Bergamo – Nonostante manchino solo dieci giorni all’inizio del nuovo anno scolastico, le assunzioni di insegnanti a tempo indeterminato, previste dalla riforma, sono ancora in corso e questa tempistica potrebbe causare non pochi problemi anche ad anno scolastico ormai iniziato.
La Buona Scuola, infatti, prevede l’assunzione di docenti in quattro fasi: le prime due (fase zero e fase a) sono destinate a graduatorie provinciali di docenti che hanno vinto i concorsi passati (quelli del 1990 e 2012) o che sono inseriti nelle graduatorie ad esaurimento, cioè in possesso di abilitazione e in servizio (come supplenti) dal 1996 o 1999. Durante queste due fasi, dunque, ogni provincia assegna i posti disponibili, ripartendoli al 50% tra i vincitori dei concorsi e chi è inserito nelle graduatorie ad esaurimento. Al termine di questa operazione, se rimangono dei posti disponibili non assegnati, le fasi B e C prevedono che essi vengano ridistribuiti su scala nazionale, a chi in altre province è inserito in queste graduatorie ma non ha ottenuto un’assunzione per carenza di posti disponibili e volontariamente decide di presentare domanda per l’assegnazione di un posto di ruolo in altre province. La ridistribuzione viene effettuata in modo informatico da un algoritmo che tiene conto della classe di concorso del docente e dell’ordine di preferenza espresso per le province.
A Bergamo le prime due fasi sono terminate ed hanno lasciato scoperti ben 628 posti (148 nella primaria, 329 nella secondaria di primo grado e 151 nella secondaria di secondo grado) che sono stati dunque ridistribuiti su scala nazionale; la tempistica tuttavia non è immediata, perché ogni docente che ha ricevuto dal ministero una proposta di assunzione in altra provincia ha dieci giorni di tempo per decidere se accettare o meno; ciò significa che prima del 12 settembre non si saprà con certezza se tutti i 628 posti saranno coperti.
Un’ulteriore complicazione è data dal fatto che l’accettazione del posto a tempo indeterminato non implica necessariamente la presa di servizio immediata in quella provincia: un insegnante che nel frattempo ha ottenuto una supplenza nella provincia dove è inserito in graduatoria può infatti richiedere di “temporeggiare” un anno, lavorando come supplente, e ritardare la presa di servizio a tempo indeterminato nella provincia in cui ha ottenuto l’assunzione. Questa clausola si è resa necessaria in quanto il farraginoso meccanismo di assunzioni prevede che in dieci giorni le persone si spostino, anche di centinaia di km, per inseguire l’assunzione; in molti casi, però, si tratta di madri o padri con figli anche piccoli, per i quali non è fattibile pensare di cambiare completamente vita in dieci giorni, trasferendosi in altra città, e mantenendo lo stesso stipendio. La possibilità di rimandare di un anno la presa di servizio in altra provincia, dunque, consente a migliaia di persone di non perdere l’opportunità del posto a tempo indeterminato, dopo decenni di precariato. Per quanto riguarda l’organizzazione scolastica, tuttavia, ciò crea ancora più confusione: infatti fino a metà settembre non sarà possibile sapere quanti neo immessi in ruolo prenderanno effettivamente servizio e quanti invece ritarderanno di un anno, rendendo dunque necessaria la chiamata di supplenti annuali, ad anno scolastico iniziato.
Se la riforma ha immesso in ruolo numerosi docenti precari da decenni, è innegabile che il meccanismo di assunzione non ha tenuto conto né delle tempistiche delle scuole né delle esigenze dei docenti; inoltre, se l’obiettivo sbandierato dal governo era “eliminare la supplentite”, allora il fallimento della riforma appare ancora più evidente, in quanto le supplenze saranno ancora necessarie per coprire i numerosi buchi nell’organico. Al di là di proclami politici e slogan, quello che rimane a inizio del nuovo anno scolastico sono ritardi e disagi, sia per docenti che per studenti e studentesse.