Questo il tema della puntata di questo venerdì di «Siamo tutti poeti laureati», in onda sempre alle 14.15 più o meno. Si parte dall’ombra del Vesuvio, con un assaggio di Leopardi inginestrato e una reminiscenza di eruzione preistorica, quella tremendissima delle “pomici di Avellino” con cui si aprono le «Ballate senza tempo» di Viola Amarelli; che ci condurranno quindi, progressive, attraverso l’Assiria antica e la Londra puttanesca e noir di fine Ottocento, fino all’oggi e alle magnifiche sorti di una onesta badante slava. Quindi seguiremo il filo di «un liquido sottile fuoco», da Lucrezio e Virgilio (i quali nulla hanno da invidiare al Genesi, che leggeremo per comparazione) colato fino a Petrarca, e da qui nella fiaba di Giambattista Basile «Lo scarafone, lo sorece e lo grillo», dove allegramente si riaffaccia il tema della merda, in cui tanto abbiamo sguazzato nella puntata precedente. Basile la fa da padrone, eh, in questa puntata; si leggeranno e frammenti di sue fiabe, e fiabe di “basilisti” moderni (Ruccello, Palasciano), nonché suoi versi dalle «Muse napolitane»; la litigata inclusa nelle quali troverà riverbero in una scena analoga dalla «Gatta Cenerentola» di De Simone. E se c’è tempo, verranno letti un paio d’altri poeti napoletani del Seicento, chi più alato, chi più ebbro e scompisciato.
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