Bologna - Solidarietà con i compagni leccesi sotto processo per la lotta contro il Cpt di San Foca

Volantino di solidarietà distribuito il 18 novembre in P.zza Verdi in occasione di un'iniziativa sulla Guerra interna

Solidarietà agli anarchici di Lecce processati per la lotta contro il CPT di S. Foca

Il processo d’appello contro i compagni leccesi si concluderà il 18 novembre 2009.

L’operazione cosiddetta “Nottetempo” era iniziata nel maggio del 2005 con diverse perquisizioni, 5 compagni condotti in carcere e altri 13 inquisiti. Per tutti l’accusa era di “associazione sovversiva con finalità di eversione dell’ordine democratico”, quel famigerato 270bis che da anni viene utilizzato per cercare di togliere di mezzo chi lotta contro il sistema senza bisogno di prove. Solo dopo due anni, nel marzo 2007, era arrivata per tutti la scarcerazione, alcuni dai domiciliari e uno dal carcere.

Ricordiamo che la sentenza di primo grado della Corte d’Assise non ha accolto l’accusa per associazione sovversiva ma, trovando un espediente per infliggere comunque pene pesanti, ha condannato 4 compagni per associazione a delinquere (art. 416 c.p.) con pene da 1 anno e 10 mesi a 5 anni, un compagno a 1 anno per istigazione a delinquere, un altro per occupazione a 4 mesi e un altro a 100 euro di multa per una scritta. Gli altri sono stati assolti. Il messaggio che arriva da questa sentenza è chiaro, punire la lotta condotta in quegli anni a Lecce contro il Centro di Permanenza Temporanea “Regina Pacis” e quegli anarchici che, nonostante fossero sotto processo, non chinavano la testa disturbando pesantemente quel coagulo di potentati unito da interessi politici, clericali e mafiosi.

I compagni di Lecce avevano portato la loro denuncia nelle strade della città contro la curia che gestiva il centro di San Foca attraverso la fondazione Regina Pacis del vescovo Ruppi. La direzione del Centro era affidata a quel don Cesare Lodeserto che poi finirà inquisito per sequestro di persona, violenza privata, peculato e che non perdonerà ai compagni di aver obbligato le autorità a togliere quel velo di silenzio che occultava la sua feroce gestione del centro e per essere finito, anche se per poco, in carcere. Il CPT di San Foca venne chiuso.

I compagni leccesi sono stati colpiti congiuntamente dallo Stato, dalla Chiesa e dalla mafia locale, tutti talmente infastiditi da tanta determinazione da volerseli togliere di mezzo per anni. La passione che li ha spinti a impegnarsi in una lotta senza quartiere contro il CPT di San Foca, la solidarietà verso i migranti prigionieri, l’opposizione radicale contro tutti i CPT e contro la violenza perpetrata all’interno di quello leccese, in particolare, ha dato fastidio ai gestori e ai collaboratori tanto che presto sono arrivate intimidazioni per vie traverse verso alcuni anarchici da parte di esponenti della mafia locale. Il prete aguzzino aveva fretta e timore che le sue malefatte non uscissero allo scoperto, ma ha dovuto aspettare che intervenisse la magistratura con l’operazione “Nottetempo” per avere la sua soddisfazione con il contributo dei soliti sciacalli che, nei vari modi a loro disposizione, hanno scaricato sugli indagati quella rabbia rancorosa che colpisce i potenti quando vengono disturbati ma anche chi non ha la “sufficiente determinazione” per opporsi alle nefandezze del dominio.

Ora si attende il verdetto della corte d’appello mentre le lotte contro i CIE, ex CPT, continuano senza sosta. Dall’interno i reclusi si ribellano e tentano in ogni modo possibile di liberarsi da quell’odioso attacco razzista alla loro libertà di muoversi in questo mondo. Non passa giorno senza che dai CIE arrivino notizie di violenze sui reclusi ma anche di rivolte e tentativi, a volte riusciti, di fuga. Dall’esterno la presenza solidale dei compagni è costantemente attiva con comunicati, presidi e incursioni in città per portare anche fuori la lotta e l’informazione su quanto accade dentro.

 

Anarchici bolognesi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mer, 18/11/2009 – 14:48
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