Due note veloci su “Miseria dell’antimperialismo”

Qualche breve appunto sul testo “Miseria dell’antimperialismo” scritto dagli amici di Marinus Van der Lube. Condivido la sostanza del ragionamento, ma dissento da alcuni passaggi.

Non credo alle cosiddette “crisi strutturali” del capitalismo che ne hanno già fin troppe volte decretato la fine prossima ventura. L’esistenza di dinamiche oggettive – legge della caduta tendenziale del saggio di profitto, contraddizione insanabile tra sviluppo delle forze produttive e rapporti sociali, ecc. – che lavorano al posto nostro mi sembra la solita favola determinista. L’unica “crisi strutturale” del capitalismo è lo scontro rivoluzionario, scontro in cui elementi materiali, immaginazione, irriducibilità umana, salti imprevedibili della “temperatura morale” si mescolano in maniera enigmatica e non riconducibile a tendenze progressive.

Mi sembra discutibile l’uso peggiorativo del termine “individualismo”. La società attuale nega allo stesso tempo il sentimento dell’individualità e la solidarietà di classe, a favore di una massa di eremiti isolati e impotenti. L’individualismo è tutt’altra cosa.

Gli anarchici che si dichiararono favorevoli all’intervento durante la Prima Guerra mondiale furono un’esigua quanto nefasta minoranza. La maggior parte dei compagni rimase su posizioni coerentemente antimilitariste, internazionaliste e sabotatrici. Non so bene cosa sia l’anarchismo “ufficiale”, ma immagino che ne dovrebbero far parte sia gli interventisti Kropotkin e Grave che gli antimilitaristi Malatesta e Bertoni. Mi risulta, viceversa, che Marx ed Engels fossero dalla parte di Bismarck durante il conflitto franco-prussiano del 1871, in virtù, tra l’altro, proprio di uno schema determinista (e politico): vittoria di Bismarck = rafforzamento del capitalismo tedesco = maggiore organizzazione della classe operaia tedesca = predominanza dei “marxisti” sugli anarchici all’interno dell’Internazionale.

Rispetto alla partecipazione “di fatto” ai fronti antifascisti, occorre ugualmente precisare. In Spagna come in Italia non mancarono certo i compagni che consideravano inseparabile, nella teoria come nella pratica, la lotta contro la peste bruna e l’offensiva rivoluzionaria (non pochi attaccarono la scelta governativa in Spagna come l’adesione ai CLN in Italia).

Fatto singolare, che gli amici di Van der Lube dovrebbero conoscere, è che uno degli spartiacque tra sovversione e restaurazione democratica fu proprio la figura di Marinus. Nel ’36, André Proudhommeaux e altri anarchici che si distinsero nella campagna internazionale in difesa dell’incendiario del Reichstag e del suo gesto proposero di intitolare proprio a Van der Lube una brigata internazionalista per la Spagna. Ad opporsi furono alcuni anarcosindacalisti – tra cui Rudolf Rocker – che poi appoggiarono la scelta governativa dei ministri “anarchici”. Della serie: il fantasma di Marinus continuava a segnare una netta linea di demarcazione tra azione diretta e mediazione politica, tra prospettiva proletaria e rivoluzionaria e possibilismo democratico e borghese.

Detto questo, il punto essenziale – su cui concordo – è combattere il militarismo e l’imperialismo di casa nostra sabotando concretamente la macchina bellica, braccio armato dello Stato e del capitale.

 

un amico di Augusto Masetti

Ven, 31/07/2009 – 16:17
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