“Fino a qui tciutcio beni” racconti migranti e oralità varie

 

 

Autoprodotto dalla scuola di italiano Lernejo e da DIYstroshop

 

 

 

 

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Questa raccolta è nata dall’esigenza di raccontarsi nutrita dagli studenti della scuola. La narrazione è qui memoria delle intenzioni, degli scopi, delle azioni dei protagonisti e dei significati, inseriti in una trama da raccontare.
Se il ricordare è produzione di memoria storica da parte di chi ha vissuto di persona, la scrittura autobiografica diventa un mezzo per
resistere all’impero dell’omologazione. Il migrante smette infatti di essere persona per diventare una costruzione sociale, non più singolarità ma astrazione: o potenziale delinquente e utile nemico interno o vittima impotente e incapace di autodeterminarsi.
Questa astrazione annulla la varietà delle motivazioni che spingono le persone a partire. Anche per questo possiamo affermare che raccontare è resistere: la lingua diventa un territorio senza frontiere dove ogni parola equivale a un atto di resistenza.

Se poi la parola appartiene alla lingua del paese “ospitante”, essa s’impossessa di un significato ancora più potente, sprigiona il suo potere militante.
Il prender parola definisce una partecipazione culturale, linguistica e storica che restituisce un volto all’identità individuale, specialmente in un paese in cui, nel migliore dei casi, il migrante viene visto come manodopera a basso costo o come curiosità folkloristica.
Il valore da attribuire all’esperienza di esprimersi attraverso una lingua che non è la propria, e che per alcuni è quasi totalmente sconosciuta, viene accresciuto dal profondo moto liberatorio rappresentato dall’esposizione di fatti spesso taciuti alle proprie famiglie e ai propri amici nei paesi di origine; un silenzio opprimente dovuto alla paura di deludere le loro aspettative, cariche di responsabilità per chi decide di emigrare.
Questi racconti sono delle narrazioni a quattr’occhi. Tratte da registrazioni orali, trascritte e rimescolate insieme, in cui l’oralità rimane la componente centrale. Il mantenimento di una forma la più vicina possibile a quella autentica è stata una scelta stilistica che ha permesso il confronto tra scrittura e racconto orale, in un continuo intrecciarsi tra scrittura e vissuto personale, per queste ragioni non vi sconvolgeranno gli errori sintattici e grammaticali.
I temi che hanno spinto la creatività sono stati decisi dai protagonisti delle storie stesse, ma gli stimoli di quell’approccio
autobiografico hanno aperto il pensiero e la riflessione di tutt*.
Noi siamo stat* guida nello sviluppo delle possibilità di scrittura e di una rappresentazione polifonica dell’esperienza migratoria. È
così che progetti migranti e scuola di italiano sono stati il detonatore di tante storie, di cui siamo riuscit* a riportarne solo
alcune.
Inoltre, in un periodo in cui i media falliscono l’informazione per incapacità, limiti, forzature, volontà o per impossibilità ad
intervenire in quei luoghi dove c’è una profonda necessità di documentare e da cui far circolare informazione, come ad esempio
dall’interno dei CIE, dove l’accesso ai giornalisti è vietato per legge dalla circolare n.1305 che viola il diritto d’informazione, è
importante riappropriarsi del racconto diretto, delle cronache, delle storie, per dare visibilità a fatti non opacizzati dalla manomissione mediatica o taciuti.

 

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