Impugnata l’espulsione di un cittadino tunisino: nessun essere umano è illegale!

 

Settimana scorsa è stato depositato presso il Giudice di Pace di Milano il ricorso con il quale il Centro Sociale SOS Fornace, attraverso lo Sportello Biosindacale San Precario, ha impugnato il decreto di espulsione inflitto ad Ammar Slimani, un giovane tunisino di 26 anni trovato senza i documenti ai primi di marzo nel corso di controlli effettuati dai carabinieri di Nerviano. Una volta fermato è stato portato nella caserma di Parabiago dove è stato sottoposto a trattamenti degradanti, come riportato dallo stesso Ammar. Lasciato per due giorni senza cibo, l’unico modo per bere era andare in bagno, dove, una volta entrato, era obbligato a lasciare la porta sempre aperta per i costanti controlli. Senza contare che il giorno dell’accompagnamento all’ufficio immigrazione della Questura, dove gli è stato consegnato il decreto di espulsione, è stato addirittura ammanettato come se avesse commesso qualche crimine efferato.
Ammar è arrivato in Italia nel 2007 attraversando il mediterraneo e approdando a Lampedusa. Ha passato i primi tempi lavorando nelle campagne siciliane agli ordini di italianissimi “imprenditori” agricoli che facevano lavorare lui e i migranti come lui anche dodici ore al giorno nella raccolta dei pomodori, per un salario da fame e, ovviamente, in nero. Una volta scappato – perché ribellarsi avrebbe significato essere denunciato alla polizia e, quindi, l’espulsione – si è trasferito nel Nord Italia dove per vivere è stato costretto a svolgere lavori precari o in nero.
Il paradosso di tutta questa vicenda è che per quanto incensurato, pur essendo stato sfruttato per lavorare nelle campagne o per svolgere lavori precari, per la legge italiana lui è un criminale che va chiuso in un centro di identificazione ed espulsione, espulso oppure messo in carcere. E purtroppo la sua non è una condizione isolata, ma una goccia nell’oceano. Per questo, impugnare il suo decreto di espulsione era il minimo che si potesse fare per riaffermare un po’ di giustizia in un Paese dove troppo spesso in nome della sicurezza si approvano leggi che restringono i diritti umani e gli spazi di libertà.

 

Articoli Correlati:

  1. Revocato il decreto di espulsione di Jovica. Il campo di via Sesia non va smantellato