Lo spettro del lavoro nero è più materiale della vela di Fuckas

Expo sarà una grande occasione per il territorio ed offrirà opportunità occupazionali che permetteranno all’area metropolitana milanese di uscire dalla crisi. I cartelloni elettorali del candidato sindaco Moratti parlano di 65 mila nuovi posti di lavoro a Milano all’anno da qui ad Expo, risultato che garantirebbe 330 mila nuovi posti di lavoro su Milano solo per Expo il che necessiterebbe l’urgenza di un esodo di massa verso Milano di forza lavoro a ricoprire tutta quest’abbondanza di richiesta. Gli eventi già presenti in città come salone del mobile e settimana della moda vengono da alcuni indicati come modello con cui la città potrà gestire l’evento, in cui esplosioni di creatività incontrollata governeranno le strade della metropoli rinnovata. Tutto ciò è ridicolo ed offensivo nei confronti di tutti coloro che scelgono di corrodere la patina del glam e che non vivono solo di immaginario e di fantasiosi annunci: la realtà di Milano2011 è che fuori dal Fuori Salone gli eventi sono costruiti ai livelli più materiali (montaggio e smontaggio) da lavoratori in nero, sfruttati e gestiti da organizzazioni evidentemente criminali. Il buon vecchio caporalato è ancora oggi strumento di profitto per la grande azienda che costruisce l’evento, oggi FieraMilano S.p.a. (che in maniera goffa pensa che il lavoro nero strutturale nella Fiera sia risolvibile col licenziamento di un guardiano, evidentemente poco colpevole della scelta di modello produttivo dell’azienda), domani Expo, dopodomani le gigantesche speculazioni edilizie che si stanno organizzando per succedere ad Expo. Non parliamo però qui solo di situazioni che per alcuni possono essere ritenute marginali, considerato che la manodopera ad uso dei caporali è formata spesso da migranti, ex carcerati e più in generale dalle categorie sociali più ricattabili. Non c’è molto da ridere neppure per i lavoratori “creativi”, fiore all’occhiello della città, vittime del fallimento della società che gestisce il fuori salone di Zona Tortona, frutto di un modello economico insostenibile. A differenza quindi dell’egemonia della forma, dell’apparenza e di certo design, emerge l’evidenza e la realtà del “sotto il vestito niente”: niente benessere, niente diritti, niente speranza. L’unico modo di partecipare alla città vetrina è esserne consumatore fino a quando ne hai le disponibilità e sperare nei periodi di magra di non essere spinto ai margini di questa. E’ chiaro che l’esplosione in città dell’economia informale, parzialmente o totalmente illegale poco importa, favorisce il partito del profitto e della speculazione, partito trasversale, come le vicende dei terreni Expo insegna, ed il partito della ndrangheta, anch’esso trasversale (considerate le indagini recenti). Nell’hinterland metropolitano si sta sempre più depositando il lavoro sporco per Expo e non sono dei casi le infiltrazioni dell’ndrangheta dei comuni di Desio e Trezzano sul Naviglio (per citare due esempi ad opposte angolature della città) o la presenza sempre della ndrangheta addirittura all’interno della caserma dei carabinieri di Rho (5 arresti la scorsa estate). Legale o illegale non è comunque il metro con cui si valuta lo stato di salute del territorio anche quando si parla di lavoro. La questione è invece quella dello sfruttamento, del potere di ricatto delle aziende che permette loro da una parte di abbassare il costo del lavoro per alzare i profitti e dall’altra di agitare lo spettro della disoccupazione come giustificazione alle peggio opere infrastrutturali possibili sul territorio. A questo ricatto non ci pieghiamo: diritti e ambiente, lavoro e qualità della vita sono due facce della stessa medaglia.

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Posted: April 26th, 2011 | Author: Comitato NoExpo | Filed under: No expo | No Comments »

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