Bergamo- Nelle scorse settimane, a circa una quarantina di persone sono stati notificati vari provvedimenti giudiziari, come avvisi di conclusione delle indagini e decreti penali di condanna. Le accuse della Procura di Bergamo si riferiscono ad eventi avvenuti negli anni passati, rispettivamente nel 2016 e nel 2019. Nel primo caso le accuse riguardano la manifestazione avvenuta nel maggio 2016 in città alta per contestare l’allora presidente del consiglio Matteo Renzi; le seconde si riferiscono ad un presidio contro il presidente turco Erdogan e in solidarietà al Rojava avvenuto l’anno scorso in centro Bergamo. I reati contestati vanno dal presidio non autorizzato all’oltraggio, resistenza e lesioni a pubblico ufficiale. Durante l’iniziativa volta a contestare Renzi, le forze dell’ordine caricarono il presidio, provocando anche contusioni ad alcuni partecipanti. In quell’anno Renzi, dopo aver fatto approvare leggi estremamente liberiste come il Jobs-Act, la Buona Scuola e la legge Fornero, si apprestava a lanciare, proprio nella nostra città, l’avvio della campagna referendaria sulla riforma costituzionale. La riforma costituzionale come tutti e tutte sappiamo non passò, decretando la fine del Governo Renzi, ma all’avvio di quella campagna referendaria varie anime del movimento bergamasco insieme a singoli/e cittadini/e si dettero appuntamento in città alta per contestare un modello socio economico incentrato su privatizzazioni, tagli al welfare e politiche liberiste. Dopo un concentramento in Piazza Vecchia il presidio si è spostato nei pressi del Teatro Sociale, dove avrebbe avuto luogo il comizio del premier. A fronte di un dispositivo di sicurezza mastodontico, che aveva militarizzato il borgo storico, il presidio è stato caricato dalla polizia a più riprese lungo via Colleoni. Ad oggi, dopo ben quattro anni, arrivano le pesanti accuse che rischiano di mettere in seria difficoltà (giudiziaria ed economica) numerose persone.
I decreti penali di condanna, arrivati a pochi giorni di distanza dai provvedimenti giudiziari per il presidio in città alta, riguardano un’iniziativa avvenuta nell’ottobre 2019 di fronte alla sede Unicredit in centro città. In quei giorni la Turchia di Erdogan aveva attaccato il Rojava, la regione autonoma e rivoluzionaria a nord della Siria. Il popolo curdo, insieme ad altri stanziati in quella regione, da anni ha costruito un modello politico rivoluzionario basato su ecologia, femminismo, autogestione, democrazia; sempre in prima linea a combattere l’Isis, viene attaccato dall’esercito turco nel silenzio della comunità internazionale. L’Italia, e Unicredit, sono tra i principali finanziatori dello stato turco, per questo motivo persone singole e realtà organizzate si dettero appuntamento di fronte alla sede bergamasca di Unicredit per denunciare questa collusione. Ad alcune persone che parteciparono quel giorno sono stati notificati decreti penali di condanna che comporterebbero una sanzione di circa 4600 euro a testa.
Questi provvedimenti giudiziari stanno mettendo in difficoltà molte persone, che si ritrovano a dover sostenere ingenti spese legali in un periodo in cui non è nemmeno possibile organizzare eventi a scopo benefico per coprire i costi. Il dispositivo inquisitorio e repressivo è arrivato a colpire per l’ennesima volta realtà politiche e singoli/e che da anni si spendono in prima persona contro ingiustizie e sfruttamenti, al fianco delle battaglie che riguardano tutti e tutte.