Pubblichiamo una lettera di un’insegnante in gita scolastica con la classe a Expo. Riflessioni sulla grande esposizione universale.
Bergamo – In questi mesi si è sentito tanto parlare di Expo, riguardo al quale è stato già detto tutto o quasi; c’è un aspetto, però, che è rimasto lontano dal dibattito pubblico, pur essendo centrale: quello pedagogico. Infatti non tutti forse sanno che moltissime scuole, soprattutto in Lombardia ma anche da altre regioni, hanno organizzato per quest’anno la loro gita scolastica proprio ad Expo; si tratta di scuole di ogni ordine e grado: elementari, medie e superiori, che vengono interamente portate all’esposizione universale di Milano.
Come si può facilmente immaginare, ciò genera un indotto economico esorbitante, nonostante il prezzo di ingresso scontato per le scolaresche. Quello su cui però, da insegnante, vorrei soffermarmi è il senso pedagogico di una visita d’istruzione a Expo: a scuola, infatti, ogni gita viene organizzata con una motivazione didattica. Quale modello di sviluppo vogliamo mostrare a dei ragazzi, mi chiedevo, portandoli lì? Quello dello sfruttamento delle persone? Quello degli appalti truccati e dello spreco di denaro pubblico? Quello della globalizzazione e di McDonald’s (che dentro Expo offre il gelato alle scolaresche)?
Personalmente, quindi, ero fin dall’inizio contraria: mi sembrava aberrante, infatti, pensare che in quella cornice potesse esserci un qualche insegnamento positivo da condividere con degli studenti. Certo, il tema del cibo: nel mio caso, però, in classe non era mai stato affrontato e i ragazzi e le ragazze non avevano avuto alcuna preparazione a riguardo. Se anche comunque l’avessero avuta, non avrebbero trovato ad Expo nessuno stimolo ad una riflessione critica: i padiglioni infatti sono progettati per essere fondamentalmente una pubblicità per le diverse nazioni, con pochissime spiegazioni su biodiversità, coltivazioni tipiche, cibo come cultura peculiare di un luogo.
Inoltre, negli ultimi anni nelle scuole italiane sono aumentati i progetti (come la coltivazione di orti “scolastici”) per insegnare e valorizzare il territorio e il cibo locale; difficile non notare una macroscopica contraddizione con una gita ad Expo, dove di locale non c’è nulla. Nonostante non ci fossero molti visitatori, poi, il tempo che ci hanno lasciato nei padiglioni per osservare e leggere i documenti è stato pochissimo, senza poi alcuna spiegazione né guida.
Expo infatti punta allo spettacolo, a stupire con luci ed effetti speciali, e l’effetto finale ricorda un po’ un gigantesco parco divertimenti, come Gardaland. Una spettacolarizzazione, un’ assenza di pensiero critico, un vuoto di contenuti che sono esattamente il contrario di quella che dovrebbe essere la missione della scuola, di ciò che io insegno ogni giorno. Questo pensavo, mentre eravamo a Expo. A dimostrazione di ciò, la mia classe ha apprezzato soprattutto il video in 4d di un padiglione (uno spot per incrementare il turismo in quella nazione) e lo spettacolo di luci dell’albero della vita. Cosa si sono portati a casa i miei studenti e studentesse da una visita a Expo? Tanto spettacolo e lucine, ma nessun contenuto.