Repressione - Raccolta comunicati e iniziative in solidarietà con i banditi torinesi [IN AGGIORNAMENTO]

Manifesto diffuso a Pinerolo e Valli limitrofe:



Mentre tutto scorre...

Capitano a volte degli avvenimenti che squarciano la cortina fumogena che avvolge ogni cosa e ci consegnano nitidamente la natura dell'epoca in cui viviamo.

Da qualche tempo nel Pinerolese, nell'ambito dei programmi per la Seconda Accoglienza  gestiti dalla diaconia valdese, si sono attivati tirocini per i  richiedenti asilo presso alcune aziende ed enti del territorio.
L'argomento è spinoso perché laddove scatta la trappola totalitaria del “favorevoli/contrari”- che vede schierati da un lato razzisti di ogni risma, dall'altro i sostenitori acritici della cosiddetta accoglienza di Stato- le prime cose ad essere sacrificate sono i dettagli più significativi e la lucidità necessaria ad interpretarli nel quadro dei rapporti sociali.
Il dettaglio, si fa per dire, è questo: i tirocinanti prendono 3,70 €/ora!
I padroncini che li impiegano esultano e fanno pure la figura di chi integra gli schiavi di oggi.

Ecco che, al di là della retorica di chi se ne fa promotore, la gestione delle migrazioni (in generale) e la Seconda Accoglienza (in particolare) si rivelano per quello che sono: uno strumento di potere in mano agli Stati europei per scartare l'umanità in eccesso, ai confini. Dal punto di vista economico  la parte migrante selezionata viene utilizzata come manodopera a bassissimo costo, per legittimare a livello sociale e strutturale un peggioramento nelle condizioni degli sfruttati tutti,  ampliando altresì i margini di profitto dei padroni.

Un'altra fotografia dei tempi che corrono ci viene da Torino, dove 12 anarchici che da anni si battono contro quei lager per migranti che chiamano C.I.E.  e le aziende che li gestiscono, sono stati banditi dalla città con lo strumento del “divieto di dimora”. Il fatto per cui questi compagni sono banditi è una contestazione contro LADISA- la stessa che gestisce mense scolastiche a Pinerolo, difesa dall'assessore Clement- azienda che fornisce pasti ai C.I.E. di Torino e di Brindisi e che serve ai reclusi prelibatezze come vermi e cibi scaduti.

Il messaggio che questa società ci manda è chiaro: nei suoi ranghi c'è posto solo per individui mansueti, che si piegano alle sue richieste di sfruttamento ed indifferenza; agli indesiderati, all'umanità in eccesso e a chi pensa che la solidarietà sia la prima arma degli oppressi, vengono riservati filo spinato, manganelli e misure di polizia.
I fatti di Ventimiglia, Calais, Lampedusa, Idomeni ce lo ricordano ogni giorno.


Questo mentre tutto scorre... se invece il fiume della solidarietà e della rivolta tracimasse?!





Venerdì 10 giugno a Saronno c'è stato un presidio in stazione in solidarietà ai/alle
12 compagn* colpiti dal divieto di dimora a Torino, che da oggi hanno
scelto di violarlo pubblicamente.

Si è poi trasformato in un piccolo corteo che ha attraversato le vie del centro.

E' stata anche un'occasione per ribadire che non saranno i fogli di via
che ci notificano dallo sgombero del TeLOS di via Milano a impedirci di
stare e lottare dove abbiamo scelto di essere.



NOI DA QUI NON CE NE ANDIAMO! LIBERTA' PER CHI LOTTA!



TeLOS

Seguono testo del volantino distribuito:

PUNTARE I PIEDI: SOLIDARIETÀ AI BANDITI DI TORINO

Il 25 maggio la polizia ha notificato a dodici compagne e compagni la misura cautelare del divieto di dimora da Torino.Essa prevede l'allontanamento immediato da un determinato luogo per un periodo più o meno lungo; se il divieto non viene rispettato, è previsto l'arresto.
Giudici e tribunali, sempre più spesso, considerano questo provvedimento “minore” rispetto ad una misura cautelare in carcere o ai domiciliari perciò sono portati ad affibbiarlo con facilità, poco importa se chi viene colpito vive da anni in una città, magari studia o lavora, ha delle relazioni e una casa. Invece importa molto se il “divietato” ha scelto di impegnare testa e cuore per ricercare ogni giorno delle possibilità per lottare, organizzarsi insieme, immaginare e provare a sovvertire il presente.
A Torino l'episodio in questione riguarda una contestazione nei confronti dell'azienda Ladisa, che gestisce la mensa del C.I.E. di corso Brunelleschi, responsabile delle pessime condizioni del cibo distribuito, nel quale più di un volta sono stati trovati vermi.
L'azione era stata una semplice e letterale restituzione della merda che quotidianamente i detenuti sono costretti a mangiare. La cornice di questi fatti è una viva lotta che prosegue da anni contro i meccanismi delle identificazioni ed espulsioni dei senza-documenti, fatta di azioni di solidarietà e complicità, anche in risposta alle numerose rivolte (collettive e individuali) che sono state in grado di distruggere quasi completamente il C.I.E.
Pensiamo che i Centri di Identificazione ed Espulsione siano parte integrante del sistema di barriere che ci circonda: lo si può riconoscere alle frontiere (dal Brennero a Ventimiglia ai porti del Mediterraneo), negli sgomberi e rastrellamenti fatti a Ventimiglia, nei controlli polizieschi delle città in cui viviamo, nel continuo tentativo di creare separazione tra italiani e stranieri, o tra chi ha il permesso di soggiorno e chi invece è clandestino, nel variegato sistema di “accoglienza”, sparpagliato su tutto il territorio, che si impegna a rendere funzionale al profitto l'altrimenti fastidiosa presenza dei migranti.
Nelle città c'è sempre meno spazio per chi ha scelto di lottare o di vivere fuori dai netti confini della legalità: la polizia e i tribunali attaccano pratiche e modi di vivere, idee e relazioni.
Bisogna spazzare via gli spazi occupati, i poveri, i senza documenti, i ladruncoli, i “socialmente pericolosi”, i presidi, i volantinaggi, i picchetti anti sfratto, i cortei.
Bisogna far posto a quartieri imbellettati, funzionanti in ogni aspetto, produttori di profitto, a misura di bravi cittadini.
Non è la prima volta, infatti, che, a Torino, delle persone subiscono provvedimenti di questo genere: sono anni che la Procura cerca di estirpare ciò che per loro rappresenta un problema  alla radice, denunciando e arrestando o, senza suscitare troppo clamore, allontanando in un colpo numerosi compagni.
Non solo a Torino, ma anche a Saronno (ed in numerose altre parti d'Italia), la Questura ha provato ad allontanare molti di noi con il foglio di via (misura amministrativa che prevede l'allontanamento da una città; chi non la rispetta viene denunciato invece di subire un arresto immediato). Dal 2014 sono circa una ventina le misure emesse, tra quelle andate in porto e quelle cadute.
Abbiamo sempre detto, e lo ribadiamo con forza, che non siamo intenzionati a rispettare  questi provvedimenti e così abbiamo fatto: da mesi continuiamo a vivere in città, occupare, stringere relazioni e lottare.
Crediamo che sia importante far capire a sbirri e tribunali che siamo noi, ogni giorno, a decidere dove e con chi stare; saremo al fianco di chi sceglierà di non rispettare il divieto di dimora ed andare incontro ad un arresto perchè vogliamo che i nostri compagni ed amici siano liberi di continuare a vivere e lottare dove loro stessi hanno scelto.

PUNTEREMO I PIEDI ANCHE NOI! LIBERTÀ PER CHI LOTTA!

NOI DA QUI NON CE NE ANDIAMO!

TeLOS

fip largo alle canaglie 1312



SOLIDARIETA' ALLE COMPAGNE E AI COMPAGNI TORINESI

Mentre i leader mondiali si riuniscono per decidere del futuro dei flussi migratori, mentre al Brennero si inizia a costruire la frontiera e nel Mediterraneo non hanno fine le stragi di migranti, a Torino polizia e procura impongono l'ennesimo provvedimento a chi contro questo schifo non si rassegna e lotta.

Dodici divieti di dimora per compagne e compagni per aver partecipato alle contestazioni contro la Ladisa, fornitrice di cibo (con vermi) ai CIE di corso Brunelleschi e Brindisi, o almeno questo è il pretesto.

Le misure arrivano pochi giorni dopo la conclusione di una tre giorni nazionale chiamata "BRUCIARE LE FRONTIERE OGNI GIORNO", evidentemente il rilancio delle lotte e la diffusione delle stesse li preoccupa non poco.

Ogni giorno ci troviamo davanti a frontiere di qualunque tipo e in qualunque luogo : celerini nelle strade, frontiere anti migranti, finte strategie di accoglienza, telecamere ovunque, basi militari, fabbriche di morte. Tutte strutture nate e costruite con l'intento di dividere, fermare, isolare, controllare, sfruttare.

Il vero problema è quando si inizia ad accettarle, a vederle come contorni naturali ovunque andiamo.

Chi non accetta questo esistente e lotta per distruggerlo non può che avere la nostra solidarietà.

Anche se ci vogliono bandire, dividere, disperdere non lasciamo solo nessuno, perchè con i banditi, qualsiasi significato abbia questa parola, siamo sempre solidali e la solidarietà attiva e complice è un'arma.

Alle compagne ed ai compagni colpiti dall'ennesimo provvedimento repressivo va tutta la nostra solidarietà

Bruciare le frontiere ogni giorno.


Compagni e compagne dalla Sardegna





SOLIDARIETA' CON I BANDITI TORINESI

La mattina di mercoledì 25 maggio la polizia ha notificato a dodici compagni la misura cautelare del divieto di dimora nel comune di Torino. Il pretesto stavolta è una contestazione avvenuta lo scorso ottobre contro la Ladisa, azienda che si occupa della distribuzione dei pasti al Centro di Identificazione ed Espulsione: quel giorno era stato lanciato un secchio pieno di merda in supporto delle proteste dei detenuti di corso Brunelleschi, i quali avevano trovato vermi nel cibo distribuito dalla mensa. L'azione si colloca all'interno di una mobilitazione più ampia, che dura da molti anni, contro i lager per senza - documenti e la macchina delle espulsioni, parte integrante e funzionale alla gestione dei flussi migratori e delle frontiere. Anni in cui la determinazione delle rivolte dei reclusi, a cui si è cercato di non far mai mancare la solidarietà dall'altra parte delle mura, ha messo seriamente in discussione l'esistenza stessa dei CIE (attualmente su tredici ne sono in funzione solamente quattro).

Il divieto di dimora è una misura apparentemente lieve, che proprio per questo motivo può essere prolungata per più di un anno, e che per l'ennesima volta la Procura di Torino utilizza con l'intento di allontanare dalla città i compagni impegnati nelle lotte. Il tentativo è quello di disinnescare il conflitto attaccando le situazioni di rivolta e insubordinazione, con una strategia stillicida che non desti clamore né provochi reazioni.

Non lasceremo soli i compagni davanti a questo ulteriore tentativo di isolamento. Le reti di solidarietà si stringeranno proseguendo le lotte, a Torino e ovunque,  contro lager, frontiere e deportazioni, e rispondendo con determinazione e passione ad ogni stratagemma repressivo.

Libertà per i compagni e le compagne!


Nemici e nemiche delle frontiere

Trento, 26 maggio 2016


La solidarietà è un'arma, usiamola!

Mercoledi 23 maggio gli sbirri, come sempre più spesso accade da qualche anno a questa parte, si sono presentati per notificare 12 divieti di dimora da Torino bussando alle occupazioni di via Lanino, di Corso Giulio, all'Asilo occupato ed in diverse case.
L'accusa è di violenza privata e deturpamento: i fatti risalgano all'ottobre del 2015, giornata in cui fu portato "in regalo" qualche sacco di letame alla LADISA srl, ditta che fornisce i pasti nei Cie ed in alcune scuole ed ospedali di tutta Italia.
Come già successo a settembre nel Cie di Torino, spesso i pasti distribuiti dalla LADISA sono conditi da vermi o fanno letteralmente schifo, quel giorno quindi fu ri-portato al mittente quel che più si merita: MERDA.
In quei mesi non mancarono altri blocchi ed azioni verso le numerose ditte che con il proprio lavoro contribuiscono al funzionamento dei lager in cui la gente viene rinchiusa colpevole del solo fatto di non aver documenti.
E' chiaro come la magistratura voglia mirare ad indebolire la costanza delle lotte intraprese, allontanando compagni ed amici dalle città in cui vivono.
Oltre a questi 12 divieti, altre 28 persone da qualche mese si trovano ai domiciliari o colpiti dal divieto di dimora le accuse in questo caso sono aver partecipato a contestazioni contro il Tav, contro la presenza di fascisti all'università o a cortei di opposizione alle sfilate legiste.
Se una volta azioni del genere potevano portare ad una semplice denuncia, da qualche anno a questa parte la strategia della macchina repressiva torinese è cambiata: nei soli ultimi mesi, più di 40 sono le misure cautelari distribuite tra divieti e obblighi di dimora, arresti domiciliari o carcere, 4 le sorveglianze speciali già applicate e altre 4 in attesa di giudizio, innumerevoli infine le denunce.
A Torino, capitale italiana degli sfratti, nel mirino della repressione c'è anche chi semplicemente decide di occupare una casa o di opporsi ad uno sfratto e come se non bastasse, in nome della sicurezza e della legalità, le retate contro gli immigrati sono all'ordine del giorno, le persone vengono letteralmente rapite, rimpatriate o rinchiuse nei Cie.
Nella Torino post olimpica, devastata, saccheggiata ed impoverita per ingrassare le pance di pochi, non c'è spazio per poveri, immigrati, rom e per chiunque ritenga fondamentale agire per non subire.
Adesso è importante continuare le lotte, sostenere i compagni e non abbassare la testa contro chi quotidianamente ci attacca.
Non sarà di certo la repressione a indebolirci, piuttosto ci rinforzerà.
La solidarieta è un'arma, usiamola.

Solidarietà ai compagni e amici colpiti dalla repressione.
Solidarietà a tutti i reclusi.
La carta è solo carta, la carta brucerà.

Gli/le occupanti del barocchio squat




COMUNICATO DI SOLIDARIETA' DAL TELOS

Il 25 maggio la polizia ha notificato a dodici compagni e compagne la misura cautelare del divieto di dimora nel comune di Torino.
L'operazione poliziesca arriva in seguito ad una contestazione, avvenuta l'ottobre scorso, nei confronti dell'azienda Ladisa che gestisce la mensa del C.I.E. di corso Brunelleschi ed è responsabile delle pessime condizioni del cibo distribuito, nel quale più di un volta sono stati trovati dei vermi.
L'azione era stata una semplice e letterale restituzione della merda che quotidianamente i detenuti sono costretti a mangiare.
Non dimentichiamo che da molti anni a Torino è viva una lotta contro i meccanismi delle identificazioni ed espulsioni dei senza-documenti, fatta di azioni di solidarietà e complicità, anche in risposta alle numerose rivolte (collettive ed individuali) che sono state in grado di far traballare dall'interno la struttura stessa del C.I.E.
Pensiamo che i Centri di Identificazione ed Espulsione siano parte integrante del sistema di barriere che ci circonda: lo si può riconoscere alla frontiera del Brennero, negli sgomberi e rastrellamenti fatti a Ventimiglia, nei controlli polizieschi delle città in cui viviamo; così come nel variegato sistema di “accoglienza” sparpagliato su tutto il territorio, che si impegna a rendere la presenza dei migranti una risorsa da sfruttare per creare profitto a bassissimo costo.
Contro tutto ciò c'è chi ha preso una posizione netta: le barriere vanno abbattute, qualunque forma esse abbiano.

Decidiamo noi, ogni giorno, dove stare e con chi.
Libertà per chi lotta.

Telos, Saronno



Sab, 28/05/2016 – 18:36
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