Tra il dire e il fare

Il fatto che milioni di persone nel mondo si dichiarino "contro la guerra", pur con enfasi e convinzione, non basta a fermarla. E a voler ben vedere, non c'è una guerra da fermare, ma una infinità di guerre: un lungo elenco di "missioni militari" (nel caso dei bianchi civilizzati) e di "conflitti etnici" (quando si tratta di neri, gialli, verdi o bifolchi della steppa) creati ad arte ovunque ci siano territori strategici da controllare.

Molte guerre, dunque un "sistema" di guerre: una rete efficiente di eserciti e mercenari al soldo di governi e di multinazionali che lucrano sulla ricostruzione, trasformando l'annientamento fisico, sociale e culturale di un popolo in denaro. Ma in fondo di qualcosa bisogna pur campare, no? Come gli avvoltoi si nutrono di carogne, così la società va avanti e vomita una colata di cemento sui cimiteri della storia.

Assopiti dalla quotidianità del lavoro, dei centri commerciali, dei mutui e dei pagamenti rateali, ormai abituati ad un numero spaventoso di vite umane cancellate dalla faccia della terra, territori devastati, risorse depredate, culture estirpate come piante selvatiche per far posto alla "monocoltura" di chi comanda.
Migliaia di morti, feriti, mutilati, violentati, fuggiti, detenuti: qualcuno dice che è una "dolorosa necessità", il prezzo da pagare. Ma il sistema che crea le guerre, non finirà mai di imporre questo prezzo orribile, poiché esso si nutre della guerra stessa.
Tutto questo per cosa? Quanti morti e quanta sofferenza vale il cosiddetto "benessere"? Quanto grigiore e quante umiliazioni dobbiamo ancora ingoiare?

E SE INVECE trasformassimo il nostro "no" verbale alla guerra, in una opposizione reale a quelle strutture che sostengono la guerra e che hanno bisogno di essa?
Se mettessimo i bastoni fra le ruote a coloro che collaborano con queste strutture?
Se provassimo ad inceppare questa macchina di distruzione, invece di elemosinare, con le nostre lagne, miseri miglioramenti?

E SE INVECE DI SUBIRE PASSIVAMENTE IL "GIOCO DELLE PARTI" DEI POLITICANTI, DECIDESSIMO DI RIBELLARCI?

P.S. Se un politico vota a favore della guerra, quel politico è a favore della guerra. Non importa cosa pensi o perché abbia votato in quel modo, ciò che importa è che con la sua azione ha favorito la guerra. Quindi, nella pratica, nella realtà delle cose, egli è a favore.

Kinesis - Tradate

Iniziativa il 5 ottobre a Varese, presso il Kinesis autogestito

Gio, 27/09/2007 – 18:49
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