Bergamo – Sono 43 i lavoratori e le lavoratrici che rischiano il proprio impiego all’Azienda Bergamasca Formazione e i cui contratti a tempo determinato, rinnovati costantemente per anni, senza mai giungere a una situazione di stabilità, sono ora minacciati da immediata cessazione. A loro bisogna aggiungere poi tutti gli altri docenti e tutor costretti a contratti a progetto, o tipologie contrattuali minori.
Il taglio dei finanziamenti alla formazione pubblica di Bergamo, che da sempre gestiva e organizzava corsi professionali post-scolastici, serali e diurni, rivolti a tutta la città, ha inizio nel luglio dello scorso anno, quando è stata chiaramente impedita dalla Provincia l’assunzione di ulteriore personale con contratti a tempo indeterminato, con l’obiettivo di un risparmio economico, sempre a discapito del lavoratore. L’unico risultato raggiunto è stato infatti una penalizzazione dei docenti, a partire dall’aumento delle loro ore lavorative settimanali fino all’incremento del numero di studenti per insegnante (in rapporto 1:9, invece di 1:6 come è sempre stato), della qualità del loro operato e della situazione di precarietà nella quale ora si trovano totalmente coinvolti, oltre alla definitiva scomparsa della figura professionale dei tutor. Anche questi ultimi infatti si sono trovati a subire un aumento degli alunni e hanno visto nel frattempo pian piano scomparire la loro rilevanza professionale: se prima erano un tramite indispensabile tra docenti, allievi e famiglia, ora il loro compito sembra essere solo quello di introdurre, passivamente, lo studente nel mondo del lavoro, collocandolo all’interno di una qualche azienda.
Ai docenti verranno affidati poi anche tutti i compiti del tutor, a quanto pare dimenticandosi delle loro già difficili condizioni. Questa situazione, però, non si ripercuote solo sugli insegnanti, ma anche, e forse soprattutto, sui loro studenti: come possono infatti essere garantite professionalità e qualità lavorativa nel momento in cui un docente è costretto a compiere il proprio operato senza un posto di lavoro sicuro e termini contrattuali dignitosi? Come possono esserci precisione e affidabilità da parte di chi si trova a dover lavorare in condizioni che non rispecchiano le sue capacità e la sua preparazione? L’idea di diminuire il numero di docenti, aumentando però per ognuno il carico di lavoro, non solo non risolve il problema del precariato, ma anzi lo accentua e porta a queste naturali conseguenze.
Oltretutto, coloro che hanno passato l’ultimo concorso pubblico (risalente a tre anni fa) per un impiego in ABF, vengono ora costretti a ripeterlo, con il paradosso di impiegati, già con un posto all’interno dell’Azienda, che si trovano costretti a ri-dimostrare una qualifica per il lavoro che svolgono. Emerge una profonda mancanza di rispetto nei confronti dei singoli individui e si intravede una mossa strategica da parte del direttore generale, per ovviare all’obbligo di assumere i lavoratori a tempo indeterminato: con il concorso verranno infatti azzerati tutti i mesi di continuità lavorativa da loro accumulata, anche se inizialmente era stata garantita una stabilizzazione del contratto al compimento del trentaseiesimo mese di lavoro.
Per questi motivi oggi un centinaio di lavoratori e lavoratrici del settore della formazione professionale, tra bergamaschi, bresciani e milanesi, ha partecipato ad un presidio davanti al palazzo della regione Lombardia a Milano. La manifestazione ha portato anche una proposta: invece di togliere finanziamenti a un ente della portata di ABF, compensare quello che sarà il deficit di bilancio dell’Azienda, ovvero più di un milione di euro a Bergamo, circa due milioni a Brescia. Non si sa ancora se la Regione accoglierà o meno la richiesta, e i metodi con cui sarà attuata, ma è sicuramente necessario un passo indietro nella gestione della formazione professionale pubblica.