Siamo qui, siamo ovunque, siamo l’immagine del futuro.

Riceviamo dalla grecia e pubblichiamo

Se io non brucio
Se tu non bruci
Se noi non bruciamo
Come dal buio nascera’ la luce?
(Nazim Hikmet “Come Kerem”)

Con la paura tra i denti i cani rabbiosi urlano: tornate alla normalita’, la festa dei folli e’ terminata. I filologi dell’assimilazione hanno iniziato a diseporre le loro carezze taglienti: “Siamo pronti a dimenticare, a comprendere le deviazioni dei giorni precedenti, ma ora state buoni altrimenti porteremo i nostri sociologi, i nostri antropologi, i nostri psichiatri! Come padri comprensivi abbiamo assistito con sopportazione il vostro sfogo sentimentale, ora osservate come appaiono vuoti i banchi di scuola, gli uffici, le vetrine! E’ giunta l’ora del ritorno e chi rifiuta questo sacro dovere verra’ attaccato, verra’ tarato socialmente, psichiatrizzato. Questa e’ la richiesta che si aggira in citta’ :”Siete ai vostri posti?”. La democrazia, l’armonia sociale, l’unita’ sociale e tutti i grandi abbracci che puzzano di morte hanno gia’ teso le loro sporche mani.

Il potere (dal governo ai genitori) ha lo scopo non solo di reprimere la rivolta e la sua espansione, ma di creare un rapporto di subordinazione, soggettivazione. Un rapporto che determina il vissuto, cioe’ la vita politica, come una palottola di cooperazione, di compromesso e di accettabilita’sociale. « La politica e’ la politica del socialmente accettabile, tutto il resto e’ una guerriglia da briganti, scontri, caos » : questa e’ la traduzione fedele di cio’ che ci viene detto. I loro tentativi di negare la parte vitale di ogni azione, di dividerci, di isolarci da cio’ che possiamo fare : non fare di due cose una, ma rompere ancora ed ancora una cosa in due. I mandarini dell’armonia, i baroni del silenzio - dell’ordine- e della sicurezza ci richiedono di essere dialoganti. Questi trucchi pero’ sono disperatamente vecchi e la loro miserabilita’ si vede nelle pancie dei vecchi sindacalisti, negli occhi slavati dei mediatori che come uccelli rapaci si aggirano sopra ogni rifiuto, sopra ogni passione per il reale. Li abbiamo gia’ visti a maggio, a Los Angeles e a Brixton, li vediamo in giro da decenni che leccano le ossa del Politecnico. Li abbiamo visti pure ieri che invece di indire sciopero generale ad oltranza, si sono inclinati di fronte alla legalita’ e hanno annullato la manifestazione. Perche’ sanno molto bene che la strada verso l’espandersi della rivolta passa per il suo spostamento nel campo di produzione – passa per l’occupazione dei mezzi di produzione del mondo che ci distrugge.

Domani inizia una giornata in cui niente e’ sicuro. E cosa potrebbe essere piu’ liberatorio dopo tanti anni di sicurezze ? Una pallottola e’ stata capace ad interrompere la sequenza meccanica di tante giornate uguali a se’ stesse. L’assassinio di un quindicenne e’ stato un momento che ha redato uno spostamento capace a portare tutto sotto sopra. Lo spostamento dal compimento di una ulteriore giornata al punto tale che tante persone nello stesso momento hanno pensato: Basta, le cose devono cambiare e siamo proprio noi che le dobbiamo cambiare . E la vendetta per la morte di Alexi si e’ trasformata nella vendetta per ogni nostra giornata che siamo stati costretti a svegliarci in questo mondo. E cio’ che appariva cosi’ difficile si e’ dimostrato cosi’ semplice.

Questo e’ qualcosa che e’ successo, qualcosa che possediamo. Se qualcosa ci spaventa e’ il ritorno alla normalita’. Perche’ nelle strade distrutte ed espropriate delle nostre lucenti citta’ non vediamo solo gli ovvi segnali della nostra rabbia, ma la possibilita’ di cominciare a vivere. Ormai non abbiamo altro che la possibilita’ di stabilirci sopra tale possibilita’ trasformandola in vissuto: Atterrando la nostra creativita’ nel suolo della quotidianita’, la nostra forza a dare sostanza ai nostri desideri, la forza non di osservare, ma costruire il reale. Questo e’ il nostro spazio vitale. Tutto il resto e’ morte.

Chi vuole capire, capira’. Ora e’ il momento di rompere le gabbie invisibili che costringono ognuno di noi nelle nostre piccole e misere vite. E cio’ non significa solamente o necessariamente attaccare stazioni di polizia o bruciare negozi e banche. Il momento in cui qualcuno abbandona la sua poltrona e la passiva osservazione della sua stessa vita ed esce per strada per parlare ed ascoltare, lasciando spontaneamente il privato, comprende, nell’ambito dei rapporti sociali, la forza destabilizzante di una bomba atomica. Questo proprio perche’ la (fino ad ora) stabilizzazione di ognuno nel suo microcosmo e’ legata alle forze attrattive della persona. Quelle forze che permettono al mondo (capitalista) di andare avanti. Questo e’ il dilemma : stare dalla parte dei rivoltosi o stare da soli. Questo e’ uno dei rari momenti in cui un dilemma e’ cosi’ assoluto e contemporaneamente reale.

11.12.2008

Dom, 14/12/2008 – 14:35
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