Bologna - Cos'altro aspettiamo che ci infliggano?

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COSI' NON SI PUO' ANDARE AVANTI


Gli ulteriori attacchi ai lavoratori, sferrati dalla Fiat di Marchionne a Pomigliano prima e a Mirafiori ora, sono l'emblema di quale sia la ricetta dei padroni contro la crisi. Quello che viene spudoratamente prospettato per gli sfruttati altro non è che una vita da schiavi in una società in cui tutti continueremo a diventare più poveri per consentire a pochi di continuare ad arricchirsi. Riuscire a sopravvivere al sistema capitalista e alla sua crisi diventa ogni giorno più difficile per chiunque. I governi da una parte impongono austerità e tagli ripetendo che i soldi non ci sono, dall'altra stanziano milioni di euro per salvare le banche e le grandi aziende; mentre sul fronte esterno
continuano a finanziare le operazioni di guerra (il settore militare non conosce crisi), sul fronte interno stanno già cominciando ad attrezzarsi per reprimere le ondate di scontento che prevedono (si pensi ai militari nelle strade delle città e alle continue limitazioni della libertà dei vari “pacchetti sicurezza”).
Le carote sono finite, ora c'è il bastone: il bisogno di tenere buoni i sudditi concedendo qualche briciola è stato accantonato e chi tiene le redini della società può permettersi di dire apertamente che conviene acconsentire a farsi “spremere” ulteriormente perché il mondo che hanno creato, di gente talmente disperata da non poter far altro che accettare, è pieno.
Comunque non c'è da temere: il tutto viene deciso democraticamente, anzi lo fanno pure votare ai lavoratori. La maschera della democrazia con i sui sbandierati diritti, con l' ipocrisia dei referendum e la retorica sulla moralità del lavoro si sta sciogliendo come neve al sole. Dialogo, confronto e accordo tra le parti sociali non sono che sinonimi di supina accettazione buoni solo ad assicurare la carriera a sindacalisti e politicanti. Non c'è più posto per la concertazione: i padroni ci stanno dichiarando apertamente guerra. Vista la strada imboccata è evidente che finché ci affideremo ai professionisti della mediazione le cose non potranno che peggiorare. Se non cominciamo ad alzare la testa tanto vale rassegnarsi: non c'è più nessuno che abbia realmente qualcosa da prometterci. Lottare o soccombere la scelta sta a  tutti e a ciascuno.
Cosa aspettiamo a rompere gli indugi? Gli esempi di lotte incisive non mancano. In Francia e in Grecia le proteste reali sono riuscite a paralizzare tutto, davvero. La proposta di scioperi selvaggi, non preannunciati e prolungati, di certo non possiamo aspettarcela dai sindacati. Gli studenti, all'insegna dell'indipendenza dai partiti e dai sindacati, stanno superando la palude dello “studentismo” con le sue rivendicazioni specifiche, auto-organizzando le proprie lotte. Studenti che occupano scuole e facoltà e rilanciano la pratica dei blocchi che, quando esce dalla sua rappresentazione ritualizzata e attesa, paralizza la normalità e, se generalizzata (come lo è stata durante il “movimento anti-cpe” in Francia) interrompe i flussi di merce, vitali per il sistema capitalista.
Al corteo del 14 dicembre a Roma il solito teatrino di scontri concordati per finire sui giornali è stato completamente scavalcato da migliaia di persone “senza futuro” che hanno riscoperto la propria forza nella complicità attaccando polizia, banche, negozi di lusso e suv. Ai racket di movimento, ai “non-violenti” interessati e ai loro servizi d'ordine, dopo aver minacciato “i facinorosi” (“alla prima vetrina che cade vi spacchiamo di botte”) e aver preso a cascate in faccia un ragazzo che tirava un mandarino contro un blindato, non sono rimaste che due scelte: difendere quanto accaduto per poter continuare a cavalcarlo o prenderne le distanze come ha fatto la Fiom.

Le rivolte in Grecia, Tunisia, Algeria, Albania gli scontri a Roma e Londra continuano a scaldarci il cuore, sprigionando ovunque una stessa gioia e una stessa rabbia che infrange assieme alle vetrine delle banche i sogni dei governanti: “siamo i Tunisini dei Balcani” erano i cori che si levavano tra le jeep della polizia incendiate in Albania. Queste fiammate di speranza comunicano e ci comunicano. Se non sapremo raccogliere il loro testimone non ci resta che rassegnarci a un economia che continuerà a produrre miseria, guerre e devastazioni ambientali.

COS'ALTRO ASPETTIAMO CHE CI INFLIGGANO?


Anti-capitalisti per l'Auto-organizzazione orizzontale






Gio, 27/01/2011 – 11:12
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