Antagonismo migrante

Con l’autunno è rico­min­ciata la mobi­li­ta­zione dei migranti, par­tendo da dove ci aveva lasciati, alla fine del mese di giu­gno.
Una situa­zione di “iner­zia isti­tu­zio­nale” che, comun­que la si voglia pen­sare, solo la lotta ha dimo­strato di poter far “sci­vo­lare”.
La scorsa pri­ma­vera si era chiusa con impor­tanti pas­saggi verso una giu­sti­zia tanto ricer­cata per coloro che si sono tro­vati invi­schiati nella rete mafiosa e leghi­sta della sana­to­ria “truffa”.
Il reato di clan­de­sti­nità, che impe­diva di poter anche solo par­te­ci­pare alla sana­to­ria, è stato azzop­pato prima dalle sen­tenze dei tri­bu­nali ita­liani (tra cui spicca quella per “inco­sti­tu­zio­na­lità”) e poi dal pro­nun­cia­mento dell’Europa.
Il decreto di espul­sione non è più “osta­tivo” alla richie­sta di per­messo, ovvero si è final­mente tolto uno degli osta­coli mag­giori prima di tutto per coloro che hanno chie­sto con la lotta un rie­same della loro domanda di rego­la­riz­za­zione dopo l’accertemento defi­ni­tivo della “cri­mi­ni­lità” pro­dotta dalla Sana­to­ria “Colf e badanti” del 2009.
È dif­fi­cile pen­sare che que­sti avan­za­menti verso una giu­sti­zia sociale si sarebbe pro­dotti senza le “gru” e le torri dell’inverno pas­sato, e senza la con­ti­nua opera di mobi­li­ta­zione e, quindi, pres­sione sulle isti­tu­zioni (in pri­mis, sul Mini­stero degli Interni) por­tata avanti dai migranti autor­ga­niz­zati in città come Bre­scia, Milano, Massa, Padova e altre ancora.
Dopo mesi di attesa e, infine, di esa­spe­ra­zione i migranti sono tor­nati ad occu­pare le torri (Milano) e a mani­fe­stare davanti alle Pre­fet­ture (Bre­scia). Chie­dono sem­pli­ce­mente il rispetto delle acqui­si­zioni della scorsa pri­ma­vera e dei tempi umani nell’esame e nel rila­scio dei per­messi di sog­giorno. L’“inerzia” è infatti tor­nata a farsi sen­tire dopo l’estate, il Mini­stero dell’Interno non ha pre­di­spo­sto né risorse né orga­niz­za­zione per la que­stione “sana­to­ria”, in linea con i gru­gniti e i lamenti del Mini­stro Maroni sulla sua impo­tenza in mate­ria di immi­gra­zione.
Nel giro di qual­che set­ti­mana sono stati otte­nuti già dei risul­tati, per quanto par­ziali. A Bre­scia una serie di incon­tri all’Ufficio Unico della Pre­fet­tura – quello che esa­mina e rila­scia i per­messi di sog­giorno e, si sco­pre, gui­dato da un diri­gente appar­te­nente al Mini­stero del Lavoro – ha por­tato all’impegno pub­blico che tutte le richie­ste “tec­ni­che” neces­sa­rie alla velo­ciz­za­zione del rila­scio dei per­messi sareb­bero state sod­di­sfatte, ma pro­prio sulla garan­zia dei tempi ha mostrato qual­cosa di più nel mec­ca­ni­smo di “iner­zia”: sem­pli­ce­mente, le carenze di orga­nico dell’Ufficio non con­sen­ti­vano di fare pre­vi­sioni sul breve tempo del rila­scio dei per­messi e la deci­sione sull’organico spetta al Pre­fetto, quindi al Mini­stero degli Interni.
Le lotte dei migranti sem­brano quindi por­tare ad un’innovazione isti­tu­zio­nale e sono in un certo senso neces­sa­rie allo stesso fun­zio­na­mento dell’istituzione: sono la spinta all’asino che si è impun­tato.
Ma c’è anche un’altra dimen­sione della lotta, la repres­sione. Ad oggi, decine di per­sone impe­gnate nella lotta con­tro la sana­to­ria sono state rim­pa­triate a seguito dei fermi durante le mani­fe­sta­zioni, i pre­sidi e le ini­zia­tive di lotta. Non si con­tano invece coloro che hanno subito un sem­plice con­trollo stra­dale, discri­mi­na­zioni al lavoro, per­fino vere e pro­prie “retate” nei quar­tieri ope­rate dalle forze di poli­zia nell’arco di que­sto lungo anno.
In molti, tra soli­dali e migranti stessi, monta la rab­bia per que­sto “dop­pio acca­ni­mento” delle isti­tu­zioni: da un lato sen­tono la fatica che la len­tezza per smuo­vere il colosso-apparato genera; dall’altro la rab­bia per l’ingiustizia subita dai pro­pri fra­telli nella ricerca e, para­dos­sal­mente, nell’ottenimento della giu­sti­zia, le espul­sioni come arma e come ven­detta isti­tu­zio­nale su quanti si sono resi pro­ta­go­ni­sti della lotta e, nono­stante la vit­to­ria otte­nuta, come stru­mento ancora di ammi­ni­stra­zione “nor­male” dell’immigrazione, deter­rente all’azione e osti­na­zione al muro con­tro muro anche quando si dimo­stra l’illegittimità di tali pro­ce­dure.
Da più parti si esprime la neces­sità di supe­rare la fun­zione di pres­sione sulle isti­tu­zioni per arri­vare all’impatto “con­tro” l’istituzione. Nel momento attuale, que­sta stra­te­gia mostra alcune pos­si­bi­lità, ma anche alcuni pro­blemi.
Con­cen­trarsi sullo scon­tro fron­tale con l’istituzione, nell’ottica di un suo affon­da­mento (leggi, caduta del Governo) porta in posi­tivo la pos­si­bi­lità (e la neces­sità) di incon­trare altri seg­menti sociali di resi­stenza e quindi appro­fon­dire l’alleanza delle com­po­nenti sociali “ribelli” al dogma neo-liberista, per una società dove l’essere umano viene prima del denaro e degli inte­ressi ad esso con­nessi. Per­mette quindi di met­tere in discus­sione i prin­cipi stessi su cui si fonda l’odierno “governo dell’esistente” e inci­dere verso un cam­bia­mento, una nuova dire­zione (e, detto in sol­doni, aiuta a libe­rarsi dal rischio, se por­tato avanti con coe­renza, che caduto que­sto Governo tor­nino le Turco e i Napo­li­tano, i Ber­lin­guer e gli Zec­chino, i fles­si­bi­liz­za­tori e i con­fin­du­striali “di sini­stra”).
Il rischio mag­giore, che è quasi cer­tezza visti i pre­ce­denti, è una chiu­sura ancora più auto­ri­ta­ria da parte delle isti­tu­zioni e un rilan­cio da parte delle forze xeno­fobe di una poli­tica dell’identità e dei con­fini, anche in vista delle future ele­zioni.
Quando si impatta, a livello delle lotte, con il “poli­tico”, o ci si pone nell’ottica della sua tra­sfor­ma­zione, oppure si è in grado di pra­ti­carne la sosti­tu­zione tra­mite l’organizzazione della lotta stessa.

red­cat

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