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VIVA ZAPATERO !
by L'unita' Sunday, Sep. 18, 2005 at 1:37 AM mail:

VIVA ZAPATERO !!!!

Onesto. Calzante. Lucido. E dal punto di vista cinematografico: geniale. Viva Zapatero di Sabina Guzzanti è stato paragonato a Fahrenheit 9/11 di Michael Moore. Ma, con tutto il rispetto per Moore, con Fahrenheit 9/11, nonostante la nobiltà del tema, ti addormenti dalla metà in poi. Con Viva Zapatero rimani incollato sulla sedia e ti accade qualcosa di assolutamente inedito. Per tutto il tempo non sai se ridere o se piangere. Questo film è il più misurato, obbiettivo, tremendo, documento su quello che è diventato questo paese dalla presa del potere di Silvio Berlusconi. È un documento che non fa demagogia, che non gioca oltre il lecito con le battute facili, che non fa sermoni e morali a nessuno, che non certifica verità giornalistiche buone per una battaglia ideologica. Ma mostra le cose come sono. Usa l'intervista nel modo in cui dovrebbe essere utilizzata veramente. E mostra soprattutto quanto il nostro paese, in questi ultimi anni sia franato all'indietro rispetto al resto d'Europa: sul versante dell'informazione, su quello della tolleranza, del diritto di espressione, del diritto di satira.
Naturalmente la storia del film, è in parte la storia del programma, Raiot, di Rai Tre, chiuso dopo la prima puntata, con un gesto censorio sconcertante, e persino ridicolo. La vicenda di Raiot ha mostrato quanto il potere in questo paese non sia in grado di sopportare nulla che non sia filtrato, addomesticato, e soprattutto normalizzato. Così Sabina Guzzanti dopo averci raccontato, con filmati di repertorio, quello che avvenne allora, è tornata dai protagonisti di quella vicenda a chiedere conto. Il programma fu cancellato perché Berlusconi, fece arrivare alla Rai quattro querele con la richiesta di danni per 40 miliardi di vecchie lire. La sentenza ha poi detto che il reato non sussiste, e la Guzzanti è stata assolta soprattutto perché le cose dette nel programma erano sostanzialmente vere. Ma nonostante questo, la Rai non ha rimesso il programma in palinsesto.
Le interviste di Sabina sono perfette. Sabina torna dai suoi censori per chiedere perché. E i perché finiscono per esprimere più che una opinione una sottocultura. Una sottocultura verbosa e arrancante, di gente che non riesce neppure ad arrampicarsi sugli specchi. E si mette a fare distinguo tra informazione e satira, e parla di paletti, di misura, di una quantità di cose che sono senza una logica vera. Flavio Cattaneo, già direttore generale Rai che dice, testuale: «se fai informazione si accetta le regole dell'informazione se si fa satira si deve attenere alle regole della satira, quindi non è contro Sabina Guzzanti la chiusura». E Sabina: «ma le regole della satira dove le ha lette lei mi scusi?». Oppure Gasparri, che dice: «No, vede... questa è una questione seria signora Guzzanti. La satira è la satira, il dibattito è il dibattito...». E il senatore Lainati di Forza Italia: «Senta io sono un collega di suo padre che è un esponente del centro destra... ho avuto occasione di parlare con suo padre che è un senatore del centro destra...». E Sabina: «che c'entra, ho una certa età, non chiedo mica a mio padre quello che devo fare».
In queste perle linguistiche che sono la sostanza della malattia ideologica e morale di questo paese, in questo verboso nascondersi dietro parole, in questo tentativo di comunicazione da piazzisti di enciclopedia, di venditori di ghiaccioli agli eschimesi, che è l'ideologia del berlusconismo più autentico, si innestano filmati dei programmi di satira in Francia, e interviste a giornalisti stranieri che vivono in Italia: Udo Gumpel e Marcelle Padovani. Entrambi spiegano che è impossibile raccontare queste cose agli stranieri. Entrambi dicono che in nessun paese la satira può essere censurata. In Francia, in una parodia tarantiniana di Pulp Fiction, hanno inscenato persino un'esecuzione di Chirac. Da noi, ma ormai si sa da tempo, tutto questo è impossibile.
Ma se Viva Zapatero si limitasse a questo, sarebbe un'utile film su quelli che alcuni definiscono una anomalia di questo paese, e noi potremmo definire meglio come una forma di barbarie: il potere assoluto di un uomo su tutti i mezzi di informazione, e che caccia dal video attori e giornalisti scomodi. Ma Viva Zapatero è la dimostrazione di un nodo ancora peggiore. Il rapporto tra media e potere che vige in Italia, e che sarebbe riduttivo leggere solo in chiave politica. La sudditanza di buona parte dei media nei confronti del potere, e lo scarsissimo rispetto del potere nei confronti dei media. Non si sa bene chi abbia cominciato prima. Ma questo ormai avviene ovunque: nella politica, nella cultura, nello spettacolo, nello sport. Viva Zapatero è una grande lezione di giornalismo proprio perché è fuori dal giornalismo. Ma è di certo giornalismo, di certo suo linguaggio, della sua non volontà di fare domande, di quel suo voler essere a tutti i costi trasversale, cincischiante, assolutorio, spesso persino un po' compromesso, pieno di malizie, privo di schiettezza, capace di traccheggiare ogni qualvolta gli è possibile che parla soprattutto Viva Zapatero. Quel giornalismo che usa il linguaggio dei suoi politici, perché spesso i suoi politici hanno fatto i giornalisti, e ormai nessuno riesce a distinguere i linguaggi: tutti uguali. È proprio questo giornalismo che esce peggio da questo film. È questo farsi da parte, questo lavarsene le mani, che viene fuori con più prepotenza e lucidità dal «j'accuse» della Guzzanti.
Quando chiusero Raiot tutti trovarono una ragione. «Una ragione» con ragione, da parte dei giornali vicini al centrodestra. E «una ragione» per quanto non condivisibile, da parte di quelli del centro sinistra. Ma alla fine si capiva comunque un fatto, e va detto senza ipocrisie: che quel potere condiviso, quelle parole che passano da una bocca all'altra nel film della Guzzanti, parole di destra, di centro e anche di sinistra, nella sostanza non dicono cose troppo diverse. E dietro queste parole c'è un postulato: «i comici non possono fare i giornalisti». Che tradotto significa: una voce che esprime opinioni e non ha fatto un esame di stato non può esprimersi liberamente. Purtroppo con sfumature diverse si ritrova in tutti gli schieramenti. Il contraltare è quello di Luciano Canfora che pacatamente fa scivolare questo mondo di ignoranza in un limbo del ridicolo: «Aristofane inserisce nelle sue commedie dei comizi interi», spiega alla Guzzanti: «si chiamava parabasi; il corifeo si staccava dagli altri, dal resto del coro, andava in primissima fila, e diceva: "ora parlo alla città" e diceva tutto quello che gli passava per la testa sulla guerra, la politica, su qualunque argomento».
Ora Sabina Guzzanti è disposta a seguire il suo film, che distribuisce Lucky Red, in trenta copie iniziali, in tutte le città dove verrà proiettato. Quelli che hanno voluto, allora, la chiusura di Raiot dovrebbero cominciare a preoccuparsi. La satira, spesso, fa dei brutti scherzi, torna come un boomerang, e i boomerang più vengono lanciati lontani più prendono forza e velocità, e fanno molto male.
rcotroneo@unita.it

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