Carrefour, la protesta degli ex magazzinieri fanno la spesa e non vogliono pagare il conto

Repubblica.it – 31 agosto 2010

Con il carrello pieno di pasta, acqua e pannolini si sono avvicinati alle casse. «Fateci passare, dobbiamo dare da mangiare ai nostri figli». È la nuova protesta dei lavoratori del magazzino del Gs-Carrefour di Pieve Emanuele, che si sono presentati al supermarcato Carrefour di Assago, alle porte di Milano, per protestare contro il mancato pagamento degli arretrati. Un nuovo capitolo, insomma, per quella che i sindacati hanno definito “la Melfi del Nord”.

Avvicinato il direttore del supermercato, funzionari e delegati hanno trattato per avere un anticipo sotto forma di beni di prima necessita. Poi – dopo circa una mezz’ora all’interno – hanno lasciato i carrelli davanti alle casse e sono usciti dal supermercato consegnando volantini.

Da tre mesi i 60 magazzinieri di Pieve hanno la busta paga a zero ore e non vengono fatti rientrare a lavoro. Questo nonostante due sentenze del tribunale del lavoro che danno ragione ai lavoratori. Ieri un incontro in prefettura tra sindacati, Carrefour e consorzio Gemal – che gestisce l’appalto – si è risolto con un nulla di fatto. «La nostra proposta è di reintegrare tutti i lavoratori – ha detto Ettore Montagna (Filt-Cgil) – perché prima di tutto bisogna rispettare le sentenze. Poi si potrà discutere di cassa integrazione». E’ previsto anche l’invio di una lettera all’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi.

“In merito alla vertenza in atto nel deposito di Pieve Emanuele, Carrefour specifica ancora una volta che i 64 lavoratori coinvolti non sono, né sono mai stati, dipendenti della società”, fanno sapere dal gruppo francese della grande distribuzione. “Sono dunque improprie le esortazioni al rispetto della legge e delle istituzioni rivolte a Carrefour, che auspica una risoluzione in tempi brevissimi della vertenza in atto nel deposito di Pieve Emanuele tra la cooperativa Rm e i suoi lavoratori e si ponga fine a ogni comportamento contrario alla legalità”.

Se Marchionne rilancia il conflitto di classe

La Repubblica – 22 agosto 2010

Dinanzi al peggioramento generale delle condizioni di lavoro provocato dalla crisi, veniva da chiedersi come mai il conflitto di classe non mostrasse segni di ripresa.

La spiegazione che si soleva dare era che mancava un soggetto capace di trasformare il malcontento dei lavoratori in appropriate iniziative, diffuse e unitarie, sul fronte politico e sindacale. Da ieri sappiamo che quel soggetto esiste e si dà da fare. Non è una nuova formazione politica: è la Fiat. L´invito a starsene a casa, seppur pagati, trasmesso ai tre lavoratori di Melfi nonostante un giudice ne abbia ordinato il reintegro dopo il licenziamento in tronco con l´accusa di sabotare la produzione, nelle intenzioni dell´azienda voleva essere evidentemente una prova di forza. In gioco ci sono i futuri sviluppi del piano “fabbrica Italia” a Pomigliano e a Mirafiori, non meno che a Melfi. Si tratta invece di una prova di debolezza e di un grave errore.
E´ una prova di debolezza perché una volta presentato il ricorso contro l´ordinanza del giudice, sorretto da una poderosa documentazione, un´azienda che si sentisse forte delle proprie ragioni avrebbe potuto aspettare tranquillamente l´esame in tribunale, invece di accanirsi ancora sugli interessati. Il bisogno di dare subito un´altra lezione all´insieme dei dipendenti, tradisce una disposizione a prendere decisioni precipitose che fa pensare ad un´azienda che non si sta affatto muovendo su un terreno solido. Da parte dell´azienda è anche un errore destinato a diffondere a macchia d´olio le preoccupazioni per il futuro che il piano Fiat pare chiaramente anticipare. Abbandono del contratto nazionale, intensificazione massima delle prestazioni, sindacati nell´angolo, e fuori dalla fabbrica il primo che apre bocca o muove un dito. Piaccia o non piaccia ai giudici del lavoro. Finora i lavoratori hanno sopportato. Senza l´aiuto dei sindacati, bisogna dire, tranne la Fiom. Quando hanno potuto esprimersi liberamente, come nel referendum di Pomigliano, un terzo di loro ha fatto sapere che quel futuro non è accettabile. Grazie ad iniziative tipo lo schiaffo ai reintegrati, quel terzo di dissidenti potrebbe anche diventare la metà o magari i tre quarti. E ovviamente non soltanto negli stabilimenti Fiat.
Il ritorno ad un conflitto di classe che si esprima con gli strumenti della democrazia e però mandi in soffitta l´idea reazionaria che per avere e mantenere un lavoro bisogna sottostare a qualsiasi condizione un´azienda si sogna di imporre perché il mondo è cambiato, la globalizzazione lo esige, la competitività ce lo impone ecc., tutto sommato sarebbe una novità interessante nel deserto della politica italiana. Sarebbe paradossale se un efficace contributo al suo ritorno venisse proprio dall´azienda, la Fiat, che negli ultimi mesi ha fatto di tutto per presentarlo come un residuo arcaico della rivoluzione industriale.

Luciano Gallino

Atene in fiamme, scontri e violenze tre morti in una banca incendiata

repubblica.it – 5 Maggio 2010

Lancio di molotov a margine della manifestazione nel secondo giorno di sciopero generale che ha paralizzato il Paese. Le vittime sono due donne e un uomo. Edifici in fiamme nel centro della capitale. Papandreou condanna: “Azioni omicide. Morti causate dall’irresponsabilità politica” dal nostro inviato

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Papandreu annuncia l’accordo “Taglieremo stipendi e pensioni”

repubblica.it – 2 Maggio 2010

Intesa con Ue, Fmi e Bce per aiuti fino a 120 miliardi. Congelati per tre anni gli emolumenti dei lavoratori pubblici. Si riunisce l’Eurogruppo. La Germania: “Dovranno applicare l’accordo alla lettera”
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Grecia, se la politica resta prigioniera della finanza

repubblica.it – 29 Aprile 2010

Le proporzioni della crisi greca sono modeste in rapporto all’economia europea. Ma i tempi della finanza non coincidono con quelli della politica: in attesa delle elezioni tedesche, si è aperta una finestra speculativa “perfetta” per rovinare un paese e contagiare gli altri. Mentre l’Europa non riesce a liberarsi dall’ideologia che ha portato alla grande recessione.

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