Lucca Libera!

La città non si vende né si compra... si vive!

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Ancora Panem!

Due mesi fa abbiamo intervistato i lavoratori della Panem di Altopascio che il dicembre scorso hanno perso il posto di lavoro (clicca qui per leggere l’intervista del 18 febbraio). Il 14 aprile Lucca Libera! è tornata al presidio permanente davanti ai cancelli dell’azienda. Ecco cosa hanno raccontato gli operai.

Lucca Libera: riprendiamo da dove eravamo rimasti con l’intervista precedente: il 4 marzo era previsto un incontro alla Regione, di cosa avete discusso?

Roberto: è stato un incontro a cui hanno partecipato tutte le parti. C’era l’assessore regionale Simoncini, l’assessore provinciale Bambini, il sindaco di Altopascio, il sindacato confederale nazionale, Cgil Cisl e Uil, e i rappresentanti della proprietà Novelli. A questo tavolo c’è stata una rottura della trattativa. E’ seguito subito un nostro comunicato col quale intimavamo all’azienda la riapertura del confronto, altrimenti saremmo andati a Terni per un presidio davanti alla sede dell’azienda. Il giorno dopo c’è stato subito un riavvicinamento da parte della proprietà. Ne è scaturito poi un incontro, presente anche l’assessore Bambini, in cui è venuta fuori l’intenzione di un imprenditore a rilevare l’azienda e a ripartire con la produzione. Naturalmente questo imprenditore poneva la condizione di avere dei volumi produttivi concessi dal Novelli per poter poi presentare un piano industriale. Questo incontro sembra aver avuto esito positivo. Così, giusto ieri, c’è stato un secondo incontro, a Terni, tra il Novelli e il nuovo imprenditore. Queste riunioni non prevedono la presenza di sindacati e istituzioni, riguardano solo gli imprenditori. E’ una trattativa per vedere di uscire da questa situazione: si devono accordare sulle produzioni così che l’imprenditore che subentra possa presentare un piano industriale. Lì si parla di questioni imprenditoriali, non di quanti lavoratori saranno riassunti, in che termini o di come avverrà la lavorazione. Successivamente sarà il nuovo imprenditore a presentarci un eventuale piano industriale, su cui potremo anche noi ragionare, quindi quante persone inizieranno da subito a lavorare, quante potranno essere riassunte in seguito, ecc.

Lucca Libera: la trattativa fra gli imprenditori che tempi potrebbe avere?

Roberto: è difficile prevedere i tempi ed è possibile che siano anche lunghi, perché la questione riguarda molti soggetti: c’è la proprietà dei macchinari, la proprietà dell’immobile, il commissario che attualmente presiede il concordato… Si presenta molto complicata e forse ci vorranno dei mesi. La strada è complessa, non è come comprare un telefonino. Tra l’altro il nuovo imprenditore si appoggia a una società francese che dovrà valutare l’opportunità di fare degli investimenti.

Lucca Libera: ora chi paga l’affitto dell’immobile?

Roberto: il Novelli dice che lo sta pagando lui e probabilmente è così, perché ci tiene due persone a lavorare dentro e non certo perché noi siamo qui al presidio. Due amministrativi ci lavorano da dicembre per le pratiche di chiusura, i conti, i modelli 101 e l’emissione delle buste paga, anche se sono a zero.

Lucca Libera: nel frattempo l’erogazione della cassa integrazione è iniziata?

Roberto: no, per ora abbiamo ricevuto solo un anticipo di 700 euro dalla Cassa di Risparmio di Lucca sulla base di una convenzione con la Provincia. Ad oggi la cassa integrazione non è ancora partita. L’esperienza ci dice che i tempi tecnici sono lunghi, ad esempio due anni fa la Toscopan attese sei mesi. Ora tutti i passaggi li abbiamo fatti e sembra che la pratica sia all’Inps di Lucca. Noi abbiamo riscosso l’ultima volta il 15 gennaio, quando il Novelli ci ha pagato la mensilità di dicembre, da allora abbiamo preso solo i 700 euro.

Lucca Libera: durante questo periodo avete sentito la vicinanza delle istituzioni?

Roberto: negli ultimi tempi l’attenzione è logicamente calata e in fondo è normale. Come ci si stanca noi che siamo dentro la situazione, possiamo immaginarci come l’attenzione di persone, che fino a un mese fa erano presenti, sia diminuita. Comunque, a questo punto la differenza la fanno la trattativa sindacale e i lavoratori del presidio.

Lucca Libera: su cosa verte attualmente la trattativa sindacale?

Stefano: come ci ha promesso il Ronconi della segreteria nazionale della Cgil, la trattativa consiste nell’ottenere un’integrazione alla cassa integrazione che sia pagata dall’attuale proprietà, il Novelli.

Roberto: su questo c’è anche un impegno scritto dell’azienda: ha promesso di fare una modifica al concordato. Alcuni incontri ci sono stati, ma ad oggi non sappiamo ancora nulla e i tempi cominciano a farsi stretti, perché il 24 maggio c’è l’assemblea dei creditori e una volta che il concordato sarà approvato non si potrà più mettervi mano. Quindi o la modifica viene fatta oppure… non so. Non saranno sicuramente cifre importanti, ma si tratta di un obiettivo che abbiamo sempre perseguito, oltre ovviamente alla ripresa del lavoro.

Lucca Libera: quindi col presidio avete raggiunto un primo risultato, ovvero l’interessamento di un imprenditore, e adesso seguite da vicino la modifica del concordato…

Roberto: sì, noi chiedevamo appunto che il Novelli mettesse il nuovo imprenditore in condizione di poter fare un piano industriale, cioè gli desse, come dicono loro, uno start up. Il fatto che ci siano stati due incontri e ne sia previsto un terzo è un segnale positivo, significa che esistono delle condizioni per procedere. L’altro obiettivo consiste nel far pagare un prezzo al Novelli per il danno che ha causato ai lavoratori: un incremento della nostra cassa integrazione. In entrambi i casi non abbiamo ancora nulla in mano, ma le due strade rimangono aperte.

Stefano: soprattutto sulla seconda, però, non vediamo per ora niente di concreto, tranne le rassicurazioni del Ronconi sulla disponibilità dell’azienda. La cosa rimane appesa alle parole.

Lucca Libera: avete pensato a come accogliereste l’eventuale piano industriale presentato dalla nuova proprietà se prevedesse una drastica riduzione dell’occupazione?

Roberto: è chiaro che, specialmente in partenza, non potrà essere un piano che recuperi al cento per cento tutti i posti di lavoro, ma è altrettanto chiaro che è necessario un progetto in cui si preveda, nel tempo, la possibilità del rientro di quasi tutti i lavoratori. Il nuovo imprenditore dovrà venire con l’idea di incrementare la produzione, i volumi di partenza che intende richiedere al Novelli devono costituire solo un inizio per sviluppare un progetto. Altrimenti dopo un mese risiamo alle solite. Il piano industriale sarà nero su bianco e noi manteniamo l’obiettivo della riassunzione di tutti i 58 lavoratori, poi non è detto che l’imprenditore abbia lo stesso fine. Vediamo, per ora è forse prematuro ragionare di questo, dato che la trattativa è solo all’inizio.

Lucca Libera: dopo oltre quattro mesi di lotta vi sentite uniti come quando avete cominciato?

Roberto: in linea di massima sì, ma come in tutte le cose dopo un po’ la febbre si abbassa. Passato un momento di euforia all’inizio, si può dire che c’è stato un leggero abbassamento della tensione.

Stefano: se s’era sempre tutti uniti non s’era italiani, comunque il presidio va avanti molto bene, 24 ore su 24. Certo se non eravamo in Italia una situazione come la nostra non si accettava nemmeno.

Lucca Libera: di sicuro siete comunque una nota positiva, diversa, rispetto a ciò che avviene nelle zone intorno a noi. In altri posti i lavoratori si muovono poco e soprattutto a livello individuale. Nonostante molte realtà si trovino in crisi, questo è l’unico presidio permanente.

Roberto: sì è vero. Inoltre bisogna riconoscere che più di così noi non potevamo fare e nessuno ci può venire a dire che seguendo altre strade avremmo ottenuto di più.

Stefano: come operai e RSU interna abbiamo fatto il massimo. Semmai, poi, sono i sindacati che devono continuare la trattativa a livello nazionale. Abbiamo anche evitato ogni possibile lacerazione tra lavoratori e linea sindacale non proponendo forme di lotta come, ad esempio, i blocchi stradali che vedevano il sindacato non molto d’accordo. Abbiamo lavorato al massimo dell’unità possibile, ora vogliamo che il sindacato lavori per ottenere il massimo. Nel caso la vicenda non avesse esito positivo sarà il sindacato ad aver perso, non avendo ottenuto nulla. Quando siamo partiti abbiamo fatto parecchio scalpore con volantinaggi ai supermercati in cui indicavamo i prodotti da boicottare con i marchi del Novelli. A quel punto si è presentato il segretario nazionale della Cgil che ha riconosciuto l’importanza della mobilitazione e la gravità della situazione, ci ha detto che eravamo stati molto bravi e che da quel momento ci avrebbero pensato loro a livello nazionale a trattare con il Novelli con la promessa di ottenere qualcosa. In virtù di questo intervento noi ci siamo calmati, ma ora chiaramente sta al segretario nazionale portare dei risultati.

Lucca Libera: potete darci un vostro punto di vista sulla crisi economica che in questo periodo si sta abbattendo sull’Italia e sull’Europa?

Stefano: la situazione a mio avviso è veramente brutta, non solo per chi perde il lavoro, ma anche per chi non arriva più in fondo al mese pur avendo un posto di lavoro, perché con 1200 euro una famiglia non può arrivare in fondo al mese. E’ una situazione le cui cause politiche vengono da lontano. Oggi mi sembra in un certo senso di essere colonizzato, a livello politico decidono altri per noi. Prima c’era Berlusconi che non riusciva a far delle cose, ora è venuto il governo tecnico che le riesce a fare, perché ha il consenso di PDL e PD insieme. Il governo tecnico fa le stesse identiche cose che voleva fare Berlusconi. Il problema concreto è, ripeto, che la gente non arriva più in fondo al mese. Ma è il clima generale ad essere cambiato, negli anni ’70 se la gente perdeva il lavoro arrivava ad ammazzare gli imprenditori, ora si suicida. Sono cambiati i tempi.

Lucca Libera: forse ci sarebbe bisogno di solidarietà tra i lavoratori, soprattutto quando una realtà si trova a lottare per non scomparire… Nell’incontro precedente avevate parlato di una certa tiepidezza da parte dei lavoratori della Toscopan che è a 500 metri da qui…

Stefano: ognuno pensa prima a casa sua, da quando si è fermata la nostra produzione loro hanno preso un po’ del nostro mercato. D’altronde è una giungla. Quando un paio d’anni fa erano loro ad essere in crisi, tra noi si diceva che magari sarebbe arrivato un po’ di pane da noi. Il problema è la paura, la difficoltà di arrivare a fine mese, il timore di perdere il lavoro… è una lotta tra poveri, solo i poveri sono messi in queste condizioni.

Lucca Libera: e a livello generale si avverte un clima simile un po’ ovunque…

Roberto: la crisi investe tutta l’Europa, però anche in Europa ci sono dei paesi che continuano a fare delle politiche di sviluppo e altri per niente. Noi stiamo diventando sempre di più una colonia: il governo non ci s’ha più, ce lo fanno le banche e la Germania…

Stefano: …e prima ce lo facevano gli imprenditori, siamo finiti dalla padella nella brace.

Roberto: eh, sì. Bisognerebbe comunque creare delle condizioni per cui venire ad investire in Italia sia più conveniente che farlo, ad esempio, in Germania.

Stefano: ma lo stanno già facendo: la cancellazione dell’articolo 18 viene fatta per quello. Ci devono bastonare forte, così poi gli imprenditori potranno tornare qui ad investire.

Roberto: oggi guadagna chi ha già i soldi, la finanza continua a guadagnare, nonostante sembri che le borse vadano male. Chi ha soldi lo trova sempre il sistema di guadagnare. A lavorare non si guadagna: oggi se hai la fortuna di lavorare fai la fame, se non hai lavoro sei un disgraziato come noi.

Lucca Libera: infatti il costo della vita aumenta di giorno in giorno in modo impressionante…

Roberto: l’aumento dell’Iva, che poi vogliono aumentare ancora, va a finire tutta nei prezzi al consumo, nelle stesse bollette che quando arrivano ti viene da piangere. Aumenta la benzina, aumentano le tasse…

Lucca Libera: nella provincia di Lucca si parla di un tasso di povertà del 12%, calcolato tra l’altro con criteri non proprio oggettivi, in realtà i poveri potrebbero essere molti di più. Il fatto è che spesso le situazioni non si vedono, rimangono occultate…

Stefano: ma questi coglioni, no?! Noi siamo senza lavoro e senza stipendio, ma che cazzo rigirano? Ci lasciano tre o quattro mesi senza soldi? Ma come cazzo si fa noi a mangia’?

Roberto: ma poi non è che ti dicono “dal momento che sei senza lavoro e senza cassa integrazione, almeno le spese fisse come le bollette te le sospendiamo o riduciamo”. Le bollette abbiamo dovuto pagarle regolarmente. Tutte le spese fisse rimangono: l’assicurazione della macchina bisogna farla, il telefono va pagato, gli affitti, i mutui, la luce…

Stefano: e poi, si dice, rubano! Ma che deve fare uno: se non sai come andare avanti e magari hai anche dei figlioli, trovi la maniera di arrangiarti.

Roberto: vent’anni fa andare a mangiare una pizza, comprarsi un paio di scarpe, fare una vacanza al mare erano cose normali, ora sono diventati dei lussi. Siamo tornati indietro.

Stefano: e guarda anche come ci hanno condizionato, lo ripeto: negli anni settanta a chi gli toglieva il lavoro arrivavano addirittura a sparargli, oggi chi non ha più mezzi per sostentarsi si spara o si dà fuoco. Ma guarda come siamo cambiati, proprio come pecori.

Lucca Libera: spesso si va l’uno contro l’altro, è guerra fra poveri. Non pensate che si dovrebbero cercare forme di unità tra coloro che si trovano a vivere condizioni simili, cominciare a intessere contatti e collegamenti con altri soggetti presenti sul territorio?

Stefano: il problema è che se c’era unità e se c’era voglia di fare non eravamo in queste condizioni.

Roberto: un tentativo in questo senso è stato fatto anche tramite l’opposizione nel consiglio comunale di Altopascio: c’è stato un consiglio comunale straordinario a cui hanno partecipato varie realtà in difficoltà, ognuna esponendo i propri problemi. Però non c’è stato uno sbocco, un seguito. L’opposizione ha fatto delle richieste alla maggioranza per mettere in campo degli ammortizzatori sociali a livello comunale, ma per ora non so quali siano stati gli esiti. E’ chiaro che se di una questione se ne fa carico il Comune, riesce a dargli maggior risonanza.

Lucca Libera: e cercare di creare e mantenere collegamenti al di là del momento istituzionale?Roberto: certo, si potrebbe organizzare un’assemblea con altre realtà, anche qui sotto la tenda. Però bisogna dargli risalto, devi chiamare la stampa, invitare le istituzioni… è così che poi coinvolgi. Perché se non coinvolgi le persone giuste, quelle che possono dare seguito alle cose, dopo due volte che fai? Nel nostro caso, se ci fossimo ridotti alla tenda e a un articolo sul giornale, qui ci potevamo stare anche dieci anni. Abbiamo, invece, cercato di coinvolgere più persone, abbiamo portato qui i parlamentari, coinvolto le segreterie nazionali del sindacato, fatto la pagina su facebook, cercato giornali e televisioni anche a livello nazionale, ecc. Il coinvolgimento delle istituzioni può a volte essere fondamentale perché qualcosa possono fare, anche se non è detto che lo facciano. Poi bisogna considerare che l’onorevole ti ci viene una o due volte, non di più, comunque serve a dare risonanza. Se ci riducevamo a noi, potevamo fare discussioni anche tutte le sere, ma poi…

Stefano: il più delle volte la gente che viene cacciata dal lavoro non fa nemmeno un presidio. La situazione non è affatto semplice. In breve tempo, a livello generale, ci siamo ritrovati a dover tirare avanti per mangiare, questo la gente non era abituata a farlo. E’ uno scenario per molti imprevisto e che ha creato disorientamento.

Roberto: la nostra realtà si può definire un’eccezione: più di quattro mesi di presidio nella stagione invernale, 24 ore su 24. E con il rischio, sempre incombente, che la vicenda si concluda senza portare a casa niente.

Lucca Libera: e, in caso di soluzione positiva, non c’è nemmeno la sicurezza che fra un paio d’anni i problemi non si ripresentino…

Roberto: certo, non c’è perché è tutto il contesto che è scricchiolante. Una crisi enorme e drammatica. Inoltre c’è un governo che non ti può nemmeno aiutare, e tanto meno la politica. Siamo arrivati a un livello in cui tutti sono impresentabili, la loro difficoltà deriva anche da questo e se ne rendono conto.

Stefano: con la proposta di far ripartire la produttività dalla modifica dell’articolo 18 siamo a livelli da barzelletta.

Roberto: guardate Monti: ha fatto il giro del mondo, e chissà quanto ci sarà costato, per sbandierare che in tre mesi eravamo diventati un paese ottimo per gli investimenti.

Lucca Libera: secondo voi quali soluzioni potrebbero essere trovate?

Roberto: bisognerebbe rimettere al centro le aziende e i lavoratori. Dare quindi la massima importanza al lavoro e alle persone che, dunque, vanno trattate come tali. Poi le aziende devono avere a che fare con un governo che proponga una politica industriale, le metta cioè in condizione di lavorare. Ma non con regalini tipo la legge per permettere i licenziamenti o favori simili, che abbassano il livello a una discussione da bar, quasi da mafiosi. I governi precedenti e quello attuale hanno messo al centro la finanza e le banche invece del lavoro.

Lucca Libera: ma il contesto internazionale per voi che ruolo gioca? Ad esempio, i diktat del mercato finanziario che impongono agli stati di pagare un debito divenuto insostenibile.

Roberto: qui dipende da chi lo deve pagare il debito. Il debito ce l’hanno tutti ed è impossibile non averlo. Del resto la questione riguarda anche noi: come si fa a campare con quello che guadagniamo? E poi si tratta di un accumulo di debito, che viene da lontano, e non si può farlo sparire. Lasciamo perdere su come si sia prodotto, prendiamo atto che c’è. La domanda è: chi lo paga? Con cosa? Bisogna fare dei tagli? Su cosa? Si colpiscono sempre le solite persone? La scuola, la sanità, le pensioni e i servizi sociali? Oppure si guarda di fare una cosa equa e si torna a dire che chi più ha più ci deve mettere?

Stefano: invece avviene esattamente l’opposto, perché i banchieri non fanno certo cose per far pagare la finanza né gli industriali.

Roberto: se facessero, invece, dei vincoli per cui convenisse investire i soldi in un’azienda piuttosto che nella finanza, forse le cose si sistemerebbero diversamente. Il debito viene anche dagli altissimi tassi d’interesse a cui erano collocati i Bot solo vent’anni fa, si parla del 13%, cifre incredibili. Ovvio che poi lo stato ha dovuto pagarli quei soldi e di qui l’accumularsi del debito. Ancora prima, negli anni di Craxi, tutti vivevano in un’illusione e le tasse, come oggi, le pagavano sempre i soliti. Il debito viene anche da lì e se lo scarichi sempre sui soliti, su chi lavora, l’economia non può riprendere. Anche imprenditori onesti si trovano in condizioni di non poter tirare avanti. S’innesca poi un circolo vizioso: se a me levano lo stipendio, chi ci va a comprare la roba?

Lucca Libera: si rischia quello che sta avvenendo in Grecia dove, nonostante i cosiddetti salvataggi europei, l’economia sprofonda nella recessione…

Stefano: eh, ma ora è questione di poco, ci si finisce anche noi nella merda.

Roberto: restando in Italia, ma come si può pensare che riparta l’economia quando abbiamo dei governanti che stanno per mesi a ragionare del nulla. Stare mesi interi a discutere sull’articolo 18 per cercare di metterci quel cavillo per cui l’azienda può rompere i coglioni a chi si iscrive a un sindacato…, ma di cosa si sta a parlare?

Stefano: e poi coi finanziamenti pubblici ai partiti rubano milioni di euro, ma come cazzo si fa a far ripartire un paese in questa maniera qui? Ma si scherza?

Roberto: e si tratta di ricchezze enormi, non si è ancora capito di quanto si parli. Anche la Margherita, che certo non era il primo partito, ma tutti quei soldi da dove li pigliava? Ovviamente da noi.

Stefano: c’è qualcosa che non funziona, è chiaro.

Lucca Libera: continuano a ripeterci che la soluzione può essere solo l’aumento delle produzioni…

Roberto: anche la flessibilità lavorativa veniva indicata come la chiave per far ripartire l’economia. Ovvero, più le aziende potevano fare come gli pare e meglio doveva andare l’economia. Nonostante questo discorso non abbia portato a nulla, continuano a insisterci. Hanno solo creato una massa di gente precaria, senza sicurezze e ricattabile in tutto, che finisce col non comprare più nulla. Si è creato povertà e poi le aziende chiudono uguale. E non è che siamo tutti precari ma intanto le aziende assumono: qui si è senza lavoro non per la rigidità del mercato, ma perché il lavoro proprio non c’è. E hanno sempre il coraggio di dire che il mercato del lavoro è rigido.

Stefano: però, ora come ora, non siamo mai stati bene così: Casini, Alfano e Bersani ora sono insieme e non si devono più rompere i coglioni a vicenda, così le fanno passare a dritto.

Roberto: questo è proprio il sintomo che sono in difficoltà. Non sanno più neanche loro come fare. Speravano che la crisi gliela risolvesse Monti.

Lucca Libera: e secondo voi Monti ce la farà a risolvere la situazione?

Stefano: no, no, non secondo noi, senza “secondo”. Non ce la fa e basta! Fra sei mesi, la situazione sarà ancora peggiore.

Lucca Libera: siete dunque pessimisti?

Stefano: no, no, realisti, è diverso. Basta guardare. Se ti dicessi che sono ottimista vorrebbe dire che ho bevuto un fiasco di vino.

Roberto: come puoi essere ottimista in una situazione del genere. Puoi essere incazzato, che sarebbe già qualcosa, perché l’indifferenza è più preoccupante. A me se mi dicessero si va a fa’ casino, io ci vado, però…

Stefano: la gente è rassegnata, lo vedi. Quando non ce la fa più si spara o si brucia. Non è così che deve funzionare.

Lucca Libera: purtroppo attualmente vediamo un po’ tutti pensare al proprio giardino.

Roberto: tutti, tutti, dai sindacati ai partiti politici, tutti stanno pensando a se stessi. Sono rivenuti fuori ora, sapete perché? Siccome ci sono le elezioni amministrative, allora si riscannano un po’, si sputtanano fra loro. Tra l’altro, poi, è vero che le cose vengono fuori sempre ad hoc, come la questione della Lega, ecc., è normale. Ma è preoccupante perché queste cose ci sono, non sono inventate, sono evidenti. Dunque, tutti stanno a pensare al proprio giardino. Anche i sindacati devono essere fortemente criticati e io sono uno che ci ha sempre creduto, sono nel direttivo della Cgil. Ma in un momento così non possono stare lì a guardare, tentennare…

Stefano: si sono un po’ mossi ora, perché sennò con la nuova formulazione dell’articolo 18 ci perdevano le tessere. Sennò a questi n’importa ‘na sega.

Lucca Libera: ritenete che il sindacato non si stia mobilitando in modo adeguato?

Roberto: anche lì c’è tanta incertezza. Se chi ti deve guidare non dà la sicurezza, ma sta lì, come fa a far muovere la gente?

Stefano: come fai a fartela venire dietro? La gente va coinvolta, altrimenti non si muove.

Roberto: i sindacati sono in difficoltà. Avendo concesso tanto sul mercato del lavoro, è evidente che poi tanta gente non la rappresenti più. Quella forza che potresti avere per andare dal governo e dirgli che dell’articolo 18 non c’è neanche da ragionarci, non ce l’hai più. In questo caso bisognava rispondere al governo che al tavolo della trattativa non ci si sarebbe andati. Per che cosa? Era chiaro che l’intenzione del governo era di svuotare del tutto il diritto garantito dall’articolo. Ma di cosa si deve ragionare? Se siamo d’accordo che i processi per cause di licenziamento devono essere più brevi? E chi è che non è d’accordo? C’è bisogno di una discussione di due o tre mesi? Ed è così che, andandoci a discutere, ci hanno messo dentro la questione del licenziamento per motivi economici. Tutto sommato è andata ancora bene, la Cgil ha fatto la sua parte e ha puntato i piedi, però è un inizio. D’ora in poi ci penseranno i politici in parlamento. Mi rendo conto che è facile criticare, inoltre io parto sempre dal principio che dall’altra parte c’è sempre qualcuno che ha più armi e ha il potere, e il potere lo mantieni se dividi. Più dividi e più mantieni il potere e questo lo sanno fare bene. Prendiamo il caso degli esodati: fanno il conto generale e poi dicono “intanto per 65.000 c’è questa soluzione, poi gli altri si guarda”. Così alla prossima manifestazione a Roma ci saranno migliaia di persone in meno. Ed ecco che hanno diviso. Anche sull’articolo 18 hanno cercato di metterla sul fatto che ci sono quelli privilegiati, che ne possono usufruire, e quelli no. In sostanza, però, ci vogliono parificare tutti al ribasso. Nel dramma è anche facile far balenare le speranze e quindi far credere che togliendo l’articolo 18 a milioni di lavoratori, gli altri potranno averne un beneficio. Poi magari non è vero una sega, ma chi si trova nel dramma è più facile da convincere. Per andare bene, secondo questo modello, bisogna levare diritti alla gente. Se questo è il modello, io non ci sto: così non si fa altro che tornare indietro. E in fondo l’obiettivo è quello: farci ritornare indietro.

Lucca Libera: quale potrebbe essere una risposta per non farsi trascinare indietro?

Roberto: eh, bisogna ribellarsi, come hanno fatto i nostri vecchi. Nel caso della Panem, per esempio, non è detto che otterremo qualcosa, ma se invece di fare il presidio ognuno andava a casa sua, era sicuro che non si otteneva niente. Solo se ti ribelli un risultato lo puoi ottenere, se invece continui a fare il gioco del potere, che è quello di dividerti, non hai speranze. Ci vogliono far ritornare ad avere meno diritti, così chi ha il potere può sfruttare e arricchirsi. Poi sarò anche un estremista, un comunista, non lo so, ma io sono così. Non voglio dare etichette alla mia persona, ma io la vedo così: più ci sono diritti e più c’è democrazia. Lo stesso sindacato fa trattative per farsi togliere meno, non per cercare di avere di più. Ma così i sindacati partono già sconfitti, vanno a ragionare di farsi togliere comunque qualcosa. Vent’anni fa, quando sono entrato alla Panem, s’andava su per chiedere, mai si trattava per farci togliere il meno possibile. Al limite si trattava sullo scambio.

Stefano: l’anno scorso, invece, quando ci hanno levato il premio produzione, i sindacati non hanno neanche parlato.

Roberto: e come fai a parlare se l’unica logica che il sindacato adotta è quella che se fai sciopero metti in difficoltà l’azienda. Ma come fai a dire qualcosa allora. Il sindacato si trova in difficoltà nelle aziende anche perché ha concesso troppo sulla flessibilità del mercato del lavoro. Se in un’azienda hai il 50% dei lavoratori che sono precari, cosa vuoi chiedergli? Di scioperare?

Stefano: negli anni la direzione del sindacato è cambiata, è questo il problema maggiore del sindacato. Qualche tempo fa alla Panem non c’era il 50% di precari, non ce n’era nessuno, eppure non si è mai fatto un’ora di sciopero. Perché? Innanzitutto il sindacato avrebbe dovuto coinvolgere la gente e questo non solo non è accaduto, ma addirittura spesso ha tirato indietro. E’ la direzione che è cambiata, anche la direzione politica, ora siamo tutti amici, tutti fratelli: Bersani, Berlusconi, Casini…

Roberto: bisogna anche ricordare che qui alla Panem per un certo periodo ci sono stati 20 lavoratori a contratto. Quando li hanno mandati via non s’è fatto niente, prima di tutto perché pensavamo di non poterci fare nulla, in quanto l’azienda aveva dalla sua la legge. Però quei 20, un domani, se lo ricorderanno che il sindacato non ha fatto nulla.

Stefano: e fanno anche bene a ricordarselo.

Roberto: il sindacato si è ritrovato in un vicolo da cui è difficile tornare indietro. Sul mercato del lavoro la scelta di concedere flessibilità e precariato, da tutti indicata come la soluzione per far ripartire l’economia, è un vicolo senza ritorno. Poi tutti hanno delle colpe, chi più chi meno. Però siamo arrivati a un punto in cui questo sistema economico non va più bene, ma nessuno lo vuol dire.