Arizona - Nativi americani occupano quartier generale del pattugliamento frontiere (Border Patrol)

da "bello come una prigione che brucia" [trasmissione di radio Blackout]

Il 21 maggio, una ventina di attivisti ha occupato il quartier generale del Border Patrol (il pattugliamento frontiere) situato nella base dell'aeronautica militare di Davis Monthan in Arizona. Il gruppo che ha messo in atto l'occupazione era composto da membri dell'Indigenous Nations of Arizona, coalizione dei nativi americani dell'area, migranti e attivisti antirazzisti. In sei si sono incatenati e "allucchettati" all'edificio, un'azione dimostrativa per inceppare il pattugliamento delle frontiere militarizzate e sottolineare la criminalizzazione delle comunità di migranti, al centro di una campagna di terrore che si manifesta quotidianamente con rastrellamenti e deportazioni attuati da Border Patrol, Immigration Customs Enforcement (ICE) e il Dipartimento per la Sicurezza della Patria (Department of Homeland Security) .    

Un altro tema dell'azione è la richiesta allo stato dell'Arizione di respingere il testo del Senato 1070, noto come SB (Senate Bill) 1070, che legittima a livello statale la criminalizzazione delle comunità di migranti, rende illegale il trasporto di una persona senza documenti senza tener conto di eventuali relazioni famigliari, richiede alle forze dell'ordine la schedatura e i controlli su base razziale (racial profiling) e chi si traduce in pratica nella volontà di ripulire l'Arizona da tutti i quelli con la pelle marrone (intesi come nativi americani e ispanici). 

Seguono estratti dal comunicato dell'azione:

“La frontiera militarizzata imposta dagli Stati Uniti ha prodotto la distruzione della cultura e dell'ambiente dei popoli indigeni. Questa militarizzazione porta morte e terrore per le popolazioni indigene che migrano verso questa terra.”

“La realizzazione del muro ha dissacrato le sepolture dei nostri avi, ha diviso le nostre comunità e ci impedisce di accedere a luoghi per noi sacri.”

“Truppe e forze dell'ordine paramilitari, campi di detenzione, check points e controlli della cittadinanza non sono una soluzione. Siamo esistiti in questi luoghi molto prima che sorgessero queste frontiere imposte, i nostri antenati ci tramandano che abbiamo sempre onorato la libertà di movimento. Le comunità indigene che abitano lungo la frontiera Stati Uniti-Messico, come O’odham, Pascua Yaqui, Laipan Apache, Kickapoo, e Cocopah sono stati terrorizzati per decenni con leggi e pratiche di questo genere. Le popolazioni indigene vengono costantemente costrette  dalle pattuglie di frontiera, a  fornire prove della propria appartenenza tribale mentre si muovono  attraverso quei territori tradizionali, suddivisi e sezionati da frontiere imposte, che danneggiano le pratiche culturali e spirituali di queste comunità. Molti non possono visitare luoghi sacri perchè dall'altra parte della frontiera; dalla creazione dell'attuale frontiera Stati Uniti-Messico, 45 villagi O’odham situati lungo o a ridosso della frontiera sono stati completamente spopolati."

"In questa giornata, persone indigene dell'Arizona si uniscono a migranti originari di altre parti del pianeta per chiedere un ritorno ai valori tradizionali indigeni di libertà di movimento per tutte le genti. Prima della colonizzazione da parte di Spagnoli, Inglesi e Francesi, l'insediamento di coloni europei noto come Stati Uniti e la creazione di frontiere artificiali, le popolazioni indigene potevano migrare, viaggiare e commerciare tra loro senza considerare queste linee nere tracciate su mappe. Coloni bianchi, i cui antenati sono qui da qualche secolo, stanno imponendo politiche di terrore e morte a cosiddetti “immigrati” che vivono su questa parte di pianeta da decine di migliaia di anni. In oltre, i flussi migratori che il governo statunitense intende fermare, sono generati principalmente dalle politiche economiche attuate dagli stessi Stati Uniti. Accordi per il libero mercato, come il NAFTA, hanno seriamente ridotto la possibilità dei Messicani, come di altri del sud del continente, di auto-sostentarsi; permettendo invece alle grandi compagnie e multinazionali di depredare beni e ricchezze da questi paesi per pomparli nelle casse degli Stati Uniti. Questo ha portato milioni di persone ad affrontare la morte o il terrore pur di cercare, oltre il confine, un modo per sostentare le proprie famiglie. Migliaia di donne, uomini, anziani e bambini sono morti cercando di attraversare il confine negli ultimi decenni.  Se gli Stati Uniti volessero davvero ridurre i flussi migratori, dovrebbero eliminare le politiche di sfruttamento del sud globalizzato e al contrario promuovere giustizia economica, ambientale e sociale per tutti gli esseri umani del mondo."

Ven, 28/05/2010 – 14:40
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