di piegare, scopriamo che la società multietnica è fino in fondo scontro, terreno di contesa, scenario in cui si esercitano, in maniera irruenta, rapporti di forza che coinvolgono noi tutti. E scopriremo, forse, insieme, migranti e non, che è ora di prender parte, di assumere l’attualità dello scontro in atto per dare corpo ad un nuovo modo di schierarsi in questo scenario di violenza che ci viene imposto.
Se sarà il medioevo dei diritti e della dignità, oppure una società diversa il nostro futuro, dipende solo ed esclusivamente da noi.
Nicola Grigion, Progetto Melting Pot Europa
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