Expo 2015 a Milano: un dibattito aperto solo dopo l’assegnazione

 

In questi giorni, l’assegnazione a Milano di Expo 2015, ha stimolato un dibattito nella sinistra sul futuro di questa grande area metropolitana. Un dibattito che bisogna accogliere con favore, anche se, ancora una volta, arriva in ritardo e dopo vari passaggi istituzionali in cui siamo stati orfani di questa discussione.
La prima considerazione da fare è che la presentazione della candidatura di Milano ad ospitare Expo 2015 era accompagnata da un ampio dossier che spiegava in modo dettagliato qual è il modello di metropoli che si prefigura: grandi opere, cementificazione del territorio, incremento delle infrastrutture autostradali, grattacieli e nuovi quartieri per ceti abbienti. Il sostegno alla candidatura milanese e a quel progetto non è mancato né dalla Provincia di Milano, né dal Governo di centrosinistra, senza peraltro che emergessero in quel contesto le controproposte della sinistra che oggi leggiamo dalle pagine dei giornali. Ciò meriterebbe perlomeno un’autocritica.
Meglio tardi che mai, si potrebbe poi dire. Se non fosse che oggi la Sinistra non ha certo più la possibilità di influenzare nel merito le scelte dall’interno delle istituzioni, a maggior ragione se non è riuscita a farlo negli scorsi mesi, quando avrebbe potuto condizionare i contenuti del progetto e del dossier da presentare al Bie, in cambio della tanto sbandierata unanimità istituzionale, che precorreva di fatto in Lombardia il nuovo scenario delle larghe intese che si apre ora a livello nazionale.
Nel merito delle posizioni espresse da Sinistra Democratica che vede nell’Expo 2015 un’opportunità per rilanciare Milano, viene dunque spontaneo un interrogativo: come si intende procedere già da domani per stravolgere il progetto presentato unitariamente da Moratti, Penati, Formigoni, cambiandone il segno, per rilanciare il trasporto pubblico, un ambiente vivibile, un piano per la casa e migliorare la qualità della vita a Milano e nell’intera metropoli?
Manca nei ragionamenti espressi da Sinistra Democratica e più in generale de la Sinistra l’Arcobaleno una parola e una pratica che in questi ultimi anni si è persa, in parte nella difficoltà di governare e contemporaneamente condizionare le scelte con mobilitazioni “dal basso”, in parte per l’emergere della partecipazione come metodo di gestione delle istituzioni: la parola (e la pratica) è “conflitto”. Bisogna oggi avere il coraggio di dire che scriviamo un libro dei sogni quando parliamo delle opportunità di Expo, oppure bisogna dire che l’unico modo per strappare delle modifiche al progetto presentato è di costruire progetti alternativi, diffondere un’informazione capillare tra i cittadini, tornando nelle strade e nelle piazze anche e soprattutto dopo la campagna elettorale, per chiedere veramente e in prima persona di fare una scelta di parte, mobilitandosi per la salvaguardia del proprio territorio con petizioni, manifestazioni e tutte le altre sane e vecchie pratiche da tempo abbandonate. Altrimenti si cade nella posizione di Legambiente, testimonial della qualità ambientale del progetto expo 2015, che crede di poterlo cambiare dall’interno, ma che molto probabilmente finirà per rimanere travolta dalle colate di cemento, pericolo intuito da altre associazioni ambientaliste come FAI, WWF e Italia Nostra.
In fondo il modello lombardo, che vede viaggiare a braccetto maggioranze e pezzi di opposizione nelle istituzioni, Compagnia delle Opere e Cooperative rosse negli affari, dall’edilizia alla gestione dei servizi, è il modello da osteggiare senza se e senza ma, oppure si perde qual è il senso di stare a sinistra.

 

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