Scioperare, di questi tempi, è diventato difficile, se non impossibile. Bisogna ripartire da zero. Dall’immaginazione di ognuno di sottrarsi ai meccanismi di profitto, produzione, valorizzazione, non solo sul posto di lavoro. La precarietà infatti non è più solo una forma contrattuale, ma una condizione esistenziale, un dispositivo di controllo, una dimensione che riguarda i vari aspetti della vita. Ma allora, se la precarietà è ovunque, ovunque può esserci un precario o una precaria che si vogliono sottrarre, e scioperare.
Allora abbiamo deciso di auto-inchiestarci. Naturalmente è un indagine che non ha valore sociologico e/o statistico, ma una vera è propria inchiesta-attiva che deve suscitare curiosità, spirito di immaginazione ma sopratutto idee ed attivazione cospirativa. Vogliamo iniziare a capire qual’è potrebbe essere la nostra forma di sciopero.
Siamo partiti dall’assunto: cosa accadrebbe se ci fosse una giornata senza precari? Una giornata in cui i precari non spariscono, anzi si rendono proprio visibili. Nel nostro paese uno sciopero precario non c’è mai stato (in realtà è tanto che non si vede neanche uno sciopero generale), quindi c’è bisogno del più grande sforzo immaginativo mai fatto dalla cospirazione dei precar@ per organizzarne uno.
Uno sciopero sulla precarietà che deve parlare della nostra condizione esistenziale e generazionale. Non più nei termini di autonarrazione e autocommiserazione. Il racconto della sfiga lo fanno ormai i politici, i media, il papa.
La precarietà è diventata un feticcio ormai. Questo è il tempo della rabbia precaria, quella che vive nel presente e non può immaginare un progetto di futuro.
Siamo partiti dall’assunto: cosa accadrebbe se ci fosse una giornata senza precari? Una giornata in cui i precari non spariscono, anzi si rendono proprio visibili. Nel nostro paese uno sciopero precario non c’è mai stato (in realtà è tanto che non si vede neanche uno sciopero generale), quindi c’è bisogno del più grande sforzo immaginativo mai fatto dalla cospirazione dei precar@ per organizzarne uno.
Uno sciopero sulla precarietà che deve parlare della nostra condizione esistenziale e generazionale. Non più nei termini di autonarrazione e autocommiserazione. Il racconto della sfiga lo fanno ormai i politici, i media, il papa.
La precarietà è diventata un feticcio ormai. Questo è il tempo della rabbia precaria, quella che vive nel presente e non può immaginare un progetto di futuro.
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Suggestioni
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