Carcere | Trento - Ancora un ragazzo morto a Spini di Gardolo

Nel tardo pomeriggio di mercoledì 30 luglio un gruppo di solidali con i detenuti ha cercato di rompere il silenzio attorno alla morte di un detenuto (il secondo in meno di un anno) nel carcere di Spini di Gardolo, con manifesti, scritte e blocchi stradali in vari punti della città. Qui sotto il volantino distribuito in città e ai parenti nei giorni di colloquio. Sabato 2 agosto un presidio solidale si è fatto sentire sotto le mura del carcere.

E' MORTO UN RAGAZZO, E NON DI VECCHIAIA

E' già il secondo detenuto che muore a Spini in meno di un anno. Che di carcere si muoia non è una novità, come il fatto che dentro si stia male, privati dei propri affetti, con l'acqua marrone che esce dai rubinetti, contando i giorni per uscire, aspettando quel fine pena che non arriva mai. Si tratta poi di quei due magistrati di sorveglianza a Trento(Arnaldo Rubichi e Rosa Liistro): con loro domiciliari e liberazione anticipata te li scordi! Così un ragazzo di trentadue anni, dopo aver avuto come risposta il solito "no" secco, decide di farla finita, decide di impiccarsi. Troppo tardi quando tornano i suoi compagni di cella, scesi in cortile: non c'è più niente da fare. Nemmeno le decine e decine di telecamere presenti nelle sezioni del carcere vedono nulla. Dietro a questa morte di Stato si celano i soliti responsabili: i magistrati di sorveglianza, i secondini e dirigenti vari del carcere. Loro che con il contagocce decidono della vita e in questo caso anche della morte dei detenuti. Loro che riducono la vita a un misero sottomettersi alle regole. Loro che con la sofferenza rendono uno schifo la permanenza in quell'inferno. Loro che si vantano tanto della rieducazione del detenuto mentre i metodi che prediligono sono fatti di violenza, isolamento e minacce. Loro che dietro le poltroncine, dietro quelle mura si sentono ai sicuro, per poi tornarsene alle loro case e lasciarsi tutto alle spalle. A pensare a tutto questo viene la pelle d'oca e forse pure un po' di paura, rassegnazione... ma dobbiamo trovare la rabbia, tanta rabbia, perché morire di carcere non può essere la normalità.



Segue uno dei testi sulla situazione del carcere di Spini di Gardolo diffusi a Trento negli ultimi mesi:


UN CARCERE MODELLO

Nell'ultimo mese detenuti, parenti ed ex detenuti del carcere di Spini di Gardolo hanno fatto circolare e confermato diverse notizie relative alla gestione di quello che fin dalla sua inaugurazione viene definito come un "carcere modello". In particolare si parla di violenti (e scontati) pestaggi ad opera delle guardie, e della mancata sostituzione dei filtri dell'acqua che arriva nei rubinetti delle celle, l'acqua che consumano i detenuti. Da quest'anno la gestione del carcere, inizialmente di competenza del ministero di grazia e giustizia, è passata alla provincia autonoma, e questa a quanto pare non ha la minima intenzione di sganciare i quindicimila euro (una miseria, a maggior ragione per un ente che sperpera milioni di euro nel TAV o li regala alla Whirpool, che in cambio chiude lo stabilimento di Spini e licenzia centinaia di operai) necessari alla sostituzione dei filtri dell'impianto di depurazione del carcere. Risultato? Dai rubinetti esce acqua marrone, e l'amministrazione fa la sua parte "consigliando" ai detenuti di acquistare l'acqua in bottiglia allo spesino, a tutto vantaggio delle ditte che lucrano sui prigionieri (si sa che i prezzi dei generi alimentari in carcere sono mediamente triplicati rispetto all'esterno, e il prezzo di una bottiglia d'acqua si aggira sui due euro). Inutile dire che in carcere di sicuro non ci finiscono i ricchi, ma persone che spesso e volentieri non hanno i soldi per pagarsi l'avvocato né possono spendere molto in generi alimentari, con i prezzi della spesa interna, anche perché parecchi detenuti non hanno familiari o amici che li possano sostenere economicamente. Insomma, figuriamoci quanti possono permettersi di comprare perfino l'acqua: la gran parte dei detenuti dovrà arrangiarci con quel che c'è, ovvero l'acqua non depurata.
Davanti ad una situazione del genere a poco serve stupirsi: ovunque la polizia picchia, e i morti uccisi dagli sbirri in strada, nelle caserme e nelle prigioni (Stefano Frapporti, Federico Perna, Riccardo Rassman, Federico Aldrovandi, Giuseppe Uva, Marcello Lonzi, Aldo Bianzino e tanti, troppi altri) ce lo ricordano. Allo stesso modo, in tutte le carceri le condizioni di vita sono pessime, anche dove non imperversa in sovraffollamento, e Trento non fa eccezione: forse in questo senso politici e benpensanti ne parlano come di un "carcere modello".
Ma se non bisogna stupirsi, ancor meno bisogna rassegnarsi: problemi come l'acqua e la violenza delle guardie riguardano, direttamente o indirettamente, tutti i detenuti, i loro parenti e i nemici del carcere. E i responsabili di questa situazione si conoscono, sono i soliti: l'amministrazione, i secondini, i magistrati di sorveglianza, le ditte che fanno i soldi sulla pelle dei detenuti, le istituzioni provinciali. Insieme, incontrandoci, facendo conoscere quello che succede in carcere, possiamo come minimo far sentire ai detenuti che non sono soli e a chi li costringe ad una vita di merda che  siamo consapevoli delle loro responsabilità, e farle sapere in città. Noi ci siamo.
Ci trovate ogni primo e terzo mercoledì del mese davanti al carcere di Spini, con un banchetto di libri gratuiti per i detenuti, un'occasione per incontrarci e magari iniziare ad organizzarci.

alcuni nemici del carcere

Per scivere:
Spazio anarchico El Tavan, via della Cervara 53 38121 Trento
bibliotecadellevasione@autistici.org

Mar, 05/08/2014 – 17:51
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