Indymedia Italia


L'articolo originale e' all'indirizzo http://italy.indymedia.org/news/2005/08/846176.php Nascondi i commenti.

Resi pubblici nuovi documenti sul "sequestro" degli hard disk di Indymedia
by Andrea Giudiceandrea Tuesday, Aug. 02, 2005 at 11:52 PM mail:

L'Electronic Frontier Foundation ottiene nuovi documenti sul "sequestro" degli hard disk e dei server di Indymedia avvenuto il 7 ottobre 2004.

«Giovedi' 7 Ottobre 2004, alle 18 circa, l'FBI si e' presentata presso la sede americana di Rackspace, presso la cui sede inglese risiedono i server che ospitano molti siti locali di indymedia, fra cui italy.indymedia.org. Gli agenti hanno richiesto il sequestro di due macchine ed hanno preteso la consegna dei dischi, portandoseli via. [...]»[1]

Fin da subito la vicenda è stata caratterizzata dalla segretezza e dalla mancanza di risposte ufficiali alle richieste di chiarimento in merito alle motivazioni e alla legittimità del sequestro dei due hard disk.
Finalmente, dopo quasi 10 mesi di azioni legali e di pressioni sulle istituzioni coinvolte, l'EFF - Electronic Frontier Foundation http://www.eff.org, che sta rappresentando gli interessi del network di Indymedia http://www.indymedia.org per la libertà di parola e di stampa, ha ottenuto dalla Corte Distrettuale degli USA del Distretto Occidentale del Texas, che aveva emesso l'ordine di sequestro su richiesta della Procura della Repubblica di Bologna in base al Trattato di mutua assistenza legale (MLAT), la desecretazione, parziale o totale, dei documenti sul caso.
Tutta la documentazione è stata pubblicata il 1° agosto 2005 in formato PDF sul sito dell'EFF all'URL http://www.eff.org/Censorship/Indymedia/.

I documenti confermano che il sequestro è avvenuto nell'ambito delle indagini preliminari della Procura bolognese sui pacchi/ordigni incendiari/esplosivi inviati al Presidente della Commissione Europea, Romano Prodi, al Presidente della Banca Centrale Europea, Jean Claude Trichet, all'Europol, al Presidente di Eurojust e ad alcune altre personalità europee tra il 21 dicembre 2003 e il 5 gennaio 2004 e sui comunicati originariamente inviati il 23 dicembre 2003 alla sede bolognese del quotidiano "La Repubblica" a firma della "Federazione Anarchica Informale", "Cooperativa Artigiana Fuoco e Affini (occasionalmente spettacolare)", "Brigata 20 Luglio", "Cellule contro il Capitale, il Carcere, i suoi Carcerieri e le sue Celle", "Solidarietà Internazionale".
In particolare la Procura aveva richiesto, con rogatoria internazionale alle autorità statunitensi, l'«acquisizione dei log file relativi alla creazione e all'aggiornamento»[2] di alcune pagine di siti web[3], tra cui quello di Indymedia, in cui erano state individuate copie di «una versione del documento di rivendicazione marginalmente difforme»[4] da quello iniziale, al fine di individuare gli utenti che li avevano pubblicati in Internet.

Evidentemente la documentazione recuperata dall'EFF aggiunge ulteriori quesiti al caso, soprattutto relativamente al comportamento della Rackspace Managed Hosting, l'azienda che forniva i servizi di hosting e connettività Internet per i due server di Indymedia.
L'EFF sottolinea infatti alcune incongruenze con quanto dichiarato dalla Rackspace per giustificare l'interruzione dei servizi e la consegna degli hard disk all'FBI: il 7 ottobre 2004 la Rackspace aveva spiegato via e-mail di aver ricevuto un ordine federale, di cui si rifiutava di rendere noto il testo, che la obbligava a fornire l'hardware intestato a Indymedia e, il giorno successivo, aveva emesso un comunicato in cui dichiarava di non poter fornire ulteriori informazioni sulla questione per ordine della Corte[5]; tali giustificazioni sono ora smentite dai documenti resi pubblici dalla Corte Distrettuale secondo i quali, invece, alla Rackspace era stato ordinato esclusivamente la consegna dei log files senza imporre particolari condizioni di segretezza (il cosiddetto "gag order").

In merito a questi e ad altri interrogativi, l'EFF ha dichiarato di aver nuovamente chiesto spiegazioni alla Rackspace Managed Hosting alla luce della nuova documentazione.



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[1] Indymedia sotto attacco http://italy.indymedia.org/archives/archive_by_id.php?id=2001
[2] Explaining the Italian Request 7/30/04. Memorandum of law in Support of Application for Order. US Attorney explains the Italian request. The Commissioners Subpoena to Rackspace, the Italian request (in Italian) and the Treaty that regulates the request are included as exhibits - http://www.eff.org/Censorship/Indymedia/unsealed/01.pdf - pag. 35
[3] indymedia.org , squat.net, alasbarricadas.org - ibidem - pag. 34
[4] ibidem - pag. 33
[5] "Press release 7 Ottobre 2004 FBI sequestra i server di Indymedia nel Regno Unito" http://italy.indymedia.org/news/2004/10/660007.php - "[indymedia italia] comunicato 09.10 - il rapimento delle due ahimsa" http://italy.indymedia.org/news/2004/10/660402.php - "EFF: Indymedia Server Seizure - Questions Remaining from the Unsealed Documents" http://www.eff.org/Censorship/Indymedia/

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Ah l'amor della precisone !! dove ci porta!
by orwell Wednesday, Aug. 03, 2005 at 1:41 PM mail:

"........ relativamente al comportamento della Rackspace Managed Hosting, l'azienda che forniva i servizi di hosting e connettività Internet per i due server di Indymedia.
L'EFF sottolinea infatti alcune incongruenze con quanto dichiarato dalla Rackspace per giustificare l'interruzione dei servizi e la consegna degli hard disk all'FBI: il 7 ottobre 2004 la Rackspace aveva spiegato via e-mail di aver ricevuto un ordine federale, di cui si rifiutava di rendere noto il testo, che la obbligava a fornire l'hardware intestato a Indymedia e, il giorno successivo, aveva emesso un comunicato in cui dichiarava di non poter fornire ulteriori informazioni sulla questione per ordine della Corte.......; tali giustificazioni sono ora smentite dai documenti resi pubblici dalla Corte Distrettuale secondo i quali, invece, alla Rackspace era stato ordinato esclusivamente la consegna dei log files senza imporre particolari condizioni di segretezza (il cosiddetto "gag order").
In merito a questi e ad altri interrogativi, l'EFF ha dichiarato di aver nuovamente chiesto spiegazioni alla Rackspace Managed Hosting alla luce della nuova documentazione."" (sic!!!)
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Mi e vi ricordo che la Rackspace.com è presente nei database di PeerGuardian, programma per combattere le intrusioni nei PC degli utenti del P 2 P , sin da PRIMA dell'ottobre 2004; esattamente, nel database degli indirizzi anti - P 2 P bloccati da Peer Guardian2, con ben NOVE range di indirizzi IP di servers che "spiano" gli utenti.
Pertanto, come si fa a fidarsi di una qualunque spiegazione fornita da tal società per e-mail agli ignari clienti sequestrati, quando sono proprio loro i primi a collaborare con le forze dell'"ordine", le polizi* di tutto il mondo iniziando proprio dall'FB* ???
Penso sin dal 7 ott. 2004 che sia una spiegazione clamorosamente FALSA !

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US court files reveal Italian link to Indymedia server grab
by John Lettice - The Register Wednesday, Aug. 03, 2005 at 5:34 PM mail:

US court files reveal Italian link to Indymedia server grab
By John Lettice
Published Wednesday 3rd August 2005 12:12 GMT
http://www.theregister.co.uk/2005/08/03/indymedia_texas_docs_unsealed/

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EFF press release about unsealed documents Aug 2, 2005
by EFF Saturday, Aug. 06, 2005 at 8:06 PM mail:

August 02, 2005
Secret Documents About Indymedia Server Disappearance Unsealed
http://www.eff.org/news/archives/2005_08.php#003862

Government Order Demanded Only Logs; Web Host Rackspace Handed Over Server

San Antonio, TX - The Electronic Frontier Foundation (EFF) last week won a motion allowing it to access sealed court documents about the mysterious disappearance of two web servers used to host news websites for Indymedia, a global collective of Independent Media Centers (IMCs) and thousands of journalists. After six months of secret litigation, EFF obtained a copy of the federal court order that resulted in the October 2004 handover of copies of Indymedia servers to the government by Indymedia's web host. That handover resulted in the silencing of more than 20 news websites and radio feeds for nearly a week.

However, the unsealed documents reveal that the government never officially demanded the computer servers -- the subpoena to Rackspace only requested server log files. This contradicts previous statements by the web host that it took the servers offline because the government had demanded the hardware. The documents also contradict Rackspace's claim that it had been ordered by the court not to discuss publicly the government's demand. It cannot be determined from the unsealed documents whether or not the government informally pressured Rackspace to turn over the servers. By giving the government more data than it requested, the company not only violated the privacy of Indymedia journalists whose information was housed on the servers, but also undermined the free flow of information by taking Indymedia's websites offline. Moreover, the logs that the government requested didn't exist, so Rackspace should never have given the government anything at all.

"When Rackspace received a government demand to examine logs that didn't exist, it had a responsibility to the customer and to the principles of freedom of the press to fight the order and resolve this without taking more than 20 news sites off the Internet," said Kurt Opsahl, EFF staff attorney.

"Rackspace may claim to provide its customers with 'fanatical support,' but in this case it looks like it was more interested in serving the government," added Kevin Bankston, EFF attorney and Equal Justice Works/Bruce J. Ennis Fellow. "Despite these new revelations, a key question remains: Did government agents intentionally mislead the web host into thinking it had to hand over complete copies of the Indymedia servers?"

The court order served on San Antonio-based Rackspace Managed Hosting was issued based on a treaty request from the Italian government as part of an ongoing criminal investigation in that country.

EFF was assisted in this case by James A. Hemphill and W. Reid Whittliff with Graves, Dougherty, Hearon & Moody in Austin, Texas.

Contacts:

Kevin Bankston
Attorney, Equal Justice Works / Bruce J. Ennis Fellow
Electronic Frontier Foundation
bankston@eff.org

Kurt Opsahl
Staff Attorney
Electronic Frontier Foundation
kurt@eff.org
Posted at 02:32 PM

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Comunicato EFF.ORG sul sequestro di Indymedia
by eff.org Monday, Aug. 08, 2005 at 1:11 PM mail:

Comunicato EFF.ORG sul sequestro di Indymedia
by eff.org Sunday, Aug. 07, 2005 at 3:44 PM
traduzione di http://www.eff.org/news/archives/2005_08.php#003862

http://italy.indymedia.org/news/2005/08/848626.php

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Sopratutto FBI Usa
by Jhoan lucia.(na) Drago dryton Norton Tuesday, Aug. 23, 2005 at 9:27 AM mail: jluciad@yahoo.it

My special compliment too Indymedia for yours collaboration with the FBI Usa and the italy police side the all part for those enter security systhem have a full success with the sequestrative material sjustly this is not a negative element for Indymedia but is the demostration that the Indymedia service for journalist if is open for everubody is a democratic syshtem admittences all but after they works for everies parts of Indymendia like other important network as neccessaries the securities services for makes trogut the important waire of indymedia a side for elimined all criminals syshtem with a special page work were there are all autors that will be criminals in sisngles or for organisators so I'm report too cnn and I never chenge my idea about Indymedia in the world your courage is that for to make an open democrativ new ware but is essential that still Indymedia knows that the democratics systhems wont Police securities sides cerlties the informations must to be exact for everybodies but sametimes is a style sishtems along so for exemple is a choise to intelligence for open Indymedia in the world because for sythem indymedia is innocent the guilts cames from same singles part for fornitures and files that cames from terrorists so I 'm journalist and I'm much satisfation about indymedia becuae has much courage too makes yours collaboratives systhem with Fbi Usa or italian and all files are in best hands like thoses of FBI usa and so is important makes along a reglements all possibilities for those autors that works well across indymedia .So Indymedia is not underprisoener under FBi Usa Indymedia is prisoenr only under al queda so free indymedia altrought FBI Usa OK ...

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"Nessuno" ha sequestrato Indymedia
by Diario.it Wednesday, Aug. 31, 2005 at 12:44 AM mail:

da Diario.it

24 agosto 2005
''Nessuno'' ha sequestrato Indymedia
http://www.diario.it/?page=wl05082400


La corte del Texas ha sciolto il segreto sui documenti che un anno fa hanno permesso il prelevamento dei server del network di informazione indipendente. Un pasticcio nato dall'inchiesta bolognese sui pacchi bomba a Prodi
di Beatrice Ferrario





A distanza di quasi un anno, si svela il mistero del sequestro dei server di Indymedia, network di informazione indipendente, che nell'ottobre scorso "crollò" per qualche giorno in seguito a un intervento dell'Fbi nella sede di Rackspace, la società di hosting che ospitava i suoi server. Fino a oggi, nessuno sapeva con certezza chi e perché avesse ordinato quel sequestro.

La Electronic Frontier Foundation (Eff) http://www.eff.org/Censorship/Indymedia/, associazione che si occupa di proteggere i diritti digitali, è riuscita a ottenere i documenti legali finora sotto sigillo http://www.eff.org/Censorship/Indymedia/unsealed/01.pdf. All'origine di tutto, un provvedimento della Procura di Bologna, che però non aveva ordinato il sequestro dei dischi di Indymedia, bensì solo la copia del contenuto di un indirizzo web comparso sulle pagine del sito, per poter risalire al suo autore. Su "Indy", infatti, era apparsa una rivendicazione dei pacchi esplosivi indirizzati ad alcuni membri del Parlamento europeo e all'allora presidente della Commissione Romano Prodi. Il comunicato era firmato dalla Fai, la "Fedarazione anrchica informale".

Il 7 ottobre 2004 l’Fbi si presentava nell’ufficio londinese di Rackspace Managed Hosting, la società che ospita fisicamente i computer del network, e ne usciva sequestrando interamente gli hard disk dei due server ahimsa e ahimsa2, sui quali risiedono i siti web, tutta la posta elettronica e una radio indipendente che fanno capo a Indymedia in vari paesi del mondo, tra cui Indymedia italia. Una grave violazione della privacy degli utenti, della segretezza delle comunicazioni, nonché un attacco alla libertà di manifestazione del pensiero essendo Indymedia considerata una testata giornalistica in alcuni paesi del network coinvolti dal provvedimento.

Lo scorso autunno in mano agli increduli attivisti c’erano, nell’ordine, le seguenti informazioni: a)l’esistenza di una probabile richiesta, da parte della procura di Bologna, di acquisire alcune informazioni che risiedevano sui dischi; b)l’esistenza di una rogatoria internazionale che richiedeva l’intervento della corte del Texas, avendo la Rackspace sede a San Antonio; c)una e-mail di Rackspace che afferma di non poter rivelare il motivo del provvedimento perché costretta dalla legge a mantenere il segreto. Il sequestro non è poi convalidato dalla procura bolognese e gli hard disk ritornano pochi giorni dopo, il 12 ottobre, a Rackspace.

L’FBI a questo punto manda una dichiarazione all’agenzia di stampa Associated Press, imputando a un problema tecnico il black out del sito per ben cinque giorni e negando che ci fosse stato un sequestro fisico dei dischi: “C’è stata una breve interruzione del servizio internet di Indymedia perché Rackspace ha copiato dai loro server i dati richiesti in giudizio. Non c’è alcuna indagine dell’Fbi a carico di indymedia”.

Il 20 luglio 2005, grazie all’intervento pressante della Eff, la corte del Texas decide di accettare la richiesta di sciogliere il sigillo sui documenti: non c’è più pericolo che le prove vengano distrutte dato che l’intero materiale presente sui dischi era stato sequestrato. Dai documenti ora pubblici spunta un po’ di luce, ma manca ancora qualche elemento. Inoltre non esiste alcun divieto di divulgazione che giustifichi il comportamento di Rackspace. Allora cosa accadde?

La richiesta del pm Marina Plazzi, avvenuta per rogatoria internazionale l’11 maggio 2004, si collocava nell’ambito delle indagini relative ai pacchi bomba recapitati a Romano Prodi, a Jean Claude Trichet, allora presidente della Banca Centrale Europea e ad altri membri del Parlamento Europeo tra il 27 dicembre 2004 e il 5 gennaio 2004. La rivendicazione, diffusa ai maggiori quotidiani italiani, consisteva in un documento firmato dalla Federazione anarchica informale (Fai), nel quale si annunciava la costituzione di un patto di “supporto radicale” basato su azioni spontanee di insurrezionalismo. L’organizzazione annunciava una campagna contro le politiche di sfruttamento e dominio dell’Unione europea, i cui obiettivi sarebbero stati gli apparati di controllo e repressione e i protagonisti della "falsa democrazia".

Una versione del documento definita “marginalmente difforme” da quella inviata ai quotidiani era comparsa su Indymedia come post, cioè come notizia pubblicata in modo autonomo e anonimo da un visitatore del sito web. Il documento, titolato “Federazione Anarchica Informale: anarchici o poliziotti?”, era stato pubblicato il 6 gennaio 2004 alle 21:19. Oltre al sito d’informazione indipendente, il comunicato era comparso su altri siti web, anche in lingua inglese (probabilmente squat.net e alasbarricadas.org, ma ci sono degli omissis, perché il documento di rogatoria è stato modificato prima di essere reso pubblico).

Qui si inseriva l’intervento della procura di Bologna, che specificava di voler ottenere “i file di log in relazione alla creazione e all’aggiornamento degli spazi web relativi ad alcuni indirizzi web” durante un determinato periodo. In altre parole, il pm voleva risalire all’autore del post che conteneva il comunicato della Fai attraverso le tracce lasciate dal suo indirizzo IP. In ogni caso, per autoregolamentazione interna Indymedia non conserva gli indirizzi IP degli utenti che in rete visitano le pagine del sito, le “creano”, pubblicando i post o le “aggiornano”, commentando i contributi di altri. In questo modo sia utenti che autori sono totalmente anonimi ed è impossibile risalire alla paternità degli articoli pubblicati.

Poiché i dati di cui si voleva entrare in possesso risiedevano fisicamente sulle macchine ospitate da Rackspace, il pm ha fatto richiesta tramite rogatoria internazionale, alla corte di San Antonio, in Texas. L’assistenza giudiziaria di un paese estero, gli Stati Uniti, in caso di reati di terrorismo è garantita dal Mlat (Mutual Legal Assistment Treaty), un accordo a cui ha aderito l’italia nel 1982.

La società di hosting ha però i suoi uffici a Londra. La corte ha quindi chiesto l’intervento dell’Fbi. A questo punto si potrebbe avanzare l'ipotesi che sia stata la stessa Rackspace a intendere male l’ordine o, addirittura, a consegnare sua sponte gli hard disk per sottolineare la sua estraneità ai fatti. Ipotesi avvalorata dal comportamento della società che, dopo il sequestro, si è chiusa nel silenzio appellandosi a un ordine inesistente di segretezza.

Il caso di Indymedia ha molti punti di contatto con quello dell’associazione Autistici/Inventati, emerso all'inizio dell'estate. Attore protagonista la polizia postale, regia della procura di Bologna, co-protagonista il provider Aruba presso il quale era ospitato il server. Il 15 giugno 2004, nell’ambito delle indagini sull’attività della casella di posta croceanarchica@inventati.org da poco attiva (di nuovo l’area anarco-insurrezionalista), il server è stato spento dalla stessa Aruba. Che senza dire nulla ad Autistici, ha permesso intercettazioni sistematiche della polizia potenzialmente sull’intero disco, quindi su tutte le caselle di posta degli utenti di autistici/inventati. Di nuovo, quando interpellata del momentaneo blackout, Aruba ha dato la colpa a un guasto tecnico.

A parte il discutibile comportamento di queste due società di hosting, è preoccupante che delle indagini su di un singolo individuo debbano compromettere la tutela della collettività. E in questo clima continuo di "pericolo terrorista", non c’è nulla di più attuale.

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Castellis e i giudici (texani)
by Riccardo Orioles - Catena di San Libero Wednesday, Aug. 31, 2005 at 12:47 AM mail:

da
Catena di SanLibero n. 297
Riccardo Orioles (Giornalista antimafia)
15 agosto 2005
http://italy.peacelink.org/sanlibero/articles/art_12286.html


Castellis e i giudici (texani). Acquisire le registrazioni delle connessioni entranti sul server di Indymedia: era l’oggetto della rogatoria internazionale partita da Bologna per le indagini sulla "Federazione Anarchica Informale". L’Fbi ha pensato che il modo migliore per ottenerle fosse il sequestro degli hard disk (come dire che per cercare una traccia del radar bisogna mettere i sigilli a tutto l’aeroporto). Dal giorno del sequestro (il 7 ottobre) all’inizio di questo mese tutte le carte sulle indagini del Tribunale distrettuale di San Antonio in Texas erano rimaste sotto segreto d’ufficio. Solo grazie alle pressioni della Electronic Frontier Foundation - che da piu’ di dieci anni si batte per i diritti della cittadinanza digitale - si e’ arrivati a una parziale declassificazione dei documenti. Tra essi ce n’e’ uno (riprodotto solo in copertina) del 3 gennaio 2005 che accompagna una lettera in cui - scrive il procuratore Don J. Calvert - il governo italiano ribadisce le ragioni per "tenere la faccenda sotto segreto". Quindici giorni dopo il ministro Castelli risponde alla Camera addossando qualsiasi iniziativa alla procura di Bologna. [shining]

Bookmark: http://www.eff.org/Censorship/Indymedia/

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