Un interessante articolo sulla questione depuratori in Campania, per fare chiarezza sul motivo per cui in questi caldissimi giorni estivi siamo privati del nostro mare…
fonte: http://www.agoravox.it/Chi-e-come-gestisce-i-depuratori.html leggi anche i commenti all’articolo postati su napoli.indymedia
Una catena di S.Antonio che vede protagonisti cittadini, comuni, Regione e Hydrogest alla base dei disastri ecologici causati dai depuratori campani.
Non si fermano le polemiche relative al disastro ambientale che si è consumato nei giorni scorsi sul litorale Flegreo-Domitio, in seguito al mancato funzionamento del depuratore di Cuma, causato da uno sciopero dei dipendenti della Hydrogest, la ditta che gestisce l’impianto,che non vengono pagati dal mese di aprile.
Il polverone è stato scatenato dal sindaco di monte di Procida che ha vietato la balneazione su tutta la fascia costiera comunale e ha convocato un Consiglio Comunale monotematico proprio per riflettere sulla situazione, invitando anche i rappresentati degli altri comuni coinvolti.
La domanda sorge spontanea, è mai possibile che nella nostra Regione si prendano provvedimenti solo quando ormai la tragedia si è consumata? Come mai le istituzioni, ma anche la stampa, regionale e non, solo ora si ricordano che dei cinque depuratori della Campania nessuno funziona a pieno regime?
Eppure le segnalazioni c’erano state, da parte di numerose associazioni cittadine e anche da parte nostra. Il problema è sotto gli occhi di tutti da tempo, sono trenta anni che il depuratore di Cuma non funziona correttamente (in realtà non ha mai funzionato) perché necessita di un forte intervento di ristrutturazione, sono almeno otto anni poi che questi lavori, affidati dalla Regione alla Hydrogest non vengono nemmeno cominciati. Intanto, in tutti questi anni a farne le spese sono stati l’ambiente e i cittadini. L’ambiente, perché basta fare un giro su quel litorale per vedere le condizioni del mare, ma anche dell’aria, che è irrespirabile; i cittadini perché sono costretti da anni a vivere in un territorio malsano, costretti a respirare aria puzzolente, a non poter fare il bagno nel loro mare, a fare i conti con scarichi abusivi di rifiuti tossici che avvelenano la loro terra.
Di chi è allora la colpa? Perché non vengono mai puniti i responsabili?
Per cercare i responsabili è necessario prima chiarire come funzionano i depuratori dal punto di vista amministrativo.
In Campania tutto funziona, o meglio dovrebbe funzionare, come una catena.
I cittadini pagano, per la depurazione delle acque, una tassa ai Comuni che ne girano i proventi alla Regione Campania, affinché questa depuri le acque. La regione Campania però ha affidato cinque depuratori, tra i quali quello di Cuma, ad una società privata, la Hydrogest S.p.A.
Nel 2003 la Hydrogest si è aggiudicata la gara di appalto per la gestione e la rifunzionalizzazione degli impianti. Spesa prevista: 150 milioni di euro. Venti dei quali era previsto li spendesse lo Stato, 130 i privati, secondo il project financing. Questo prevedeva che la Hydrogest avesse in gestione gli impianti e li mettesse a norma, poi in cambio avrebbe ricevuto i canoni che i Comuni girano alla Regione per la depurazione delle acque.
L’Hydrogest ha però ricevuto gli impianti solo nel 2006. Il Consiglio di Stato infatti nel 2006 ha ribaltato il verdetto del Tar, che aveva dato ragione alla cordata di imprenditori sconfitti, restituendo la vittoria a Hydrogest. Quest’ultima in ben tre anni non ha iniziato i lavori, lamentando più volte di non aver ricevuto i canoni dalla Regione; la Regione invece, nella persona di Pasquale Fontana, delegato dall’assessore regionale Walter Ganapini, ha replicato affermando che la Regione ha sempre versato con regolarità i canoni alla Hydrogest, ma anzi sono proprio i comuni che spesso non versano nei tempi prestabiliti i proventi della tassa sulla depurazione che pagano i cittadini.
Insomma un vergognoso scaricabarile che va a danno dei cittadini che pagano le tasse ma non sanno queste dove vanno a finire. Una tassa che i cittadini potrebbero anche non pagare vista la sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo il pagamento della tariffa di depurazione in caso di mancanza o cattivo funzionamento dell’impianto (Sentenza 335/2008).
Se si ragionano in questi termini i Comuni, la Regione e la Hydrogest sono autori di una maxi-truffa ai danni dei cittadini, che continuano a pagare per un servizio che non ricevono.
I Comuni perché continuano a riscuotere i canoni della depurazione delle acque ai cittadini, sapendo benissimo che il depuratore di Cuma funziona solo al 25%.
La Regione perché è da anni che è al corrente della situazione, come dimostrano numerose deliberazioni in materia. La Regione conosce benissimo lo stato dei depuratori e anche se sa della pericolosità di questi ultimi non si impegna direttamente per metterli a norma, facendosi scudo con un accordo preso con la Hydrogest ben 6 anni fa. Perché la Regione, pur conoscendo la situazione, non ha rimosso dal suo incarico questa società che era inadempiente?
La Hydrogest è anche essa una complice della Regione perché in ben tre anni di gestione effettiva degli impianti, non ha mai avviato i lavori previsti dal project financing siglato con la regione nel lontano 2003.
Ultima possibile “complice” è l’Arpac (Agenzia regionale per la protezione ambientale della Campania). Questa ha il compito di controllare lo stato dell’ambiente in Campania, ma è controllata dalla regione che ne nomina il suo amministratore.
L’Arpac nei giorni nei quali il depuratore sversava direttamente a mare i suoi liquami non ha emesso alcun comunicato per vietare la balneazione sulla fascia costiera interessata dal fenomeno; questo ci porta a pensare che o l’Arpac non fa i controlli, cosa non possibile stando a quanto riferito dall’responsabile della regione Fontana che ha detto pochi giorni fa di aver “appena finanziato un sistema di monitoraggio delle acque costiere con 6 milioni di euro che è già in funzione, oppure che questi controlli non sono fatti in modo corretto…a buon intenditor poche parole.
il pressappochismo di chi ha scritto questo pezzo è sconfortante. primo: i divieti non si emanano con “comunicati”, semmai con ordinanze; secondo: le ordinanze di divieto non le emana l’Arpac, semmai i sindaci; terzo: la “fascia costiera interessata dal fenomeno” è GIA’ vietata alla balneazione, basta andarsi a leggere la delibera di giunta regionale 2096/08.
Scusa ma chi sei? Se conosci la verità perchè non ce la dici? Non esiste nulla in tutto il web che spieghi bene la questione, ma si può mai evitare di parlarne? Allora forza, parlacene!
chiedo di restare anonimo. sul sito Arpac ci sono i risultati delle analisi effettuate nelle settimane successive alla “crisi” del depuratore di Cuma. In giallo sono evidenziati superamenti notevoli dei limiti di legge per le concentrazioni di batteri fecali, in aree già PRECEDENTEMENTE vietate alla balneazione. In un solo caso il superamento si riferisce a un’area non vietata, ma i ricontrolli non hanno riconfermato il superamento. E’ la legge che prevede questo tipo di meccanismo, per cui i divieti di balneazione scattano quando il superamento viene confermato in sede di analisi suppletive. La legge stabilisce la frequenza minima dei campionamenti e i parametri che vanno monitorati….