Carcere - Bollettino di morte delle ultime settimane

Seguono alcuni articoli che riportano brevemente delle vite strappate nelle ultime settimane dalla mostruosità della società carceraria. Ognuno di questi suicidi, massacri e abbandoni alla morte, è un omicidio di Stato, e delle galere plasmate a sua immagine e necessità.

Massa: detenuto 30enne in semilibertà si impicca a un albero

Il Tirreno, 13 ottobre 2008

Lo hanno trovato senza vita nel bosco di Piana di Macina, al confine tra Massa e Carrara. Angelo Lovallo, trent’anni compiuti all’inizio dell’estate, ha deciso di togliersi la vita perché esasperato dal carcere. Esasperato nonostante godesse di un permesso di semilibertà che gli permetteva di entrare e uscire dal penitenziario di via Pellegrini tutti i giorni. [...]

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Viterbo: muore detenuto di 39 anni, 14esima vittima nel Lazio

Agi, 11 ottobre 2008

È morto per cause ancora da accertare Vincenzo M., detenuto romano di 39 anni recluso nel carcere Mammagialla di Viterbo da meno di 15 giorni. Lo ha riferito il Garante dei diritti dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni, sottolineando che si tratta del quattordicesimo caso dall’inizio dell’anno nelle quindici strutture laziali (13 detenuti e un agente di polizia penitenziaria), contro gli undici deceduti nel 2007 e i dieci del 2006. [...] Il detenuto -morto la sera del primo ottobre- era stato trasferito a Viterbo il 19 settembre dal carcere romano di Rebibbia. In precedenza era stato recluso anche a Civitavecchia.
I morti di quest’anno sono tutti uomini: sei suicidi (compreso l’agente di polizia penitenziaria), quattro deceduti per malattia, quattro per cause ancora da accertare o non accertate. I decessi sono avvenuti a Regina Coeli (tre), Rebibbia (cinque), Viterbo (tre), Velletri e Frosinone. [...]

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Firenze: detenuto trovato impiccato, per genitori non è suicidio

Agi, 11 ottobre 2008

Fu arrestato il 19 giugno alle 23.00 a Cattolica con l’accusa di aver commesso una frode informatica, quindi rinchiuso nel carcere di Sollicciano (Firenze). Alle 11.00 del 23 giugno venne trovato senza vita, impiccato alla finestra del bagno con un paio di jeans e un numero imprecisato di lacci da scarpe.
Ora, i genitori di Niki Aprile Gatti, 26 anni, che non hanno mai creduto all’ipotesi di suicidio del figlio, si oppongono alla richiesta di archiviazione avanzata dal pm al procedimento che avrebbe dovuto fare luce sulla morte del giovane. [...] Il giovane, alla prima detenzione, aveva chiesto di essere messo in una cella con detenuti italiani e non violenti.
Era stato invece rinchiuso in una cella della quarta sezione con due detenuti extracomunitari per i quali era stata disposta una sorveglianza assidua. Uno dei due, in una precedente detenzione, aveva minacciato di tagliare la gola al compagno di cella. Ma è anche la dinamica della morte a non convincere i genitori del ragazzo. "L’utilizzo di un solo laccio è di per sé idoneo a causare la morte per strangolamento di una persona - scrivono - ma certamente non idoneo a sorreggere il corpo di Niki del peso di 92 chili".
Secondo i genitori, inoltre, "non si comprende come possa essere stata consumata l’impiccagione quando nel bagno non vi era sufficiente altezza tra i jeans e il piano di calpestio del pavimento tale da poter garantire il sollevamento e il penzolamento del corpo. In tal caso - sostengono i genitori del ragazzo - il decesso è più riconducibile a uno strangolamento con successiva simulazione di impiccagione".

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Milano: detenuto ritrovato morto in cella di sicurezza in questura

Ansa, 9 ottobre 2008

Era finito in manette mercoledì sera insieme ad altri due connazionale per un tentato furto pluriaggravato alla Feltrinelli di Corso Buenos Aires, a Milano. L’uomo, un georgiano di 25 anni, è stati trovato senza vita giovedì mattina all’interno della camera di sicurezza della Questura di Milano dove si trovava detenuto in attesa del processo per direttissima.
La triste scoperta è stata effettuata dagli agenti che lo avrebbero portato in tribunale. La vittima non presentava sul corpo nessun segno di violenza. Il magistrato ha disposto l’autopsia per accertare le cause del decesso.

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Opera: detenuto paraplegico impiccato, è dubbio sul suicidio

Giornale di Vicenza, 12 settembre 2008

Il giostraio vicentino Jonny Montenegrini è stato trovato morto ieri nel carcere di Opera a Milano. I familiari e l’avvocato Benvegnù sollevano perplessità sul decesso e chiedono sia fatta chiarezza. Per oggi è stata disposta l’autopsia.
Per i familiari e l’avvocato la sua morte è un giallo. Non credono all’ipotesi del suo suicidio. Lo hanno trovato impiccato in una cella del carcere di Opera a Milano. Il giostraio bassanese Jonny Montenegrini, 32 anni, era stato arrestato il 20 giugno dai carabinieri di Vicenza per una rapina avvenuta l’11 maggio a Camisano. Era paraplegico e perciò non aveva l’uso delle gambe. Era ritenuto l’autista del commando che aveva alleggerito la biglietteria degli autoscontri di Renzo Rizzi.
"I familiari sono sconvolti e non credono alla tesi del suicidio - spiega l’avvocato Riccardo Benvegnù di Padova, difensore della vittima -. Del resto, io stesso nutro delle perplessità. Ci sono circostanze che non mi quadrano. L’avevo visto di recente ed era fiducioso sull’esito dell’inchiesta della procura di Vicenza perché mi ripeteva di non essere stato lui a guidare l’auto della fuga. Per capirci, non lasciava certo intendere che fosse in una critica situazione psicologica". [...]
Montenegrini è stato rinvenuto privo di vita ieri all’alba. La morte risaliva a qualche ora prima. Nessuna delle guardie presenti si è accorta di nulla.
Viste le sue condizioni di salute dopo l’emissione dell’ordine di custodia firmato dal gip Agatella Giuffrida su richiesta del pm Claudia Dal Martello, titolare dell’inchiesta, era stato trasferito al carcere di Opera perché ci sono delle celle attrezzate per i disabili. Montenegrini, gravato da qualche precedente, era accusato di avere guidato la Fiat Tipo bianca dalla quale la sera del 11 maggio scesero due individui che, incappucciati, aggredirono un componente della famiglia Rizzi e arraffarono 500 euro. [...]
"Montenegrini era tranquillo - aggiunge l’avv. Benvegnù - ed era un soggetto tutt’altro che depresso. Tra l’altro, le modalità di quello che dagli inquirenti è ritenuto come un suicidio sono complicate, tenuto conto che era invalido. Pesava oltre 80 chili ed aveva degli obiettivi problemi per architettare un suicidio di quel tipo. Sono davvero molto perplesso".

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Roma: muore detenuto tossicodipendente, forse per percosse

Il Velino, 12 settembre 2008

Un detenuto di 41 anni è morto martedì pomeriggio nell’ospedale di Velletri a causa di alcune percosse subite il giorno precedente, ma è giallo sulle cause del decesso. [...] Ma il direttore del carcere di Velletri, Giuseppe Makovec, frena: "Non è possibile stabilire il nesso di causa-effetto tra le fratture riportate dalla vittima e il decesso e ancora meno se queste possano essere state provocate dalla colluttazione in cui l’uomo era coinvolto o dalle fasi concitate dell’arresto". [...]

E' morto mentre era sottoposto a Tac. Poco prima di morire, ad un medico che gli chiedeva chi lo avesse ridotto così, Stefano ha risposto: “ le guardie”.

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Nuoro: detenuto marocchino inala gas e muore nella sua cella

La Nuova Sardegna, 12 settembre 2008

Quasi certamente ha inalato una dose letale di gas dalla bomboletta del fornellino in dotazione per stordirsi, ma senza l’intenzione di uccidersi: così sarebbe morto due sere fa, verso le 21,15, un detenuto marocchino (del quale non sono state rese note le generalità) nel bagno della sua stanza nel carcere di Badu ‘e Carros. I compagni (siamo in periodo di Ramadan, pare che dopo cena avessero anch’essi assunto gas e fossero alterati) non si sarebbero subito resi conto del fatto, se non quando non c’era più nulla da fare.
Indaga la magistratura e si attendono maggior certezze dall’esito dell’autopsia. Carlo Murgia, il sociologo garante dei detenuti, commenta: "È l’ulteriore conferma di quanto all’interno del carcere sia diffusa l’abitudine dell’uso di sostanze nel tentativo di alleviare lo stato di sofferenza." Si apre una finestra su un mondo del quale si ha spesso una percezione sbagliata: "L’opinione pubblica è convinta che questo non sia un luogo di pena, ma una specie di ostello dove si guarda la tv o si studia. Invece non si socializza affatto, l’ingranaggio più oscuro dello Stato, l’immagine opaca della società" dice amaramente Murgia.[...]

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Taranto: detenuto muore in ospedale, per una cirrosi epatica

La Gazzetta del Mezzogiorno, 9 settembre 2008

Un detenuto di 39 anni, Michele Montervino, è morto ieri in ospedale. Soffriva di cirrosi epatica. L’uomo era stato trasportato dal 118 domenica notte dal carcere al Santissima Annunziata a seguito di un ennesimo malore. In carcere era nella sezione "precauzionali ". Sulla sua morte sono in corso gli accertamenti e intanto spunta un giallo. Pare che il detenuto avesse più volte sollecitato adeguata assistenza, accusando di star male, così come sembrerebbe che i medici del carcere avessero più volte suggerito il suo ricovero in ospedale escluso invece dal personale del 118. Montervino avrebbe dovuto scontare la pena sino al 2012. Aveva fatto appello alla condanna di primo grado.

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Verona: detenuto morto; manca denuncia, è "causa naturale"

L’Arena di Verona, 9 settembre 2008

Muore in carcere. Aperta un’inchiesta. La segnalazione di alcuni detenuti su un decesso avvenuto a luglio. Doveva scontare un anno. I compagni di reclusione: "Era gravemente malato, andava portato in ospedale".
È morto nella sezione dell’infermeria del carcere di Montorio lo scorso 22 luglio ma la notizia è emersa solo in questi giorni grazie alla segnalazione di alcuni detenuti. La procura ha aperto un’inchiesta che, però, è destinata a finire in archivio. Secondo indiscrezioni, non sarebbero emersi elementi sufficienti a modificare la dicitura di morte naturale sul fascicolo, intestato a Mustafà, 41 anni, francese di origine magrebina.
"Potremmo iniziare l’inchiesta solo se arrivasse un esposto o una denuncia che segnalasse qualcosa di anomalo nella sua morte", si lascia scappare un inquirente. E fino a ieri, nessuno si era fatto vivo per denunciare irregolarità nel decesso del migrante nell’indagine coordinata dal sostituto procuratore Giulia Labia.
È impossibile, invece, conoscere la versione "istituzionale". Al telefono della casa circondariale, risponde una segretaria e riferisce che il direttore Salvatore Erminio è in ferie fino a domani ed è sostituito da un collega che, però, è fuori sede. Attualmente il carcere è comandato da un ispettore capo. Nessuno tranne il direttore del carcere, però, è autorizzato a parlare con la stampa su vicende interne al carcere.
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Mustafà era stato arrestato per il furto di una bicicletta e aveva subito una condanna ad un anno di carcere. "Era gravemente malato. Le sue gambe e i suoi piedi erano rossi e gonfi per cattiva circolazione" scrivono i detenuti in una lettera firmata. E poi la critica: "Non è stato curato abbastanza, dovevano portarlo all’ospedale", insistono i detenuti, "dove avrebbero potuto garantirgli le cure necessarie".
Una morte e i ricordi che spuntano: "Io lo conoscevo perché prima di stare male, veniva spesso all’aria: un posto all’aperto di 15 metri per 15, tutto in cemento grigio, con muri altissimi dove si può andare una volta alla mattina e una al pomeriggio". Mustafà si era conquistato in poco tempo la simpatia dei suoi compagni di cella: "Era un tipo tranquillo, allegro ed era divertente parlare con lui".
Non faceva certo pesare a chi gli stava vicino il suo stato di salute certo non brillante: "Il suo errore", riporta ancora la lettera dei detenuti, "se così si può chiamare, era che non diceva niente quando qualcosa gli mancava o quando stava male". Faceva fatica a farsi capire Mustafà. Non parlava l’italiano e forse non si faceva capire bene con i medici e infermieri che l’avevano in cura, così almeno ritengono i compagni di cella.
Gi ultimi giorni di vita di Mustafà sono stati contrassegnati da alcune crisi di vomito fino alla sera del 22 luglio scorso quando un assistente l’ha trovato privo di vita nella sua cella. È stato chiamato un medico che non ha potuto far altro che constatarne il decesso. "Hanno scattato una foto poi l’hanno portato via" racconta ancora il detenuto. Alla fine della lettera, c’è il saluto dei suoi compagni di cella: "Dio lo benedica e porti la sua anima in paradiso. Adieu Mustafà".

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L'Aquila - Muore prigioniero Iracheno
in sciopero della fame
Un iracheno detenuto all'Aquila e' morto il 12 agosto per
lo sciopero della fame intrapreso contro la pena di un anno
emessa dal tribunale di Milano. L'uomo, di 40 anni, riteneva
ingiusta la condanna comminatagli per tentata rapina e cosi'
aveva avviato uno sciopero della fame che in poco tempo
ha debilitato il suo fisico minuto, rendendo impossibile il
recupero anche quando, aiutato da personale e psicologi, e'
tornato sulla sua decisione di lasciarsi morire

Mar, 14/10/2008 – 17:33
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