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2002.02.17 Corriere della Sera Scajola ordino di sparare





Corriere della Sera, 17 febbraio 2002

Scajola: al G8 l’ordine era di sparare ai terroristi
«Polemica pretestuosa, i rischi erano altissimi». I poliziotti: direttiva mai ricevuta. L’opposizione: si dimetta

ROMA - «Una polemica pretestuosa, una non notizia». Sommerso dalle critiche, il ministro degli Interni torna a parlare del G8, e di quella frase pronunciata tornando dalla Spagna, una frase che aveva suscitato un putiferio. «Avevo dato l’ordine di sparare contro chi avesse violato la zona rossa», aveva detto il ministro. «Inaccettabile leggerezza», «dichiarazioni gravi», «gravità inaudita», «ambiguità inquietanti», «un autogol politico», l’avevano definita gli uomini dell’opposizione, che per tutto il giorno ieri si erano sgolati a chiedere le dimissioni del ministro, l’istituzione di una commissione d’inchiesta, e una immediata spiegazione davanti al Parlamento. E il ministro adesso precisa meglio il suo pensiero. «La sera del 20 luglio, dopo la morte del giovane Giuliani, la tensione a Genova e nel Paese era fortissima, come tutti ricordano - dice dunque il responsabile del Viminale -. Le informative di cui disponeva il ministro degli Interni indicavano possibili infiltrazioni terroristiche internazionali. In questo scenario, ho dato indicazioni al Capo della Polizia, come ho a suo tempo riferito in Parlamento, affinché ogni utile azione consentita dalle leggi vigenti fosse posta in essere per salvaguardare, ad ogni costo, la sicurezza del presidente della Repubblica italiana, del presidente del Consiglio, dei capi di Stato e di governo che erano a Genova in quei giorni».

LE FORZE DELL’ORDINE - Giovanni Aliquò, segretario dell’Associazione nazionale Funzionari di polizia, smentisce con decisione le dichiarazioni del ministro: «Si può affermare con certezza che nessun funzionario abbia mai ricevuto l’ordine di sparare sulle folle». E in ogni caso, rincara Aliquò, se anche quell’ordine fosse stato impartito, «i funzionari di polizia si sarebbero semplicemente rifiutati di eseguirlo». Se invece la frase del ministro si riferiva ad un attacco terroristico, «è certo che ciò implica livelli di responsabilità diversi e più alti di quelli del dicastero dell’Interno». Anche al Sap, il sindacato autonomo di polizia, «non risulta che questo ordine sia stato impartito». Così come non risulta ai carabinieri: «Per quanto ne so, i carabinieri non hanno ricevuto alcun ordine di sparare», dice il generale Maurizio Scoppa, presidente del Cocer.

L’OPPOSIZIONE - Per il vice presidente del Senato Giovanni Salvi, Ds, «in altri Paesi un ministro degli Interni che si comportasse in questo modo si dovrebbe immediatamente dimettere». Mentre il Verde Paolo Cento e il capogruppo dei ds alla Camera, Luciano Violante, chiedono «al ministro di riferire subito in Parlamento». Per Giuliano Giuliani, padre del ragazzo ucciso durante gli scontri di Genova, le parole del ministro «corrispondono ad un disegno preciso», e Scajola «sicuramente sa qualcosa di più». Scajola non ha detto «la verità in Parlamento», rincara il capogruppo diessino al Senato Gavino Angius, mentre Giuliano Pisapia (deputato di Rifondazione ma anche difensore della famiglia Giuliani) accusa il ministro di «totale mancanza di rispetto delle istituzioni. E per l’ex ministro Franco Bassanini, che chiede un’inchiesta parlamentare, «chi mente al Parlamento deve dimettersi».

LA MAGGIORANZA - «Risoluzioni dure ma necessarie» quelle di Scajola per il vicepresidente del Senato, il leghista Roberto Calderoli. E chi le critica «dovrebbe finire in galera per connivenza». Critiche di una «sinistra in malafede» per il capogruppo di Forza Italia al Senato Renato Schifani, secondo il quale «dopo i tragici fatti dell’11 settembre emerge un fatto incontestabile: dobbiamo ringraziare il ministro dell’Interno se a Genova si è scampato un grande pericolo». Mentre per il capogruppo del Ccd-Cdu alla Camera, Luca Volontè, si trattava di «un ordine assolutamente giustificato». La pensa così anche il capogruppo di FI alla Camera Elio Vito: «Il ministro ha fatto solo il suo dovere». Si chiama fuori invece Carlo Taormina, sottosegretario agli Interni: «Noi sottosegretari non ne sapemmo nulla».

Giuliano Gallo









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Pubblicato su: 2005-07-05 (747 letture)

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