Lecco - Comunicato sui 12 avvisi orali recapitati in città

In questi giorni sono stati recapitati a Lecco 12 avvisi orali (di cui uno ancora in attesa per motivi burocratici).

Questi dodici compagni sono stati giudicati socialmente pericolosi dal questore e, in quanto tali, sono stati “avvisati” di cambiare condotta, altrimenti per loro sarà fatta richiesta della “sorveglianza speciale di pubblica sicurezza”.

Per ulteriori chiarimenti in merito ad avviso orale e sorveglianza speciale rimandiamo all’opuscoletto che alleghiamo, tratto dai numeri 3 e 4 di "scheggia", ringraziando i compagni per le informazioni raccolte, anche vista l’utilità di queste.

Non è nostro volere dibattere in merito alle disposizioni legislative vigenti. Certo, per il “sincero democratico” dovrebbe essere fonte di riflessione l’uso di così pesanti misure restrittive in maniera totalmente arbitraria e ordinaria…ma sono problemi suoi!

Nessun piagnisteo, insomma, e nessun rimpianto per ciò che è stato messo in atto a Lecco negli ultimi mesi.

Resta indubbio però che le motivazioni addotte dalla questura sono davvero ridicole. Infatti l’avviso è arrivato anche ad alcuni compagni con una sola segnalazione per manifestazione non autorizzata…basta davvero poco per essere “socialmente pericolosi”! Non han voluto mettere in atto la solita distinzione tra buoni e cattivi, bensì un attacco indiscriminato per far capire alle persone con cui si intrattengono amicizie e relazioni che chiunque può essere colpito dalla repressione.

In merito a tutto questo, preme ad ognuno di noi rimandare al mittente l’appellativo di “socialmente pericolosi”, perché il reale pericolo alla socialità viene da chi quotidianamente la reprime e la annienta, non certo da chi la pratica in ogni dove al fine di combattere l’atomizzazione e l’isolamento, ormai dilaganti.

Potremmo si esser pericolosi, ma per lo stato, non certo per la socialità!

Queste intimidazioni non stupiscono affatto, poiché per colpire una pluralità di individui che si muovono e lottano, individualmente e collettivamente, è davvero scontato che si utilizzino mezzi infami per indurre alla resa attraverso la paura.

È facile per “loro”, che possono avvalersi delle “loro” leggi e delle “loro” istituzioni, avvisarci oralmente, ma è altrettanto facile per ogni individualità farsi carico di denunce, avvisi e minacce, passando per le strade buona parte del nostro tempo a fomentare la lotta e a praticarla anche a volto scoperto. Ed è proprio la volontà di attuare queste pratiche che rende impossibile arginare la nostra “pericolosità sociale”, come invece loro vorrebbero.

Le persone accanto a noi nelle lotte e nelle strade ci rendono esplosivi, i rapporti umani maturati in questi anni rendono ognuno di noi psicologicamente inattaccabile dalla repressione.

Certo, sarà opportuno anche per questo rilanciare lo sviluppo dell’affinità e affinare le pratiche di lotta.

Resta il fatto che non c’è né voglia né tempo per impaurirsi.

L’oggi urge più del domani. La paura di una sorveglianza speciale futura non può certo caratterizzare il nostro presente. Continueremo ognuno sulla propria strada, poiché quello che si porta avanti non è il semplice seguire un programma di partito o un’organizzazione standardizzata. Le lotte in atto nascono esclusivamente da affinità derivanti da quello che ognuno di noi è dentro di se, un pezzo di carta non potrà certo intaccare il nostro cuore.

Poco importa cosa sia legale e cosa no, cosa sia pericoloso e cosa tranquillo, ognuno di noi segue il proprio percorso di vita, con amore e rabbia.

La solidarietà, già ricevuta da compagni e amici, da migranti e italiani, da uomini e donne, non può che essere rilanciata e trasformata in capacità di riappropriarsi della propria vita e combattere lo stato di cose presente.

Contro ogni tipo di reclusione, di isolamento e di autorità, non si può che continuare la nostra lotta, a fianco di chi subisce quotidianamente le proprie scelte di vita tramite carcere e repressione e a fianco di chi, giorno dopo giorno, matura scelte rivoluzionarie verso l’esistente.

L’obiettivo non è resistere ma contrattaccare.

 

Alcuni pericolosi” e “i loro complici”

Ven, 01/05/2009 – 20:28
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