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pubblicato il 29.03.05
Nuovi sviluppi e conferme nel processo per l'omicidio di Alceste Campanile
·

2005-03-26 – “Sì, a uccidere Campanile è stato lui”
(fonte Gazzetta di Reggio)

2005-03-26 – “Sì, a uccidere Campanile è stato lui”
Uno degli indagati, interrogato conferma la tesi del pentito

La confessione di Paolo Bellini sul delitto di Alceste Campanile ha già trovato un’importante conferma in una delle altre quattro persone che risultano indagate — per concorso in omicidio — nell’inchiesta riaperta dal procuratore capo Italo Materia.

«Bellini ha effettivamente ucciso Campanile» ha detto recentemente in procura l’indagato, inserendo un importante tassello di credibilità al racconto dell’ex primula nera. Una confessione ritenuta credibile dagli stessi familiari di Campanile – come dichiarato alla Gazzetta – anche se con dei precisi dubbi sul movente, mettendo pure in discussione che Bellini fosse solo la sera del delitto. “All’epoca alloggiavo con la mia famiglia all’ultimo piano dell’albergo di proprietà di mia madre a Puianello — ha spiegato Bellini durante la confessione per chiarire le radici di quell’omicidio — e una sera nel portare a spasso il cane che tenevamo chiuso nel recinto tutto il giorno, sentii il parlottare di alcune persone provenienti da dietro una siepe. Mi fermai e aspettai che loro uscissero. Vidi due persone e gridai “Chi è, cosa succede, cosa fate qua”.

Riconobbi una di loro, poiché gli puntai la pila in faccia, era Campanile che aveva in mano una tanica. L’altro alla mia vista si allontanò subito — aggiunge Bellini — mentre Campanile lasciò cadere la tanica per terra e si voltò anche lui per allontanarsi. Lo sentii quindi gridare mentre andava via: “Torneremo, vi bruceremo”. All’interno della tanica lasciata da Campanile vi era della benzina, capii quali erano le loro intenzioni».
Anche su quanto accaduto la sera del delitto — la Miniminor di Bellini che si ferma e carica Alceste Campanile che sta facendo l’autostop — la confessione è decisa nel sostenere un atto solitario. «E’ stata una reazione all’accanimento di Campanile contro la mia famiglia — ha spiegato l’ex primula nera agli inquirenti — che era etichettata come fascista. L’omicidio è stato commesso da me solo».
Ma nessuno sapeva di quella feroce esecuzione? Se Bellini ha detto la verità in due, per trent’anni, hanno taciuto. «La sera stessa dell’omicidio — ha specificato sul finire della confessione — invece di proseguire per Parma ove ero diretto andai direttamente al Pink Pussichat (un locale di Reggio ndr) dove trovai Roberto Leoni e gli raccontai l’accaduto».
Un delitto svelato anche a Piero Firomini «e lui mi disse che avrebbe fatto sparire l’arma (una pistola Walther Ppk calibro 7,65) buttandola in mare, cosa che credo affettivamente fece».

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Da Silva, il signore delle bombe

L’inchiesta della procura antimafia punta a far luce su un decennio di storia reggiana e non solo Dalle coperture dei servizi alla grande disponibilità di esplosivi

I contatti con i servizi segreti, la troppo facile disponibilità di esplosivi, la latitanza in Brasile con tanto di rientro in Italia con l’identità fasulla di Roberto Da Silva. Ci sono tutti questi inquietanti aspetti nell’indagine.
Parallela dell’Antimafia di Firenze che indaga su quali fossero i rapp9rti della «primula nera» nei turbinosi anni Settanta in cui a Reggio era altissimo il conflitto politico.
Le indagini su Bellini sono ripartite dopo la condanna a 22 anni e mezzo per i delitti che insanguinarono Reggio tra il’98 e il’99. Sono state sentite persone che negli anni Settanta erano piuttosto attive in campo politico, sorreggendo la destra in un campo minato che a Reggio conobbe frequenti momenti di tensione, tafferugli, assalti, bombe intercettate dalle forze dell’ordine. Le domande degli inquirenti sono mirate a ricostruire i contatti di Bellini con militari d’alto livello. Lo conferma una delle persone reggiane già interrogate dall’Antimafia che, senza entrare nel
merito dell’interrogatorio, lascia capire come la «primula nera» fosse già trent’anni fa un personaggio piuttosto scomodo. «Da evitare e così feci — aggiunge chiedendo però l’anonimato — ed è stata la mia fortuna, perché quello porta solo guai. Sull’omicidio di Campanile non so dire se sia stata effettivamente opera di Bellini, però mi sento di dire che se è stato lui ha agito da irresponsabile, perché poteva nascere dal quel delitto una lunga stagione di sangue». Parole che portano la memoria ad un volantino ciclostilato di Lotta Continua distribuito il 13 giugno 1975,
cioè il giorno dopo l’assassinio di Campanile. Conteneva accuse che presagivano incidenti: «Un compagno, Alceste Campanile, è stato assassinato dai fascisti — si leggeva nel volantino — è il settimo compagno caduto in due mesi per mano fascista e poliziesca. Spazziamo via i fascisti da Reggio». Una funerea parola d’ordine a cui il comitato antifascista si oppose subito, scongiurando pericolosissime ritorsioni. Gli investigatori stanno anche scavando sugli anni vissuti da Bellini come «Roberto Da Sii va», scappando in Brasile. Come fece un 23enne della provincia reggiana ad arrivare così lontano, trovando in fretta e furia una nuova identità e i mezzi per sparire in terra carioca? La magistratura era sicura già nei primi anni Ottanta — cioè quando l’inganno Bellini-Da Silva venne smascherato — che quel giovane «era stato aiutato da un’oganizzazione molto potente». Ma Bellini era capace anche di procurarsi materiali esplosivi come fossero noccioline.

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“Un ragazzo sempre pieno di soldi”
Bellini negli anni ‘70

«C’era un trio di persone che dettava legge negli ambienti giovanili della destra e tra questi c’era di sicuro Paolo Bellini».
Non è facile parlare degli anni Settanta vissuti a Reggio contro la sinistra vestendo loden e jeans Wrangler (i «rossi» avevano l’eschimo come capo d’abbigliamento distintivo), alzando le mani quando gli scontri — piuttosto frequenti — si facevano duri. Chi racconta quel periodo ha conosciuto bene Bellini, essendo stati entrambi militanti nel Fronte della gioventù, ma non vuole essere invischiato in storie che riguardano un «nero» che già allora sc9nvolgeva per modi di fare e i misteri in cui era avvolto. «Si capiva benissimo che conduceva una vita — spiega il volutamente anonimo compagno politico — ben al di sopra di un ragazzo poco più che ventenne. Bellini aveva una disponibilità di soldi strana e che di certo non poteva guadagnare dando una mano al padre nell’albergo con piscina della Mucciatella, vicino a Puianello. E già allora correva voce che Bellini avesse contatti con i servizi segreti».
Bellini può aver ucciso Alceste Campanile per lavare l’onta di un tentativo d’incendio alla sua casa? «E’ una storia che non ho mai sentito — conclude il testimone — anche perché Bellini parlava poco delle sue “imprese”. Con altri due fedelissimi di destra formava un trio di duri. Conoscevo anche Campanile, un ragazzo d’oro che però con la destra aveva chiuso, non salutava più nessuno…».

Tiziano Soresina

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