Firenze - Per farla finita con i fantasmi

Strategie repressive a Firenze e in toscana

Appena due mesi fa, un violento attacco viene sferrato da polizia e magistratura contro le occupazioni e il movimento anarchico e libertario a Firenze: com'è ormai noto, Villa Panico e l'Asilo occupato sono stati sgomberati e perquisiti per 270 bis (associazione sovversiva con finalità di "terrorismo"). Nonostante la ferma risposta data dai compagni a questo attacco (il corteo conclusosi con l'occupazione dell'ex casa del popolo di S.Spirito, la rioccupazione di Villa Panico, la nascita e le attività del Laboratorio contro la repressione), i Repressori non sembrano avere la benchè minima intenzione di fermarsi, anzi.

Il delirio securitario, divenuto ormai l'ultimo appiglio di una classe politica in stato di decomposizione irreversibile, esige dai biechi politicanti e dai loro servi di andare fino in fondo: non possono certo permettersi di capitolare di fronte ad una minoranza di ribelli che giorno dopo giorno ne denuncia le miserie e si oppone alla paranoia repressiva d'una democrazia totalitaria che sta portando "la guerra a casa nostra". Ci appare probabile che, superate le difficoltà create dalle lotte, le istituzioni politiche, giudiziarie e poliziesche si preparino ad un nuovo attacco, inserito nel piano di ristrutturazione repressiva in atto.

Questo scritto vuole essere un contributo alla comprensione delle dinamiche repressive in corso a Firenze: un tentativo di battere sul tempo gli apparati di Stato, di stimolare la fantasia sulla base di elementi concretamente presenti per spingere ognuno, secondo i propri mezzi e le proprie prospettive, ad anticipare le mosse della repressione e prepararsi ad affrontarla.
All’attività pratica contro la repressione realizzata a Firenze dai compagni nel mese di dicembre, dedicheremo un altro opuscolo di prossima pubblicazione.

IL PIANO DELLO SCERIFFO

Venerdì 25 gennaio (il giorno dopo la caduta del governo Prodi e prima della manifestazione in solidarietà ai processati del 13 maggio '99) i giornali, consuete grancasse del dominio, danno voce a quanto affrontato nel corso dell'ultimo Comitato per l'ordine e la sicurezza. Come tutti sanno, questa sorta di Gran Consiglio del Controllo Generalizzato si compone del prefetto Andrea De Martino, del sindaco Domenici, dei vertici di polizia e carabinieri e dell' Imperatore-assessore alla sicurezza Graziano Cioni, e si occupa di definire le linee-guida dell'intervento repressivo sul territorio. In questo caldo gennaio, questi gendarmi incravattati guidati dallo Sceriffo del neonato Partito Democratico decidono di movimentare un poco la stagione di piena crisi politica appena incominciata, con la caduta del governo e le crepe che si aprono all'interno della giunta. Quale migliore occasione per tirare fuori dal cassetto il disegno repressivo già preparato dallo Stato? Quale migliore occasione per dimostrare di essere finalmente degli uomini d'ordine, affidabili funzionari del sistema capitalistico che li foraggia? E se si va alle elezioni: quale migliore campagna elettorale se non una messe di sgomberi, arresti ed espulsioni di immigrati, specie se non si ha nient'altro da offrire?

In una delle città-laboratorio della gabbia-sicurezza, la nuova parola d'ordine, per quanto non esplicitamente dichiarata, è "fare come a Bologna". I fantaccini locali vogliono posare a Cofferati, divenire autentici cavalieri di quel nuovo progressismo dal pugno di ferro nel guanto di velluto, per cui la legalità è di sinistra quanto il liberismo economico. Quindi annunciano un "piano" per gestire la "emergenza" delle occupazioni e la contestuale creazione di due “Centri di Accoglienza”. Nelle settimane successive gli altarini si scoprono: questi centri di accoglienza saranno dei Centri di Identificazione (CdI) ovvero dei campi di concentramento “di transito” per rifugiati e richiedenti asilo. Vale allora la pena ricordare che , in tutta Italia, i CDI, dove sono stati creati, sono stati trasformati in tempi più o meno lunghi in Centri di Permanenza Temporanea a pieno regime. Tutti i Centri di IIdentificazione attualmente esistenti nello stivale si trovano all’interno dei CPT. Quei famigerati CPT che molti (e noi siamo tra questi) non esitano a definire “lager”, poichè si tratta di prigioni dove degli individui vengono internati per il solo fatto di non avere i documenti in regola.
Come di norma i vari quotidiani non si risparmiano nel supportare il nuovo piano dello sceriffo. Gli articoli si scagliano in particolare contro le occupazioni del Movimento di Lotta per la Casa, sull'onda delle lamentele dei residenti del quartiere di Firenze Nova contro l'ex CNR occupato da immigrati. Guarda caso, però, gli scribacchini non si dimenticano quasi mai di nominare gli anarchici. Anche gli spazi sociali antagonisti sembrano ricevere una certa attenzione. Il giorno dopo "La Repubblica" dedica un lungo articolo a Graziano Cioni e alla sua politica. Al solito, lo Sceriffo ci dice chi ha da lasciare la città entro il tramonto e chi deve, più semplicemente, rientrare un po' nei ranghi: si può andare incontro al bisogno abitativo, ma "i delinquenti vanno arrestati". Chi sono i delinquenti? Chi turba i sonni del Ranger? Chi deve dormire sonni cattivi al posto suo? E dopo il botta e risposta tra Cioni e Bargellini sulla questione, guarda caso alla fine dell'articolo vengono nominate le due occupazioni "anarchiche": il Panico di S.Salvi e la Riottosa Squat al Galluzzo. Un'ultima nota: Graziano Cioni e la sua corte dichiarano di voler agire prima di Pasqua, vista la necessità di rifare il trucco alla città in preparazione dell'arrivo dei danarosi turisti: niente da aggiungere, salvo che, sempre più spesso, questi burocrati ci tolgono le parole di bocca. Tanto la caccia al povero e al diverso non scandalizza più nessuno, e alla religione del denaro si sacrifica ormai tutto.

Queste dichiarazioni meritano una riflessione. Cioni e la sua corte motivano gli sgomberi secondo la logica populista tipica del nostro tempo: rispondere alla "percezione di insicurezza" della "gente" con la repressione. Al bastone, però, non viene affiancata la carota, ma un altro bastone travestito da carota: i Centri di identificazione temporanea. Facciamo un passo indietro. La costruzione di un CPT, già allora voluta dalla Giunta e dalla Regione, venne bloccata nel 2000 da una grande manifestazione di massa trasversalmente partecipata dalle diverse anime del "movimento" fiorentino e toscano. Adesso l'ipotesi di due lager in città viene ventilata come il paracadute "umanitario" degli "inevitabili" sgomberi. E quali saranno le persone internate se non quelle che vivono nelle occupazioni da evacuare? Non sappiamo se questi lager verranno riempiti a breve o se per ora rappresentino "soltanto" una minaccia terroristica da agitare in faccia al Movimento di Lotta per la Casa per costringerlo a qualche capitolazione in più. Sappiamo che c'è chi non è disposto a capitolare; che c'è chi chiama galere le galere e le tratta per tali; e che (ce l'hanno insegnato gli arresti degli anarchici leccesi per la loro lotta contro il CPT locale) questa intolleranza non viene tollerata dal potere.
Arretrare o sparire, ecco il diktat della repressione.
Un segnale per alcuni, una minaccia per altri, un'intimidazione per tutti.

UN AFFARE DI FAMIGLIA

Il 29 novembre scorso, durante gli sgomberi a S.Salvi e in via Bolognese, vengono notificati 8 avvisi di garanzia a altrettanti compagni anarchici. Sette di questi frequentano Villa Panico, un'ottava persona fa riferimento al circolo anarchico pisano di Via del Cuore. Questa inchiesta mira a dimostrare la partecipazione di questi compagni a "uno specifico gruppo di affinità, ispirato all'ideologia anarco-insurrezionalista, con l'intento di realizzare, anche con l'uso di armi comuni da sparo, secondo un concreto e attuale programma insurrezionalista, "azioni dirette" violente, con finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico, consistenti in più delitti di danneggiamento aggravato, interruzione di pubblico servizio, attentati contro i diritti politici dei cittadini, minacce aggravate e rapine di autofinanziamento".

Per capire il senso di questa operazione dobbiamo andare un po' indietro nel tempo. Si comprenderà come questo teorema si collochi all'interno di un disegno voluto dalle alte sfere del potere per annientare la presenza anarchica in Toscana, e si appoggi sulle brame di carriera dei soliti servi prezzolati della magistratura e della polizia. A partire dal giugno 2004, i compagni anarchici pisani, dei quali alcuni del gruppo ecologista radicale "Il Silvestre", sono stati colpiti da ben due inchieste per associazione sovversiva: la prima (inchiesta COR) ha cercato di dimostrare la partecipazione degli anarchici pisani alle Cellule di Offensiva Rivoluzionaria, gruppo che ha rivendicato una serie di attentati per lo più incendiari contro politici e sindacalisti; la seconda (Inchiesta "Gruppi d'affinità"), scattata il 4 maggio 2006 con l'arresto di undici compagni, ruota principalmente attorno a due azioni: un fallito attentato all'esplosivo contro un traliccio dell'alta tensione (rivendicato da un comunicato anonimo come azione contro il ritorno del nucleare) e un grosso petardo contro l'agenzia di lavoro interinale Adecco (rimasta anonima e non rivendicata).

Come spesso succede in questo tipo di inchieste, numerosi compagni hanno trascorso lunghi periodi (fino a due anni) in carcere e agli arresti domiciliari. Attualmente Daniele si trova in prigione in attesa di processo mentre Francesco, dopo due anni trascorsi in galera per la sua presunta partecipazione alle COR (dalla quale è stato prosciolto nel processo d'appello), è prigioniero a Sollicciano, accusato di una rapina all'ufficio postale di Stazzema (Lucca) per la quale è stato arrestato assieme a Daniele nel luglio scorso. Costantino, dopo un anno e mezzo di carcere, è stato di recente messo ai domiciliari. Altri compagni si trovano tutt'ora sottoposti a misure restrittive (obbligo di dimora, divieto di dimora a Pisa, firme in commissariato ecc.)

Il filo che lega le inchieste "pisane" e l'inchiesta "fiorentina" appena nata è la procura di Firenze (competente in fatti di "terrorismo") ed un nome: Angela Pietroiusti, pubblico ministero di detta procura e accanita persecutrice di sovversivi. Già PM dell'inchiesta COR, Angela Pietroiusti viene bocciata dalla sentenza della Corte d'Appello di Firenze (maggio 2007) che manda assolta la quasi totalità degli imputati (anche se purtroppo per due di questi, Alessio e William , viene confermata l’ associazione sovversiva). Se già questa sentenza non fa proprio onore alla carriera di questa aspirante Torquemada, come se non bastasse le viene revocata la seconda inchiesta sugli anarchici pisani ("Gruppi d'affinità") poichè secondo i giudici istruttori di Firenze i fatti contestati non sono considerabili "terroristici" ma, tutt'al più, "eversivi": la competenza in materia passa quindi dalla Procura "antiterrorismo" di Firenze alla Procura di Pisa.

Del tutto naturale, quindi, che Angela Pietroiusti cerchi di rilanciarsi accanendosi su altri anarchici. Quale migliore occasione dell'arresto di Daniele e Francesco per rapina? Gli altri reati contestati a questa presunta "associazione" sono infatti assai lievi: danneggiamento aggravato, interruzione di pubblico servizio...C'è bisogno di qualcosa di più per sbattere dentro questa gentaglia che non vuole saperne di lavorare, che occupa gli spazi per aprirli a nuovi complici, che vive nello spregio della legge, che turba la pace terrificante della città "sicura" senza chiedere permessi ed autorizzazioni...e che per di più, peggio ancora! non ha mai nascosto la propria amicizia, solidarietà e complicità con i "terroristi" del Silvestre, sostenendoli con numerose iniziative di propaganda, di appoggio e di disturbo; rivendicandoli come compagni dalla stessa parte della barricata, e sostenendo, per di più, che i veri terroristi sono coloro che costruiscono il proprio potere sul terrore dell'esclusione, della repressione, delle galere e delle guerre: il Capitale, lo Stato e tutti i loro servi.

Nelle interessate fantasticherie dei servi(tori) dello Stato come Angela Pietroiusti, gli anarchici non sono degli individui che agiscono secondo liberi rapporti di affinità, da sperimentare e reinventare volta per volta; al contrario, essi costituiscono un'associazione che agisce secondo "un concreto e attuale programma"; le loro scelte, anche illegali, devono per forza rientrare in un disegno eversivo, in un "vincolo" di un qualche tipo, in una "cospirazione" e non essere una libera espressione delle loro individualità; una rapina è una rapina, ma se è fatta da anarchici diventa una "rapina d'autofinanziamento"... Non sappiamo se Daniele e Francesco hanno effettivamente allungato le mani sui soldi dei padroni, e neanche ci interessa saperlo. Sappiamo soltanto che se avessimo un "concreto e attuale programma" ci presenteremmo alle elezioni, anzichè sperimentare giorno per giorno le possibilità di una vita libera, che brucia ogni programma e ogni calcolo. L'Anarchia (la "nostra" anarchia, per carità) non ha bisogno di pianificare programmi; ha un patrimonio di idee e pratiche lungo secoli cui attingere, da reinventare volta volta in forma nuova. Questa ricchezza sconcerta sempre i Repressori di ogni tempo e luogo: è naturale, quindi, che questi ultimi si guardino allo specchio e vedano ovunque il fantasma della "trama", del "programma", in ultima istanza dell' "organizzazione". Già alla fine dell'Ottocento, quando in tutta Europa esplodeva la propaganda col fatto contro sbirri e teste coronate, la Magistratura inseguiva una fantomatica Centrale Anarchica Internazionale che non riusciva a rintracciare... Ogni anarchico, al contrario, compie in autonomia le proprie scelte di attacco e non chiede il permesso a niente e a nessuno, nè a Dio nè allo Stato, nè al "movimento" nè ai propri amici e compagni più intimi. Coscienti di questo, rivendichiamo Daniele e Francesco come compagni e ribadiamo la nostra complice solidarietà.

Una solidarietà che costa, una solidarietà per cui si rischia la galera. Così lo scorso novembre la Digos fiorentina sgombera e perquisisce il nostro lussuoso palazzo occupato alla ricerca della pistola usata nella rapina e mai ritrovata, per poi andarsene con materiale cartaceo e informatico, mascherine-stencil per fare le scritte e chiodi da cemento fatti passare per bossoli. Villa Panico viene sgomberata di loro iniziativa, senza ordinanza del giudice. Le operazioni sono guidate da Alfredo Pinto, nuovo capetto della polizia politica locale, giunto a Firenze dalla Direzione Investigativa Antimafia di Torino e già distintosi per alcune gratuite perquisizioni nelle case del Movimento di Lotta per la Casa a caccia di immigrati senza documenti. E sapete chi è questa specie di piccolo Cofferati della Questura? Nè più nè meno che il marito di Angela Pietroiusti!

A questo punto il cerchio si chiude. In una Toscana da sempre al centro delle attenzioni del ministero degli Interni, perennemente citata nei rapporti sullo stato della sicurezza del Sisde, lo Stato chiede uno sforzo in più per estirpare la "malerba" (questa perla la dobbiamo a Giuliano Amato in persona). L'Imperatore Cioni e la cricca del neonato PD ci mettono del loro, tuonano contro le occupazioni e contro non meglio identificati "delinquenti". Poliziotti e magistrati rampanti si fanno avanti, attratti come lupi dalla possibilità d'una carriera veloce, e Alfredo Pinto arriva da Torino in soccorso della moglie che vede la propria carriera vacillare. Sgomberi e perquisizioni vengono quindi organizzati come un affare di famiglia: telefoni sotto controllo, compagni pedinati e la fantasia fa il resto. I Silvestri sono "terroristi", quindi i loro amici sono "terroristi": quindi il Panico è sede di un'associazione sovversiva. Chi osa frequentare certa gente deve capire cosa rischia: la perquisizione viene estesa all'Asilo.

Cosa si prepara ancora nel talamo nuziale dei coniugi Pinto-Pietroiusti? Cosa gli viene richiesto dalle stanze della politica, da Roma a Palazzo Vecchio? Per ora sappiamo che un compagno di Pisa, principale referente nazionale della campagna contro Benetton e la repressione del popolo Mapuche in Patagonia, è stato perquisito dalla Digos nelle scorse settimane per una vecchia inchiesta già archiviata nel 2001 e ora riaperta; che sei persone (tra le quali alcuni anarchici, di Via del Cuore e non) sono state perquisite pochi giorni dopo per associazione sovversiva e tentato omicidio, in relazione ad un attentato incruento contro la Folgore di Livorno rivendicato da marxisti; che nel frattempo l'inchiesta sulla rapina di Stazzema è stata spostata dalla Procura di Lucca a quella "antiterrorismo" di Firenze; e che Daniele, uno dei due arrestati per la rapina, subisce una sistematica censura sulla posta e ripetute pressioni da parte della Digos, che continua a vessarlo in carcere...

Nel frattempo, nella città "Culla del Rinascimento" i fascisti picchiano gli studenti medi, gli sbirri distribuiscono sempre più denunce, la magistratura condanna tredici antagonisti a sette anni di carcere per essere stati caricati a freddo dalla polizia durante una manifestazione contro l'aggressione della NATO alla Jugoslavia, nel 1999...
Casuali coincidenze?

IL GOLPE NON CI SARA', PERCHE' C'E' GIA' STATO

Perchè è oramai un fatto che attraverso l'uso di una propaganda sempre più martellante, che manipola il presente e riscrive il passato, si è innescata una deriva culturale tesa a imporre l'obbedienza e a squalificare ogni insubordinazione. Ed ecco le sentenze contro i ribelli di Genova e di Firenze e le pesanti richieste di condanna contro la Rete del Sud Ribelle. Ecco gli anarchici bolognesi incarcerati da mesi per essersi opposti alla polizia mentre tentava di psichiatrizzare una ragazza in piazza Verdi. Ecco i loro amici incarcerati e condannati con pene fino a dieci mesi per avere fatto delle scritte in loro solidarietà ed avere imbrattato un bancomat e una macelleria. Ecco il teorema del 12 febbraio contro le cosiddette "nuove BR" e le denunce (tra le quali la folgorante "apologia di terrorismo") per chi ha manifestato all'Aquila contro la ferocia dell'isolamento carcerario. Ecco Michele Fabiani, anarchico di Spoleto in regime carcerario speciale per una montatura del ROS di Ganzer, costata altre quattro incarcerazioni ad altrettante persone (di cui tre attualmente ai domiciliari). Ecco i COBAS perquisiti per eversione sulla base di un volantino...
Sembrerebbe l'apocalisse di ogni tensione critica verso la società del Capitale, eppure...

Eppure il re non è mai stato così nudo. I paladini dello Stato, i "difensori della democrazia" difendono una società al collasso, che non sa produrre altro che guerre, catastrofi ecologiche e precarietà forzata. Una società che schiera l'esercito a difesa della spazzatura che la sommerge. Che si difende dalle proprie contraddizioni annullando ogni umanità e gridando al linciaggio del nemico esterno e interno. Una società che vive, in ultima istanza, della guerra permanente, che aprendo le frontiere all'economia e chiudendole agli esseri umani trasforma il "dentro" e il "fuori" in un unico fronte di guerra...

In questo contesto, l'intervento degli anarchici e dei libertari appare tutt'altro che "impossibile". Il grido degli amanti della libertà va a spezzare un blocco sociale che, nella reale insicurezza generalizzata (quella delle morti sul lavoro, dell'avvelenamento industriale, dello sfascio ecologico) straparla d'una pretesa "sicurezza" poichè non ha nient'altro da offrire e ha tutto da saccheggiare. Un monolite repressivo che non vuole essere giudicato in base ai propri risultati (poichè questi si riducono sempre alla miseria e alla morte) ma unicamente in base ai propri Nemici.

Bene: i Nemici siamo noi. Gli individui di ogni colore che affollano questo ectoplasma di cemento che si chiama Civiltà. Il delirio secuitario non tollera alcuna "clandestinità" e dissemina le città di telecamere e guardie con il pretesto che gli onesti non hanno nulla da nascondere; chi non vuole essere scrutatato è pericoloso, dunque deve esserlo, quindi è un potenziale Nemico.
Se da sempre l'autentico terrorista è lo Stato, prima veniva considerato "terrorista" chi lo combatteva da una posizione di "clandestinità". Adesso il rifiuto stesso del controllo denuncia, agli occhi dei Repressori, la volontà di sottrarsi a una pretesa "trasparenza". Così, nel bispensiero orwelliano imposto ovunque dal totalitarismo democratico, l'aperta contrapposizione al dominio diviene, in virtù di uno strabiliante rovesciamento logico, una forma di "clandestinità". Chi sciopera al di fuori delle concertazioni sindacali è un terrorista, chi si scontra con la polizia è un terrorista, chi lotta contro le nocività è un terrorista. Terroristi nei centri sociali, negli stadi e persino in televisione (vi ricordate della battuta del comico Andrea Rivera sulla Chiesa cattolica, che gli costò questa accusa da parte dell'Osservatore Romano?)

Un momento. Se terroristi sono (potenzialmente) tutti, Terrorista è, in fondo, nessuno.
La massima di Goebbels, ministro nazista del Terzo Reich per il quale una menzogna ripetuta all'infinito diviene verità, non è mai stata tanto attuale. Applicata costantemente dai mezzi di (dis)informazione, si avvicina giorno dopo giorno alla propria saturazione e rivela la propria falsità. Ripetendo la stessa frase all'infinito, la lingua si impappina fino a produrre un balbettio inarticolato. Parlare di "delirio" sulla sicurezza non è semplice metafora, ma indica un fatto reale.

In questo contesto, svelare le menzogne dei Repressori diviene, almeno di fronte a chi non ha gli occhi completamente offuscati dai fumi della propaganda, relativamente "facile".
Lo strumento della contro-informazione permette di sgombrare il campo dai fantasmi? Noi crediamo di sì. Storicamente, fare contro-informazione significa due cose: diffondere informazioni che il potere di proposito tace e destrutturare le menzogne che esso fa circolare. Rappresentarsi per ciò che si è, con la totalità dei propri contenuti, è la miglior forma di contro-informazione: è strapparsi con la forza dei propri movimenti l'abitino che ci viene cucito addosso dai servi dello Stato. Sempre che non si pretenda di poterlo fare solo con le parole, ma che si rilanci nei fatti la propria Idealità.

Solo una lotta costante contro ogni forma di repressione (da quella "politica" a quella generalizzata, che trasforma il mondo in una galera), fatta secondo il metodo dell'orizzontalità, dell'autogestione e della libertà; solo questa lotta può, giorno per giorno, renderci l'aria. Denunciare l'oppressione quotidiana e manifestare solidarietà nei fatti a chi la subisce (che sia un compagno, un rom, un valsusino in lotta o un punkabbestia) significa intaccare nei fatti l'isolamento che costruisce i mostri, che porta gli individui ad aver paura di altri individui.
Che la solidarietà pratica, insomma, dissolva questo mondo di fantasmi. Che aiuti gli oppressi a guardarsi di nuovo in faccia, a parlarsi, a darsi la mano. Senza, per questo, rinunciare alla propria differenza, ma mettendola in gioco tra le altre diversità.

Se oramai la repressione sociale somiglia sempre di più a un unico blocco, non è mai stato così vero che intaccare un filone fa tremare lun'intera montagna.

Villa Panico, febbraio 2008

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Lun, 25/02/2008 – 15:07
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