Carcere - Sul processo di Trieste contro Maurizio Alfieri e Valerio Crivello

riceviamo e diffondiamo:

Sul processo di Trieste contro Maurizio e Valerio


Sabato 8 febbraio, a Trieste, si è svolto il presidio in solidarietà con Maurizio Alfieri e con Valerio Crivello. Una cinquantina di solidali si sono trovati in presidio al lato del tribunale con la voglia di appoggiare Maurizio, il quale aveva l'intenzione di leggere al processo una dichiarazione contro il sistema penitenziario. Una trentina di persone entrate in aula vengono a sapere che Maurizio non sarebbe stato presente perché il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria gli aveva imposto la videoconferenza dal carcere di Ferrara, senza nemmeno avvisare il suo avvocato. Si tratta di un precedente molto grave. Maurizio non è in regime di 41 bis né ha condanne per associazione mafiosa. Il DAP ha imposto questa misura per “ragioni di sicurezza” legate alla annunciata presenza solidale, cosa mai accaduta neanche con compagni imputati di “terrorismo”. Questo dimostra come il 41 bis tenda ad avere conseguenze sempre più estese e come, alla  legislazione emergenziale, corrisponda una prassi emergenziale motivata da qualsiasi pretesto.
Maurizio ha preso la parola per dire che non accetta la videoconferenza (dispositivo con il quale, oltre ad essere separato fisicamente dai compagni in aula, l'imputato non può neanche intervenire durante il processo in maniera autonoma), aggiungendo: “Io non voglio difendermi, bensì attaccare il vostro sistema criminale”. Alle urla e ai saluti dei compagni ha risposto con “Viva l'anarchia!”. Il processo è stato rinviato al 12 aprile.     
I solidali, usciti urlando cori dal tribunale, hanno fatto degli interventi su quanto successo. Al presidio erano presenti anche la madre e la sorella di Riccardo Rasman, ragazzo triestino assassinato in casa dalla polizia nel 2006, le quali hanno avuto modo di raccontare ancora una volta la loro dolorosa storia. In seguito ci si è spostati sotto al carcere davanti alla sezione femminile. Le recluse hanno salutato con entusiasmo i solidali ringraziandoli per la loro presenza. Hanno ascoltato con interesse gli interventi ed hanno chiesto più volte gli indirizzi per scrivere ai compagni fuori. Dopo un paio d'ore il presidio si è sciolto. Da alcune persone abbiamo saputo che nel tardo pomeriggio è stata bloccata una delle strade principali di Trieste con cassonetti e striscioni in solidarietà ai detenuti, a Maurizio ed a Valerio.
La prossima udienza si svolgerà sempre a Trieste, alle 10.30 del 12 aprile. La presenza numerosa dei compagni e delle compagne ha fatto sì che la solidarietà non facesse passare sotto silenzio il processo in corso a Maurizio e Valerio. E la decisione del DAP conferma quanto la solidarietà dia fastidio, ma allo stesso tempo come non si possa accettare questa nuova infamia. Invitiamo tutti e tutte ad essere presenti di nuovo il 12 aprile e soprattutto a far sentire il proprio appoggio nelle mille forme dell'azione solidale.

compagne e compagni


segue testo del volantino diffuso:

 SOLIDARIETÁ AI DETENUTI IN LOTTA

Oggi, 8 febbraio 2014, si svolge nel tribunale di Trieste il processo a Maurizio Alfieri e Valerio Crivello.
Sono due detenuti accusati di aver reagito alla provocazione di un detenuto che si definisce collaboratore di "giustizia" e della direzione carceraria.
Questo fatto avvenne nel 2012 nella sezione di isolamento all'interno del carcere di Tolmezzo.

Da allora si battono contro i soprusi e le violenze che avvengono dentro alle carceri; senza paura hanno fatto uscire la vera situazione del carcere di Tolmezzo, dove la quotidianità è dettata dalla violenza della direttrice, dei secondini picchiatori e dai Gruppi Operativi Mobili, i secondini “speciali” delle sezioni a isolamento.

È la loro determinazione che li ha fatto conoscere tanti compagni e compagne che oggi sono qui a manifestare la loro solidarietà.

Dentro alle carceri la situazione è grave: mancanza di cure sanitarie, uso massiccio di psicofarmaci, soprusi e violenze fisiche e psicologiche, cibo marcio e scarso, aumento del costo dei generi alimentari venduti all'interno, potere assoluto dei tribunali di sorveglianza e del DAP (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) e applicazione della tortura dell'isolamento con i regimi del 41 bis e del 14 bis.

Ora si parla molto del cosiddetto “decreto svuotacarceri” che in realtà non risolve nulla. Anzi la nuova normativa accelera le deportazioni degli immigrati detenuti nelle carceri del paese di vera o presunta provenienza, conferisce ancora più poteri ai magistrati italiani rispetto a quelli europei e, con il rafforzamento dell'applicazione del “braccialetto elettronico”, rafforza le misure detentive fuori dal carcere. Lo dimostra anche il fatto che lo Stato sta spendendo miliardi per costruire nuove galere e nuovi sistemi repressivi, mentre taglia su tutto il resto (sanità, scuola, pensioni...).

Il punto infatti è che il carcere è l'emblema di questo sistema; se non ti attieni alle leggi finisci dentro e  le leggi servono gli interessi di un sistema basato sullo sfruttamento. Chi non ha soldi ed allunga le mani sulle cose che gli servono finisce dentro. Se ti ingegni per sopravvivere, in questa società dove pochi hanno tutto e gli altri affogano via via nella merda, finisci sempre lì: dietro alle sbarre. Se lotti contro le ingiustizie, contro chi devasta le nostre vite e la nostra terra sei un “terrorista”, come oggi vengono definiti i No Tav. Se blocchi la fabbrica, il cantiere o qualsiasi altro luogo di lavoro dove il padrone ti sfrutta (e quando non gli servi più ti licenzia) ti trovi addosso manganelli e manette.

Ma se le lotte si intrecciano e si capisce come rispondere a chi ci reprime, sarà difficile sentirsi isolati e deboli, la solidarietà e la complicità sono armi che fanno paura a chi ci sfrutta.

È proprio non stando in silenzio che si incrina il muro di violenza nelle carceri, nei commissariati e nella strade. Quella dei guardiani in divisa di questo sistema, che uccidono impunemente, come dimostrano a Trieste gli assassinii di Riccardo Rasman nel 2006 e di Alina Bonar Diachuk nel 2012.

Il carcere è un problema che deve riguardare tutti e tutte.
È proprio perché siamo contro la sua violenza e il sistema che la determina che oggi siamo qui a portare la nostra solidarietà a degli uomini che hanno deciso di non piegarsi.

LIBERTÀ PER MAURIZIO E VALERIO
LIBERTÀ PER TUTTI E TUTTE


Compagni e Compagne


fip:Via le carceri, 08\02\2014, Trieste


Sab, 15/02/2014 – 12:49
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