Comunicato di Arturo
riceviamo e diffondiamo:
Diffondiamo questo testo di Arturo, nostro fratello e compagno, per dare voce alla nostra solidarietà nei suoi confronti e per smascherare, ancora una volta, la smania di castigo che anima i tutori della Legge a regolare i loro conti “in nome del popolo italiano”.
Arturo dovrà passare due mesi in cella, mentre si fa un gran parlare sulla necessità di pene alternative per arginare il sovraffollamento delle carceri ed in realtà l’unica soluzione che lo Stato propone è costruire sempre più galere. Due mesi da scontare per una vicenda vecchia più di 10 anni, ma che ancora brucia tanto per noi quanto per giudici, divise e giornalisti. Quel giorno a Brosso, durante i funerali di Baleno, gli sciacalli della manipolazione informativa ebbero un assaggio della rabbia che giustamente li può aspettare dietro l’angolo dei loro servigi all’Autorità.
Arturo da quel giorno difese la sua libertà sottraendosi ad un ordine di cattura ed è tornato poi, grazie ad uno di quei fortunati scherzi del destino chiamati indulti, amnistie, prescrizioni, a calcare insieme a noi i sentieri della dignità, dell’amore per una terra libera da Leggi, confini e sfruttamento, del conflitto contro l’Autorità che affama, incarcera ed inquina. Quei sentieri su cui, per quasi nove anni, ci aveva comunque accompagnato nell’ombra della latitanza.
Due mesi passano in fretta, un po’ meno dietro le sbarre, e per Arturo non mancheranno l’affetto e la mobilitazione di chi è nemico delle galere. Ci riabbracceremo presto, nel calore delle lotte che verranno.
Cassa AntiRepressione delle Alpi occidentali - Nunatak, rivista di storie, culture, lotte della montagna
La giustizia e la vendetta
La vicenda di Edoardo Massari detto Baleno, ucciso in una cella del carcere Le Vallette di Torino perché accusato dei sabotaggi contro i cantieri del TAV in Valsusa, è ormai tristemente conosciuta. Ma gli strascichi giudiziari di quella storia vanno avanti. Ero tra coloro che scacciarono i giornalisti dal corteo funebre a Brosso, in Valchiusella. Uno dei diffamatori di Baleno e degli anarchici, ricevette quel giorno una sonora lezione di vita. Nei giorni seguenti furono emessi tre mandati di cattura, uno dei quali contro di me. Dopo aver partecipato alla manifestazione a Torino contro gli omicidi di Stato, mi resi irreperibile. Era il 4 aprile 1998, ancora non sapevo che quella fuga si sarebbe protratta per quasi 9
anni, fino all’ottobre del 2006, data in cui Clemente Mastella, bruciato dagli scandali su tangenti e corruzione, fece un favore ai suoi amici del governo e della politica, con un indulto che cancellava tutte le condanne per falso in bilancio e appropriazione di soldi pubblici. Naturalmente ne approfittai anch’io.
Ritornai alla mia vita di sempre. L’indulto che mi aveva permesso di ritornare a casa (a condizione di non commettere nei seguenti cinque anni altri reati), “scontava” tre anni di galera. Mi rimanevano due mesi di
carcere, definitivi. Nel luglio del 2010, avendo fatto richiesta di misure alternative alla prigione, ho presenziato all’udienza del tribunale di sorveglianza di Torino. La giudice, tale Bonu, dopo aver letto il rapporto dei carabinieri di Vico Canavese, redatto dal comandante Francesco Malloci, ha deciso di negarmi la possibilità di scontare la pena lavorando e pure la richiesta di arresti domiciliari nella mia baita in montagna, dove sto effettuando lavori di ristrutturazione. Il rapporto dei carabinieri di Vico, considerato “lodevole” dalla giudice, diceva che non ho un lavoro fisso, che continuo a partecipare alle manifestazioni in difesa della Valsusa, contro il razzismo della Lega Nord e dei centri di espulsione per immigrati, che ero presente al presidio che ha scacciato i fascisti di Forza Nuova da piazza San Carlo a Torino, tutte iniziative di cui vado fiero e che rivendico a testa alta. Durante un’altra udienza, il 6 ottobre, il procuratore generale ha espresso un giudizio contrario riguardo la concessione degli arresti domiciliari e la giudice si è riservata di decidere …. Mi risulta difficile tollerare l’arroganza con cui queste
persone, delle quali mi risulta difficile credere appartengano al mio stesso genere, si erigono a giudici e boia, dopo avermi ucciso un compagno e un amico, dopo avermi costretto a nove anni di latitanza (che non sono una passeggiata, ma una vera e propria pena). Non approvano il fatto che il gesto di Brosso sia stato applaudito da tutti i presenti eccetto sbirri e giornalisti, non approvano il fatto che in tanti mi siano stati vicini, denunciando la verità, scrivendo sui muri “giornalisti infami” e “stato assassino”. Per questo si vendicano. Non ritengo avere nessun debito con la “società civile”, ho già pagato abbastanza. Non andrò di mia spontanea volontà in carcere. Che vengano a prendermi.
Con tutto il mio odio, per una società libera da carceri e padroni.
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