Il tracollo del PDL, l’affermazione del PD, la narrazione del comico genovese e molto altro.
Bergamo – La tornata elettorale del 24 e 25 febbraio scorso restituise uno scenario politico del tutto nuovo per il comune di Bergamo. Che per il Popolo della Libertà si tratti di una cocente, seppur relativa, sconfitta locale è un’evidenza palesata dai numeri. Ma soprattutto i risultati testimoniano un capovolgimento di fronti che per la città di Bergamo costituisce un forte cambiamento. Ma procediamo con ordine, partendo dal confronto con i dati nazionali. Il Partito Democratico è oggi il primo partito cittadino, con oltre tre punti percentuali in più rispetto al dato nazionale relativo alle preferenze catalizzate (30,94% contro 27,43% per il Senato e 28,45% contro 25,42% per la Camera). Per il PDL la situazione è rovesciata, con un dato significativamente peggiore nel comune di Bergamo rispetto a quello nazionale (16,99% contro 23,3% per il Senato, 16,96% contro 25,56% per la Camera). Il risultato elettorale della Lega Nord resta invece importante e ampiamente superiore a quello nazionale: a dispetto degli scandali che hanno investito la Giunta regionale lombarda, il Carroccio perde meno di 3 punti percentuali mantenendosi tra l’11 e il 12% delle preferenze per Senato e Camera. E d’altra parte, la capacità di tenuta della Lega Nord nella regione dove il movimento ha il proprio storico bacino elettorale è confermata dalla vittoria di Maroni nelle elezioni regionali. Allo stesso tempo, i dati parlano di un avvicendamento: le preferenze catalizzate dal PD, in termini percentuali, sono superiori a quelle di PDL e Lega Nord insieme. Un dato sorprendente e inatteso per Bergamo, che equivale ad un capovolgimento di fronti: nelle consultazioni regionali del 2010, nel comune di Bergamo, PDL e Lega Nord raggiungevano il 53,84% contro l’odierno 23,98%, mentre oggi il PD sale al 28,55%. Ad oggi la compressione percentuale del PDL a Bergamo equivale ad una capitolazione, mentre l’affermazione del PD prefigura un cambio nell’establishment locale per i prossimi anni.
Se si confronta il dato percentuale del PDL delle comunali del 2009 con quello relativo alla consultazione elettorale regionale del 24 e 25 febbraio, sempre sul comune di Bergamo, il partito di Berlusconi perde 14 punti percentuali. Il PD invece ne guadagna 7, ma in ogni caso è difficile credere ad uno spostamento di consenso dall’una all’altra formazione. Certamente lo slittamento al centro del PD, in una città come Bergamo con una forte tradizione cattolica e di governo democristiano, significa qualcosa. Se si considerano però le preferenze espresse a Bergamo per la coalizione di Mario Monti (intorno al 15% sia per il Senato che per la Camera e perciò superiori al dato nazionale), è lecito attendersi che una parte significativa dell’elettorato del PDL abbia in questa tornata optato per la coalizione del professore. I dati comunali sembrerebbero invece destituire di ogni fondamento la previsione secondo cui il Movimento 5 Stelle avrebbe catalizzato i voti della base leghista. La Lega Nord, come spiegato, dimostra infatti tenuta, ma viene ridimensionata dalla caduta libera del PDL: almeno a Bergamo, senza la formazione di Berlusconi, il Carroccio diventa soggetto marginale. Proprio questo elemento attribuisce rilevanza ai dati relativi alle ultime elezioni. A partire dal significato politico che assume in relazione alla composizione dell’attuale Giunta Tentorio, caratterizzata dall’asse tra PDL e Lega Nord. Se la coalizione di Tentorio rimettesse oggi al vaglio dell’elettorato il suo mandato con la medesima composizione che aveva assicurato ad essa la vittoria nel 2009, stante i risultati dell’ultima consultazione, il PD potrebbe anche vincere le elezioni correndo da solo. Un dato che, se non sfiducia l’amministrazione di Tentorio, certo non esprime plauso e soddisfazione nei confronti della sua giunta; un’evidenza di cui il sindaco di Bergamo non può non tenere conto. Su scala regionale, poi, se si considera che nel comune di Bergamo la coalizione di Ambrosoli ha ottenuto il 46,9%, contro il 37,55% catalizzato dalla coalizione di Maroni, la prospettiva appare assai diversa dalle vittorie “plebiscitarie” di Formigoni dell’ultimo decennio.
Va tenuto conto che, prevedibilmente, il crollo locale del PDL, e la strettoia politica che tale crollo prefigura per la Lega Nord, non metteranno in discussione il sistema di potere di Comunione e Liberazione, almeno non a Bergamo. Non va dimenticato che nel comune di Bergamo chi vince le amministrative generalmente non prescinde dall’intesa con CL, sia a destra che a sinistra. Così è stato negli ultimi 20 anni e, a suo tempo, anche per la Giunta di centro-sinistra di Bruni. In questo senso, la trasversalità di CL è eloquente evidenza dell’influenza pervasiva di cui dispone a Bergamo il movimento religioso; l’idea che con Formigoni venga meno anche il sistema di potere di cui egli è espressione è una pura illusione. È più facile immaginare che cambino i referenti politici di CL, che con il tradizionale pragmatismo dei suoi aderenti prenderà certamente atto del capovolgimento di fronti intervenuto assumendo debite cotromisure. Non è detto però che ciò dia luogo automaticamente ad una organica convergenza di CL con il PD. Ben inteso, si tratterebbe di uno scenario plausibile (che il segretario provinciale del PD Martina sia stato eletto in regione con i voti di CL non è un segreto, e non lo è per stessa ammissione di Martina); ma il successo della coalizione di Monti nel comune di Bergamo potrebbe allargare il ventaglio delle possibilità.
Sull’altra sponda, al PD manca ora il contrappeso della sinistra istituzionale: SEL ha di fatto una percentuale modesta, in linea con i dati nazionali, mentre la lista di Ingroia a Bergamo è andata persino peggio che nel resto del paese. Un andamento in discontinuità con quanto accaduto nell’ultimo decennio: quando i vari aggregati della cosiddetta “sinistra radicale”, o Rifondazione Comunista per conto proprio, hanno partecipato alla competizione elettorale alleandosi con il centro-sinistra (come accaduto per questo tornata elettorale regionale), hanno sempre incassato percentuali importanti. Il risultato catastrofico nella consultazione del 24 e 25 febbraio potrebbe allora contenere un messaggio inequivocabile: il fu elettorato della sinistra istituzionale non crede più alle alleanze con il PD, programmatiche o strumentali che siano. E d’altra parte associare l’idea del cambiamento ad alleanze con il PD, e ancora di più con un PD bergamasco “compromesso” senza imbarazzo con il sistema di potere di CL, coincide con una prospettiva del tutto illusoria, di cui la gente si è stancata definitivamente. Dove sono finiti allora quei voti? L’ipotesi verosimile è che siano andati in buona parte al Movimento 5 Stelle (il cui dato comunale, intorno al 9%, è comunque molto meno interessante di quello nazionale). Che piaccia o meno, Grillo esprime oggi un desiderio di cambiamento diffuso. In questo è rimasto quasi solo, certamente l’unico ad aver offerto all’elettorato l’illusione che le cose possano concretamente essere cambiate. Il M5S si nutre delle deficienze dei movimenti e della mancanza di prospettive della sinistra istituzionale, avvantaggiandosi di una fase di profonda sfiducia nella classe politica e diffuso peggioramento delle condizioni di vita. Ben inteso, l’elogio del movimento di Grillo non è l’intendimento di chi scrive. Eppure, se un ragionamento deve essere fatto, è proprio dalla straordinaria (in termini numerici) affermazione di quel movimento che deve partire, ovvero dal desiderio di cambiamento che risiede in una quota consistente della popolazione e che non ha trovato altro sbocco al di fuori del M5S, o, su un altro versante, dell’astensione dal voto (che anche a Bergamo appare in crescita).