“Tacco 12, eppur bisogna andar..” #NoExpoPride is cumming!

 

Appuntamento sabato 20 giugno h. 15:30 p.zza Duca d’Aosta (Milano)

“Tacco 12, eppur bisogna andar..”: faceva così la canzone, no? O forse ce lo immaginiamo noi, oggi, che facesse così, perché la libertà è esercizio quotidiano ed è giusto che i patrimoni di lotta passino di generazione in generazione e, se necessario, cambino di segno, aggiornandosi. E “a conquistar la ros(s)a primavera” tocca a noi, oggi, nella città vetrina del mega evento Expo 2015, consapevoli che la libertà nelle strade delle città in cui viviamo le fanno le soggettività che le attraversano quotidianamente.
Expo 2015 non è solo il laboratorio di sfruttamento costruito sul lavoro precario, malpagato o non retribuito affatto come nel caso del cosiddetto “volontariato”, nuova soglia di ingresso nel mercato del lavoro per milioni di giovani. Né il grande evento si limita alla cementificazione dei nostri territori per assecondare gli appetiti predatori degli affaristi che speculano sulla nostra esistenza precaria.
Da “evento totale” qual è, Expo 2015 è un laboratorio di normalizzazione che va ben oltre le dimensione di debito, cemento e precarietà.
E’ il caso, ad esempio, della retorica sul ruolo della donna diffuso da WE Women for Expo, il progetto ufficiale dell’Esposizione universale dedicato alla “cultura femminile” e al “rafforzamento del ruolo femminile”. Cercando di intercettare il tema “Nutrire il pianeta, energia per la vita”, Women for Expo lancia alle donne l’invito a condividere la propria “ricetta per la vita”, la narrazione di un piatto dal particolare valore emotivo. L’immagine della donna che ne emerge è quella della donna-madre, angelo del focolare domestico, dedita a sfamare ed accudire la famiglia, naturalmente e altruisticamente orientata alla condivisione del cibo in tavola, nonché depositaria di conoscenze e pratiche legate al nutrimento e al “prendersi cura”. Un’immagine dall’evidente impronta patriarcale, che insiste sulla maternità e sulla cura come uniche declinazioni della femminilità. All’interno di questo contesto, Women for Expo propone anche dei modelli di “emancipazione” femminile impersonati dalla figura della donna imprenditrice, una “donna con le palle” la cui autodeterminazione si manifesta esclusivamente nell’esercizio del potere all’interno del modello capitalistico e in relazioni di dominio e subordinazione.
A questi modelli positivi corrispondono antiteticamente altre figure femminili “indecorose”: è il caso delle sex-workers, le lavoratrici del sesso che la grammatica dell’esclusione stringe tra le condizioni di “vittime” e quelle di “colpevoli”. Un esempio in questo senso ci viene proprio da Rho, dove proprio in occasione di Expo 2015 è stata riattivata l’ordinanza detta “anti-prostituzione” (sperimentata a più riprese dal 2008 in avanti), più che un semplice provvedimento dall’impianto securitario il cui contesto ideale di applicazione rimane comunque la città vetrina ripulita da soggetti scomodi per agevolare i processi di trasformazione. A fronte della complessità del fenomeno prostituzione, l’ordinanza rhodense sacrifica ogni ulteriore ragionamento sul tavolo del “decoro urbano”, tira dritto su traiettorie esistenziali e biografie di vita imboccando di gran carriera la strada della criminalizzazione e della conseguente repressione. Un pessimo esempio a cui abbiamo cercato di rispondere rivendicando per le sex-workers libertà e diritti.
Più vicina a un classico “pinkwashing” (cioè a operazioni che mascherano dietro al sostegno dei diritti di alcuni soggetti – in questo caso donne, gay, lesbiche, bisessuali, transgender, queer – la promozione del proprio brand, ripulito dall’accostamento a queste nobili tematiche) è invece la recente apertura di una gay street milanese in via Sammartini. La proposta strumentalizza il bisogno di riconoscimento della comunità lgbtq riorientandolo al mercato. Una via di 200 metri in zona Stazione Centrale è stata così ripulita e messa a disposizione del turista gay – che ci immaginiamo maschio, ricco e occidentale – in cerca di divertimento e shopping, nel dichiarato tentativo di intercettare anche quella redditizia fetta di mercato. Nient’altro che una vetrina gay all’interno della più ampia città vetrina di Expo 2015.
Una città nella quale le donne i soggetti lgbtq vivono ben altra quotidianità, fatta di precarietà, esclusione, marginalizzazione, omo/lesbo/transfobia così come patologizzazione e medicalizzazione di quanto eccede il binarismo di genere.
Ai meccanismi normalizzanti e mercificanti di Expo 2015, alla sua città vetrina, opporremo le nostre favolosità, i nostri corpi mutanti, le nostre identità nomadi, i nostri desideri devianti e i nostri bi-sogni queer, aprendo spazi di libertà e promuovendo percorsi di autodeterminazione e liberazione.
Per questo le femministe, froc* e queer rhodensi, libere e autodeterminate, sostengono il No Expo Pride: ci vediamo il 20 giugno alle 15:30 in piazza Duca d’Aosta.

Fornace Degenere
SOS Fornace

NoExpoPride: leggi il documento politico

No Expo Pride!
Sabato 20 giugno 2015
h. 15:30: puntello in pizza Duca d’Aosta
h. 18:00: arrivo al Parco della Martesana
h. 18:30: Porn Game, cena, letture, interventi, performance, DJ set…

noexpopride.noblogs.org
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