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Audizione del dottor Valerio Donnini (parte 2a)





corteo per fare guerriglia, per raggiungere determinati obiettivi che fossero logici. Però, nel momento in cui le barricate vengono fatte con qualsiasi tipo di macchina che viene trovata per la strada (anche una Cinquecento di terza mano), si attaccano negozi di generi alimentari, banche e supermercati senza una logica, ritengo che cominci ad essere difficile procedere all'isolamento dei violenti.
Leggevo un libriccino edito da Feltrinelli, comprato qualche giorno fa...

MARCO BOATO. Comprato alla libreria Feltrinelli, non edito da Feltrinelli.

VALERIO DONNINI, Funzionario direzione centrale affari generali-dipartimento pubblica sicurezza. Sì, ha ragione. Credo che sia intitolato Le quattro giornate di Genova e riporta proprio questi fatti. Dice chiaramente che vi sono testimonianze di gente che ha visto i black bloc togliersi le tute o le magliette nere per poi passare da manifestazioni pacifiche ad altro. Ritengo che questo ci abbia messo in gravi difficoltà.
La mobilità sicuramente ha influito anche su questo. Però, vede onorevole, col senno di poi ritengo che tutto sia più facile e più chiaro: dobbiamo rapportarci a ciò che sono state quelle giornate. Ho ancora sotto gli occhi - anche perché le abbiamo viste tutti - le riprese televisive di poco prima che succedessero i fatti di piazza Alimonda, con la Campagnola dei carabinieri ed il decesso di Giuliani. Abbiamo visto tutti quanti un pur consistente reparto di carabinieri che doveva retrocedere, anche piuttosto velocemente, sotto la pressione di un attacco abbastanza violento. La mobilità chiaramente è legata alla snellezza dei reparti: è chiaro che più i reparti sono consistenti, più lentamente si muoveranno sul territorio. Però, mi chiedo se in quel momento sarebbe stato saggio diminuire


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la consistenza dei reparti per poi trovarsi, magari, in una situazione analoga a quella a cui facevo riferimento prima e con qualche altro risultato poco edificante. Si tratta di una mia valutazione personale, dato che non avevo compiti di direzione delle strategie dell'ordine pubblico in Genova e, dunque, quello che sto riferendo è un mio pensiero.
Per quanto riguarda l'uso del gas; si può parlare di innovazioni solo fino ad un certo punto. Molto tempo fa, utilizzavamo il gas CM, ma non essendo un chimico, non so dirle la composizione; si trattava di un gas lacrimogeno sparato, a quei tempi, con il vecchio moschetto 91.
Per quanto riguarda, invece, i nuovi lacrimogeni, quasi tutti tranne una piccola parte, che credo sia ancora al CM, sono al CS. Non sono gas urticanti - come, invece, ho letto su qualche giornale - ma irritanti, vale a dire che attaccano le vie aeree; ovviamente, risultano più efficienti anche se l'azione irritante si esaurisce dopo pochi minuti non appena ci si allontani dalla zona per così dire satura. Ma non si tratta di una novità; non essendo un tecnico e non facendo parte di quella direzione centrale, non posso essere preciso, ma credo che già dal 1994 la Polizia di Stato, come tutte le altre forze di polizia, utilizzasse gas CS. La novella sono le bombolette spray, anch'esse al CS. Hanno quindi la stessa composizione chimica, anzi, per essere precisi, hanno una concentrazione molto minore. Le abbiamo volute - ovviamente, lo ripeto, nessuno si aspettava la situazione di Genova - proprio perché consentono di effettuare un tiro selettivo e, quindi, di indirizzare il getto (una specie di getto liquido) verso la persona che si vuole colpire e non indiscriminatamente nel mucchio.
Per quanto riguarda il mio compito a Genova, ho già supportato le mie affermazioni. Piuttosto, vorrei fare un passo indietro: io sono stato nominato consigliere ministeriale aggiunto


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con il detto incarico, proprio in virtù della mia lunga permanenza nei Reparti mobili. Infatti, prima di fare il corso interforce, ho comandato i reparti di Catania, Firenze, Roma ed è per questo che ritengo di essere un esperto non solo nella gestione dei servizi di ordine pubblico, ma soprattutto nell'impiego di mezzi tecnici quali quelli usati dalle forze di polizia a Genova. Mi riferisco ai mezzi cancellati, agli idranti e, soprattutto, considerato anche che lei mi parla di via Tolemaide, ai VTC (questi ultimi sono veicoli di trasporto corazzato). Posso confermare che nella circostanza, in via Tolemaide, ero sul posto, avendo, anzi, anche diretto l'intervento dei VTC. Parlo di intervento, non di carica; ovviamente, infatti, era sul posto anche il dirigente del servizio e, quindi, io non avevo titolo per farlo. Tutto ciò mi fu richiesto dal vicecapo della Polizia vicario, prefetto Ansoino Andreassi, con il quale, nella circostanza, ho avuto il privilegio di collaborare. Il prefetto, visto il protrarsi dell'impasse - una situazione che non si riusciva a sbloccare anche perché, nel frattempo, si erano rovesciate ed incendiate macchine, creando barricate di una certa consistenza - mi chiese: «Ma tu che ne pensi?» Io fui d'accordo con lui nell'intervenire con i veicoli di trasporto DUP. La discussione avvenne in sala operativa, alla presenza anche del questore Colucci che era l'autorità provinciale di pubblica sicurezza. Io, appunto, mi trovavo, in quella circostanza, in sala operativa, in questura. Detto ciò e ricevuto il nulla osta da parte dell'autorità interessata, mi portai sul posto; ricordo che vi era già un VTC, a suo tempo richiesto perché si aveva avuto sentore di un camion anzi, di un bulldozer che avrebbe potuto essere utilizzato per lo sfondamento in zona rossa. Perciò con il VTC pensavamo di essere in grado di fermarlo. Ne feci intervenire un altro, che spostammo dalla zona rossa dove si trovava (ma adesso


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francamente non posso essere preciso perché non ricordo la via) ed intervenimmo sfondando le barricate e percorrendo tutta la via Tolemaide fino ad una zona che mi sembra sia nota come la Casa dello studente, ma non so esattamente.

GRAZIELLA MASCIA. Corso Castaldi.

VALERIO DONNINI, Funzionario direzione centrale affari generali-dipartimento pubblica sicurezza. Sì, corso Castaldi. Arrivati sul posto, fummo contattati dalla sala operativa perché ci segnalavano un altro intervento urgente da effettuare nei pressi del mercato ortofrutticolo, quindi tornammo indietro. Ricordo un ponte sul quale erano già avvenuti scontri tra dimostranti e carabinieri e dove, poi, intervenne anche un nostro reparto in ausilio; intervenne anche il vice questore vicario Calesini, anche se ripeto, non posso essere preciso.
Siamo riusciti quindi a sfondare anche con i VTC, che furono utilizzati in quella circostanza perché nel frattempo gruppi di black bloc avevano dato alle fiamme un'agenzia (credo della Banca nazionale del lavoro, ma non sono sicuro), incendio che minacciava, addirittura, di coinvolgere lo stabile sovrastante. I vigili del fuoco non potevano passare perché vi era una barricata di notevole consistenza fatta da tubi innocenti, pezzi di legno e quant'altro: nella circostanza gestii anche lo sfondamento di tale barricata. Questi gli interventi, il giorno dell'azione in via Tolemaide.
Per quanto riguarda la scuola Diaz, mi trovavo a cena con il dottor Canterini ed altri comandanti di reparto e credo che la telefonata sia intervenuta intorno alle 21-21,30, ma non posso essere preciso. Mi ha telefonato il questore Colucci. Le sue parole sono state le seguenti: «Guarda, c'è un'operazione


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urgente da fare, mi servono 100-120 uomini». Poi, fece riferimento proprio al Nucleo e disse: «Il VII Nucleo c'è?» Gli risposi che non sapevo.
Faccio una premessa; ricordo che quel giorno noi, tutti quanti e fino all'esaurimento, eravamo stati impegnati - dicendo noi, mi riferisco alla Polizia di Stato - perché praticamente l'Arma dei carabinieri, per motivi di opportunità (si era nel giorno successivo alla morte del Giuliani) non era stata utilizzata nei servizi di ordine pubblico. Io, nella circostanza, presi del tempo; comunque, dissi: «Vedo un attimino di »realizzare« e richiamo». Infatti, in quella circostanza, mi sono rivolto al dottor Cantierini ed ho chiesto specificamente del VII Nucleo; poi spiegherò anche le motivazioni. Il Canterini mi diede la disponibilità del Nucleo, io ritelefonai al questore e gli dissi che il Nucleo c'era ed era possibile reperirlo. Si tenga conto che eravamo già smontanti dal servizio da un'ora, un'ora e mezzo; eravamo tutti in abito civile. Dico: «Il tempo di prepararci». Mi risponde: «Va bene, mi raccomando perché c'è urgenza, ma quanti sono? Rispondo: »Guarda, saranno circa 70 uomini«. Mi dice: »Allora no, sono un po' pochini, me ne servono di più, vuol dire che faremo intervenire anche qualche contingente dell'Arma«. Questo, parola in più, parola in meno, fu il tenore del discorso. Lo ripeto, se l'intervento del VII Nucleo da una parte fu casuale, forse dovuto alla circostanza che il dottor Canterini era nelle mie vicinanze, d'altra, se avessi potuto scegliere il reparto da mandare, io avrei scelto senz'altro il VII Nucleo, per le seguenti ragioni. In primo luogo, perché mi dava maggiori garanzie: era il più preparato; invero, aveva fatto addestramento più degli altri. In secondo luogo, perché era uno dei pochissimi reparti che, pur essendo stato comandato di servizio, come tutti gli altri dalle 8 di mattina, non aveva


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avuto scontri durante la giornata, evenienze invece fronteggiate dagli altri. Quindi era sicuramente stanco ma meno stanco degli altri. Mi determinai a scegliere il VII Nucleo perché, altrimenti, sarei stato costretto a utilizzare non un reparto organico ma uno raccogliticcio: dieci uomini dal reparto di Catania, 15 da quello di Firenze, 5 da Bologna. Questa, infatti, era la possibilità di raggruppare uomini che io avevo in quel momento.
Tra l'altro cose, vi è stata la fortunata coincidenza che il VII Nucleo sperimentale aveva a disposizione radioline portatili che radiocollegavano tra loro tutti gli operatori e, quindi, vista la facilità e data l'urgenza del servizio, ho optato per il VII nucleo.

FRANCO BASSANINI. Non riesce ad essere più preciso sull'ora ?

VALERIO DONNINI, Funzionario direzione centrale affari generali-dipartimento pubblica sicurezza. Intorno alle 21- 21,30.

GRAZIELLA MASCIA. E la storia degli infiltrati ?

VALERIO DONNINI, Funzionario direzione centrale affari generali-dipartimento pubblica sicurezza.
Debbo essere sincero, questa storia degli infiltrati francamente non la ricordo. Quello che rammento è l'urgenza e che il questore Colucci mi disse di aver bisogno di conferme, ma quest'ultime sono una cosa e l'infiltrato un'altra. Io interpretai il bisogno di conferme per cercare di appurare se questa operazione fosse da effettuare nell'immediato o più tardi, ma sinceramente non sono a conoscenza della vicenda dell'infiltrato.

GRAZIELLA MASCIA. E per quanto riguarda la vicenda delle bandiere rosse ?


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VALERIO DONNINI, Funzionario direzione centrale affari generali-dipartimento pubblica sicurezza. Il fatto delle bandiere rosse lo escludo categoricamente, se esistesse un filmato sarei curioso di vederlo. Io sono un dirigente superiore, lavoro al Ministero dell'interno, il mio ufficio è ubicato in via Urbana, non a Ponte Galeria e anche se ho svolto opera di sovrintendenza a questo addestramento - l'ho seguito e l'ho curato particolarmente sotto la spinta e l'input del capo della Polizia che ci teneva in modo particolare, sotto la direzione del mio direttore centrale e del vicecapo della Polizia Andreassi -, il fatto delle bandiere rosse mi giunge nuovo.
In tutte le manifestazioni - e ne ho viste tante perché, ovviamente, quella che noi abbiamo organizzato davanti a tutti i funzionari e agli ufficiali dell'Arma dei carabinieri è stata preparata e, quindi, sono andato anche nei giorni precedenti - mai e poi mai sono stati mostrati bandiere rosse, striscioni o quant'altro. A me tutto ciò non risulta.

FILIPPO MANCUSO. Ricordo in questa serie di audizioni alcuni passi della biografia del generale Capello, comandante della seconda armata, prima di Caporetto. Mi sembra proprio una rimembranza perchè anche quella non fu una bella pagina nazionale. Non so se sono tardivo nel rivolgerle la seguente domanda in ragione della sua competenza: la DIGOS di Roma fu, in sede programmatica e in sede attuativa, interessata all'operazione Genova ? E se sì, il dottor Gabrielli, attuale capo della DIGOS di Roma, vi ebbe qualche parte ?

VALERIO DONNINI, Funzionario direzione centrale affari generali-dipartimento pubblica sicurezza. Francamente non so rispondere a questa domanda e non conosco l'argomento. Io sono stato interessato sotto il profilo addestrativo dei reparti e sotto il profilo logistico, ma non so se la DIGOS di Roma


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sia intervenuta nella circostanza. Ricordo di alcuni funzionari della DIGOS di Roma a Genova perché li ho incontrati e li conoscevo; non mi pare di aver visto il dottor Gabrielli, faccio riferimento ad altri funzionari - anche se in questo momento mi sfuggono i nomi -, ma ritengo che sicuramente tutte le DIGOS siano state interessate perché i manifestanti provenivano da tutte le parti d'Italia. Tuttavia, non è una risposta di mia competenza quella relativa all'interrogatorio se il dottor Gabrielli e, in particolare, la DIGOS di Roma abbiano preso parte alla stesura dei piani di Genova.

MICHELE SAPONARA. Dottor Donnini, vorrei sapere da lei se rientra nella competenza ordinaria della DIGOS lo svolgimento di indagini di polizia giudiziaria sui rapporti fra privati e per reati punibili a querela di parte.

VALERIO DONNINI, Funzionario direzione centrale affari generali-dipartimento pubblica sicurezza. La DIGOS, Direzione investigativa generale operazioni speciali, di solito non è interessata a questo genere di trattazione; tuttavia, nulla vieta che possa essere attuata anche dalla stessa.

MICHELE SAPONARA. Quindi ciò non rientra nella competenza ordinaria.

VALERIO DONNINI, Funzionario direzione centrale affari generali-dipartimento pubblica sicurezza. No, di solito le querele di parte vengono presentate al commissariato di zona o alla stazione dei Carabinieri.

MICHELE SAPONARA. De minimis...!

VALERIO DONNINI, Funzionario direzione centrale affari generali-dipartimento pubblica sicurezza. Per carità, tutto ciò sicuramente non è vietato.


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MARCO BOATO. Se lei ci spiegasse .........

PRESIDENTE. Onorevole Boato, la prego. È stata posta una domanda, il dottor Donnini ha risposto e l'onorevole Saponara si ritiene soddisfatto.

MARCO BOATO. Presidente, poiché suppongo che le nostre domande siano finalizzate a conoscere i fatti, poteva essere utile rendere nota la circostanza.
Dottor Donnini, voglio sinceramente ringraziarla per la sua relazione molto dettagliata nella quale ha ricostruito tutti gli aspetti di carattere ordinamentale, istituzionale, operativo ed addestrativo con una trasparenza ed una completezza che risulteranno molto utili al lavoro specifico del Comitato, ma anche alla Commissione affari costituzionali, competente altresì per l'interno, alla quale apparteniamo. Spesso a causa di altri impegni le nostre Commissioni non affrontano adeguatamente questi argomenti, tuttavia, in questo caso le informazioni da lei fornite sono state molto utili.
Sugli aspetti istituzionali generali non le rivolgerò alcuna domanda, ritenendo esaustivo il suo contributo e molto importante il suo continuo riferimento all'impiego di esperti per le valutazioni sotto il profilo non solo dell'affidabilità tecnica, ma anche dell'equilibrio psico-emotivo delle persone impiegate in questi reparti: si tratta di una constatazione e anche di un elogio al modo in cui lei ci ha riferito.
Le formulo soltanto domande specifiche. Esiste la possibilità (lei ha fatto riferimento alla fase addestrativa da parte di operatori della polizia di Los Angeles, ne aveva già parlato il prefetto Andreassi e corrisponde esattamente a quello che lei ha sostenuto) di un uso non corretto del Tonfa, di questo nuovo tipo di manganello, tale che vada al di là delle finalità sia di repressione sia di autodifesa, per le quali l'introduzione


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di questo nuovo strumento è stato previsto? Lei, fra l'altro, ha sostenuto che esso viene già sistematicamente utilizzato dalle brigate mobili dei carabinieri e dal cosiddetto nucleo speciale antisommossa del I reparto.

VALERIO DONNINI, Funzionario direzione centrale affari generali-dipartimento pubblica sicurezza. Nucleo sperimentale di ordine pubblico.

MARCO BOATO. Le chiedo un giudizio tecnico, perché lei ha dimostrato grande esperienza sul campo: un uso non corretto di questo strumento può produrre conseguenze che vanno al di là degli effetti ordinari di un'azione di polizia, che deve intervenire per controllare situazioni di disordine? Le pongo questa domanda anche in riferimento agli strumenti ordinari, cioè non al tonfa, ma agli strumenti tradizionali, in dotazione non solo alla Polizia di Stato, ma a qualsiasi corpo di polizia; quindi, la domanda non riguarda specificamente la Polizia di Stato, ma chiunque utilizzi questo tipo di strumenti.
Ho la memoria storica relativamente ad episodi che forse lei ricorderà. Come giornalista, all'epoca, seguii il processo Margherito al tribunale militare di Padova - mi pare nel 1976 - e, in quella circostanza, vennero descritti episodi anomali di utilizzo di questi strumenti (in quel caso erano i manganelli tradizionali, nei quali venivano infilate delle sbarre di ferro), che venivano usati in servizi di ordine pubblico, provocando conseguenze più gravi di quelle per cui erano adottati ordinariamente dai corpi di polizia; in quel caso si trattava del reparto mobile di Padova, la cosiddetta «celere», mi pare il II reparto.

VALERIO DONNINI, Funzionario direzione centrale affari generali-dipartimento pubblica sicurezza. Si, il II reparto celere.


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MARCO BOATO. Ecco, vede che mi ricordo? Parliamo del 1976 o 1977. Dunque, assistetti alle udienze del tribunale militare di Padova, dove si parlava di queste cose.
Il presidente, quando abbiamo iniziato ad ascoltarla, ha ripetuto a lei quello che ripete a tutti: questo Comitato non ha finalità giudiziarie o paragiudiziarie, ha finalità conoscitive; le responsabilità, gli aspetti disciplinari, verranno accertati dalla magistratura, non da noi. Pertanto, le chiedo - a fini conoscitivi - se sia possibile che si siano verificati episodi di uso anomalo di questi nuovi strumenti, ma anche degli strumenti tradizionali, da parte di appartenenti a corpi di polizia, quali che siano (ripeto: non mi riferisco specificamente alla Polizia di Stato); se lei ne abbia avuto conoscenza o una qualche informazione. Ma, a prescindere dalla sua conoscenza effettiva, è possibile tecnicamente che ciò avvenga?
Vorrei rivolgerle poi una domanda complementare a questa: non si stupisca del carattere ingenuo di questa seconda domanda, collegata alla prima. Nella mia vita ho partecipato a molte manifestazioni, ma non ho avuto nulla a che fare con gli episodi di Genova, non ci sono stato, ho visto solo immagini televisive e fotografie. Rispetto ad altre esperienze di periodi storici che lei conosce, mi ha colpito la quantità di sangue che ho visto nelle immagini televisive, quando venivano riprese persone ferite. Ovviamente, so bene che sono stati feriti anche molti appartenenti ai corpi di polizia, che hanno la mia totale solidarietà, ma, in questo momento, sto cercando di capire cosa possa essere successo in quell'occasione. La domanda rivela una certa ingenuità, ma è autentica: perché tanto sangue? In altre circostanze storiche ho visto episodi di doverosa repressione di atti di violenza da parte dei corpi di polizia (con contusi, lesionati e così via), ma tanto sangue così, personalmente - ho 57 anni, quindi da qualche decina d'anni


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vedo queste cose -, non l'avevo mai visto. Esiste una possibile connessione fra l'uso di nuovi tipi di strumenti o un uso anomalo di tali strumenti o di strumenti tradizionali (lei, infatti, ha detto giustamente che l'unico nucleo che aveva a disposizione questi nuovi strumenti in realtà non è stato impiegato in scontri) e la grande quantità di sangue che ho visto? Le chiedo chiarimenti su questo aspetto che ho osservato con attenzione più volte in molti filmati e che mi ha colpito, pur non essendo un novellino al riguardo, avendo assistito a molti episodi di tensione.
Per quanto concerne la vicenda di via Tolemaide, in generale, le erano già state chieste informazioni; lei ha risposto e la ringrazio per il modo in cui l'ha fatto, anche in questo caso, devo dire, in modo non reticente. Lei ha detto che le è stato chiesto di intervenire quando si trovava nella sala operativa interforze della questura; l'ordine è venuto giustamente dall'autorità provinciale, il questore. Poi lei ha comandato il reparto in via Tolemaide, che è un momento importante, perché è quello in cui si passa dagli episodi dei black bloc, che lei ha descritto dettagliatamente, al momento di confronto con la manifestazione, che proveniva dallo stadio Carlini. Chi comandava, in quella circostanza, il suo e gli altri reparti? Chi era il funzionario preposto, dal punto di vista dell'ordinamento, alla gestione dell'ordine pubblico in quella circostanza, in cui lei era presente, ma non era il titolare dell'operazione?
L'ultima questione riguarda l'intervento alla caserma; su questo aspetto non le pongo domande di dettaglio, ma chiedo soltanto una verifica e faccia un rilievo che sottopongo anche al presidente e ai colleghi per nostra utilità (siamo in una situazione di work in progress). Lei ha detto - e anche in occasione dell'intervento del collega Bassanini lo ha confermato -


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che, grosso modo, la telefonata del questore a lei, e attraverso lei, al dottor Canterini, è avvenuta verso le 21-21,30. Noi abbiamo sentito più volte, anche questa mattina - da un altro funzionario che ci ha parlato con altrettanta trasparenza -, che l'occasione della decisione, assunta più tardi, di quell'intervento, per il quale era stata richiesta anche la partecipazione del Reparto mobile, è un episodio avvenuto tra le 21,30 e le 22. Il dottor Gratteri, che ha parlato questa mattina prima di lei, ha ripetutamente citato questo arco temporale, riferendo che l'episodio del dottor Di Bernardini è avvenuto tra alle 21,30 e le 22, quando il dottor Gratteri lo ha accompagnato in questura, dove si sono riuniti e hanno valutato l'ipotesi della perquisizione, predisponendo anche gli strumenti. Vi è uno sfasamento, quanto meno, di un'ora. Sembra che voi siate stati attivati...

PRESIDENTE. Ha parlato delle 21-21,30...?

MARCO BOATO. Delle 21-21,30 ha parlato il dottor...

PRESIDENTE. No, il dottor Gratteri successivamente - non posso confermarlo - ha parlato delle 21,30-22. Parliamo di un arco di una differenza di un'ora, quindi chiediamo una precisazione. La domanda è chiara, onorevole Boato. Le comunico anche che lei ha terminato il tempo a sua disposizione.

MARCO BOATO. La mia no è una contestazione.

PRESIDENTE. Certo, lei vuole capire quando il dottor Donnini ha avuto notizie, qual è la collocazione temporale...

MARCO BOATO. Vorrei sapere quando ha ricevuto la richiesta di intervento del reparto da lui comandato.


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VALERIO DONNINI, Funzionario direzione centrale affari generali-dipartimento pubblica sicurezza. Parto da quest'ultima precisazione. Eravamo tornati, avevamo fatto una doccia veloce e poi eravamo andati a mangiare qualcosa; dunque, credo che all'incirca fossero le 21,30. Poi, se anziché le 21,30, erano le 21,45 non so, non posso essere preciso. Ripeto, credo che la telefonata sia arrivata fra le 21 e le 21,30, quello mi pare l'orario. Mi dissero che la cosa era urgente, poi mi pare che mi fu detto di far avvicinare il nucleo alle 22,45-23 circa.

FRANCO BASSANINI. Quest'ultima ora torna.

VALERIO DONNINI, Funzionario direzione centrale affari generali-dipartimento pubblica sicurezza. In quelle circostanze, purtroppo, il trascorrere del tempo - lo dico perché è stato anche oggetto di discussione con qualche collega - era falsato. A volte arrivavamo alle 16, alle 17 e, a causa di tutto quello che c'era da fare, delle cose che si susseguivano e della velocità con cui si susseguivano, credevamo che fossero ancora erano le 13.
Quindi, onestamente, onorevole Boato, credo che l'orario fosse intorno alle 21,30.

MARCO BOATO. Non ho alcun motivo di dubitare di quello che lei sta dicendo. Come risulta dal resoconto stenografico dell'audizione del questore, dottor Colucci, egli dice di essere stato avvertito dell'episodio che poi ha dato origine a questi fatti attorno alle 22,20. Non dubito che lei sia stato chiamato alle 21 o alle 21,30, ma c'è uno sfasamento fra causa ed effetto. Probabilmente, voi siete stati preavvertiti di un'operazione prima che la causa ufficiale di quella operazione fosse verbalizzata. Tuttavia, è una pura ipotesi.

VALERIO DONNINI, Funzionario direzione centrale affari generali-dipartimento pubblica sicurezza. Francamente, le 22,20


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mi sembra un po' tardi, perché dovevamo cercare gli uomini; passarono quei cinque minuti in cui il dottor Canterini chiamò, poi io telefonai al questore Colucci, dando l'OK. Mi pare quindi un po' tardi, ma, onestamente, non posso essere preciso sotto questo profilo.
Per quanto riguarda il dirigente, credo che fosse il dottor Gaggiano, che era presente. Più tardi ci incontrammo anche con il dottor Calesini che aveva già provveduto ad effettuare degli interventi, ma questo avvenne successivamente, mi pare nella piazza, in cui c'è il mercato ortofrutticolo.
Circa il possibile uso distorto del manganello Tonfa o dello sfollagente, è chiaro che tutto è possibile.

MARCO BOATO. Nel senso che provoca effetti più gravi di quelli provocati...?

VALERIO DONNINI, Funzionario direzione centrale affari generali-dipartimento pubblica sicurezza. Francamente, ritengo che il Tonfa, utilizzato in maniera distorta, cioè per dare un colpo in testa, non provochi soltanto la fuoriuscita di sangue, ma qualcosa di più. È chiaro che, quando uno dà un colpo in testa, certamente può graduarlo. Inoltre, utilizzando il Tonfa - io non so se lei lo abbia mai visto - che ha un'impugnatura laterale, e quindi viene usato in direzione orizzontale e non verticale, non è agevole dare un colpo in testa: al massimo, un colpo in faccia sempre dato male può spaccare lo zigomo, ma generalmente non si utilizza, verrebbe anche male, a meno che non si prenda dal manico e si utilizzi come martelletto. Per quanto riguarda il sangue, quindi, non so darle una risposta. Probabilmente, gli scontri di cui siamo stati protagonisti a Genova rientravano in una situazione particolare. C'è la possibilità che qualcuno abbia utilizzato gli strumenti in dotazione nella maniera sbagliata. Le fotografie parlano


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chiaro, qualcuno è stato visto con lo sfollagente rovesciato. Però mi consenta, onorevole Boato, qualche volta i nostri ragazzi, pur essendo addestrati in un certo modo, debbono fronteggiare situazioni in cui il rapporto di forza è, come minimo, di uno a dieci, uno a quindici, uno a venti. Allora, anche se non è giustificabile, può succedere che qualcuno giri lo sfollagente per renderlo più...

MARCO BOATO. Aggressivo...

VALERIO DONNINI, Funzionario direzione centrale affari generali-dipartimento pubblica sicurezza. Sì, aggressivo. Mi perdoni lo sfogo - non ritengo di fare nulla di grave - ma vorrei dire che da un anno a questa parte noi (mi metto in mezzo anch'io) del dipartimento pubblica sicurezza della Polizia di Stato abbiamo attuato un cambiamento veramente epocale, direi quasi una rivoluzione copernicana, nei servizi di ordine pubblico: ad esempio, abbiamo istituito una scuola per l'addestramento a livello nazionale. Una volta i reparti erano un ricettacolo di persone che erano state punite: invece, da un anno a questa parte, non dico che queste non arrivino più, ma sicuramente ciò avviene in misura molto minore, addirittura quasi nulla. Abbiamo veramente cercato di cambiare la filosofia di impiego di questi reparti. Sicuramente c'è molto da fare, ma le posso assicurare, onorevole Boato, che molto è stato fatto perché le cose si svolgessero in maniera più «democratica», anche se l'espressione potrebbe apparire un po' forte. Certamente «la mamma dei cretini è sempre incinta», si sa; quindi, se qualcuno ad un certo punto ha esagerato, se ne occuperà l'inchiesta della magistratura.

MARCO BOATO. Vorrei solo capire, le responsabilità le accerteranno altri.


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GRAZIA LABATE. Il dottor Donnini - penso che lascerà agli atti il testo della sua relazione - ci ha parlato della lunga fase di addestramento e di aggiornamento del personale della polizia, iniziata molto prima, congruamente per tempo, per i nuovi compiti che spettano alle forze dell'ordine, anche in relazione all'evoluzione degli avvenimenti.

VALERIO DONNINI, Funzionario direzione centrale affari generali-dipartimento pubblica sicurezza. Sì, nella mia relazione ho accennato al fatto che, in passato, uno screening, un monitoraggio dei vari reparti aveva evidenziato un grandissimo aumento del numero dei feriti. Questo ci aveva fatto capire che qualcosa stava cambiando nell'ordine pubblico, ma soprattutto che i reparti avrebbero dovuto adeguarsi alle nuove esigenze.

GRAZIA LABATE. Ho compreso perfettamente. Anche ieri abbiamo sentito dal dottor Canterini come si è svolto tutto il periodo di addestramento, quante unità ha riguardato e che, al termine era stata eseguita anche una specie di simulazione, alla presenza del ministro dell'interno.
La prima domanda che vorrei rivolgerle è se, al di là delle tecniche, dei materiali e delle innovazioni (anche delle tute), in vista di un'occasione come quella del G8 di Genova - non lo dico ex post, perché sono deputata genovese e ho vissuto lì quei giorni difficili -, l'addestramento secondo la sua lunga esperienza, doveva comprendere anche la simulazione in blocco della movimentazione dei reparti celeri il questore ci ha lasciato un ricco dossier, non solo la sua ordinanza del 12 luglio posto che il quadro dei luoghi in cui si sarebbero tenute le piazze tematiche o la manifestazione non autorizzata (che però era oggetto di una richiesta respinta) era noto. Nessuno pensò che, forse, visto che il personale addestrato operava in una città sconosciuta ed anche di difficile percorribilità,


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sarebbe stato importante, arrivare alcuni giorni prima - lei afferma che siete arrivati un po' di giorni prima - per effettuare sopralluoghi per la movimentazione, quanto meno vicino alle piazze tematiche, poiché quelle da tempo si conoscevano?
La seconda domanda le è già stata rivolta da alcuni colleghi e non vorrei che lei prendesse questa mia per testardaggine o pervicacia. È certo però che oramai ci troviamo di fronte ad una specie di rebus di impossibile soluzione, perché, per quanto riguarda la vicenda della Diaz - che, come lei potrà immaginare, è una questione assai particolare ancorché all'attenzione della magistratura - credo sia importante determinare tempi e metodi.
Ci troviamo di fronte - debbo darle atto in questa sede - ad una conferma della ricezione della telefonata da parte della questura: lei parla delle 21-21,30, minuto più minuto meno (è difficile dirlo ed occorre tenere conto anche dello stato psicologico in quelle giornate). Dopodiché, si rende conto delle unità che può mettere a disposizione, avverte il questore che le dice di tenersi pronto per quell'ora. A pagina 38 del resoconto stenografico dell'audizione del questore Colucci nella seduta del 28 agosto - ahimè - trovo invece un'altra descrizione da parte del questore di Genova, il quale sostiene che alle 22,20 viene informato che in via Cesare Battisti ci sono stati gli episodi di assalto a due volanti. A questo punto, preso atto dell'informazione, indica al dottor Mortola, capo della DIGOS genovese, di fare un sopralluogo. Poi, il dottor Mortola torna in questura.
Ora, chi le parla conosce Genova. Lei sa che dalla questura di Genova per arrivare alla Diaz... Voglio dire: il dottor Mortola si muove con una macchina veloce...


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VALERIO DONNINI, Funzionario direzione centrale affari generali-dipartimento pubblica sicurezza. Non so dove sia la Diaz.

GRAZIA LABATE. In via Cesare Battisti: ci vogliono cinque minuti in macchina, forse sono anche tanti.
Dopodiché, si decide, al ritorno del dottor Mortola, di effettuare l'operazione, più o meno intorno alle 23. Domando...

VALERIO DONNINI, Funzionario della direzione centrale affari generali-dipartimento pubblica sicurezza. Quindi, si sostiene che la telefonata mi sarebbe arrivata intorno alle 23?

GRAZIA LABATE. No, il questore non dice quando la telefonata è arrivata a lei, ma dice che alle 22,20, egli, questore di Genova, apprende ciò che è avvenuto in via Cesare Battisti. Quindi, manda il dottor Mortola ad effettuare un sopralluogo della zona; il dottor Mortola torna in questura, riferisce del sopralluogo e cioè di aver visto un centinaio di persone, alcune con la funzione di vedetta rispetto agli altri...

VALERIO DONNINI, Funzionario direzione centrale affari generali-dipartimento pubblica sicurezza.Ho capito perfettamente.

GRAZIA LABATE. A quel punto decidono di compiere l'operazione; dopodiché mi aspetterei, se così sono andate le cose, che poi le telefonino e le dicano: si allerti insieme ai suoi uomini. Invece abbiamo da lei e dal dottor Canterini una versione diversa: tra le 21 e le 21,30, anche le 21,45, il questore le ha telefonato avvertendola della imminente operazione, degli incidenti verificatisi e sollecitandola ad attrezzarsi con i suoi uomini.


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PRESIDENTE. Onorevole Labate, deve leggere tutta la frase. In effetti il questore Colucci ha detto: «venivo informato». Però se legge il contesto, parla anche della riunione tenutasi a quest'ora. Se lei lo dovesse ritenere opportuno, chiederemo all'ex questore di puntualizzare se quella è l'ora della telefonata o dell'incontro svoltosi nel suo ufficio.

GRAZIA LABATE. Poi prosegue, presidente, e dice: «Nella circostanza nel mio ufficio erano presenti...»

PRESIDENTE. Quindi, sta parlando di quella circostanza alle 22,20. Ritengo che il dottor Donnini oggi abbia confermato che era a cena con talune persone e che ha ricevuto la telefonata intorno alle 21,30. Credo che su quest'argomento non possiamo aggiungere altro. Quindi, se desidera porre altre domande...

VALERIO DONNINI, Funzionario direzione centrale affari generali-dipartimento pubblica sicurezza. Si tratta delle 21,30-21,45.

GRAZIA LABATE. Era importante questa puntualizzazione. Se il presidente è d'accordo, potremmo richiedere al questore Colucci una precisazione circa la dinamica di questi orari di cui sono state date diverse versioni.

VALERIO DONNINI, Funzionario direzione centrale affari generali-dipartimento pubblica sicurezza. Per quanto riguarda la prima domanda, lei mi chiede se sarebbe stato possibile arrivare prima per addestrare i reparti a muoversi a Genova. Noi questo lo abbiamo fatto, ovviamente non con tutti i reparti, ma con i dirigenti. Ho fatto cenno, nella mia relazione, al fatto che dall'11 al 14 luglio, credo, tutti i funzionari, i dirigenti dei servizi di ordine pubblico - quindi, quelli che


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materialmente avrebbero dovuto impiegare la forza in servizio - hanno effettuato dei sopralluoghi per vedere dove, come, quando e perché si sarebbero dovuti muovere.
Per quanto riguarda gli uomini, ciò non è stato fatto, ma non sarebbe stato neppure possibile. Lei pensi, onorevole Labate, che abbiamo temuto di non poter essere nelle condizioni di accogliere tutti gli uomini che arrivavano di rinforzo perché le navi affittate tardavano ad arrivare. Purtroppo, si era nel mese di luglio e tutte le imbarcazioni erano impiegate in crociera. Qualcuna per avaria o quant'altro, non è potuta intervenire; quindi, abbiamo dovuto ripiegare su altre. Pertanto, ci sarebbe stato impossibile far pervenire i reparti prima ancora della data stabilita.

PRESIDENTE. Dottor Donnini, oltre alla relazione lei si era riservato di consegnarci un manuale?

VALERIO DONNINI, Funzionario direzione centrale affari generali-dipartimento pubblica sicurezza. Consegnerei il manuale di base dell'addestramento che abbiamo effettuato, nonché la ...
Relazione del gruppo di lavoro sulle tecniche di intervento e sulle dotazioni utilizzate in occasione di servizi di ordine pubblico dalle principali forze di Polizia dell'Unione europea.

PRESIDENTE. La ringrazio a nome del Comitato per il suo contributo.
Sospendo la seduta fino alle 15.









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Pubblicato su: 2005-07-05 (1121 letture)

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