Bergamo – La grave crisi sanitaria che da un anno imperversa nel nostro Paese reca con sé diverse conseguenze, anche in tema di emergenza abitativa (come già informavamo in questo articolo ): le esecuzioni degli sfratti (salvo quelli che sarebbero dovuti a morosità incolpevole, ancora fermi) sono riprese dal 1° gennaio di questo nuovo tumultuoso 2021, senza che dal Governo arrivassero direttive su una proroga dello stop degli sfratti che nell’anno della pandemia aveva per lo meno arrestato la possibilità che intere famiglie e singoli finissero per strada in piena emergenza sanitaria.
Evidentemente i buoni spesa erogati dal Comune di Bergamo durante il periodo natalizio per le famiglie in difficoltà causa Covid-19 non sono stati ammortizzatori sociali adeguati per una crisi sanitaria, economica e anche abitativa in costante crescita. Sulla pagina Facebook del sindacato As.I.A. Bergamo si può venire a conoscenza della storia di diverse famiglie in difficoltà, aiutate nel tempo dal sindacato per impedire imminenti sfratti, per lo più dovuti a morosità incolpevole (perdita del reddito, di conseguenza incapacità di pagare l’affitto dell’alloggio). Alcune storie hanno dell’incredibile e possono presentare un quadro ampio e dettagliato della situazione che vivono in tanti, anche in questo periodo nero di emergenza. Senza voler in alcun modo strumentalizzare le storie e le persone da cui queste vengono tratte, riproponiamo qui un post Facebook di As.I.A. che racconta della famiglia P (di cui non è dato conoscere il vero nome per motivi di privacy):
“COMUNE DI BERGAMO: SERVONO SOLUZIONI ABITATIVE. NESSUNO DEVE RESTARE SOLO
Oggi vogliamo raccontarvi la storia della famiglia P., una storia vera, una storia di una famiglia sotto sfratto, di due gemelli “rinati” e dell’indifferenza più totale delle istituzioni.
La storia di questa famiglia comincia con la nascita di due bellissimi gemelli; mamma e papà erano contentissimi. Era da tanto che aspettavano di diventare genitori e pensavano che niente avrebbe potuto interrompere la loro gioia.
Non passò molto tempo che la famiglia venne colpita da una bomba. Non una bomba di quelle lanciate in tempi di guerra, ma una di quelle che piomba nella vita di due neogenitori scatenando panico, incertezze, dubbi e preoccupazioni: ai due gemelli venne diagnosticato l’autismo. Mamma e papà erano spaesati, i bimbi erano ancora molto piccoli ma i segni dell’autismo diventavano sempre più evidenti. I due genitori si fecero una promessa: la priorità sarebbe dovuta essere rivolta a quelle due piccole creature. Dopo infiniti tentativi di cure e terapie scoprirono il centro ABA di Bergamo, che piano piano inizio a cambiare la loro vita e la loro quotidianità. Oggi, all’età di quattro anni e dopo un lungo percorso al centro, i due gemelli sono “rinati”: hanno iniziato a parlare, a relazionarsi con i coetanei e con i propri genitori. Mamma e papà non avrebbero nemmeno potuto immaginare un miglioramento così importante nei propri figli.
Miglioramento dovuto alle terapie private che hanno costi importanti. Soprattutto se moltiplicati per due. Soprattutto considerato che papà fa l’operaio e mamma deve concentrare tutte le sue attenzioni ai suoi piccoli.
La maggior parte dei guadagni di questa famiglia va a finire in cure. I soldi non bastano a pagare tutto ma il benessere e la salute dei propri figli è la priorità per la famiglia P. che inizia a non riuscire più a sostenere il costo dell’affitto. Le rate si accumulano ma il proprietario aspetta la scadenza del contratto per richiedere lo sfratto. Per questo cavillo burocratico la famiglia P viene sfrattata per fine locazione e non per morosità. Così non rientra nel blocco delle esecuzioni di rilascio alloggio e nemmeno nel contributo regionale di cui tanto avrebbe bisogno.
Alla data di rilascio spontaneo dell’alloggio manca poco più di una settimana, ed ad aggravare la situazione, è arrivata anche la chiamata in udienza per il pignoramento sullo stipendio a causa dei debiti sulla casa. Davanti a questa storia viene automatico chiedersi: in che modo stanno intervenendo le istituzioni? I servizi sociali, cosa stanno facendo? Le proposte dei servizi sociali del Comune di Bergamo alla famiglia P. sono state:
1) Di sospendere momentaneamente le terapie dei bambini, terapie che secondo la letteratura scientifica sono di fondamentale importanza nei primi anni di vita e che basano la loro efficacia sulla continuità di trattamento, in modo da risparmiare sufficientemente per potersi permettere un appartamento sul libero mercato.
2) Di separare i la madre ed i figli, che ricordiamo hanno quattro anni e sono affetti da autismo, per metterli in una struttura protetta nel quale il padre non potrebbe alloggiare.
Soluzione che, senza solide motivazioni, è impraticabile per qualsiasi famiglia; a maggior ragione in un nucleo che presenta due minori affetti da autismo che potrebbero avere anche un forte peggioramento dei sintomi a fronte di un così drastico cambiamento.
3) Aspettare che esca il bando per l’assegnazione degli alloggi popolari e pregare che raggiungano un punteggio sufficientemente alto da riuscire ad ottenere l’assegnazione.
Come Sindacato AsIA siamo fermamente convinti che in un Paese democratico non si possa chiedere a dei genitori di scegliere se curare i propri figli o avere una casa in cui abitare. Riteniamo vergognosa l’indifferenza e la leggerezza con la quale i servizi sociali del Comune di Bergamo stanno affrontando questa delicata situazione.
Riteniamo doveroso che l’Amministrazione Comunale si prenda carico di questa famiglia trovando una soluzione congrua alle esigenze della stessa.”
La tragica singolarità di questa storia rende palesi non solo le difficoltà a cui in tantissimi, tra singoli e famiglie, devono tenere testa, ma anche e soprattutto le lacune disastrose a livello istituzionale quando si tratta di emergenza abitativa: è purtroppo una prassi tristemente costante quella delle soluzioni proposte da Comune e servizi sociali in casi simili a quello della famiglia P, ovvero lo smembramento del nucleo famigliare come possibile soluzione allo sfratto. Soluzione-tampone, lo ricordiamo, poiché sarebbe temporanea e, di conseguenza, assai poco funzionale alla risoluzione del problema. Più critica e con disumane sfumature la soluzione invece che propone l’interruzione della terapia per i due minori. Laddove le istituzioni dovrebbero sapere intervenire con strumenti di ammortizzazione sociale e concreto sostegno economico e sanitario, quello che viene proposto a una famiglia tanto in difficoltà è di dividersi, di non dare più la priorità alle cure dei propri figli o di aspettare i nuovi bandi per l’assegnazione delle case popolari (bando di cui ad oggi ancora non si conosce la data di apertura). La richiesta del sindacato As.I.A. è che il Comune e i servizi sociali si mobilitino al fine di poter realmente sopperire alle mancanze di cui si sono macchiati fino ad ora, non solo nei confronti di questa famiglia, ma di tutte quelle che troppo spesso si ritrovano a dover fare i conti con una tale malagestione dell’emergenza abitativa, sanitaria ed economica.