Si sono svolte stamattina le quattro ore di sciopero indette dalla rappresentanza sindacale unitaria dei lavoratori e delle lavoratrici della provincia di Bergamo: svariati i motivi che hanno spinto l’Rsu, composta da delegati di Cgil, Cisl, Uil e Csa, a proclamare l’intenzione di astenersi dal lavoro, per la prima volta nella storia dell’amministrazione provinciale.
Al centro della protesta c’è la decisione di procedere alla riorganizzazione dell’ente senza indicazioni certe riguardo al destino dei lavoratori e delle lavoratrici afferenti alle funzioni cosiddette “non fondamentali”, sulle quali la regione Lombardia ha lasciato alla provincia di Bergamo numerose deleghe; entro la fine di ottobre, infatti, si procederà al trasferimento di numerosi dipendenti (circa 250, la metà) verso altri enti, senza però che ancora siano stati resi noti i criteri con cui avverrà questa operazione. La richiesta è dunque quella di criteri trasparenti nella gestione di questi trasferimenti.
A destare ulteriore indignazione è la scelta, già dichiarata, della provincia di mantenere tutti i dirigenti, inserendo quindi nelle liste di sovrannumerari solo il personale dipendente. A questi lavoratori, inoltre, è stata data solo un’assicurazione verbale sul mantenimento effettivo del posto di lavoro: chi non sarà ricollocato, andrà in esubero. Come spesso accade, dunque, le difficoltà economiche ricadono sui lavoratori e le lavoratrici, senza alcuna conseguenza per chi si trova ai vertici.
Ancora riguardo ai trasferimenti, il personale accusa l’amministrazione provinciale del mancato rispetto dell’accordo già siglato sul rilascio del nulla osta al trasferimento verso altri enti per chi ne facesse volontariamente domanda: ciò causa numerose difficoltà nell’individuazione del personale sovrannumerario (destinatario di ricollocazione obbligatoria), a fronte di altri lavoratori che hanno trovato volontariamente una nuova destinazione e a cui l’amministrazione nega questa opportunità.
Con metà del personale, comunque, dovrebbero essere svolte le medesime funzioni su un territorio certo non esiguo, che conta un milione di abitanti; inoltre il personale è già al momento sotto organico, in quanto numerosi dipendenti sono stati mandati in pensione o prepensionamento ai fini di diminuire le spese.
Nello sciopero di oggi non mancano, inoltre, i motivi di ordine economico: entro maggio 2015 infatti, secondo il Contratto Collettivo Decentrato Integrativo, la Provincia avrebbe dovuto pagare ai dipendenti le competenze del 2014, ma a distanza di cinque mesi non ha ancora provveduto. Inoltre, non sono ancora stati stabiliti i criteri con cui avverrà, nel 2016, il pagamento delle competenze relative all’anno in corso, ritardo che fa prevedere ulteriori slittamenti per il prossimo anno.
La precaria situazione finanziaria di via Tasso, che conta 500 dipendenti, è nota da tempo:la legge di stabilità del 2015 infatti ha imposto agli enti provinciali, già provati dai tagli decisi dalla legge Delrio, una riduzione della spesa corrente pari ad 1 miliardo di euro per il 2015, 2 miliardi per il 2016 e 3 miliardi per il 2017. A Bergamo i tagli ammontano per quest’anno a 37 milioni di euro; nonostante i 30 milioni in arrivo, annunciati ad agosto dal governo, tra il personale è tanto lo scetticismo, in quanto di quei soldi non si è ancora saputo nulla; in ogni caso, non consentirebbero comunque il raggiungimento del pareggio di bilancio, per il quale mancano ancora 2-3 milioni di euro. Dalla Regione, dice qualche lavoratore, non si sta facendo nulla per risolvere questa situazione; anzi, proprio l’amministrazione regionale viene considerata responsabile, in quanto pur avendo riassegnato alle province le competenze che avevano in precedenza, non ha provveduto a collocare, unitamente alle funzioni, anche il personale. Dirigenti a parte.