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 Rassegna Stampa: Il colonnello di piazza Alimonda

Inchieste EsistentiA pochi metri dal Defender, quando Giuliani venne colpito, c'erano ufficiali e sottufficiali dell'Arma tutti collegati via radio. Tra i più vicini il tenente colonnello Truglio, comandante delle Compagnie d'intervento risolutivo create per il G8, il più alto in grado nelle vie di Genova.
Ecco il verbale della sua unica deposizione, lacunosa come quella del capitano Cappello titolare della jeep da cui partì il colpo e anche lui presente. Il pm Franz, che chiede l'archiviazione per Placanica, non ha mai sentito Truglio. Cosa si dicevano gli ufficiali? Che ordini hanno dato all'autista? Perché quelle manovre «sbagliate»?

L'omicidio di Carlo Giuliani a Genova nel racconto degli ufficiali presenti

ALESSANDRO MANTOVANI

Forse Mario Placanica era davvero «terrorizzato» come sostiene il pm Silvio Franz. «Forse sparando voleva solo impaurire gli aggressori» come si legge nella richiesta di archiviazione per legittima difesa. E'invece del tutto certo, scolpito nei filmati e ora certificato dalle carte, che al momento del colpo di pistola i carabinieri della jeep di piazza Alimonda non erano affatto isolati. Né soli né abbandonati. A venti-trenta metri c'era un plotone intero, a non più di cinquanta la polizia schierata in piazza Tommaseo e nel mezzo tenenti e sottufficiali che si sbracciavano confusamente: si badi bene, i cc erano tutti collegati via radio o via «laringofono» per scambiarsi indicazioni anche a distanza. E ora si apprende che ancora più vicino, al massimo a venti metri dal punto in cui Carlo Giuliani veniva ferito e calpestato due volte dal Defender, c'era persino il comandante in capo delle truppe scelte dell'Arma, l'ufficiale più alto in grado nelle strade di Genova. Il tenente colonnello Giovanni Truglio l'ha riferito egli stesso ai magistrati. Quarantatre anni, paracadutista, Truglio al G8 era il massimo responsabile delle cinque Compagnie di contenimento e intervento risolutivo (Ccir) formate per l'occasione e poi disciolte. E a tre ore dall'omicidio, alle 20,20 del 20 luglio 2001, l'ufficiale poteva raccontare ai pm la sua versione su piazza Alimonda. «I manifestanti hanno caricato violentemente - ha dettato a verbale - Io stesso ero alle spalle del dispositivo. Dopo scontri cruenti i militari hanno ceduto, arretrando in maniera precipitosa. Era una fase molto concitata, io stesso sono arretrato sull'incalzare dei manifestanti fino ad arrivare all'imbocco della via d'uscita da piazza Alimonda, che credo essere via Caffa. Preciso che io mi sono fermato all'inizio della predetta via a circa una decina di metri dalla piazza e che il contingente, nel suo repentino arretrare, ha oltrepassato a ritroso le due Land Rover che sono rimaste così in piazza Alimonda distaccate dal dispositivo mentre cercavano di effettuare manovra per raggiungerlo. Addirittura il contingente - proseguiva Truglio - è arretrato a tal punto che io stesso mi sono trovato in posizione intermedia tra il contingente e le due autovetture, anzi forse più vicino a queste ultime. (...) Le due Land Rover, in un primo momento ritengo che siano arretrate in retromarcia in piazza Alimonda, rinculando verso destra (guardando in direzione monte) e successivamente avanzando a sinistra per cercare di invertire la marcia e raggiungere il contingente che oramai si trovava arretrato nella parte inferiore di via Caffa. (...) Mentre una delle due campagnole, che poi ho saputo essere quella su cui io mi trovavo originariamente, è riuscita a completare la manovra, la seconda è stata arrestata nel suo avanzare da un cassonetto delle immondizie che ha finito per bloccarla completamente. Non ho avuto modo di vedere distintamente tutte le fasi della vicenda - precisava ancora l'ufficiale - sia per la presenza di un muro di manifestanti che proseguiva nel lancio di sassi, sia perché resomi conto della situazione di pericolo cercavo in tutti i modi di richiamare l'attenzione del contingente che era arretrato in modo disordinato, per farlo nuovamente avanzare a sostegno del mezzo intrappolato. Non so dire se qualcuno degli occupanti abbia fatto uso di armi da fuoco, io non ho sentito spari. Ho veduto un manifestante a terra. (...) Dopo che la campagnola era restata bloccata l'ho vista effettuare una marcia indietro e poi ripartire. In quest'ultimo frangente mi sono accorto che avanzando stava oltrepassando il corpo di una persona. Non so dire se l'avesse già investita in retromarcia».

Altri avevano visto molto meno. Il capitano Claudio Cappello che comandava la compagnia, nella relazione di servizio datata 21 luglio scriveva di aver visto solo le jeep che facevano manovra «accerchiate dai facinorosi». L'11 settembre seguente, sentito dal pm Franz perché il suo nome era uscito in un'assemblea a Bologna, a proposito della jeep Cappello aggiungeva: «Fu il tenente colonnello Truglio che mi disse di averla vista passare sopra un corpo». Del resto a non più di dieci secondi dal colpo di pistola, quando il Defender aveva già schiacciato il corpo di Carlo ma il suo cuore sembrava battere ancora, Truglio è stato il primo a raggiungere la jeep. Nella foto che pubblichiamo si vede un carabiniere con i gradi del tenente colonnello, una torre e due stelle, e ufficialmente non ce n'erano altri in zona. A Truglio e Cappello erano peraltro assegnate le due Land Rover. Truglio, racconta, ne era sceso poco prima. Quando sia sceso Cappello non si capisce, ma la jeep di Placanica era la sua. E se i due Defender non avevano le grate su tutti i lati è solo perché non erano affatto destinati alla carica e alla successiva scomposta ritirata del pur cospicuo plotone (cento o cinquanta: ps e cc non si accordano neanche sui numeri).

Lo stesso Cappello ha ammesso che le due jeep non dovevano trovarsi lì. «Vi fu un arretramento disordinato - ha detto ancora al pm - Io non mi reso conto che dietro di noi vi erano anche le due Land Rover, anche perché non c'era alcun motivo operativo». Parola dell'ufficiale che comandava le truppe, sia pure sotto la direzione di un vicequestore aggiunto, Adriano Lauro, e con il suo superiore a pochi metri. Cosa si dicevano gli ufficiali? Che ordini hanno dato agli autisti? Perché non hanno richiamato le truppe? Mistero. E dai pm nessuna domanda.

Se Truglio era così vicino (una volta dice dieci metri dalla piazza, una volta trenta-quaranta dalla scena) non si capisce per quale motivo non sia mai stato interrogato personalmente dal sostituto Silvio Franz. Il tenente colonnello, infatti, era stato sentito solo il 20 luglio dai pm di turno, Anna Canepa e Andrea Canciani, ma quella deposizione era per forza superficiale, sommaria, insufficiente: due paginette e mezzo di verbale, nessuna domanda se non «quanti erano i manifestanti?», «cos'altro ha visto?», «e poi dove è andata la jeep?». Eppure il pm Franz in diciassette mesi non ha trovato un momento per riascoltare il comandante, per farsi spiegare accadimenti durati pochi minuti ma certo irriducibili al confronto tra il ventenne Mario e il ventitreenne Carlo, uno con la pistola e l'altro con l'estintore. Per il magistrato era inutile. Così di Truglio si sono occupati solo gli autori delle controinchieste di sherwood.it e italy.indymedia.org, da Lello Voce agli anonimi Arto e Franti. Impossibile, per il manifesto, un colloquio con l'ufficiale: al comando dell'Arma rispondono picche, un po' «per rispetto della magistratura» e un po' «per ragioni di sicurezza».

Lo stesso dottor Franz scrive che «la vicenda va valutata non immaginando uno scontro tra Giuliani, ma contestualizzando le condotte». E se «Placanica - come afferma il pm - negli interrogatori non è stato in grado di fornire precisazioni in merito agli istanti che hanno preceduto l'esplosione dei colpi», altri quelle precisazioni avrebbero dovuto fornirle. O almeno un magistrato dovrebbe pretenderle. Tanto più quando scopre che all'operazione conclusa con un morto sulla strada, il primo morto da ordine pubblico dopo ventidue anni (il precedente diretto non è Giorgiana Masi, 12 maggio `77, ma Alberto Giaquinto, giovane neofascista ucciso a Roma il 10 gennaio `79 da un agente in borghese), partecipava anche il comandante delle Ccir, compagnie speciali «di rinforzo» collegate alla centrale dei Cc ma ingovernabili per la polizia che dirigeva i servizi. A maggior ragione se lo stesso pm accerta che le manovre erano sbagliate, che i carabinieri potevano comunicare fra loro e che Lauro e Cappello fanno scaricabarile anche sulla decisione di caricare in piazza Alimonda, dalla quale verrà poi la ritirata e l'«accerchiamento» delle jeep. Per non dire della radio. Indimenticabile, davanti al comitato parlamentare d'indagine, il tentativo di nascondere la ricetrasmittente che era a bordo del Defender: una pessima figura per l'allora comandante generale dell'Arma Sergio Siracusa, smentito dal colonnello di Genova Giorgio Tesser. In seguito le trascrizioni radio sono state acquisite dal pm, che però ha ritenuto «inutili» anche quelle. Tutto «inutile», insomma, comprese le piccole telecamere installate nei caschi di alcuni militari: i filmati, consegnati dopo un paio di mesi, sono risultati «inutilizzabili perché gli operatori si agitavano troppo».

Anche i misteri di piazza Alimonda sono troppi, vengono i brividi pensando che il 18 febbraio il gip Elena Daloiso potrebbe firmare l'archiviazione. Un tale esito lo prevedeva dal primo giorno l'ex procuratore di Genova Francesco Meloni, come del resto ricordato di recente dal suo successore Francesco Lalla: «Le prime impressioni andavano in direzione della legittima difesa», ha detto al Corriere del 6 dicembre. Eppure c'è l'immagine di quella mano che impugna la pistola, ferma per un minuto nella posizione orizzontale di chi sa sparare e sta prendendo la mira, difficile da ricondurre al ventenne ferito, intontito dal gas e morto di paura. C'è un'autopsia che anche Franz giudica «superficiale», solerte nell'escludere ogni responsabilità per l'autista del mezzo e del tutto impresentabile sul presunto frammento del proiettile rimasto nel cranio, visibile alla Tac ma ignorato dal professor Marcello Canale: diventerà la base della tesi dei periti del pm, secondo i quali l'ogiva si sarebbe frantumata battendo sul famigerato «calcinaccio» che avrebbe deviato il colpo. E ancora, ci sono le contraddizioni di Placanica, che in un primo interrogatorio diceva «ho sentito la mia mano contrarsi partire dalla mia pistola due colpi» (20.7.'01), nel secondo «mi misi a urlare `andatevene o vi ammazzo' e lo dissi almeno tre o quattro volte. L'aggressione continuava e fu allora che esplosi un colpo, il successivo seguì quasi di riflesso» (11.09.'01), e poi ha cambiato idea con tv e giornali dicendo di aver sparato in alto (ormai c'era il sasso) e perfino di non sapere se avessero sparato altri. Ci sono le foto in cui l'indagato somiglia troppo al militare che non può aver premuto il grilletto, un'impressionante altalena di perizie e infine il ruolo oscuro di Truglio, Cappello e degli altri responsabili dei cc in piazza Alimonda. L'élite delle forze armate sul fronte della guerra interna.

Dal Manifesto del 29 Dic 2002



 
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