Contro il carcere e la repressione, rilanciamo la solidarietà

Sempre più spesso in questi ultimi anni ci troviamo a dover fronteggiare arresti ed operazioni repressive su larga scala che ci privano di compagni e compagne e che tentano di criminalizzare ogni forma di lotta e resistenza.La tipologia dei reati contestati in molti casi sono il "famigerato" 270 bis (l'associazione sovversiva con finalità di terrorismo), che, potendo prescindere dai fatti specifici, in quanto reato semplicemente associativo, rappresenta un caposaldo nelle strategie repressive dello Stato. Oppure, come nel caso di Genova 2001 ma anche del presidio antifascista dell'11 marzo a Milano e della manifestazione antifascista del giugno 2005 a Torino, veniva contestato addirittura il reato di "devastazione e saccheggio". Si tratta cioè di reati cosiddetti gravi che comportano lunghe pene detentive, e, soprattutto consentono un uso disinvolto della carcerazione preventiva e di forme particolarmente vessatorie di detenzione fondate sull'isolamento protratto nel tempo. E' dalle lettere dei compagni e delle compagne sottoposti/e a queste attenzioni che abbiamo appreso le infami condizioni applicate con l'Elevato Indice di Vigilanza Cautelativa (EIVC), condizioni peraltro simili a quelle applicate con il 41bis.
L'obiettivo perseguito dallo stato non è solo quello di colpire alcune aree di movimento ed alcuni compagni ma, attaccando loro, di colpire tutti attraverso la deterrenza esercitata dal carcere. In ciò gioca un ruolo strategico l'opera di sistematica e puntuale falsificazione e criminalizzazione condotta attraverso i mass media che, oltre a legittimare l'operato repressivo, al punto di celebrare veri e propri processi a mezzo stampa, cerca di isolare politicamente gli imputati. E l'isolamento politico, ovvero la desolidarizzazione, è l'anticamera dell'isolamento fisico.

D'altra parte però il crescente utilizzo del carcere, strettamente legato al contesto di guerra e a condizioni sempre più generalizzate di sfruttamento e controllo di massa, è destinato a ben più ampie porzioni sociali tra le quali emerge la componente immigrata che, fra galera e Centri di Permanenza Temporanea (CPT), rappresenta circa la metà dell'intera popolazione detenuta in Italia.
La progressiva crescita della popolazione detenuta è infatti di natura tutt'altro che episodica ma segna piuttosto una precisa linea di tendenza che trova ampia conferma nel vasto programma di edilizia penitenziaria predisposto nel gennaio 2001.

Del resto, l'esperienza maturata dallo stato, in questi ultimi trent'anni, in tema di repressione e contenimento dell'insorgenza sociale e rivoluzionaria, ha consentito negli anni '90 di sistematizzare la materia relativa ai circuiti carcerari correlandola organicamente con la legge penitenziaria. Il sistema penitenziario italiano è così suddiviso in tre livelli di sicurezza: alta, media e di "custodia attenuata", ad ognuno dei quali corrisponde un diverso trattamento, strettamente legato all'atteggiamento del detenuto nei confronti dello Stato e dell'autorità carceraria. E' il principio cardine della differenziazione: vivere sottoposti al costante ricatto di poter stare peggio. Lo stesso ricatto con cui quotidianamente vengono intimiditi lavoratori, immigrati ed ogni sfruttato che ha la "fortuna" di vivere in una "società democratica".

E' a partire da queste ultime riflessioni che, nel nostro percorso di lotta, abbiamo dato una rilevanza particolare all'articolo 41 bis, poiché esso rappresenta oggi il massimo grado di isolamento e di tortura finalizzati alla persuasione del prigioniero o al suo annientamento e informa di sé, secondo la logica della differenziazione, tutti i livelli sottostanti di detenzione, irrigidendoli e amplificando la funzione deterrente del carcere all'esterno.
Servirsi del 41bis significa per lo Stato stabilire un rapporto di forza sia dentro che fuori dal carcere. Oltretutto questo modello detentivo si sta estendendo a tutto il regime carcerario. Si veda per esempio il carcere di Sulmona, che, pur non essendo regolato dal 41bis è un mattatoio in cui la quotidianità è tra le peggiori in Italia, i sette morti degli ultimi due anni ne sono tangibile dimostrazione.

Contro carcere e repressione, rilanciamo la solidarietà!
ASSEMBLEA: VENERDI' 18 MAGGIO, ORE 21
presso la sede dell' U.S.I, viale Bligny 20 - Milano

  • Per riaffermare la necessità di una solidarietà rivoluzionaria e di classe capace di unire al di là dei meccanismi di differenziazione ed isolamento cui lo stato vuole costringerci
  • Per presentare la mobilitazione prevista a l'Aquila per il 3 giugno contro carcere, differenziazione, isolamento e 41 bis e socializzarne il percorso di costruzione
  • Per fare un primo bilancio dell'esperienza dell'"associazione
    famigliari e amici degli arrestati del 12 febbraio"

Il testo di un volantino distribuito a L'Aquila nelle ultime settimane

Un giorno in PRETURO

L’Aquila, Sulmona, Teramo paese che vai lager che trovi

Da diversi mesi individui e realtà collettive comuniste ed anarchiche stanno portando avanti un discorso contro il carcere e nello specifico contro il regime detentivo speciale previsto dall’articolo 41bis dell’ordinamento penitenziario. Momenti importanti di questo percorso sono state le manifestazioni sotto il carcere di Parma nel 2006 e sotto il carcere di S. Michele di Alessandria nel marzo 2007.

La quotidianità regolata dal 41bis significa imposizione ai prigionieri di violente e sadiche misure restrittive.
Del resto 41bis significa:

  • Isolamento individuale 22 ore su 24, con negazione assoluta di condividere un libro, un pezzo di pane...nulla;
  • Due ore d’aria giornaliere compiute in piccolissimi gruppi di 4/5 persone, ma spesso anche da soli;
  • Colloquio una sola volta al mese e solo con familiari strettissimi separati da un vetro e con i quali si può parlare soltanto via citofono;
  • Cancellazione di fatto del permesso di telefonare poiché la telefonata - il cui tempo consentito dalla legge è stato dimezzato, da 10 a 5 minuti - è sostitutiva del colloquio e inoltre i prigionieri non possono telefonare a casa dei familiari ma solo nel carcere più vicino alla loro abitazione, nel quale essi dovrebbero recarsi per riceverla;
  • Limitazioni della possibilità di cucinare, nelle vivande da tenere in cella e ricevibili mediante i pacchi;
  • Censura della posta e possibilità di tenere in cella solo 3 libri; frequenti sequestri della posta, dei libri e delle riviste;
  • Perquisizioni frequenti sulla persona e della cella;
  • Le poche cose consentite spesso vengono negate con banali pretesti, cioè sono sottoposte alla discrezionalità delle guardie;
  • Le guardie del 41bis sono scelte e addestrate nei Gruppi Operativi Mobili (G.O.M.): per intenderci i torturatori di Bolzaneto (G8 di Genova) e responsabili di svariati pestaggi tra cui ricordiamo quello nel carcere San Sebastiano (Sassari 2000). Nondimeno sono presenti in Albania, in Afghanistan, e in altri territori di guerra con il compito specifico di strutturare le prigioni sul modello di Abu Ghraib, carcere in cui sono tuttora presenti;
  • Il processo in video-conferenza o “a distanza”, che nega all’imputato di essere presente ai processi che lo riguardano e, con ciò, di rivendicare la propria identità.

Servirsi del 41bis significa per lo Stato stabilire un rapporto di forza sia dentro che fuori dal carcere; oltre tutto questo modello detentivo si sta estendendo a tutto il regime carcerario. Si veda per esempio il carcere di Sulmona, che, pur non essendo regolato dal 41bis è un mattatoio in cui la quotidianità è tra le peggiori in Italia. I sette morti degli ultimi due anni ne sono tangibile dimostrazione.
In oltre, l’utilizzo sempre più frequente di capi di imputazioni quali ad esempio l’ ”associazione sovversiva” (270 bis C.P, estensione del famigerato 270 del codice fascista Rocco, del 1931, e i recenti ampliamenti portati con il “pacchetto Pisanu” fra i quali spicca il 270 sexies), la “devastazione e saccheggio” (419 C.P.) e l’estensione spropositata, mutuata dagli USA, della definizione di “terrorismo”, preannunciano una possibile estensione del campo di applicazione del 41 bis.
Una tendenza che trova ampia conferma oggi nell’uso disinvolto che lo stato fa di particolari regimi detentivi fondati sull’isolamento e la totale privazione, come l’ Elevato Indice di Vigilanza (E.I.V.).
Il cosiddetto “carcere duro”, come condizione di limitazione pressoché totale della comunicazione con l’esterno, risponde al tentativo preciso di annientare l’identità politica e sociale e la dignità del prigioniero. La minaccia della sua applicazione ha inoltre lo scopo di agire come deterrente su qualsiasi potenziale comportamento di non sottomissione: non sottomissione al rituale quotidiano di coercizione, per chi è costretto a vivere all’interno di una prigione; non sottomissione all’ordine basato sullo sfuttamento e sul controllo di massa, per chi sceglie di opporvisi attivamente all’interno della società cosiddetta “libera”.
Inoltre attraverso il metodo punizione/premio, lo stato, a prescindere da chi sia a governare, cerca incessantemente di spezzare la solidarietà tra i prigionieri, con il palese intento di spingerli alla collaborazione.

Il carcere dell’Aquila gioca un ruolo importante nella catena della tortura e dell’isolamento. In esso la legge dominante è il 41bis.
Dei 160 prigionieri lì rinchiusi, ben 130 vengono sottoposti a quel trattamento infame.
Tra questi è richiusa tuttora la prigioniera comunista Nadia Lioce. Dall’ottobre 2005 infatti il 41bis è stato esteso per la prima volta anche ai cosiddetti “reati politici”.

Per questo abbiamo deciso volantinaggi in città e davanti al carcere, mostre, assemblee e presidi. Con queste iniziative ci proponiamo di interagire con la popolazione dell’Abruzzo, in particolare coi familiari dei prigionieri, poiché essi per primi subiscono da vicino le vessazioni della galera.Queste iniziative culmineranno sabato 19 maggio con una assemblea pubblica presso il “Palazzetto dei Nobili”, in cui verranno discussi anche i punti qui soltanto accennati, e domenica 3 giugno nel concentramento alle 10 in piazza della Fontana Luminosa e dalle 13 nel presidio sotto il carcere dell’Aquila.
Queste iniziative, mirano alla costruzione di una rete di solidarietà, come presupposto per la lotta alla tortura dell’isolamento, della differenziazione, dell’annientamento, e quindi dell’istituzione carceraria nel suo complesso.

A partire dalle lotte concrete presenti in ogni ambito della vita sociale, costruiamo reti di solidarietà e lotta contro l’isolamento e ogni altra restrizione nei lager di stato, contro la guerra imperialista, lo sfruttamento, la miseria crescente.

CHE DI TRIBUNALI E GALERE
RIMANGANO SOLO MACERIE!!!!!!

Compagni e compagne contro la società carceraria
4 maggio 2007


OLGa - Milano
per info e contatti: olga2005@autistici.org

Gio, 17/05/2007 – 15:29
tutti i contenuti del sito sono no-copyright e ne incentiviamo la diffusione