Paesi Baschi - TattooCircus di Eibar: una critica

Riportiamo la traduzione di un contributo distribuito come volantino in occasione dell'incontro anticarcerario del Tattoo Circus di Eibar (dicembre 2012). La critica è stata scaturita dall'invito rivolto a collettivi che si rifanno alla sinistra nazionalista basca.

TATTOO CIRCUS DI EIBAR: UNA CRITICA

Ci dispiace non poter essere presenti all'incontro, per affrontare, faccia a faccia, certe questioni che ci sembrano questioni basiche della lotta anticarceraria. Senza pretendere il riconoscimento di diritti d'autore di alcun tipo, ci sembra il caso di segnalare che il Tattoo Circus nacque a Roma come iniziativa di gruppi anarchici, fondato su idee e pratiche anticarcerarie.

Ci preme render chiaro il significato della parola «anticarcerario» visto che, in questa occasione, alcuni dei collettivi che sono stati invitati non hanno nulla a che vedere con la lotta radicale contro le prigioni. La lotta anticarceraria è una lotta per la distruzione delle carceri perché il carcere è uno dei pilastri fondamentali del Sistema. Tutte le forme del Potere, dalla più piccola fino agli Stati, creano e utilizzano vari tipi di prigionia, di reclusione, come costante minaccia di esclusione col fine di provocare la paura necessaria per il mantenimento delle gerarchie e della dominazione. Quindi, la lotta anticarceraria è al tempo stesso una lotta contro gli Stati ed il Potere.

Così come in altri ambiti, anche rispetto al carcere esiste l'onnipresente pericolo che la lotta venga istituzionalizzata, recuperata dal Potere attraverso proposte abolizioniste o riformiste. L'abolizionismo si basa sulle leggi e più in generale sulla giustizia. Abolire fa parte della sfera dei codici e può essere soltanto volontà ed espressione del Potere. Di conseguenza, essere abolizionista significa utilizzare strumenti del Sistema, avendoci fiducia e dipendendo dalla continuazione del Sistema stesso affinché, per legge, l'abolito continui ad esser tale. D'altra parte, il riformismo cerca di «migliorare» le celle ed i moduli però, anche se spesso la situazione nelle prigioni è insopportabile e sono gli stessi prigionieri coloro che avanzano questo tipo di rivendicazioni, basare la lotta unicamente su possibili riforme è completamente limitativo oltre ad essere pericoloso. Risulta patetico continuare a propinare il classico racconto sulla possibilità di «cambiare le cose da dentro», addirittura tentando di «informare» i potenti rispetto alla propria brutalità, come se fossero incoscienti della repressione che, essi stessi, quotidianamente decidono esercitare.

Rispettiamo e solidarizziamo con coloro che subiscono la repressione e con coloro che li appoggiano. Speriamo che le nostre critiche non sembrino dettate da arroganza; siamo semplicemente coscienti del fatto che non c'è possibilità di un largo percorso in comune quando nelle dichiarazioni di certi collettivi non c'è una critica reale all'esistenza del carcere e di qualsiasi società necessiti la reclusione. Crediamo che, soprattutto tra anarchici, sia importante capire che dare appoggio a prigionieri non vuol dire automaticamente essere contro il carcere e le sue istituzioni parallele, cioè contro tutto quello che consente il mantenimento del Potere. Specialmente quando si fanno distinzioni che permettono di parlare esclusivamente di «prigionieri politici» e quando qualsiasi tipo di discorso si orienta verso «più democrazia» e la creazione di un nuovo Stato, con i suoi poliziotti, giudici, carcerieri e assistenti sociali, deve risultare estremamente facile esser capaci di appoggiare alcuni prigionieri e allo stesso tempo —in maniera diretta o indiretta— sfiorare l'appoggio all'esistenza delle prigioni e persino la creazione delle nuove «macrocarceri».

Sappiamo che individualmente alcuni andrebbero oltre a ciò che i collettivi ai quali appartengono dichiarano come loro obiettivi. Con queste persone potremmo relazionarci e confrontarci a livello individuale, ma non con dei portavoce né delegati. Non ci apporta nulla dar spazio ed importanza a collettivi non affini alla lotta anticarceraria (specialmente quando già hanno i loro spazi nei mass media) perché non c'è dibattito anticarcerario possibile.

Che ognuno faccia ciò che sente nel momento di appoggiare i prigionieri o di lottare contro le prigioni, non è nostra intenzione perder tempo nell'ostacolare chi ancora crede che gli apparati giudiziali siano qualcosa di «neutro». Che però resti chiaro che, come anarchici, ciò che cerchiamo sono compagni di lotta, non alleanze né piattaforme. Compagni nella lotta per la distruzione delle prigioni e della societá-carcere.



individualità anarchiche
Mer, 02/01/2013 – 16:29
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