(ANSA) – ROMA, 21 NOV – Mentre continua il braccio di ferro con gli editori per il rinnovo del contratto di lavoro, nelle redazioni aumentano le sindromi ansiose e depressive legate all’attività  professionale e al ‘trauma da mobbing’. Un rischio che tra i giornalisti risulta quattro volte superiore alla media nazionale.
à Ë� il quadro, in sintesi, che emerge dall’indagine sul ‘climà  nei giornali, promossa nelle redazioni di Roma dall’Associazione Stampa Romana e dallo Sportello Mobbing e realizzata dagli psicologi Mariella Della Porta, Giacomo Rindonone e Franco Consonni. Secondo i dati della ricerca – emersi dagli oltre mille questionari compilati in maniera anonima dai giornalisti di quotidiani, tv e agenzie di stampa – il 53% dei giornalisti presenta già  sintomatologie che giustificherebbero una diagnosi di ‘disturbo d’ansià  e il 30% sintomatologie tali da giustificare la necessità  di un trattamento e da porre il soggetto in situazioni di ‘grave inabilità  personalè. Le giornaliste hanno 17 possibilità  in più dei colleghi uomini (nell’ambito del campione) di essere mobbizzate, anche se sono più preparate all’ingresso nel mondo dell’informazione e rispetto ai colleghi maschi hanno più spesso una laurea e un diploma post-universitario. In ogni caso, mobbing e situazioni di ansia e stress non sono una prerogativa femminile: in qualche modo le pari opportunità  sono assicurate. Più in dettaglio, i colleghi ‘ad altro rischiò o già  mobbizzati rappresentano 36 casi su 270 esaminati. La presenza complessiva del fenomeno nei soggetti esaminati è pari al 16%, percentuale quadrupla rispetto all’incidenza a livello nazionale (4%). Sia i giornalisti che le giornaliste si lamentano per la quantità  di «tempo lavorato a sfavore del tempo libero»: il 70% delle donne e il 54% degli uomini ritiene «insufficiente» il tempo libero dal lavoro. Quasi la metà  del campione (47%) è convinto di svolgere «mansioni modeste» rispetto all’età  ed alla formazione personale e di esprimere in modo non sufficiente le proprie capacità  sul posto di lavoro. Dall’analisi di Consonni emerge che i rapporti interpersonali con i colleghi di lavoro sono improntati ad una «esasperata competitività  » e caratterizzati da «scarso rispetto reciproco» e «atteggiamenti troppo seri e formali». Ancora più fosco il clima relazionale: più della metà  del campione ammette che si parla «alle spalle». Inoltre il giornalista si trova spesso ad avere un ruolo di opinion leader su una gamma elevatissima di problemi di cui non può essere esperto e deve necessariamente confrontarsi con esperti veri nei rispettivi campi, subendo lo stress di passare da percezioni di ‘ignoranzà  a richieste palesi di calarsi nel ruolo dell’esperto di turno, tutto ciò spesso in tempi estremamente limitati, quelli della produzione della notizia. «I risultati di questa indagine – commenta il segretario di Stampa Romana Silvia Garambois – rappresentano un punto di partenza importante, anche e soprattutto per ridiscutere con le aziende e con gli editori l’organizzazione del lavoro nelle redazioni. Il mobbing infatti non è solo un ‘male oscurò dei singoli: è invece contagioso, demotivante e ha riflessi immediati sul lavoro e sulla stessa qualità  dell’informazione»
Leave a Reply