Bergamo – Dopo il cordoglio di questi giorni, in seguito ai fatti di Parigi, il presidio di sabato pomeriggio in solidarietà delle vittime della redazione di Charlie Hebdo ha scatenato un acceso dibattito politico anche a livello locale: in particolare, argomento della polemica di questi giorni tra Lega e Pd è la costruzione di una moschea a Bergamo, al vaglio della giunta Gori da qualche tempo.
Gli esponenti del Carroccio Belotti e Ribolla, da sempre contrari, hanno approfittato degli ultimi tragici eventi per ribadire il loro dissenso e attaccare le posizioni “buoniste” dei democratici bergamaschi, invocando anche un referendum (previsto, ma che verrà probabilmente evitato, visto il rischio di ricorsi). La Lega Nord dunque non perde tempo e continua il suo percorso di speculazione ed emarginazione a sfavore della minoranza musulmana, definendo la costruzione di un luogo di culto un’ovvia ghettizzazione della comunità in sé, con tutti i problemi che ne conseguono. Il partito di Salvini, dunque, ha subito colto la palla al balzo, cavalcando l’onda dei sentimenti anti-islamici che hanno seguito la vicenda di Parigi. Alimentando la troppo facile e rischiosa generalizzazione islamici=fondamentalisti=terroristi, la Lega continua la sua opera di speculazione politica in un clima sempre più teso nei confronti del ‘diverso’, dell’’immigrato’.
E’ in questo contesto che una vicenda come quella della costruzione della moschea diventa terreno fertile per alimentare il terrore mediatico e per fare proselitismi anti-islamici. La libertà di culto è un diritto costituzionalmente sancito ad ogni cittadino, e il rispetto dei culti e delle credenze altrui rientra nel vasto genus dei diritti di libertà: negarla non farebbe altro che alimentare i processi di esclusione e discriminazione sociale che riguardano le minoranze etniche, in questo caso quella islamica, andando ad incrinare i già difficili processi di inclusione e ibridazione culturale. Secondo questa logica e in totale opposizione alla Lega, la risposta del PD bergamasco, nelle parole dell’assessore Angeloni, riconferma invece con fermezza la strada del dialogo e dell’incontro, per combattere gli estremismi e rendere possibile la libertà d’espressione anche attraverso il pluralismo religioso.
Nonostante le dichiarazioni politiche, comunque, il progetto di una moschea a Bergamo appare ad oggi tutt’altro che definito: si sono già svolti alcuni incontri tra gli assessori Zenoni, Gandi, Angeloni e Marchesi, incaricati di trovare un’effettiva e concreta soluzione al problema, considerando anche che durante l’anno la città sarà costretta a revisionare il suo piano di governo del territorio, utile a individuare lo spazio più adatto (tenendo inoltre conto che al comune di Bergamo non saranno chiesti soldi pubblici, poiché la realizzazione del progetto verrà sostenuta dalle comunità di minoranza religiosa coinvolte). A complicare le cose, però, è la prossima approvazione, in consiglio regionale, di una nuova legge (già definita “antimoschee”), che prevede una valutazione ambientale strategica e complica ulteriormente a livello burocratico l’iter della realizzazione di luoghi di culto. A questa difficoltà, si unisce poi l’assenza di proposte concrete riguardo gli spazi, altro aspetto centrale della questione: non è un caso infatti che i luoghi finora ipotizzati siano quasi sempre zone periferiche o ad alta densità migrante, come il centro Galassia di via Zanica e Celadina; difficile non vedere in queste proposte un rischio di ghettizzazione nei confronti dei migranti di fede islamica, destinati a vivere solo le periferie e le zone considerate più degradate.
Viene dunque da chiedersi, al di là dei proclami retorici di questi giorni, quali effettive proposte siano al vaglio del comune, e soprattutto a quale integrazione si miri, se il diritto fondamentale ad un luogo di culto diventa il pretesto per un’ulteriore esclusione e marginalizzazione della componente migrante dalla vita cittadina.