Un problema di sicurezza

Un problema di sicurezza.

La società del controllo globale si organizza: la libertà è possibile, ci dicono, soltanto rinunciando alla nostra individualità. Si può essere liberi solo laddove gli organizzatori dello sfruttamento possano sapere tutto di noi. Per consigliarci meglio su cosa acquistare, mangiare, bere; come vestirci, cosa ammirare, dove riposarci; con cosa giocare e con cosa dimenticare la realtà; cosa è bene e cosa è male; chi sono gli amici e chi sono i nemici; quali i valori validi e quali quelli sorpassati, non più al passo con i tempi; chi dobbiamo votare per il meglio del “Paese”, che inevitabilmente è sempre il meglio per i pochi e il peggio per tutti gli altri. In altre parole la libertà è possibile solo laddove chi organizza lo sfruttamento sia anche in grado di determinare cosa gli sfruttati debbano pensare. Gli strumenti non mancano: mass media e intellettuali organici alla classe dominante sono sempre a disposizione per risolvere qualunque dubbio possa affacciarsi nelle nostre coscienze. Questo con una tempestività che ha del mirabolante: noi siamo ormai in grado di esprimere un’opinione su un evento qualsiasi prima ancora che l’evento stesso si sia verificato. Come dire: non so ancora cosa mangerò a pranzo domenica prossima, ma so che mi piacerà tantissimo. Se la nostra preveggenza riguardasse esclusivamente fatti di rilevanza culinaria, è probabile che tutti saremmo d’accordo nel ritenerla frutto della semplice esperienza della tradizione che vuole la domenica libera dal lavoro salariato (ma non per tutti: pensateci, ad esempio, quando entrate in un ipermercato…), con più tempo a disposizione per la preparazione di gustosi manicaretti, gite fuori porta e banchetti familiari. Il problema è che la nostra preveggenza riguarda gli eventi più disparati: dal nome della squadra che vincerà il prossimo campionato a quello di chi sarà il prossimo presidente del Burkina-Faso, dall’andamento dei prezzi della benzina la prossima estate a quello dei mutui la prossima primavera, dal contenuto della prossima finanziaria degli Stati Uniti d’America allo scoppio della guerra con l’Iran. Come possiamo vedere siamo tutti diventati degli ottimi economisti e politologi, in grado di dare un giudizio su fatti che inevitabilmente si realizzeranno. Le conseguenze sono che se noi riteniamo inevitabile un evento qualsiasi, anche posticipato di anni nel futuro, non faremo nulla per cercare di far sì che esso non accada. Il trucco è tutto qui. Nessuno ha il dono della preveggenza, perché il futuro, semplicemente e fortunatamente, ancora non è. Certo, ci piacerebbe che fosse altrimenti, in modo che possiamo organizzare la nostra vita basandoci su delle certezze, ma la vita è divenire, cambiamento e dunque incertezza. E quello che ci distingue come esseri umani dagli altri viventi, è proprio il fatto che non ci limitiamo a vivere la nostra vita come viene, accettando passivamente gli eventi. Ciò che ci rende diversi è che cerchiamo noi stessi di determinare il nostro futuro. Le società umane sono nate proprio per questo. Solo che poi il fine si è perso. E ora le società umane esistono solo per perpetuare se stesse, per far si che la situazione non cambi, per far si che il futuro sia il più possibile simile al presente. E nelle società umane ci sono persone che prendono decisioni per tutti gli altri, delegati o meno che siano a farlo da tutti gli altri. Queste decisioni hanno un unico scopo: mantenere in immutato l’esistente ovvero far sì che i rapporti di forza all’interno della società non mutino, che dominatori e dominati stiano al loro posto, che possa aumentare il numero degli sfruttati ma non quello degli sfruttatori. E la sovrastruttura usata attualmente per fare tutto questo è la libertà e la sua esportazione: libertà che ovviamente coincide con un tipo di organizzazione politica ben determinata, ovvero con la democrazia. Se però analizziamo un attimo il significato sotteso all’uso di questa parola possiamo tranquillamente notare che non è esattamente ciò che la maggior parte di noi ha in mente. Ci rendiamo presto conto che quando il termine è utilizzato dalla classe dominata il significato che gli viene attribuito è quello di giustizia intesa come equa ripartizione del benessere sociale, mentre quando viene utilizzata dalla classe dominante il suo significato subisce una metamorfosi addirittura rispetto a quello etimologico: il “governo del popolo” inteso come popolo che si autogoverna diventa “governo del popolo” inteso come strumento attraverso il quale un gruppo limitato di individui (ovvero una minoranza) controlla e sfrutta il popolo (ovvero la stragrande maggioranza delle persone). E l’obbiettivo non è più quello che noi, classe dominata, attribuiamo alla parola democrazia ma quello che le classi dominanti da sempre fanno: perpetuare se stessi, il loro dominio e il nostro sfruttamento. Per far questo nel modo meno rischioso possibile per gli sfruttatori, ecco che arriva loro in soccorso proprio l’apparato massmediatico che, attraverso la sua sapiente e invasiva opera, convince innanzitutto gli sfruttati di avere il dono della preveggenza: il futuro è già scritto e dunque è immodificabile. L’organizzazione sociale attuale è la migliore possibile, quindi è perfetta e dunque è eterna (come per Dio, l’eternità è dedotta in base alla sua perfezione). Di conseguenza è necessario che tutti si convincano di almeno altre tre cose:

a) è la società (ovvero la sua classe dominante) che stabilisce che cosa è la libertà ed essa coincide con il controllo totale degli individui da parte della società stessa, in quanto gli individui lasciati a se stessi finiscono per diventare autodistruttivi e nocivi per tutti;
b) in questo contesto il pensiero veramente libero è solo quello che accetta passivamente le indicazioni della società stessa (ovvero della sua classe dominante), mentre chi critica l’eternità e la perfezione della società lo fin mala fede e per turpi interessi personali;
c) bisogna che tutto il mondo assuma come forma sociale quella propria della democrazia così come intesa dalle classi dominanti, in quanto essa è, come dimostrato, la più perfetta e l’unica in grado di stabilire ordine e stabilità e benessere per tutti;

Il corollario di tutto questo è naturalmente che chi non vuole omologarsi è un nemico di tutti: sia esso un singolo individuo, una popolazione o uno Stato, chi non si adatta al progetto di mondializzazione della democrazia (intesa secondo la definizione delle classi dominanti) è permanentemente fonte di pericolo in quanto non sottomesso al controllo totale. Così le nostre società democratiche con una tecnica da sempre utilizzata in tutte le società (fasciste e totalitarie) basate sulla divisione in classi, inventano il Nemico. Nemico che ha le caratteristiche di essere permanente (c’è sempre un nemico nell’ombra), non ben riconoscibile (può essere chiunque), subdolo (può per anni avere finto di esserci amico), quasi invincibile (anche se, alla fine, la democrazia, intesa secondo la definizione delle classi dominanti, vincerà). Ovviamente la preveggenza di cui pariamo tutti essere dotati non arriva così in là nel tempo. E se la fobia del nemico interno nelle singole democrazie si rivolge sempre contro le minoranze, siano esse etnografiche, linguistiche, religiose, o politiche, e mai verso le classi nelle loro totalità (la classe dominante è pur sempre una minoranza), la paura del nemico esterno utilizza gli stessi canoni: in più il nemico straniero non è democratico. Ovviamente, non tutti i non democratici sono cattivi: alcuni infatti, pur essendo spietati dittatori hanno accettato di convertirsi, piano piano e quando ci saranno le condizioni, alla democrazia. Questi sono buoni. Gli altri sono cattivi. Sono nemici. È in quest’ottica che il problema dei rapporti con gli altri, individui, popoli e Stati (democratici e non-democratici), diventa un problema di sicurezza. E se per quanto riguarda i rapporti con gli individui ci pensano gli organi dei ministeri della sicurezza interna (comunque siano definiti Interni, Giustizia, Sanità, Welfare), per popoli e Stati ci pensano i ministeri della Difesa. Si conclude così il cerchio della militarizzazione della società che è l’unico efficace modo di garantire il controllo sociale totale atto a garantire l’unica libertà possibile. Questo è ciò che succede ora qui. Questo è il significato che noi attribuiamo al D10. La scelta dei luoghi in cui tale incontro si svolgerà non è certo casuale, ma ci appare più dettata da scelte logistiche (la Sardegna è al centro del mediterraneo e Cagliari è facilmente raggiungibile da tutti i paesi della costa nord dell’Africa) ed edonistiche (la Sardegna è bellissima e tutti i Vip ci vengono in vacanza), che da manifestazione di dominio imperiale che, pur non mancando, non ha di certo bisogno di organizzare riunioni del genere per esprimersi quotidianamente. Altra attenzione meriterebbe sicuramente la funzione dell’incontro piuttosto che il suo esplicarsi: obbiettivo dichiarato è la definizione di una strategia comune contro l’immigrazione. Questo nell’ottica di una europeizzazione della difesa del fronte sud contro l’inevitabile tentativo che milioni di persone faranno di trovare scampo con l’emigrazione dalle guerre (e dalle loro conseguenze immediate come fame e malattie), queste sì imperialistiche, che Unione Europea e Stati Uniti d’America si preparano a condurre nel prossimo futuro nel già martoriato continente Africano. E parte di questa strategia è proprio il continuo allarme che i mass media asserviti lanciano sulle varie ondate di sbarchi, sulla possibile infiltrazione di terroristi e quant’altro: se prima i governi di centrodestra rispondevano semplicemente con campi di concentramento (i cosiddetti CPT, Centri di Permanenza Temporanea) ed espulsioni ora i governi di centrosinistra rispondono con campi di concentramento, espulsioni, e campi di concentramento in nord Africa ( per quanto accordi bilaterali in tal senso siano già in atto con vari paesi). Con in più questo: si promettono ai governi della costa settentrionale del continente africano investimenti in infrastrutture e accordi commerciali e industriali favorevoli in cambio della loro disponibilità a fermare i disperati migranti più a sud. In modo che nel futuro prossimo non ci dobbiamo neanche disturbare a vederli morire sulle nostre coste o nelle nostre carceri. La sabbia del Sahara o le acque del golfo di Guinea sapranno senz’altro far sparire nel silenzio e lontano dai nostri sguardi i loro cadaveri. Mentre i nostri valorosi militari andranno a portare la “pace” in Sudan (petrolio e gas naturale), Niger e Ciad (oro, uranio, petrolio e acqua), Centrafrica, Nigeria e Congo (petrolio, uranio, diamanti, acqua e altri metalli rari), Uganda, Ruanda, Burundi e Tanzania (gas naturale, oro, diamanti, acqua), i nostri ministri staranno comodamente seduti in parlamento a “seguire da vicino la situazione”, a “rattristarsi per la tragedia ma ad andare orgogliosi per l’eroico sacrificio” di chi inevitabilmente ci lascerà la pelle, e a trovare un altro allegro modo di convincerci che l’unica libertà possibile si ha con il controllo totale, che questo è l’unico e più perfetto mondo cui possiamo aspirare, e che tutto il resto è solo illusione.

E sigo sempre gai e mai mi rendo
E cando ba bisonzu mi difendo.

Comitato permanente contro la repressione-Nuoro

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Sottoscrizioni: Conto Corrente 000079251989 ABI 07601 CAB 17300 intestato a MANUELA LAI
Appuntamenti: ogni martedì dalle ore 20.00 Vicolo Giusti n° 17

Ciclostilato in proprio Vicolo Giusti n° 17

Gio, 06/12/2007 – 00:26
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